Il caso Venere privata
Il giovane rampollo di una famiglia bene, David, incontra una ragazza; lei, Alberta, dopo la fugace avventura, chiede la giovane di portarla con se, perchè sente di essere in pericolo. Ma David, appagato da quella che per lui è una semplice avventura, la scarica.
Il giorno dopo il cadavere della ragazza viene ritrovato in un campo, e da quel momento il giovane si lascia andare, preda dei rimorsi, convinto anche di essere in qualche modo responsabile della morte di Alberta. Diventa così dipendente dall’alcool, tanto che un medico, Lamberti, decide di aiutarlo ad uscire dal tunnel nel quale David si è infilato.
Contemporaneamente Lamberti svolge delle indagini per suo conto, scoprendo che la giovane morta aveva accettato di farsi fotografare nuda d un misterioso personaggio. Aiutato da Livia, una delle amiche di Alberta, Lamberti riesce ad identificare il misterioso maniaco, salvando grazie anche a David, la giovane Livia dalla stessa sorte capitata ad Alberta.
Il maniaco morirà per mano di Davide. Tratto da un romanzo di Giorgio Scerbanenco Venere privata, scritto nel 1966, Il caso Venere privata diretto dal regista francese Yves Boisset è un giallo abbastanza tradizionale, girato con mestiere e indubbia abilità, anche se difetta di profondità e pathos. Prodotto in Francia nel 1970, presenta una deliziosa Raffaella Carrà, non ancora diventata soubrette di fama in un ruolo abbastanza scabroso, una giovanissima Agostina Belli in una particina e la splendida futura conduttrice di Discoring, Vanna Brosio, in una piccola parte ambientata in discoteca.
Bravo Bruno Cremer, futuro Maigret, circondato però da attori mediocri, per un film che non lascia tracce profonde, perchè si limita ad essere un noir d’ambiente, senza spessore psicologico nei personaggi. Da sottolineare la bella prestazione del solito Adorf, anche se limitata a pochi minuti d’apparizione.
C’è grossa discrepanza tra il romanzo di Scerbanenco e il film, e non poteva essere altrimenti; tutta la carica feroce, la scabrosità del romanzo risultano nel film ammorbidite , colpa probabilmente della sceneggiatura, mirata ad aveitare possibili problemi con la censura. Curiosa la parte con la Carrà, in evidente imbarazzo nel posare nuda davanti al fotografo maniaco, incatenata.
Il libro di Scerbanenco
Il caso Venere privata,un film di Yves Boisset. Con Renaud Verley, Bruno Cremer, Marianne Comtell, Raffaella Carrà, Claudio Gora,Marina Berti, Agostina Belli, Vanna Brosio
Titolo originale Cran d’arrêt. Giallo, durata 90 min. – Francia 1970.
Bruno Cremer: Duca Lamberti
Renaud Verley: Davide Auseri
Marianne Comtell: Livia Ussaro
Mario Adorf: il fotografo
Raffaella Carrà: Alberta Radelli
Marina Berti: sorella di Alberta
Claudio Gora: questore Luigi Càrrua
Jean Martin: il maggiordomo
Rufus: l’assistente del fotografo
Vanna Brosio: Marilina
Agostina Belli: Mara
Regia Yves Boisset
Soggetto Giorgio Scerbanenco (romanzo)
Sceneggiatura Antoine Blondin, Francis Cosne, Yves Boisset
Produttore Francis Cosne
Fotografia Jean-Marc Ripert
Montaggio Paul Cayatte
Musiche Michel Magne
Costumi John De Vernant
Trucco Vergottini
Buio Omega
Francesco è un giovane imbalsamatore, fidanzato con Anna, una graziosa ragazza bionda. Vive in una bella villa, che ha ereditato dai suoi genitori, in compagnia di una balia/governante, Iris, che ha la segreta mira di sposare il giovane per diventare la padrona di casa. Un giorno sembra che il caso dia una mano a Iris; Anna, la fidanzata di Francesco, muore in clinica per un attacco di cuore.

Cinzia Monreale (Anna nel film) in ospedale
Il giovane, inconsolabile, decide di rubarne le spoglie mortali, e si introduce nel cimitero dove viola la sepoltura della ragazza, trafugandone il cadavere per caricarlo su un furgoncino, destinazione la sua villa, dove ha intenzione di imbalsamarne il corpo. Ma le cose non vanno lisce, perchè durante il viaggio di ritorno si imbatte in una ragazza, Ketty, e si addormenta durante il viaggio di ritorno.
Francesco, con una complessa procedura, inizia a lavorare sul corpo di Anna, estraendo dapprima il sangue dal corpo, e infine togliendo tutti gli organi dal suo interno. Durante la procedura di imbalsamazione, Ketty si sveglia e assiste, con raccapriccio, alla macabra operazione. Francesco, la cui mente è ormai ottenebrata dal dolore e dalla follia, la uccide, dopo averle tolto le unghie delle mani. Iris, la governante, che assiste impassibile a tutto, aiuta il giovane a sbarazzarsi del corpo della sventurata autostoppista, che viene smembrata nella vasca da bagno e sciolta con dell’acido, mentre i resti del povero corpo vengono seppelliti in giardino.
Qualche giorno dopo Francesco, mentre fa footing, si imbatte in una ragazza che ha problemi ad una caviglia; la soccorre e la porta con se alla villa. Tra i due scoppia subito la scintilla della passione, e Francesco la porta sul suo letto, dove c’è il corpo mummificato di Anna. La ragazza, inorridita, cerca di scappare, e Francesco uccide anche lei. Con l’aiuto dell’immancabile Iris, Francesco si sbarazza del corpo bruciandolo, mentre l’ultima vittima è ancora viva. Questa volta, però,Iris chiede a Francesco, in cambio del silenzio, di sposarlo.
Il giovane, alle strette, accetta. Durante la festa del fidanzamento, però, appare chiaro che la mente del giovane è ormai sconvolta, e la situazione precipita.Un detective scopre il corpo imbalsamato di Anna e da quel momento……
Buio Omega, diretto da Aristide Massacesi nel 1979, con il suo abituale pseudonimo di Joe D’Amato è un classico horror splatter, con un impianto thriller; è uno dei film più violenti, dal punto di vista visivo, del cinema italiano degli anni settanta, sopratutto in virtù delle scene di sezionamento delle varie vittime di francesco.
Assolutamente degna di menzione la terribile scena dell’imbalsamazione di Anna, girata con un realismo tale da dare l’illusione, allo spettatore, che tutto sia vero. Identico discorso per le violente scene di smembramento dei corpi, in particolare di quello dell’autostoppista, fatta a pezzi in bagno in un mare di sangue.
Scene per stomaci forti sono anche l’addentamento del cuore di Anna, scena che vede Francesco protagonista nel suo delirio ormai totale, oppure quella della selvaggia lotta finale tra Iris e lo stesso giovane, che si conclude con la morte della governante e la scena terribile dell’estrazione degli occhi dalle orbite. Un film molto forte, prototipo degli splatter successivi, a cui molti registi si ispireranno; punti di forza del film sono ovviamente, per gli amanti del genere, le scene descritte, mentre sull’altro piatto della bilancia va messa la recitazione piatta di Kleran Carter, monocorde nelle espressioni. Assolutamente straordinaria invece Franca Stoppi, che disegna una Iris ambigua e cinica, pronta a tutto pur di soddisfare la sua brama arrivistica.
Il film è di buona fattura, con una tensione palpabile, e in fondo può passare anche come la storia di un uomo che ama fino all’impossibile, un uomo che non si arrende nemmeno davanti all’inevitabile. E’ una chiave di lettura che può benissimo integrarsi con la visione di un film cupo, in cui l’estremizzazione delle scene può anche essere considerata corollario del tema centrale, l’amore che non si arrende nemmeno davanti alla morte, l’amore che porta alla follia.
Buio Omega, un film di Joe D’Amato. Con Franca Stoppi, Cinzia Monreale, Kieran Canter, Sam Modesto, Anna Cardini
Horror, durata 93 min. – Italia 1979.
Kieran Canter: Francesco
Cinzia Monreale: Anna/Teodora
Franca Stoppi: Iris
Sam Modesto: signor Kale
Anna Cardini: ragazza che fa jogging
Lucia D’Elia: l’autostoppista
Mario Pezzin: prete
Klaus Rainer: dottore
Walter Tribus: rivenditore
Edmondo Vallini: detective
Simonetta Allodi: ragazza della discoteca
Regia Joe D’Amato
Soggetto Giacomo Guerrini
Sceneggiatura Ottavio Fabbri
Produttore Marco Rossetti, Oscar Santaniello, Silvio Colecchia
Casa di produzione D.R. Mass Communications
Fotografia Aristide Massaccesi
Montaggio Ornella Micheli
Musiche Goblin
Scenografia Ennio Michettoni, Donatella Donati
Costumi Mario Paladini
Trucco Cesare Biseo
Autostop rosso sangue

Unica incursione nel genere thriller di Pasquale Festa Campanile, Autostop rosso sangue è un road movie girato con il classico finale rape and revenge; un thriller robusto, pieno di colpi di scena, ambientato per ragioni economiche in Italia, anche se bisogna dire che i nostri Appennini non sfigurano affatto in paragone alle mountain americane. La storia, girata con pochi attori, è chiaramente basata sul ritmo, sulla violenza e perchè no, sul sesso, che ha una parte molto importante nello svolgimento del film.
Una coppia in crisi, Eva e Walter, si prendono una vacanza e decidono di trascorrere un periodo di quiete, per ritrovarsi, nei boschi della California. Il viaggio serve per cercare un dialogo, ben presto interrotto dal casuale incontro con Adam, un bandito che ha appena compiuto una rapina e sta fuggendo con la refurtiva. Il giovane riesce a immobilizzare Walter e ne approfitta per violentare la donna. Walter riesce a liberarsi e a uccidere il bandito; il finale è assolutamente cinico e a sorpresa.
Se la trama appare semplice e lineare, il film si segnala per l’ottima recitazione degli attori protagonisti, ovvero Franco Nero nel ruolo di Walter, sobrio e alla fine inaspettatamente crudele, Corinne Clery, bellissima e sexy nel ruolo di Eva, l’unica vera vittima innocente della storia, e infine David Hess, specializzato nei ruoli da bastardo. Il film è corredato da una sontuosa colonna sonora di Ennio Morricone, sempre presente nei momenti topici.
Può sembrare un thriller canonico, ma in effetti Autostop rosso sangue mescola anche altro, come il tentativo di mostrare la crisi della coppia , l’intelligente uso delle parole, con dialoghi che non sono mai scontati e infine con alcune sequenze davvero importanti, come quella dello stupro alla luce di un falò.
Un film da rivalutare, sicuramente, ed è un vero peccato che il regista di origini lucane, morto prematuramente nel 1986 non abbia poi cercato di bissare il genere, preferendo tornare al suo genere preferito, la commedia all’italiana, venata però di molta ironia e tanta malinconia.
Autostop rosso sangue, un film di Pasquale Festa Campanile. Con Franco Nero, Corinne Cléry, Carlo Puri, John Loffredo,Monica Zanchi,David Hess
Drammatico, durata 102 min. – Italia 1977.
Franco Nero: Walter Mancini
Corinne Cléry: Eve Mancini
David Hess: Adam Kunitz
Joshua Sinclair: Oaks
Carlo Puri: Hawk
Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Aldo Crudo, dal romanzo La violenza e il furore di Peter Kane
Sceneggiatura Aldo Crudo, Pasquale Festa Campanile, Ottavio Jemma
Fotografia Franco Di Giacomo, Giuseppe Ruzzolini
Montaggio Antonio Siciliano
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Giantito Burchiellaro
Open title internazionale
Titoli iniziali in italiano
Giornata nera per l’ariete

In un tunnel si consuma l’aggressione al professor Lubbock; apparentemente sembra un atto teso alla rapina. Ma poco tempo dopo viene assassinata una donna invalida, Sophie, sposata ad un medico amico di Lubbock. Andrea, un giornalista con problemi di alcolismo, e con una vita privata burrascosa (ha lasciato la compagna con cui viveva da tempo, Helena, e vive con una spregiudicata ragazza Lu), indaga, per conto del suo redattore capo, Traversi.
Rossella Falk
Ma le sue indagini creano problemi al dottor Bini, marito della defunta Sophie e finanziatore del giornale, così Andrea si trova ben presto a rischiare il licenziamento. Ma improvvisamente Traversi muore, colpito da un infarto in un parco pubblico, inseguito dal misterioso assassino, che lascia vicino al cadavere dell’uomo un guanto privo di un due dita, tante quante sono le vittime che ha finora fatto.
I sospetti della polizia, sopratutto dopo la violenta lite avvenuta tra Andrea e Traversi si indirizzano sul giornalista, che però non viene arrestato. Una sera Andrea riceve una misteriosa telefonata da Isabelle, donna bellissima e molto ricca, della quale è innamorato Lubbock, ma che viceversa andrà sposa ad un amico di questi, Valmont;
con la telefonata Isabelle dice di avere importanti informazioni da rivelargli e lo invita a recarsi, per incontrala, nell’hotel in cui vive. Andrea accompagnato da Lu, si reca all’appuntamento e scopre il cadavere di Isabelle nella vasca da bagno. La donna è stata strangolata, e nell’acqua galleggia il solito guanto, questa volta privo di tre dita. Andrea evita l’arresto grazie a Lu, che testimonia per lui; la donna sta per lasciarlo, e da questo momento Andrea è praticamente solo. Dopo aver in qualche modo riannodato il suo rapporto con Helena, Andrea scopre che Bini è impelagato in una storia squallida di voyeurismo, ma non fa in tempo a interrogare la prostituta spiata dal Bini, perchè quest’ultima viene brutalmente uccisa.
Ira Furstenberg
Manca ormai solo un omicidio al misterioso assassino per compiere la sua terribile missione, e l’ultima vittima designata è Tony, figlio di Helena; ma Andrea riesce a salvarlo e a scoprire l’insospettabile assassino e sopratutto il suo movente.
Silvia Monti
Diretto con mani abili da Luigi Bazzoni nel 1971, Giornata nera per l’ariete si segnala per il cast bene assortito che recita con sobrietà, per l’ottima fotografia e per il ritmo, una volta tanto non frenetico, d’ambientazione. Sicuramente all’altezza Franco Nero nel ruolo di Andrea, la bellissima Silvia Monti in quello di Helena, la sempre sexy biondissima Pamela Tiffin in quello della disinibita Lu, e le tre vittime al femminile, Rossella Falck (Sophie), Ira Furstenberg ( Isabelle) e una giovanissima e splendida Agostina Belli in quello della prostituta. Un thriller ben diretto, quindi, assolutamente godibile e senza sbavature di rilievo nella sceneggiatura; non ci sono delitti sanguinolenti o i soliti cadaveri massacrati, e questo è sicuramente un elemento fondamentale del film. Il film è tratto dal romanzo The Fifth Cord di David Macdonald Devine, e venne distribuito all’estero con questo titolo.
Giornata nera per l’ariete,un film di Luigi Bazzoni. Con Ira Fürstenberg, Edmund Purdom, Silvia Monti, Rossella Falk,Agostina Belli, Pamela Tiffin, Franco Nero, Wolfgang Preiss, Andrea Scotti, Guido Alberti, Renato Romano, Corrado Gaipa, Maurizio Bonuglia, Luciano Bartoli
Giallo, durata 95 min. – Italia 1971.

Andrea Bild: Franco Nero
Lu Auer: Pamela Tiffin
Isabelle: Ira Furstenberg
Edward Beaumont: Edmund Purdom
Helene: Silvia Monti
Sofia Binni: Rossella Falk
Giulia : Agostina Belli
Il commissario: Wolfang Preiss
Traversi: Guido Alberti
Riccardo Binni: Renato Romano

Regia Luigi Bazzoni
Soggetto David McDonald Devine (romanzo “The Fifth Cord”)
Sceneggiatura Luigi Bazzoni, Mario di Nardo, Mario Fanelli
Produttore Manolo Bolognini
Casa di produzione B.R.C. Produzione
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Gastone Carsetti
Costumi Fiorenzo Senese
Trucco Vittorio Biseo, Marisa Marconi






Delirio caldo (Delirium)

Una ragazza chiede un passaggio ad un uomo mentre è in un bar; lo segue, e durante il percorso viene aggredita. Riesce a sfuggire ma viene inseguita e uccisa dentro un piccolo corso d’acqua. L’assassino è il dottor Herbert Lyutak, un uomo ossessionato dalla figura femminile, in quanto impotente. Sfoga così le sue perversioni su giovani donne che uccide selvaggiamente.
La polizia, che è sulle sue tracce, grazie anche al riconoscimento da parte del gestore del bar in cui l’ultima vittima è stata vista in compagnia del dottore, viene però sviata dalle indagini da due nuovi e misteriosi omicidi, quello di una ragazza, casulamente inseguita dal dottore e uccisa in una cabina telefonica e da quello di una giovane e bella assistente di polizia.

La polizia indaga : le foto delle vittime precedenti

Rita Calderoni è Marcia, la moglie del dottor Herbert
Poichè il dottore al momento dei due brutali omicidi era sotto interrogatorio, le indagini si focalizzano sul fidanzato della ragazza, un guardiamacchine che era poco lontano dal luogo dell’omicidio. Quest’ultimo decide di smascherare il dottore; penetra in casa sua, trova un coltello insanguinato e sopratutto trova la giovane cameriera di casa Lyutak che sta per morire, asfissiata dalle esalazioni di una bombola di gas.
L’uomo viene aggredito dal dottore, ma si salva, così come si salva la giovane cameriera, che scappa. La polizia, ormai certa della colpevolezza del dottore, vuole però anche l’altro assassino, così fa credere che il guardiamacchine sia morto. La moglie di Herbert, Marcia, a questo punto confessa al marito la verità: a uccidere le ultime due donne è stata lei, che aveva capito la verità, ovvero che il marito, ossessionato, uccideva come in trance le sue vittime. Herbert vorrebbe autodenunciarsi e denunciare la moglie, ma……
Strano film davvero, questo di Polselli. Un film visionario, in cui la trama sembra ben leggibile dall’inizio, in cui tutto è scontato, per poi aviarsi verso l’unico finale possibile. Se la tensione latita, si va alla ricerca delle vere motivazioni degli omicidi, ricavandone, di volta in volta, frammenti di verità, fino al finale sicuramente scontato, ma non privo di logica. Film girato nel 1972, a lungo censurato per le scene di sesso, peraltro caste, a parte il solito rapporto saffico,
Delirio caldo o Delirium, il titolo con cui venne distribuito all’estero è sicuramente un film debole, sopratutto nella recitazione. L’unica a salvarsi è la bella Rita Calderoni, che passerà fulminea attraverso molti B movie, diventando una vera e propria icona di questo genere di cinema. Il resto, francamente, non è memorabile, anche se oggi si assiste ad una certa riabilitazione delle opere del regista.
Delirio caldo ,aka Delirium, di Renato Polselli, ( Ralph Brown). Con Mickey Hargitay, Rita Calderoni, Tano Cimarosa, Stefano Oppedisano
Giallo, durata 90 min. – Italia 1972.

Mickey Hargitay: Herbert Lyutak
Rita Calderoni: Marzia Lyutak
Raul Lovecchio: ispettore Edwards
Carmen Young: Bonita
Christa Barrymore: Joaquine
Tano Cimarosa: John Lacey
Marcello Bonini Olas: Barista
Katia Cardinali: sig.na Heindrich
William Darni: Willy
Stefania Fassio: prima vittima
Stefano Oppedisano: giornalista
Cristina Perrier

Regia: Renato Polselli
Sceneggiatura: Renato Polselli
Produzione: Renato Polselli
Musiche: Gianfranco Reverberi
Fotografia: Ugo Brunelli
Montaggio: Otello Colangeli
Scenografie: Giuseppe Ranieri









Chi l’ha vista morire

Una bambina, Nicole, viene uccisa in Svizzera; non assistiamo, materialmente all’omicidio, ma vediamo la sua baby sitter andare alla sua ricerca. La scena cambia e ci troviamo a Venezia; la protagonista questa volta è Roberta, figlia di uno scultore Franco Serpieri e di Elizabeth, che vive in Olanda, lontana dal marito dal quale si è un pò distaccata, tant’è vero che vediamo l’uomo avere un’avventura galante con un’altra donna. Un giorno, mentre la bambina sta giocando con i suoi amici, sparisce misteriosamente, cercata inutilmente dal padre. Verrà ripescata nel Canal Grande il giorno dopo, con il volto riverso nell’acqua.
Ai funerali della piccola Roberta arriva anche Elizabeth, che cerca di riprendere, in qualche modo, il dialogo interrotto con Franco. Il quale, disperato, decide di svolgere indagini per conto suo. Indagando anche sulla morte di una bambina figlia di un artigiano del vetro, Franco scopre che quest’ultimo è stato aiutato da un filantropo, l’avvocato Bonaiuti.

Il dolore di Elizabeth, la splendida Anita Strindberg
A poco alla volta Franco si rende conto che un misterioso legame unisce Bonaiuti, Ginevra, una bellissima donna che sembra il trait d’union con l’avvocato, il mercante Serafian, un losco antiquario che è in società con Ginevra. Sarà quest’ultima a dare la svolta alle indagini, morendo in un cinema, uccisa dal misterioso assassino delle bambine, che uccide successivamente anche l’avvocato Bonaiuti. Scampato alla morte, grazie al figlio di Ginevra, Franco arriverà all’agghiacciante verità, dopo che anche Elizabeth ha corso il rischio di essere uccisa.
Girato in una Venezia crepuscolare, immersa nell’atmosfera tipica autunnale della città lagunare, Chi l’ha vista morire sembra un tributo a A Venezia, un dicembre rosso schocking, di Roeg, anche se le analogie tra i due film si fermano solo alla location e all’atmosfera. Il film in effetti è un robusto thriller, teso, aiutato da una colonna sonora ossessiva, e si avvale di un cast ad alto livello, nel quale figurano Anita Strindberg nel ruolo di Elizabeth, il debole George Lazenby, forse sottotono nel ruolo drammatico di Franco, un Adolfo Celi sibillino e bravissimo in quello dell’antiquario Serafian e la splendida attrice di origini italiane Dominique Boschero, nel ruolo di Ginevra.
Chiude il cast un giovane Alessandro Haber, che ha un ruolo chiave nel film,quello di padre James. Un film senza sbavature, diretto nel 1972 dal bravissimo Aldo Lado, maestro nel creare atmosfere d’attesa, giocate sulla recitazione e su dialoghi scarni ed essenziali. Ancora una volta segnalo l’assoluta mancanza di buona fede del Morandini, che bolla il film come scadente: la trama riportata dal critico che scrive per l’editore è sbagliata e lacunosa.
Viene da chiedersi cosa facesse la sera che proiettavano il film. In ultimo segnalo la presenza di una minidiva, quella Nicoletta Elmi che girerà diversi buoni thriller all’italiana, e che è bravissima nell’interpretare il ruolo di Roberta.
Chi l’ha vista morire, un film di Aldo Lado. Con Adolfo Celi, George Lazenby, Anita Strindberg, José Quaglio, Dominique Boschero.Alessandro Haber, Peter Chatel, Piero Vida, Vittorio Fanfoni, Rosemarie Lindt, Nicoletta Elmi
Giallo, durata 90 min. – Italia 1972
George Lazenby: Franco Serpieri
Anita Strindberg: Elizabeth Serpieri
Adolfo Celi: Serafian
Dominique Boschero: Ginevra Storelli
Peter Chatel: Filippo Venier
Piero Vida: giornalista
José Quaglio: avvocato Nicola Bonaiuti
Alessandro Haber: padre James
Nicoletta Elmi: Roberta Serpieri
Rosemarie Lindt: Gabriella
Giovanni Forti Rosselli: Francesco Storelli, figlio di Ginevra
Sandro Grinfa: commissario De Donato
Regia Aldo Lado
Sceneggiatura Francesco Barilli, Massimo D’Avak, Aldo Lado, Ruediger von Spiess
Produttore Enzo Doria
Casa di produzione Dieter Geissler Filmproduktion, Doria G. Film, Roas Produzioni
Fotografia Franco Di Giacomo
Montaggio Angelo Curi
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Gisella Longo, Alessandro Parenzo
Trucco Franco Schioppa





Baba Yaga
Valentina, una affermata fotografa di moda, mentre sta camminando viene investita da un auto, alla guida della quale c’è una misteriosa donna, Baba Yaga, che la soccorre e la invita a casa sua. Valentina si reca nella casa della donna, una casa vecchia e piena di anticaglie. La misteriosa donna regala alla fotografa una bambola, Annette, che magicamente sembra in grado di prendere vita; la bambola si trasforma in una donna bella e sensuale, subito dopo aver lanciato dei dardi dalla macchina fotografica,con i quali uccide o colpisce gravemente le sue vittime.
La bella ex bambola coinvolgerà Valentina in uno strano rapporto sado maso, e sarà il fidanzato di Valentina a salvarla all’ultimo momento, mentre Baba Yaga, che in realtà era una strega, precipiterà in una voragine che si spalancherà sotto di lei, con Annette che si ritrasformerà in bambola frantumandosi in mille pezzi
Mi rendo conto che il riassunto della trama è alquanto confuso, ma francamente è il film stesso ad essere confuso, pasticciato e a tratti delirante.
Girato da Corrado Farina nel 1973, ispirato alla figura di Valentina, il personaggio creato da Guido Crepax, Baba Yaga non può essere definito nemmeno un’occasione perduta, in quanto, sin dall’inizio, appare di difficile comprensione, sospeso com’è tra magia, thriller e horror. Ma a ben guardare il film, proprio per il tentativo di coniugare i vari generi, legandoli ad un’aura di erotismo, peraltro molto ma molto soft, finisce per diventare una macchia confusa, in cui l’unica cosa che alla fine si riesce a salvare è la recitazione di due delle protagoniste, Carroll Baker nei panni della strega Baba Yaga e di Ely Galleani in quelli della bambola demoniaca.
Valentina è interpretata da una mediocre attrice, Isabelle De Funes, lontana anni luce dalla figura sexy e inquietante creata da Crepax. Il prodotto finale è un film in cui a salvarsi paradossalmente è solo la fotografia, cupa al punto giusto. Il resto è davvero poca cosa, forse in virtù dei rimaneggiamenti a cui venne sottoposta la pellicola, che infatti uscì in Italia in una versione di meno di novanta minuti.Assolutamente deprecabile, tra l’altro, il tentativo mal riuscito di accostare le tavole del fumetto al film, creando delle zone che mescolano il fantastico del mondo delle nuvole parlanti al reale, che però reale non è. Il tutto diventa un incubo onirico, come del resto testimoniato dal finale, in cui sembra che sia il sogno l’esatta dimensione dell’avventura di Valentina. Insomma, chi volesse vedere questo film lo faccia pure, aspettandosi però di ricavarne la sensazione di una cosa totalmente incompiuta.
Baba Yaga,un film di Corrado Farina. Con George Eastman, Carroll Baker, Isabelle De Funès, Ely Galleani, Daniela Balzaretti, Lorenzo Piani, Carla Mancini
Fantastico, durata 85 min. – Italia 1973.
Carroll Baker: Baba Yaga
George Eastman: Arno Treves
Isabelle De Funès: Valentina
Ely Galleani: Annette
Franco Battiato (non accreditato)
Michele Mirabella (non accreditato)
Regia Corrado Farina
Soggetto Guido Crepax
Sceneggiatura Corrado Farina
Fotografia Aiace Parolin
Montaggio Giulio Berruti
Musiche Piero Umiliani
Scenografia Giulia Mafai (assistente: Renato Moretti)
Costumi Giulia Mafai
Open title
L’ultimo treno della notte
L’uscita di questo film di Aldo Lado, nel 1975, fu accompagnata da violente polemiche per il contenuto giudicato troppo violento e per l’atmosfera dark, per i dialoghi e per le scene crude che conteneva. In effetti L’ultimo treno della notte è un film che in qualche caso può disturbare, sopratutto verso la parte finale, dopo una buona oretta molto descrittiva, in cui il regista si limita a creare un’ambientazione alla storia, che esplode in un finale gore, tipico dei film rape e revenge. Ma in effetti, a guardarlo bene, il film ha ambizioni ben diverse dal solito thriller con effettacci truculenti. E, nonostante quello che i critici dissero, o almeno parte di essi, il film centra le problematiche che vuole affrontare; la violenza fine a se stessa, tipica della prima metà degli anni settanta.

Macha Meril, la misteriosa signora del treno
L’inizio del film è segnato da un episodio di violenza gratuito, perpetrato ai danni di un Santa Klaus, al quale due balordi rubano il misero incasso; i due scappano e li vediamo salire su un treno diretto in Italia. Sullo stesso treno viaggiano anche due ragazze, che devono tornare a casa, in Italia, per raggiungere i genitori di una di essa e festeggiare il Natale, e una enigmatica signora, molto raffinata. Elisa e Margareth, le due ragazze, non sanno che stanno andando incontro ad una spaventosa sorte.
All’interno del treno, infatti, i due balordi si muovono già con violenza, anche se limitata ad una aggressione ad un controllore. Uno dei due ha anche un rapporto sessuale con l’enigmatica signora ben vestita, una donna che sotto l’apparente rispettabilità nasconde un animo nero come la pece.
Il treno, durante il percorso, viene fermato in una stazione, e le due ragazze ne approfittano per scendere e telefonare ai genitori, senza però riuscire a contattarli. Salgono su un altro treno, ma purtroppo per loro anche i due balordi e la ricca signora hanno fatto altrettanto. E’ l’inizio di un incubo: le due ragazze vengono dapprima molestate, in seguito violentate, dapprima da un guardone costretto ad abusare di Elisa, poi da uno dei due balordi, che, incitato dalla signora, la violenta con la lama di un coltello, che farà morire l’altra ragazza, Margareth dissanguata.
Alla fine i due gettano Margareth dal treno, mentre Elisa, inseguita, preferirà gettarsi dal treno in corsa piottosto che continuare a subire la violenza cieca dei due; il treno prosegue la sua corsa, mentre i genitori di elisa attendono l’arrivo delle ragazze. E di quà la storia assume un’altra direzione, che culminerà con il violento finale.
Il film di Lado vive sul contrasto fortissimo che caratterizza le varie fasi della storia; alla violenza cieca seguono infatti scene di stacco con i preparativi dei genitori per accogliere le due ragazze: all’atmosfera serena del Natale, con una fotografia luminosa, si sussegue l’atmosfera cupa del treno, dove si consuma la storia, con ombre che sinistramente si proiettano sui vagoni dello scompartimento. Ombre e luci, così come ombre e luci appaiono rispettivamente i due balordi e la misteriosa signora e le due ragazze.
Un film cattivo al punto giusto, senza mediazioni, in cui la denuncia del sistema che produce questi guasti è appena accennata nei dialoghi che i genitori di Elisa hanno con i loro convitati. Il padre di Elisa, buonista e comprensivo, sceglierà viceversa la vendetta più crudele quando ad essere toccato nei suoi affetti sarà proprio lui.
Un film bello, cupo e dannato, che, come già detto, venne molto sottovalutato all’epoca e che viceversa ha alcuni punti di contatto con il capolavoro di Kubrick, Arancia meccanica, almeno nella parte che riguarda la violenza ome tematica. Bravi gli attori, fra i quali si segnalano la luciferina Macha Meril, un inedito Flavio Bucci, nel ruolo del meno perfido dei due balordi, e di Enrico Maria Salerno, il papà di Elisa. Brave le due attrici che interpretano rispettivamene Elisa e Margareth, ovvero Laura D’Angelo e Irene Miracle
L’ultimo treno della notte,un film di Aldo Lado. Con Enrico Maria Salerno, Macha Méril, Flavio Bucci, Marina Berti,Franco Fabrizi, Daniele Dublino, Irene Miracle
Drammatico, durata 91 min. – Italia 1975.
Flavio Bucci: Primo balordo
Marina Berti: Laura Stradi
Macha Méril: Signora sul treno
Enrico Maria Salerno: Giulio Stradi
Gianfranco De Grassi: Secondo balordo
Franco Fabrizi: Il guardone
Irene Miracle: Margareth Hoffenbach
Laura D’Angelo: Lisa Stradi
Regia Aldo Lado
Soggetto Roberto Infascelli, Ettore Sanzò
Sceneggiatura Roberto Infascelli, Renato Izzo
Casa di produzione European Corporation
Fotografia Gábor Pogány
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Franco Bottari
Costumi Franco Bottari



























































































































































































































































































































