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L’ammazzatina

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Lo spiantato barone siciliano Mimì Galluzzo ha sposato,per interesse,la figlia di un ricchissimo mafioso,la bella e svampita Rosalba Cetraro.
Quando il suocero viene ammazzato il barone si trova di fronte a due sgradite sorprese;l’uomo ha lasciato un documento compromettente riguardante
i suoi amici mafiosi e un testamento nel quale la beneficiaria è la moglie.
Che Mimì non sopporta più.
La donna infatti sembra solo interessata ad avere un figlio,ragion per cui il barone è tormentato dalle stravaganti richieste della donna,che lo sottopone a tour de force erotici a base di strampalate richieste.
Mimì si trova anche a barcamenarsi tra altre due donne,Maria Camerò, che possiede il documento che l’uomo tanto cerca che però la donna vuol cedere solo in cambio della promessa di un matrimonio e la spogliarellista Eva,altra donna bella e svampita.
All’improvviso un altro problema:Rosalba,stressata dal fatto di non restare incinta,sembra perdere il senno (sembra,appunto) e viene ricoverata in un istituto psichiatrico.

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Spinto da Maria,che adesso è diventata sua amante a disfarsi della moglie,il barone cerca inutilmente di ucciderla,infilandosi in una serie di tragicomici incidenti.
Alla fine Mimì non solo non si libererà della moglie,ma la sostituirà in manicomio,mentre Rosalba,che non è mai impazzita,riesce finalmente a coronare il suo sogno di diventare madre e contemporaneamente incassare la miliardaria eredità.
L’ammazzatina,film diretto nel 1975 dall’esordiente (alla regia) Ignazio Dolce,attore di qualche fama nel decennio sessanta,è un opera bislacca in precario equilibrio tra farsa,commedia e satira di costume.
Un equilibrio che avrebbe richiesto,alla macchina da presa,la presenza di un regista scafato e che vede invece l’improvvisato Dolce barcamenarsi alla men peggio in una storia molto debole già in partenza,mancando al film stesso un orientamento preciso.
Pur contornato da un cast di ottimi comprimari,il film naufraga dopo pochi minuti per l’incapacità di prendere una strada precisa.
La satira di costume non affiora mai,mentre ad essere evidenti sono i soliti stereotipi sul macho siciliano spiantato e arrivista,rappresentato dal solito barone spiantato e donnaiolo,una delle figure classiche,ahimè,del cinema ad ambientazione sicula.
Stereotipate sono anche le figure dei mafiosi che si avvicendano nel film,mafiosetti in doppio petto che sembrano prese di petto da un’operetta mentre a fare capolino con sospetta puntualità sono le grazie delle varie protagoniste.

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Seni al vento per Karin Schubert (Eva,l’amante spogliarellista) e Erika Blanc,per Andrea Ferreol (Maria) e persino per Paola Quattrini,che interpreta la svampita ma all’occorrenza furbissima moglie del barone.
Nei cui panni c’è un Pino Caruso alla sua prima,vera opera da protagonista;che assolve in maniera puntuale,pur non assecondato da un ruolo decisamente poco comico e al tempo stesso nemmeno drammatico che si trova ad affrontare.
Un buon equipaggio non può tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti;la storia è stroppo debole,la sceneggiatura rabberciata e ondivaga,priva di una direzione precisa.
Si sarebbe potuto salvare tutto usando l’arma classica della comicità,ma evidentemente Dolce non ha le giuste capacità,ragion per cui
ben presto il film perde di interesse diventando anonimo se non soporifero.
Peccato,perchè la presenza di altri ottimi caratteristi,come Vittorio Caprioli,Tano Cimarosa,Empedocle Buzzanca,Leopoldo Trieste e Pupo De Luca avrebbe permesso un risultato decisamente migliore se al servizio di una sceneggiatura meno anonima e debole.
Null’altro da dire,davvero,se non la debita segnalazione della presenza,dopo tempo immemorabile,di una riduzione decente su You tube all’indirizzo
https://www.youtube.com/watch?v=Ph9mHbimln4,versione qualitativamente buona.

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L’ammazzatina
Un film di Ignazio Dolce. Con  Andrea Ferreol, Leopoldo Trieste, Vittorio Caprioli, Paola Quattrini, Erika Blanc, Pino Caruso, Tano Cimarosa,Empedocle Buzzanca, Don Powell, Karin Schubert Commedia, durata 100 min. – Italia 1975

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Pino Caruso … Mimì Galluzzo
Paola Quattrini … Rosalba Cetraro
Andréa Ferréol … Maria Camerò
Karin Schubert … Eva
Vittorio Caprioli … Commissario Pafuso
Tano Cimarosa … Pasqualino Mosco
Empedocle Buzzanca… Notaio
Don Powell … Hippie
Erika Blanc … Erika
Leopoldo Trieste … Tuccio Langatta
Pupo De Luca … Brigadiere Bragolin

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Regia: Ignazio Dolce
Sceneggiatura:Pier Francesco Pingitore,Mario Castellacci,Ange Bastiani
Musiche:Piero Umiliani
Fotografia:Claudio Cirillo
Montaggio:Raimondo Crociani
Production design:Saverio D’Eugenio
Costumi:Massimo Bolongaro

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Ignazio Dolce,Paola Quattrini e Pino Caruso sul set del film

febbraio 8, 2017 Posted by | Commedia | , , , , , , , | 2 commenti

La donna della domenica

La donna della domenica locandina

Torino.
E’ una caldissima giornata estiva e la città è quasi deserta.
In un appartamento cittadino si compie un dramma: l’architetto Garrone, un viscido e traffichino frequentatore dei margini della società bene torinese viene ucciso brutalmente.
L’arma del delitto è quantomeno inusuale.
All’architetto infatti è stato sfondato il cranio con un pesante fallo di pietra.
A dirigere le indagini viene chiamato il romano Santamaria che da subito si rende conto di ritrovarsi tra le mani una brutta gatta da pelare.
L’uomo infatti frequentava il salotto buono della città, in particolare quello dei coniugi Dosio che lo disprezzavano apertamente.
L’esclusivo gruppo lo tollerava pur ritenendolo un uomo gretto e meschino;sopratutto Anna Carla Dosio, l’annoiata moglie dell’industriale Dosio era in prima linea tra i detrattori del losco architetto.

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Marcello Mastroianni (Santamaria)  e Jean Louis Trintignant (Massimo Campi)

Quando i superiori di Santamaria apprendono i nomi di coloro che sono indagati per il delitto, iniziano a premere sull’inquirente per raccomandargli prudenza.
Le indagini iniziano così proprio nella cerchia dei frequentatori del salotto, fra i quali c’è la coppia omosessuale composta da Massimo Campi, erede di una ricchissima e antica famiglia torinese e da Lello Riviera, un giovane timido e riservato che ama Massimo profondamente.

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Claudio Gora, il viscido architetto Garrone

L’unica traccia che ha Santamaria è la descrizione sommaria dell’assassino fatta da colui che ha scoperto il cadavere, il geometra Bauchiero, che descrive la presenza sul luogo del delitto di una donna bionda che indossava un impermeabile, che aveva con se una borsa sportiva arancione e nelle mani un tubo porta disegni.
Muovendosi con circospezione in un ambiente che mostra di avere tanti segreti, alcuni dei quali innominabili e sopratutto una morale gretta e meschina tipica di un ambiente esclusivo poco propenso all’apporto esterno di persone considerate socialmente “al di sotto”, Santamaria arriverà alla soluzione dell’enigma trovando l’insospettabile colpevole e sopratutto allacciando una fugace relazione con la bella signora Dosio che alla fine lo pianterà per riprendere la solita oziosa e inutile vita da ricca borghese.

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La bottega dei falli di pietra

Tratto dal bellissimo romanzo di Carlo Fruttero e Franco Lucentini edito nel 1972, La donna della domenica è la quasi fedele trasposizione del romanzo stesso operata da Luigi Comencini nel 1975, con esiti assolutamente felici.
Il grande regista di Salò mette la sua ironia, una volta tanto non pesante in eccesso e sopratutto non colorata di nero al servizio di un’opera cinematografica che si segnala per tutta una serie di peculiarità.
Prima di tutto per la splendida sceneggiatura curata dagli stessi scrittori del romanzo ampliata dalla presenza di due fini sceneggiatori come Age e Scarpelli, poi per la presenza di un cast di grandissimo livello e infine per l’abilità di Comencini di riprendere le atmosfere del romanzo riportandole con grande fedeltà sullo schermo.
Sono cose che contribuiscono in maniera determinante alla credibilità del film stesso, che per lunghi periodi appassiona, diverte, fa riflettere anche se sempre in maniera leggera, così come leggera e la vicenda che seguiamo sullo schermo.

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Pino Caruso ( Commissario De Palma) e Lina Volonghi (Ines Trabusso)

Leggera, si, nonostante il delitto iniziale; prima di tutto per la scelta dell’arma da parte dell’assassino, un fallo di pietra, poi per la mancanza totale dell’elemento sangue.
C’è stato un delitto, è vero, ma la cosa ha poca importanza.
Prima di tutto perchè il defunto è un essere spregevole, uno di quelli che l’umanità non piange di certo poi perchè le vicende dei vari sospettati prendono immediatamente il sopravvento su tutto.
L’ambiente indolente, a tratti vizioso, principalmente afflitto da una morale piccolo borghese ed esclusiva che lo avvolge come una cortina impenetrabile ci suona così antipatico che non parteggiamo per nessuno dei protagonisti.
Forse l’unico a suscitare un piccolo moto di simpatia è l’innamoratissimo Lello, che diverrà poi la seconda vittima della vicenda quando verrà ucciso al mercato del Balun dopo aver capito chi è l’assassino.

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Jacqueline Bisset è Anna Carla

Seguiamo così il buon Santamaria alle prese con i superiori che da un lato lo spingono ad usare la massima circospezione ( un vero e proprio tentativo di insabbiamento, in effetti) e alle prese anche con un movente che all’inizio sembra più passionale che venalmente economico.
Così, dopo una vasta carrellata di tutti i personaggi implicati nella storia, ci ritroviamo immersi in un giallo in cui l’ironia di Comencini fa da musa invisibile.
Splendida la visita di Santamaria e di Anna Carla Dosio alla fabbrica di falli di pietra che si conclude con la distruzione di un bel mucchio degli stessi, destinata al mercato degli stranieri, con Anna Carla tutta eccitata dalla novità rappresentata sia dagli eventi che scuotono il torpore dorato in cui vive, sia dall’attrazione che prova per il bel commissario romano.

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Lello confessa la sua relazione con Massimo

Quando il film si conclude, restiamo con un tantino di amaro in bocca non certo per la delusione nello scoprire le motivazioni del colpevole, quanto perchè sono passate due ore di sano divertimento e vorremmo usufruirne ancora.
Grazie sopratutto a Marcello Mastroianni che disegna splendidamente la figura del cinico ma sorridente Santamaria, uno che affronta la vita come un gioco a cui partecipare con il distacco più grande possibile; merito di una bellissima Jacqueline Bisset che è naturalmente predisposta al ruolo della donna di classe, ricca elegante e bella e sopratutto annoiata dalla sua vita dorata fatta del nulla più totale, ovvero cene, parrucchiere e pettegolezzi.

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A sinistra: Aldo Reggiani (Lello Riviera)

E merito anche del cast variegato di caratteristi e non che affollano la pellicola; a partire da Pino Caruso, il Commissario De Palma anche lui furbo e cinico, per proseguire con la coppia omosessuale Jean Louis Trintignant e Aldo Reggiani (Massimo Campi e Lello Riviera), entrambi credibilissimi nel ruolo degli amanti impossibili.
Claudio Gora è inscindibile dal suo personaggio interpretato, quel Garrone viscido come una lumaca senza guscio, Lina Volonghi si cala perfettamente nel ruolo di Ines Tabusso, la donna che si lamenta del via vai di prostitute che ha sotto casa (memorabile la sequenza della caccia ai frequentatori di lucciole, che produrrà alcune grosse sorprese, non tutte piacevoli)

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La splendida Jacqueline Bisset

Spazio anche a grandi caratteristi come Gigi Ballista, Antonino Faà di Bruno, Omero Antonutti e segnalazione per il visagista delle dive, Gil Cagnè che interpreta se stesso rifacendosi ironicamente il verso.
Insomma, una commedia tinta di giallo, gustosa, fresca e divertente che permette di passare due ore davanti allo schermo in perfetta sintonia con quello che accade sullo schermo, impigrendosi al caldissimo sole di Torino, sorridendo dei tanti vizi che costellano la vita sociale dell’alta borghesia della città stessa.
Sopratutto riconciliandosi con un certo tipo di cinema, quello della commedia, che nella metà degli anni settanta doveva fare i conti da un lato con la triste realtà degli anni di piombo, dall’altro con un cinema in cui la volgarità e il sesso avevano purtroppo largo spazio.
Infine, menzione d’onore per la precisa e puntuale colonna sonora di Ennio Morricone

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Al centro della foto l’indimenticabile Franco Nebbia

La donna della domenica, un film di Luigi Comencini. Con Claudio Gora, Jacqueline Bisset, Jean-Louis Trintignant, Marcello Mastroianni, Aldo Reggiani,Pino Caruso, Gigi Ballista, Tina Lattanzi, Lina Volonghi, Clara Bindi, Giuseppe Anatrelli, Ennio Antonelli, Omero Antonutti, Renato Cecilia, Mauro Vestri, Antonio Orlando, Franco Nebbia
Commedia/Giallo, durata 105 min. – Italia 1975.

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La retata sotto casa della Trabusso

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Le indagini dei due commissari

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La seconda vittima, Lello Riviera

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Gigi Ballista (la location è il mercato Balon di Torino)

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Marcello Mastroianni: Commissario Santamaria
Jacqueline Bisset: Anna Carla Dosio
Jean-Louis Trintignant: Massimo Campi
Aldo Reggiani: Lello Riviera
Pino Caruso: Commissario De Palma
Lina Volonghi: Ines Tabusso
Franco Nebbia: Bonetto
Maria Teresa Albani: Virginia Tabusso
Omero Antonutti: Benito
Claudio Gora: l’architetto Garrone
Gigi Ballista: Vollero
Fortunato Cecilia (col nome di Renato Cecilia): Nicosia
Tina Lattanzi: la madre di Massimo
Antonino Faà di Bruno: il padre di Massimo
Gil Cagné: il parrucchiere
Mauro Vestri: ragioner Cerioni:
Giuseppe Anatrelli: commissario
Antonio Orlando: Salvatore
Ennio Antonelli: ceramista Zabataro
Dante Fioretti: ragioner Buccero

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Regia     Luigi Comencini
Soggetto     Fruttero e Lucentini
Sceneggiatura     Fruttero e Lucentini, Agenore Incrocci, Furio Scarpelli
Produttore     Marcello D’Amico
Fotografia     Luciano Tovoli
Montaggio     Antonio Siciliano
Musiche     Ennio Morricone
Scenografia     Mario Ambrosino arredamento di Claudio Cinini
Costumi     Mario Ambrosino

 

La donna della domenica libro
Il romanzo di Fruttero & Lucentini

La donna della domenica locandina sound

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Bissetiano. Impossibile non innamorarsi di Jacqueline Bisset, che sposa bellezza ed eleganza in modo splendido. Grandissimo cast, con una Lina Volonghi fantastica, da urlo. Ma tutti sono bravissimi. Ci sono anche, fra i tanti, Gigi Ballista (antiquario disonesto), Antonutti, Anatrelli puttaniere. In picccolo ruoli, ma con una bella battuta, Mauro Vestri e Antonino Faà di Bruno. Non per provare tensione, ma per provare divertimento intelligente. “Deus ex machina” risolutivo un po’ diverso dal libro di Fruttero e Lucentini: già perdonato.

Tratto da un bel romanzo di Fruttero & Lucentini, il film si avvale dell’ottima sceneggiatura di Age & Scarpelli, che rimangono fedeli al romanzo, adattandolo in maniera ottimale ai tempi cinematografici. Ottima la ricostruzione dell’ambiente alto borghese di Torino, rispetto al quale il commissario Santamaria (romano trapiantato in Piemonte) mostra sempre un elegante distacco (Mastroianni appare attore ideale per il ruolo). Buona la caratterizzazione psicologica dei personaggi e cast (non solo il protagonista) all’altezza.

Age & Scarpelli, particolarmente attivi con Totò, imbastiscono una sceneggiatura dalle sfumature grottesche (quasi da commedia), ma che poi approdano – con millimetrica precisione – al giallo. Ottima la regia di Comencini, che riesce a valorizzare un cast significativo, partecipe e coinvolto con professionalità nella realizzazione del film. Titolo memorabile, per via d’un “modus operandi” del killer che sembra avere influenzato future produzioni (ora mi sovvengono solo L’Osceno Desiderio e La Sorella di Ursula).

Era inevitabile perdere per strada molte delle finezze del classico romanzo di Fruttero & Lucentini (basti per tutte l’inestinguibile cruccio dell’americanista Bonetto per lo sprezzante “taluno” sparato da un conferenziere rivale… ), ma un film è un film, e questo è buono. Mastroianni è un credibile Santamaria, la Bisset una dea, notevolissimo il cast secondario, col miglior ruolo al cinema della Volonghi. Forse stecca il solo Trintignant, non sempre vispo. Buono.

Discreta riduzione cinematografica del bel romazno giallo di Fruttero e Lucentini. Il ritmo non è certo vertiginoso (come d’altronde nel libro) eppure riesce ad essere abbastanza intrigante e coinvolgente. Peccato che la regia di Comencini sia un po’ troppo piatta. Buone invece le interpretazioni degli attori.

Chi ha ucciso il traffichino Garrone? Nei primi 10 minuti il film ci presenta tutti i sospettati, per poi riunirli tutti sul luogo del secondo omicidio. Bella gente, impiegati comunali, galleristi truffaldini, tutti indagati da Mastroianni, scettico e sornione, e da Pino Caruso, esuberante e perennemente sopra le righe. Da un famoso romanzo, Comencini mette in scena una Torino non molto filmata dal nostro cinema, con un cast di stelle e caratteristi doc. Il meccanismo giallo non è granché (un po’ alla Ellery Queen), ma il film si vede con piacere.

Discreta pellicola in bilico tra giallo e commedia. Registicamente il film non fa una piega, la fotografia è notevole e le musiche di Morricone sono un po’ sottotono ma comunque ben arrangiate e sempre piazzate al posto giusto. Molto lenta la sceneggiatura, soprattutto nella prima parte, anche se il coinvolgimento cresce lentamente per poi diventare molto elevato nell’ultima mezz’ora. Ottimo cast, con un perfetto trio di protagonisti e soprattutto pieno di gustosissime apparizioni in ruoli secondari.

Partendo dall’ottimo giallo di Fruttero & Lucentini, Comencini confeziona una discreta trasposizione che però si concede troppe libertà. Rispetto al testo la storia viene un po’ troppo semplificata e snellita, a discapito di alcuni personaggi fondamentali. Da ricordare soprattutto per il sempre bravo Mastroianni che dona al suo commissario Santamaria un buono spessore e l’ironia giusta.

Bella prova corale, equilibrio tra regia ferma e attori di gran livello che sanno condividere tra loro la scena e soprattutto alla base un gran bel romanzo. Un testo importante, ben scritto, dove in fondo l’ambientazione, l’atmosfera e lo sviluppo dei caratteri dei personaggi prevale sull’intreccio in senso stretto. Un’affascinante Torino, per certi versi sempre un po’ segreta e secretata al grande pubblico. Tre pallini.

Un giallo impeccabile, con un’ottima ricostruzione, ottimi personaggi e una trama solo apparentemente nella norma, ma che diventa incalzante pian piano che si dipana la matassa della brillante sceneggiatura su cui la pellicola si basa. Una Torino inedita e un film che brilla ad ogni fotogramma, musicato da una soundtrack di Morricone semplicemente superba.

Magari l’intellettuale di turno seduto sulla poltrona con la faccia un po’ schifata e il sopracciglio inarcato pensa che dormirà per tutto il film, ma sceneggiatori, regista, musicisti, attori e perfino i costumisti, si meritano un bel “bravo”. Perchè questo è un film dei singoli e anche corale. Immagino che ci sarà voluta una grande fermezza per disciplinare tanti mostri di bravura: un plauso a Comencini, tanto bravo da non sovrapporsi alla storia. La location del Balùn è da menzionare. Mastroianni è il solito grande attore, godibilissima Lina Volonghi.

Pregevole tentativo (imitato poco e male) di “terza via” al giallo italiano, qui epurato dai fremiti pruriginosi del filone lenzian-martiniano (ma se ne mantiene il contesto “vip”) e dalla violenza di quello argentiano. Comencini firma un giallo “maturo”, che coniuga grotteschi personaggi da commedia con il realismo mutuato dal poliziesco di costume. Non è perfetto ma non è nemmeno, come poteva sembrare dalla matrice letteraria, solo un film tutto sceneggiatura e attori: si respira aria di cinema, anche grazie a Tovoli e Morricone.

Da una storia poco intrigante il regista ha realizzato un gran bel film, che si fa guardare molto piacevolmente. Bravi tutti gli attori (in particolare Mastroianni) e bellissime le ambientazioni in una splendida Torino.
I gusti di Dusso

Bel film, cast all stars per la trasposizione cinematografica di uno dei migliori gialli italiani, scritti dalla premiata ditta Fruttero e Lucentini. Ambientazioni stile Anni Settanta molto gustose, protagonista bellissima (una Bisset in gran forma), sceneggiatura tutto sommato all’altezza del libro (e non era certo impresa facile). Claudio Gora si segnala in una delle sue migliori interpretazioni di viscido squallore, Mastroianni rende con la consueta maestria la sorniona nonchalance del Commissario Santamaria.

Da un capolavoro della scrittura non poteva uscire un film scadente. Questo bel giallo, torinese nell’anima, rimane come una delle opere più riuscite degli anni Settanta. Cast di prim’ordine con Mastroianni e Trintignant su tutti, trama complicata e storia appassionante. Con tutto un sostanzioso contorno di personaggi genuinamente macchiettistici e coloriture regionali che danno vita ad un’ambientazione molto definita: è il maggior pregio del film. Grande fotografia dell’Italia che fu: vicina a noi ma irrimediabilmente perduta.

Questa è una di quelle pellicole in cui attori come Mastroianni, magari in cerca di riposo da pellicole più impegnate, avrebbero potuto limitarsi a seguire il copione senza particolari sforzi interpretativi, considerate le intenzioni modeste del film. Invece, guarda caso, il film e l’attore in questione si rivelano essere molto al di sopra di qualunque aspettativa; la trama ha uno sviluppo apparentemente lento, poi progressivamente si infittisce, fino alla scoperta finale dell’assassino; ma prima di questa c’è sempre tempo per gustare i piccoli spunti di comicità che Comencini ha disseminato.


aprile 9, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , , , , | 4 commenti

Gegè Bellavita

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Agata e Gennaro sono una coppia con 9 figli; lei lavora e sfacchina da mattina a sera per tirare avanti la famiglia mentre lui è decisamente uno scioperato, che non ama per nulla il lavoro.
Il motivo principale per cui Agata tiene accanto a se il marito consiste nella straordinaria vigoria fisica dell’uomo, unita ad un particolare anatomico che l’uomo ha in abnorme dotazione.

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Flavio Bucci e Lina Polito sono Gennaro e Agata

Ma Gennaro non soddisfa solo la moglie; molte inquiline dello stabile, scoperte le sue doti, lo attirano con mille pretesti.
Alla lunga Agata si rende conto della situazione, ma decide di sfruttarla a vantaggio della famiglia.
Organizza così incontri a pagamento tra le voraci inquiline dello stabile nel quale lavora come portiera e il marito mandrillo.
Che un giorno scopre il quaderno in cui Agata registra i proventi delle prestazioni fornite dall’uomo.
Offeso nell’amor proprio, Gennaro fugge di casa chiedendo asilo al nobile Attanasi, il quale glielo concede essendo attirato dalla prestanza fisica di Gennaro.

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La situazione però non può durare, essendo Gennaro attratto inesorabilmente dal sesso femminile.
Così, con buona pace di tutti, l’uomo ritorna da sua moglie.
Gegè Bellavita, film datato 1979, è un brutto passo falso di Pasquale Festa Campanile, regista di ottime doti che nel passato aveva fornito prove molto più convincenti di questa scialba commedia sexy appartenente all’agonizzante filone ormai superato e accantonato dopo i fulgori degli anni precedenti.
Il soggetto è ampiamente sfruttato e Festa Campanile, che cerca di usare le armi del grottesco e dell’ironia, si impantana con un soggetto debolissimo.
A parte questo, il film è infarcito dei consueti clichè sulla napoletanità, ovvero la moglie che vede e tace e finisce per sfruttare la situazione a suo vantaggio,

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il maschio scioperato che si fa mantenere dalla moglie, lo stesso maschio latino ringalluzzito da doti sessuali molto “espressive” che utilizza imparzialmente con la moglie e le inquiline dello stabile.
E’ Flavio Bucci, attore di ottime qualità a incarnare il gallo meridionale, e se la scelta si rivela poco felice non è certo per la mancanza di professionalità dell’attore, che svolge il suo ruolo con la consueta bravura, quanto piuttosto per la poco probabile meridionalità dello stesso.

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Accanto a lui si muovono però ottimi caratteristi, come Pino Caruso (Il duca Attanasi) e Enzo Cannavale, in una delle sue repliche infinite del napoletano amico fidato del protagonista.
I ruoli femminili sono affidati a Ria De Simone, Maria Pia Conte, a Miranda Martino, Laura Trotter, a Lina Polito, bravissima nel ruolo di Agata, moglie di Gennaro e a Maurisa Laurito oltre che alla solita nudissima Marina Hedman.

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Un film decisamente in tono minore, volgarotto e poco interessante, a cui viene a mancare clamorosamente anche l’arma della risata, proprio per l’equivoco di fondo creato dall’ambiguità della commedia, poco grottesca e ancor meno ironica.

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Pasquale Festa Campanile, che veniva dall’ottima prova del suo unico thriller, Autostop rosso sangue e dal discreto Cara sposa incappa in un autentico infortunio, cosa che prima o poi accade nella carriera di un ottimo regista.
Gegè Bellavita,un film di Pasquale Festa Campanile. Con Miranda Martino, Enzo Cannavale, Flavio Bucci, Pino Caruso, Lina Polito, Salvatore Billa, Laura Trotter, Marisa Laurito,Ria De Simone,Maria Pia Conte
Commedia, durata 105 min. – Italia 1979

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Flavio Bucci     …     Gennaro Amato
Lina Polito    …     Agatina
Ria De Simone    …     Pupetta
Maria Pia Conte    …     Mercedes
Laura Trotter    …     Adelina
Miranda Martino    …     Rosa
Marisa Laurito    …     Carmen
Enzo Cannavale    …     Amico di Gennaro
Marina Pagano    …     Lisetta
Pino Caruso    …     Il Duca Attanasi
Gabriella Di Luzio    …     Prostituta

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Regia     Pasquale Festa Campanile e Neri Parenti aiuto regista
Soggetto     Pasquale Festa Campanile
Sceneggiatura     Pasquale Festa Campanile, Ottavio Jemma
Produttore     KORAL CINEMATOGRAFICA
Fotografia     Silvano Ippoliti
Montaggio     Alberto Gallitti
Musiche     Riz Ortolani

gennaio 19, 2011 Posted by | Commedia | , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Il belpaese

Il belpaese locandina

Guido, stanco del lavoro su una piattaforma per l’estrazione del greggio nel golfo Persico, decide di rientrare in Italia con i soldi che è riuscito a risparmiare.
Ma già nel momento stesso in cui scende dall’aereo che è atterrato a Milano, l’uomo si rende conto che il belpaese non è più assolutamente quello che ha lasciato nel 1970.
Siamo infatti nel 1977, e il primo approccio con il belpaese è tra il tragico e il surreale; una banda di palestinesi stermina tutti i passeggeri del volo, e Guido si salva solo perchè si è chinato per baciare il suolo.
E’ l’inizio di un incubo per Guido, che dovrà fare i conti con delinquenti di ogni risma, terroristi e indiani metropolitani, femministe e volgari banditi.

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Paolo Villaggio

Nonostante tutto Guido apre un’orologeria, che ben presto viene assalita da banditi e da giovani estremisti che “espropriano” la merce. Durante una delle tante disavventure, Guido si imbatte in “Mia”, una femminista che in realtà non ha nome, ma che Guido chiamerà Mia perchè durante la manifestazione lei ha scandito il famoso “Io sono Mia”.
Le cose non vanno bene per Guido, che passa di disgrazia in disgrazia, fino a subire un devastante attacco al negozio; Mia, della quale è innamorato, decide di avere un figlio con lui, ma poi lo abbandona.

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Silvia Dionisio

Dopo l’ennesimo colpo subito, Guido su consiglio dei parenti, decide di tornare nel golfo Persico.
Ma durante il tragitto verso l’aeroporto, in lui scatta qualcosa: torna sui suoi passi, e decide di non arrendersi, coinvolgendo i vicini del negozio e altra gente, che sembra in attesa solo di qualcuno che faccia il primo passo.
Poi l’happy end, con Mia che lo bacia.
Luciano Salce, a due anni dalla presentazione del campione d’incassi Fantozzi gioca la carta della satira estrema, usando come suo solito le gag già proposte nel mitico Fantozzi e ripresentando anche parte del cast, come la Mazzamauro e Gigi Reder.

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Paolo Villaggio e Pino Caruso

Ma il risultato è quantomai deludente; a parte le gag a getto continuo, che vedono il solito Paolo Villaggio interpretare da par suo l’imbranato anche se fondamentalmente onesto Guido, non si va oltre qualche risata, peraltro nemmeno amara vista l’estrema goliardia delle situazioni proposte.
Tutto è esagerato nel film; più che l’Italia degli anni di piombo, sembra di vedere un regime del SudAmerica in preda alla più totale anarchia.
Il risultato è un film debole sin dalle prime battute, che mostra abbondantemente limiti di sceneggiatura a tutto vantaggio di situazioni farsesche o estreme.

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Tutto, nel film, è volutamente esagerato, come del resto accade nei film con protagonista Villaggio/Fantozzi, ovvero il personaggio sfigato sul quale si abbattono situazioni paradossali ad ogni secondo; e questo alla fine diventa un grande limite del flm stesso, perchè la satira viene accantonata e si assiste ad una serie di situazioni volutamente oltre il limite, con il risulato destabilizzante di privilegiare la farsa in luogo della denuncia.
Qualche sprazzo felice c’è, comunque: belli i dialoghi tra il maturo Guido e Mia, in cui fa capolino l’affetto e l’amore da una parte, dall’altra la contestazione al sistema e la voglia di riappropriarsi di un’identità femminile che non sia solo uno stereotipo o un luogo comune.
Ma è davvero troppo poco.

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Non giova nemmeno la presenza di personaggi surreali e stravaganti, come Carletto, interpretato da un giovane Massimo Boldi, commesso dell’orologeria occupato a spararsi canne mostruose o a bucarsi con eroina, così come appaiono deboli i personaggi di Alfredo/Gigi Reder e l’imprenditrice Gruber, una mal sfruttata Anna Mazzamauro.
L’unico personaggio ben delineato, con una psicologia ben definita resta Mia, interpretata dalla bellissima Silvia Dionisio; Villaggio è bravo, ma troppo simile a Fantozzi, anche se la sua figura è meno macchiettistica e più dolente.
Qualche nota sulla location: a farla da padrone è Milano, con scene girate in strade riconoscibilissime per i milanesi doc come via XX settembre, la Darsena; ma c’è anche buona parte del film ambientata a Roma, con la famosa Villa Giovanelli, abitata dalla Gruber/Mazzamauro e l’Eur, con le sue grandi strade.

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Il belpaese, un film di Luciano Salce, con Paolo Villaggio, Silvia Dionisio, Gigi Reder, Anna Mazzamauro, Ugo Bologna, Massimo Boldi, Pino Caruso Italia 1977 Commedia

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Il belpaese banner protagonisti

Paolo Villaggio     …     Guido Belardinelli
Silvia Dionisio    …     Mia
Anna Mazzamauro    …     Signora Gruber
Pino Caruso    …     Ovidio Camorrà
Gigi Reder    …     Alfredo
Massimo Boldi    …     Carletto
Giuliana Calandra    …     Elena
Raffaele Curi    …     Spadozza
Ugo Bologna    …     Direttore della banca
Leo Gavero    …     Il venditore di orologi
Carla Mancini    …     Lisetta
Saviana Scalfi    …     La moglie del venditore di orologi
Bruno Alias     …     Ospite all’apertura del negozio (uncredited)
Ennio Antonelli    …     Scagnozzo di Spadozza (uncredited)
Fortunato Arena    …      Restauratore (uncredited)
Renato Bassobondini    …     Uomo in sciopero della fame (uncredited)
Nestore Cavaricci    …     Poliziotto (uncredited)
Tom Felleghy    …     Andrea – l’uomo che viene rapito mentre dà indicazioni (uncredited)
Lina Franchi    …     Ospite all’apertura del negozio (uncredited)
Enrico Marciani    …     Signore che inveisce contro le femministe (uncredited)
Giuseppe Marrocco     …     Uomo in fila in banca (uncredited)
Ettore Martini    …     Uomo in banca (uncredited)
Simone Santo    …     Parcheggiatore (uncredited)
Antonio Spinnato    …     Mario (uncredited)
Maria Tedeschi    …     Donna al funerale (uncredited)
Pietro Zardini    …     Impiegato della banca (uncredited)

Il belpaese banner cast

Regia:     Luciano Salce
Soggetto:     Castellano e Pipolo
Sceneggiatura:     Castellano e Pipolo, Luciano Salce, Paolo Villaggio
Produttore:     Fulvio Lucisano
Scritto da : Franco Castellano, Giuseppe Moccia, Luciano Salce, Paolo Villaggio
Musiche: Gianni Boncompagni, Piergiorgio Farina    , Paolo Ormi
Fotografia :Ennio Guarnieri
Montaggio: Antonio Siciliano
Trucco: Ennio Cascioli, Gianfranco Mecacci,Mario Michisanti
Direttore di produzione: Raimondo Castelli, general organization
Eros Lanfranconi    ….     direttore di produzione
Lamberto Palmieri    ….     direttore di produzione
Egidio Valentini    ….     direttore di produzione

Curiosa pellicola, che affianca trovate “basse” (il quiz d’ingresso, alla Mike Bongiorno) a una denuncia condotta in modo che può apparire qualunquista, ma che fotografa una certa Italia sul finire degli Anni Settanta. Il meccanismo iperbolico, purtroppo, viene presto a noia, per cui il motivo di culto resta, per me, la clamorosa e vistosa presenza di Carla Mancini nel ruolo di Lisetta.

Troppa carne al fuoco (terrorismo, varia criminalità, movimenti studenteschi, femministe, droga, figli dei fiori…). E quando, al fuoco filmico, la carne è troppa, si rischia di rovinarla. Qui Villaggio, una sorta di Fracchiozzi (Fracchia-Fantozzi), si barcamena tra un’esagerazione e l’altra, facendo quel che può, negli evidenti limiti del suo personaggio. Inoltre, la pellicola è penalizzata da un’eccessiva lunghezza, che finisce per appesantirla. Boldi così così. Pur non sollevandosi quasi mai da una generale mediocrità, si può anche vedere, ma perderlo non costituisce reato.

Eccessivo ed estenuante. La sfiga all’ennesima potenza concentrata nel repertorio fantozziano più deprimente, abusato e tedioso (la bomba nel vestito, la masticazione di nascosto, etc.). Una delle peggiori prove di Salce-Villaggio. Finale con pretese sociologiche, invitante all’amicizia e all’ottimismo. La Mazzamauro replica il ruolo della Silvani; la Mancini appare in uno dei suoi ruoli più consistenti.

Pessimo film di Salce, che scade fin da subito in un tremendo qualunquismo e non strappa mai una risata che sia una. Passi per il soggetto, anche se mi è sembrato più un film da Pingitore che non da Salce, ma la sceneggiatura è più un collage di episodi accumulati che altro, con personaggi che entrano ed escono in modo piuttosto casuale (Pino Caruso, ad esempio). Un film invecchiato decisamente male, purtroppo.

Tipico prodotto del cinema di quegli anni, il film (è del mitico ’77 nientemeno) propone un confronto facilone tra le pigre tradizioni degli Anni Sessanta idealizzate da uno spaesato Villaggio, che rientra in Italia dopo anni passati all’estero e la situazione di bailamme paraterroristico, con le violenze di piazza e il crimine diffuso. Se c’erano ambizioni di satira sociale, sono andate a vuoto. Ovviamente non c’è analisi, ma allora sarebbe stato meglio buttarla in farsa. Parlare di ambiguità morale vorrebbe dire sopravvalutare il film. Sbagliato.

gennaio 5, 2010 Posted by | Commedia | , , , , , , , , | 6 commenti