Il trafficone
Per poter mantenere la sua famiglia,Vincenzo Lo Russo è costretto ad improvvisare lavori ingegnosi;Angelina,la moglie e i suoi tre figli lo attendono a casa e Vincenzo raccatta denaro abbordando i passeggeri delle auto che si fermano ai semafori proponendo loro l’acquisto di capi d’abbigliamento.
Un giorno casualmente abborda una affascinante donna con la quale ha una fugace relazione; la donna ha in realtà attirato a casa Vincenzo per compiacere il marito guardone e al termine del rapporto regala a Vincenzo stesso un libro sulla sessualità e sui rapporti di coppia.
Dopo averlo letto l’uomo prende una decisione: si improvviserà medico e aprirà uno studio nel quale cercherà di curare i problemi sessuali delle coppie, che a quanto pare sono molto più diffusi di quanto sembri.
Tina Aumont e Carlo Giuffrè
Rita Calderoni
Cosi con l’aiuto di Gennaro, un suo amico,Vincenzo avvia lo studio che ben presto ottiene uno straordinario successo.
Spesso infatti le coppie che si rivolgono a lui trovano nell’uomo la soluzione ai loro problemi, in particolare le partner femminili che vengono “guarite” dai loro problemi dall’infaticabile Vincenzo.
Ma il super lavoro alla fine sfianca il pur valoroso Vincenzo che nel frattempo ha cambiato il suo cognome in D’Angelo; la prima ad accorgersi dei problemi è la moglie Angelina, trascurata nel talamo nuziale dal marito.
Così, convinta da un amico a rivolgersi all’ormai famoso dottor D’Angelo, Angelina scopre il nuovo lavoro del marito.
Ad un primo attacco d’ira segue una riflessione sul cambiamento che l’attività di Vincenzo ha portato all’economia domestica; così Angelina alla fine convince suo marito ad allargare la società, diventando anch’essa una sessuologa…
Il trafficone è una commedia sexy del 1974,diretta da Bruno Corbucci, non priva di un suo rozzo ma efficace umorismo; l’idea di fondo della sceneggiatura presta infatti il fianco allo sviluppo di una storia sicuramente esile ma ben diretta dal regista romano,uno dei più fecondi sceneggiatori del cinema italiano e regista di una cinquantina di film che spaziano dal western alla commedia.
Adriana Asti
Irina Maaleva
Dopo aver cavalcato in maniera semi seria il filone decamerotico con film come Boccaccio e Il prode Anselmo e il suo scudiero, Corbucci passa alla commedia sexy reclutando per il cast il simpatico e sicuramente affidabile Carlo Giuffrè e affiancandogli nomi di un certo livello del cinema italiano come Lino Banfi e Enzo Cannavale con l’aggiunta di ottime e belle attrici come Tina Aumont, Marilu Tolo e Rita Calderoni, una volta tanto slegata dal suo mentore Polselli.
Per completare, Corbucci affida parti di contorno ad altri nomi importanti del cinema leggero come Gianni Agus,Vincenzo Crocitti e Adriana Asti, rendendo così quanto meno affidabile la parte recitativa.
Marilu Tolo
Anche se nello stretto ambito del cinema di genere Il trafficone risulta alla fine un prodotto ben confezionato,gradevole e quasi esente dalle triviliatà gratuite delle commedie sexy, con scene di sesso e nudo assolutamente castigate e dirette più che altro come degli sketch satirici.
Alla fine vien fuori una commedia che si gusta con piacere,grazie sia alla professionalità del cast sia ad alcune scenette ben costruite (quella iniziale con protagonista la Aumont,quella finale con la Tolo e il siparietto costruito dalla coppia Banfi-Maleeva).
Un’ora e mezza di cinema distensivo ed allegro, senza alcuna pretesa.
Il film è disponibile in una versione più che accettabile su You tube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=CWPPDxCsHV4
Vi ricordo che se usate Chrome è disponibile un’estensione che permette la visione del film off line; il software 4K video downloader permette altresi lo stesso lavoro.
Il trafficone
Un film di Bruno Corbucci. Con Marilù Tolo, Tina Aumont, Carlo Giuffrè, Gianni Agus, Adriana Asti, Enzo Cannavale, Lino Banfi, Elio Zamuto, Rita Calderoni, Irina Maleeva, Massimo Dapporto Commedia, durata 91 min. – Italia 1974.
Carlo Giuffré: Vincenzo LoRusso / dottor Gaetano D’Angelo
Enzo Cannavale: Gennaro, amico di Vincenzo
Rita Calderoni: Angela, moglie di Vincenzo
Lino Banfi: ragionier Luigi Scardocchio
Irina Maleeva: Silvana, moglie di Scardocchio
Elio Zamuto: Barone Vito Macaluso
Marilù Tolo: Rosalia, moglie del barone Macaluso
Tina Aumont: Laura Vitali
Adriana Asti: Virginia, moglie del pretore Filiberto Vettiglia
Gianni Agus: onorevole Rivolta
Renzo Marignano: Conte Everardo
Liuba Subcova: moglie del conte
Regia Bruno Corbucci
Soggetto Bruno Corbucci, Mario Amendola
Sceneggiatura Bruno Corbucci, Mario Amendola
Produttore Galliano Juso
Casa di produzione Cinemaster
Fotografia Guglielmo Mancori
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Ubaldo Continiello
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com
Il catalogo di inibizioni e bizzarrie sessuali nella vita di coppia si presenta in una veste solare e giocosa e oppone ai possibili rischi di caduta nel cattivo gusto la solida barriera di Giuffrè, che mantiene contegno e professionalità in tutti i pezzi proposti: alcuni sono più riusciti (le esilaranti fregole di Banfi e la cura dell’ipodotato Crocitti), altri meno, perché flosci (Agus e il transgender) o inutilmente reiterati (gli agguati della Asti). Valida spalla Cannavale; bollente la Tolo. Per la colonna sonora Continiello utilizza “Il ballo del qua qua”.
L’opinione di Motorship dal sito http://www.davinotti.com
Una curiosa commedia con protagonista assoluto il grandissimo Carlo Giuffrè nei panni del falso medico che usa la sua farlocca professione per soldi e per concedersi qualche bella occasione in quanto a donne. Giuffrè è esplosivo, divertente e non volgare, confrmando le sue doti di attore e di comico. Ottimi comprimari Enzo Cannavale, sempre all’altezza nei panni del suo sgangherato assistente, le bellissime Marilù Tolo, Tina Amount e Rita Calderoni, un giovane Lino Banfi già divertentissimo. Noioso l’episodio con Agus.
L’opinione di sasso 67 dal sito http://www.filmtv.it
Commedia abborracciata di tematica sessuale (Giuffrè, magliaro napoletano a Roma, si improvvisa sessuologo e fa i soldi), che prende a pretesto il nuovo mestiere del protagonista per avere maggior agio di creare situazioni al confine tra comicità ed erotismo. Con scarsi risultati, va detto, sull’uno e sull’altro versante. Cannavale strappa qualche risataccia, ma l’insieme è quasi deprimente, anche perché si notano errori di montaggio francamente imbarazzanti: per esempio, un attimo prima che il medico riceva i giovani sposini Vincenzo Crocitti e Pamela Villoresi, l’infermiera ha fatto alzare, nella sala d’attesa, una coppia che non somiglia nemmeno lontanamente (i due, per di più, sono vestiti in maniera completamente diversa) a quella che troviamo nello studio del “dottore”.
Tour de force di Carlo Giuffrè che, soldi a parte, avrebbe potuto dedicarsi ad altre attività umanamente più gratificanti.
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Cara sposa
In una giornata plumbea,in una Milano immersa nella pioggia Alfredo esce dal carcere dove ha scontato quattro anni di galera per aver percosso la moglie;è un piccolo ladruncolo,Alfredo, con poca voglia di lavorare ma ora che è uscito dal carcere medita di tornare da sua moglie e dal suo piccolo Pasqualino.
Ma all’uscita dal carcere, sotto la pioggia,c’è sua moglie Adelina che gli comunica che, stanca delle sue botte, lo lascia.
Ad Alfredo, che comunque è innamorato della moglie, non resta altro da fare che accettare, almeno in apparenza la decisione di Adelina; così torna a casa sua per scoprire che la moglie ha portato via tutto, lasciando la casa desolatamente vuota.
Ritornare alla vita normale presenta dei problemi, per Alfredo;ma grazie anche ad una vicina di casa, Liliana, anche lei una piccola ladruncola riesce in qualche modo a ricominciare.
Ma Alfredo è sempre innamorato della moglie che,mentre Alfredo era in galera, ha allacciato una relazione con Giovannino, un tassista per il quale Adelina forse non prova una passione travolgente, ma che rappresenta un porto sicuro, una figura tranquillizzante.
L’uomo decide allora di ricostruire un rapporto almeno con il figlio con il doppio scopo di avere informazioni sulla moglie;nel frattempo riprende la vita di prima, occupandosi di piccoli furti e occasionali truffe.
Ricopre Giovannino di regali ma tenta anche di rapire sua moglie; che reagisce in maniera sprezzante lasciando Alfredo solo con i suoi sensi di colpa.
Ma Adelina ha capito che Alfredo, a modo suo la ama;la donna scopre che suo marito dorme con un cuscino che riporta la sua immagine, che l’uomo ha creato mentre era in carcere e la successiva morte della mamma di lui li riavvicina almeno temporaneamente.La donna riprende quindi a frequentarlo nuovamente, diventando una specie di amante di suo marito.
Ma sarà un breve viaggio fatto da Alfredo con suo figlio a rischiare di far scoppiare una tragedia…
Commedia agro dolce a sfondo comico sentimentale, Cara sposa, diretto da Pasquale Festa Campanile è un film del 1977, inquadrabile nell’ormai agonizzante filone della commedia all’italiana.
Una commedia gradevole e a tratti anche divertente, lieve e leggera, interpretata da un Johnny Dorelli in perfetta forma, che all’epoca del film aveva consolidato la sua fama di attore brillante con ottimi riscontri al box office.
Punti di forza del film sono l’ambientazione proletaria del film stesso,come la scelta del casermone ultra propolare nel quale viveva la coppia e alcune sequenze particolarmente riuscite come quella in cui Adelina, stanca della “persecuzione” del marito, lo attira nella loro vecchia casa e lo tempesta di botte.
Bellissima come sempre Agostina Belli che interpreta il ruolo della moglie di Alfredo, una donna stanca sia dei maltrattamenti del marito sia dell’incapacità da parte dello stesso di vivere una vita ordinaria, meno precaria e ai margini della legge.
Un personaggio che cerca la tranqullità e la serenità tra le braccia del bravo Giovannino, un uomo che è un porto sicuro; ma l’amore e la passione sono sempre gli stessi per quello strano marito accanto al quale la vita era sicuramente più movimentata.
Tranquillità e sicurezza oppure passione e vivere alla giornata?
Attorno a questo dilemma Adelina vive conflittualmente la propria vita ed in pratica è il tema centrale del film.
Un tema probabilmente banale ma che il regista lucano descrive con leggerezza, senza mai travalicare i limiti della commedia leggera e senza affannarsi a cercare soluzioni soluzioni socio politiche che non vengono affrontate mai, nemmeno marginalmente.
Questa è una storia di sentimenti condita da storie qualunque e da qualche gag divertente,null’altro.
Pasquale Festa Campanile, uno dei più prolifici registi degli anni settanta torna così ai temi preferiti dopo la breve parentesi del film comico/storico affrontato l’anno precedente con Il soldato di ventura e prima dell’unico esperimento di cinema thriller dello stesso anno, rappresentato da quel Autostop rosso sangue che mostrerà la versatilità del regista prematuramente scomparso nel 1986 a 58 anni.
Cast di contorno di ottimo livello, nel quale ogni protagonista fa la sua parte con lodevole diligenza a partire dalla bella e affascinante Marilda Donà, la Liliana del film che ama a modo suo quell’uomo disordinato e irresponsabile così innamorato però della moglie
Ci sono anche Enzo Cannavale, vicino di casa di Alfredo e Lina Volonghi e infine Mario Pilar, una volta tanto lontano dai ruoli di cattivo che hanno rappresentato la caratteristica della sua carriera.
Menzione d’onore per l’atmosfera a tratti plumbea a tratti malinconica che cattura il regista in una milano vista nella sua anima autenticamente popolare.
Il film ha avuto diversi passaggi in tv ed è oggi edito in digitale; tuttavia in rete esiste solo una versione rippata da una VHS di qualità mediocre e visionabile in streaming con un’agevole ricerca su Google.
Cara sposa
Un film di Pasquale Festa Campanile. Con Johnny Dorelli, Enzo Cannavale, Agostina Belli,Marilda Donà, Lina Volonghi, Guido Verdiani, Carlo Bagno, Livia Cerini Commedia, durata 110′ min. – Italia 1977.
Johnny Dorelli:Alfredo
Agostina Belli:Adelina
Marilda Donà:Liliana
Mario Pilar:Giovannino
Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Franco Verucci
Sceneggiatura Franco Verucci
Fotografia Giuseppe Ruzzolini
Montaggio Mario Morra
Musiche Stelvio Cipriani
Daniele Patucchi
Scenografia Giantito Burchiellaro
L’opinione di renato dal sito http://www.davinotti.com
Quello che si dice un buon film, tanto per essere chiari. Ottimi sia Johnny Dorelli che Agostina Belli (doppiata, peraltro), buone l’ambientazione milanese e la regìa. Sulla sceneggiatura si può dire che qualche passaggio è risolto forse in modo frettoloso, come quando Dorelli denuncia la moglie e la fa finire in carcere, ma il film non perde punti per questo. Ed il sardonico finale è perfetto per il tono della pellicola, a mio avviso.
L’opinione di willcane dal sito http://www.filmtv.it
Attivissimo come regista,ancor più che come scrittore,Pasquale Festa Campanile ,come Alberto Bevilacqua,realizzò anche qualche titolo di successo,pur essendo sempre considerato un “outsider” al cinema:certo,spesso ha fatto film di qualità discutibile,come questa commediola che regge gran parte del suo peso su Johnny Dorelli,spiantato marito alla riconquista della bella moglie Agostina Belli,fino a rischiare di morire linciato.E’una Milano un pò triste e periferica quella in cui il film si svolge,qualche sorriso viene riscosso dal comunque simpatico protagonista:è che la storia non ha niente di originale,molti degli attori recitano a quella maniera,e il copione non è particolarmente brillante.Un tipico film da seconda visione degli anni Settanta.
L’opinone di Marenco73 dal sito http://www.davinotti.com
Opera singolare e rappresentativa di un regista che ci ha lasciati troppo presto e che aveva tante altre cose da dire. In “Cara sposa” infatti comicità ed amarezza si mescolano. Campanile gioca su temi delicatissimi (il nucleo familiare, il distacco, la gelosia) con mano sincera grazie ad un Dorelli in forma e ad un’Agostina Belli al massimo del suo splendore. Originariamente il progetto era di Ponti e avrebbero dovuto interpretarlo Mastroianni e la Loren. Poi Lombardo cambiò le carte in tavole e l’ambientazione che fa tanto “Romanzo popolare”.
Casta e pura
Una ricca ereditiera con un’unica figlia, Rosa, si lascia convincere sul letto di morte dall’interessato marito Antonio a lasciare tutti i suoi possedimenti alla ragazza in cambio della solenne promessa di un voto di castità. In questo modo Antonio potrà gestire il patrimonio della donna fino al giorno in cui la ragazza non convolerà a nozze.
Così accade e da quel giorno Rosa rispetta il voto fatto.
La ragazza vive una sorta di esistenza monastica, divisa fra la casa e chiesa, sotto lo sguardo vigile del padre Antonio.
Ma ben presto la sessualità repressa inizia a insidiare sia il corpo della ragazza che la sua mente.
Laura Antonelli
Così durante il sonno, Rosa immagina situazioni scabrose a cui si aggiungono strane visite notturne del cugino Fernando, che si mostra molto interessato al corpo seducente della cugina.
Fernando è ovviamente attratto principalmente dal patrimonio della cugina,mentre Rosa, turbata dagli avvenimenti, confessa ad un sacerdote quello che le accade, confidando al sacerdote stesso la sua intenzione di prendere i voti religiosi.
Antonio viene a conoscenza della cosa e decide di cambiare strategia; ora la ragazza deve avere la sua iniziazione sessuale, in modo da far violare alla ragazza il suo voto.
Ma le cose andranno in modo ben diverso da quanto sperato dall’uomo…
Casta e pura, film del 1981 diretto da Salvatore Samperi, è una commedia a metà strada tra il sexy e il satirico diretta dal regista di Malizia; che nella sceneggiatura, curata con un pool di aiutanti, ovvero Bruno Di Geronimo ,Michel Gast,Ottavio Jemma e José Luis Martínez Mollá tenta la strada della denuncia antiborghese ammantata di anticlericalismo all’acqua di rose.
Il film infatti è debole sin dalle prime scene e si trasforma ben presto in un sciagurato e velleitario tentativo di frustare il moralismo corrente, tentando improvvidamente anche la dissacrazione dei principi religiosi, rappresentati dal perbenismo untuosamente ipocrita della mamma di Rosa e dalla ragazza stessa, che però ha l’unica colpa di essere succube di una tradizione e di una morale radicata nel suo ceto sociale.
Detta così la cosa sembrerebbe anche degna di uno svolgimento all’altezza, ma i buoni propositi (ammesso che in Samperi albergassero) naufragano sciaguratamente in un film monotono e ripetitivo, in cui la stessa sessualità repressa di Rosa viene mostrata più con occhio lubrico e guardone che con profondità e attenzione alle vere motivazioni che la originano.Da dimenticare a questo proposito la sequenza dell’orgia, di pessimo gusto e copiata da Fellini con l’aggiunta di un pizzico di Tinto Brass (ma quello dell’ultimo periodo,purtroppo)
Reduce dal disastro di Un amore in prima classe, diretto nell’anno precedente, Samperi mostra ancora una volta la sua attitudine a mostrare sullo schermo il lato epidermico delle vicende che racconta.
Non c’è profondità nel personaggio di Rosa, così come non c’è profondità in nessuno dei personaggi che si muovono accanto a lei.
Eppure i ruoli di Fernando o quello di Antonio ben si prestavano all’uso della sferza, mentre Samperi non usa mai scudisciare i protagonisti, preferendo affidare la storia a qualche pruderia notturna di Rosa o alle visite notturne dell’interessato Fernando.
Sprecatissimo il cast utilizzato: la Antonelli è bellissima e seducente, ma finisce per restare ingabbiata in un ruolo che lei svolge bene, ma che rimane desolatamente fine a se stesso
Bene anche Massimo Ranieri, perfido al punto giusto, ma anch’esso schiavo di un personaggio mono dimensionale mentre Fernando Rey, grande attore, resta malinconicamente in un limbo creato da un personaggio senza alcun spessore.
A ben guardare le note positive del film sono da ricercarsi unicamente nella buona prestazione del cast, nel quale figurano anche Cannavale e Christian De Sica, richiamato da Samperi dopo il buon esito di Liquirizia.
Completano il cast la brava Fabrizi e Elsa Vazzoler.
Un film modesto e insipido, in definitiva, questo Casta e pura.
Recentemente è stato rieditato in digitale e trasmesso a più riprese da tv satellitari, per cui è facile imbattersi nella rete in copie decenti.
Che poi il film stesso valga una visione è tutta un’altra cosa.
Casta e pura
Un film di Salvatore Samperi. Con Fernando Rey, Laura Antonelli, Massimo Ranieri, Enzo Cannavale, Riccardo Billi, Elsa Vazzoler, Valeria Fabrizi, Vincenzo Crocitti, Diego Cappuccio, Gabrielle Lazure Commedia, durata 95′ min. – Italia 1981.
Laura Antonelli: Rosa
Fernando Rey: Antonio
Massimo Ranieri: Fernando
Enzo Cannavale: il sacerdote Bottazzi
Christian De Sica: Carletto Morosini
Riccardo Billi: suo padre
Vincenzo Crocitti: “Picci”
Sergio Di Pinto: Gustavo Bottesini
Valeria Fabrizi: seconda moglie di Bottesini
Diego Cappuccio: Dario Di Maggio
Gabrielle Lazure: Lisetta
Regia Salvatore Samperi
Soggetto Michel Gast
Sceneggiatura Ottavio Jemma
Produttore Maurizio Amati, Sandro Amati
Fotografia Alberto Spagnoli
Montaggio Sergio Montanari
Scenografia Ezio Altieri
Il domestico
Durante la seconda guerra mondiale Rosario Cavadoni, conosciuto da tutti come Sasa, lavora in mensa come cameriere fino al giorno in cui viene chiamato al servizio del maresciallo Badoglio.
La proclamazione dell’armistizio vede la fuga del maresciallo stesso da Roma mentre il povero Sasa si salva grazie alle sue doti di adattamento ai lavori di casa finendo al servizio di un ufficiale tedesco e in seguito all’occupazione militare americana in Germania ai servizi di un comandante statunitense.
La fine della guerra vede Sasa alla ricerca di un’occupazione in pianta stabile; finisce così per entrare al servizio di Salvatore Sperato, un produttore cinematografico che decide di farlo lavorare nel cinema accanto a sua moglie Lola Mandragali, una popolana sguaiata e becera.
Fallito miseramente il tentativo di diventare attore, Sasa entra a servizio di una famiglia nobile romana, impelagata con il fascismo. Qui Sasa ha modo di rendersi utile al vecchio patriarca portandolo in giro per i bordelli, dove l’uomo alla fine viene colto da malore, proprio mentre Sasa è a colloquio intimo con la simpatica prostituta Rita.
La famiglia del nobile mette a tacere lo scandalo, anche perchè ormai l’epoca dei bordelli si avvia malinconicamente alla conclusione per l’avvento della legge Merlin che stabilì la chiusura della case chiuse.
L’odissea di Sasa continua: l’uomo finisce alle dipendenze di una coppia dalla morale sessuale molto aperta e discutibile e alla fine approda in casa di Ambrogio Perigatti, un ricco petroliere dalle molte ombre.
Qui Sasa ritrova una vecchia conoscenza, la prostituta Rita diventata nel frattempo moglie dell’uomo d’affari.
Sasa avrà modo di rendersi utile guarendo la figlia della coppia da una forma di strabismo: durante lo sbarco dell’uomo sulla luna, infatti, avrà un rapporto intimo con Linda (figlia di Amrogio e Rita) provocando la scomparsa del fastidioso disturbo che Sasa furbescamente attribuirà all’emozione provata dalla ragazza davanti alla tv durante l’allunaggio.
Ma è destino che il domestico non debba trovare tregua: Ambrogio Perigatti coinvolgerà come prestanome il povero domestico in una speculazione,che avrà come risultato la condanna di Sasa alla detenzione.
In carcere finalmente l’uomo potrà dedicarsi al suo lavoro di domestico….
Il domestico, diretto da Luigi Filippo D’Amico su una sceneggiatura di Sandro Continenza e Raimondo Vianello è una gradevole commedia del 1974 appartenente al florido filone della commedia all’italiana e non alla commedia sexy come erroneamente scritto da alcuni recensori della domenica.
L’impianto narrativo infatti è di stampo classico e della commedia sexy non riprende alcuna tematica: le scene sexy infatti sono limitate a qualche topless fugace delle belle protagoniste ed il film vive tutto sulla verve di Lando Buzzanca, chiamato per una volta a interpretare un ruolo brillante defilato dai ruoli sexy a cui l’attore siciliano aveva abituato il pubblico.
Il film percorre 30 anni della storia italiana, con Sasa che si imbatte via via in personaggi arricchiti e volgari, parvenue della borghesia emergente o vecchie glorie della nobiltà, nostalgiche di un passato ormai irrimediabilmente scomparso.
Se nel film manca la profondità, per ovvi motivi trattandosi di una commedia brillante, ci si consola con alcune gag gustose tra le quali spiccano la visita di Sasa con il vecchio nobile in un bordello pochi giorni prima della loro soppressione e la scena dell’allunaggio con la seduzione da parte della giovane Linda del maturo domestico Sasa, che la ragazza provoca in tutti i modi.
Finale agro dolce, o meglio, amaro con Sasa che finisce per fare il suo lavoro dietro le sbarre, condannato da un destino avverso che lo ha visto entrare e uscire da diverse famiglie ognuna delle quali con vizi nascosti, tipici della borghesia rampante dell’Italia post bellica.
Luigi Filippo D’Amico dirige con mano sicura un cast di caratteristi tutti all’altezza, con alcune tra le più belle star del cinema italiano anni settanta: si passa da Femi Benussi (l’attrice Lola Mandragali che odia il caviale e lo rifila al suo cane! ) a Martine Brochard, perfettamente a suo agio nel ruolo della prostituta Rita che sogna di fuggire dal bordello in cui lavora e che vedrà coronato il suo sogno visto che sposerà nientemeno che un petroliere fino a Eleonora Fani, bravissima come suo solito nel ruolo dell’adolescente pruriginosa che guarirà dallo strabismo da cui è affetta grazie alla performance erotica di Sasa.
Ancora, in ruoli di contorno troviamo Erika Blanc, la Silvana commessa in un negozio che si rifiuta di fare la scomoda testimone delle infedeltà della coppia presso la quale lavora Sasa ricordando che guadagna 120.000 lire al mese per lavorare 12 ore al giorno mentre i viziosi padroni di casa se la spassano avendo denaro e tempo libero; troviamo una splendida Malisa Longo in una parte lampo (quella della prostituta del bordello), Ivana Monti nel ruolo della moglie infedele che Sasa cercherà disperatamente di coprire
e accanto a loro attori come Arnoldo Foà (Ambrogio Perigatti), Enzo Cannavale (il produttore Salvatore Sperato),Antonino Faa Di Bruno (il nobile puttaniere) e infine Gordon Mitchell (il Generale Von Werner), tutti a loro agio nei ruoli attribuiti.
Il domestico è un film senza grandi pretese ma riuscito: va detto che alcune scene sono prolisse e che alcune situazioni sono davvero tirate per i capelli, ma nel complesso il film regge e si guarda con piacere.
Come al solito rivolgo l’invito a non fidarsi di alcune recensioni dei critici di alcuni siti, troppo snob per riconoscere un valore minimo ad una pellicola che non sarà un capolavoro ma che è sicuramente meglio di tanti prodotti osannati dai critici stessi.
Questa recensione in particolare, “soldato semplice nella seconda guerra mondiale, “Zazà” viene mandato addirittura a fare l’attendente di Badoglio. Finisce poi al servizio di un ufficiale nazista e, infine, di uno americano. Tipico veicolo per Buzzanca. Comicità facile e scollacciata con velleità satiriche.” mostra un’acredine davvero spiazzante; il film non è affatto scollacciato, ma come ormai sappiamo bene il vero problema è la puzza sotto al naso di parte dei soloni cinematografici.
Il domestico,un film di Luigi Filippo D’Amico. Con Femi Benussi, Luciano Salce, Silvia Monti, Lando Buzzanca, Paolo Carlini, Martine Brochard, Arnoldo Foà, Nanda Primavera, Camillo Milli, Renzo Marignano, Enzo Cannavale, Erika Blanc, Gordon Mitchell, Silvia Monelli, Malisa Longo, Carla Mancini, Mico Cundari, Empedocle Buzzanca
Commedia, durata 105 min. – Italia 1974.
Lando Buzzanca … Rosario Cabaduni, soprannominato ‘Sasa’
Martine Brochard … Rita
Arnoldo Foà … Ambrogio Perigatti
Femi Benussi … Lola Mandragali
Leonora Fani Linda Perigatti
Paolo Carlini … Andrea Donati
Enzo Cannavale … Salvatore Sperato
Antonino Faa Di Bruno…. il nobile
Erika Blanc … Silvana
Luciano Salce … Il regista
Gordon Mitchell … General Von Werner
Erika Blanc…. Silvana
Malisa Longo…Una prostituta
Regia: Luigi Filippo D’Amico
Sceneggiatura: Sandro Continenza e Raimondo Vianello
Musiche : Piero Umiliani
Editing: Renato Cinquini
Produttore: Medusa
Fotografia : Sandro D’Eva
Montaggio : Renato Cinquini
Distribuzione: Medusa
Scenografia : Ennio Michettoni, Franco Velchi
Costumi : Luciana Fortini
Le recensioni appartengono al sito http://www.davinotti.com
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Divertente, ma sbilanciato. Molto buona la prima ora, però cala con la parte popolata da Foà e la Fani, nonostante la bravura degli interpreti, perché è troppo prolissa. Esilarante la parte con la Monti, Marignano, la Blanc (presunta monarchica…). Buzzanca, in ogni caso, è semplicemente eccezionale. E poi ci sono Salce, il grande Faà di Bruno, Cannavale, una sfolgorante Benussi.
Interessante parabola sull’esistenza di un “servo” che viene analizzata (in vérve comica) a partire dall’inizio della carriera (a ridosso della fine della 2a guerra mondiale) sino ad un finale (corrispondende al 1969 e relativo sbarco sulla Luna) che avanza teorie “politiche” esterne al genere: Luigi Filippo D’Amico riesce a mettere insieme momenti esilaranti (basterà ricordare Luciano Salce nella parodia di se stesso), senza scordarsi una sana polemica sulla corruzione politica e sociale, già all’epoca, ai vertici dei ministeri…
Valida commedia sulla lealtà dei servi e i vizi dei padroni, costruita su Buzzanca – al solito siculo e mandrillo – e su una variopinta galleria di attori e starlets: la Fani strabica e lolitesca, la statuaria Monti, la delicata Tanzilli, la Blanc che ghigna come la Facchetti, Foà distributore di bustarelle, Mitchell nazista…Trova spazio pure una parodia di Riso amaro (e del mondo del cinema in generale), con Salce regista e Buzzanca e la Benussi nei ruoli che furono di Gassman e della Mangano.
L’italico servilismo, ma anche il camaleontismo e l’ipocrisia: in questo anomalo Buzzanca-movie, dove il nostro è leccapiedi per vocazione (ma pur sempre mandrillo siculo), i vizi atavici dell’italiano vengono passati in rassegna in una svelta successione di episodi piuttosto ben sceneggiati, dove il migliore è quello con Salce neorealista a dirigere Lando domestico del produttore. Buona scelta dei comprimari, buon assortimento di fanciulle: la dolce e maliziosa Fani (semiesordiente) si fa notare nel ruolo della lolita strabica.
Notevole commedia, probabilmete il miglior film di Buzzanca. I toni sono più seri e impegnati del solito, ma il film è comunque veloce e divertente. Bravissimo Buzzanca, ottimo il resto del cast, pieno di nomi noti. Forse il finale non è troppo convincente, ma il film riesce a volare inaspettatamente in alto. Bellissima la colonna sonora.
Azzardo a definirlo il miglior Buzzanca-movie di tutti i tempi. La qualità della pellicola si manifesta in molti aspetti: innanzitutto il ruolo affibbiato a Buzzanca gli è congeniale e lo si vede convinto (dunque convincente). Bella l’idea di raccontare ad episodi la storia di questo domestico dall’Italia della Seconda Guerra Mondiale fino al 1974, con aspetti anche storiografici. Molto bella la colonna sonora di Piero Umiliani.
Solita commediola con protagonista Lando Buzzanca. Non dissimile da mille altre che l’attore ha interpretato nel corso del suo periodo d’oro. Ha un buon ritmo e due o tre gag apprezzabili, ma in fondo la si dimentica in fretta. Cast non particolarmente in palla, a partire dal protagonista.
Il domestico è un ruolo che si addice alla maestria comica del grande Buzzanca, libero di impersonare le varie caratteristiche di questo lavoratore in tutte le sue accezioni. Si ride anche se non ci si spancia, v’è da dirsi, ma neanche si affonda nel mare magnum triviale cui spesso la commedia italiana di quel periodo ci aveva abituato. La Fani che seduce il bravo Lando posizionando il suo dolce piedino proprio lì (riacquistando al contempo la perfetta simmetria oculistica) vale tutto il film, grazie anche all’espressione di lui…
La segretaria privata di mio padre
Ersilia Ponziani, moglie del commendator Armando, a capo di una ben avviata fabbrica di prodotti chimici e diventata la consorte dell’industriale dopo esserne stata la segretaria.
Conoscendo perfettamente il punto debole del marito, le donne, Ersilia decide di fare terra bruciata attorno all’uomo, assumendo come segretaria dell’uomo l’orrida Amelia e piazzando nella fabbrica dell’uomo lavoratrici scelte con molta cura, in base al loro scarso fascino o addirittura bruttezza.
Così, all’interno della splendida villa sul lago di Como, dove i coniugi vivono con il figlio Franco, tutto fila liscio fino al giorno in cui i due hanno un incidente automobilistico, nel quale rimangono feriti e costretti a dover rimanere a letto.
Per Ponziani la situazione è un problema; non può infatti vedere la sua affascinante amante Ingrid, che l’uomo mantiene in un albergo cittadino.
Ma in aiuto arriva inaspettatamente Mingozzi, un chimico che ha l’ambizione di diventare il braccio destro di armando nella direzione della fabbrica.
Mingozzi offre la sua splendida fidanzata Luisa come segretaria scatenando in casa Ponziani il putiferio.
Armando, infatti, sempre molto sensibile alle grazie femminili, cerca in tutti i modi di sedurre la donna, che ha anche altri spasimanti, ovvero il figlio di Armando e il domestico.
Una bellissima Maria Rosaria Omaggio è Luisa
Così, mentre i tre galletti di casa cercano di ingraziarsi la donna, Luisa briga per conquistare l’amore proprio di Franco.
Naturalmente ci riesce e per convincere i futuri suoceri molto riluttanti all’unione tra i due giovani, spinge fra le braccia di Ersilia un suo amico e tra le braccia di Armando la bella Ingrid, che così viene assunta nella villa in qualità di nuova segretaria.
La segretaria privata di mio padre, film del 1976 diretto da Mariano Laurenti su sceneggiatura di Milizia è una commedia sexy ( a torto definita erotica) come innumerevoli altre del decennio settanta.
Costruita attorno alla fresca bellezza di Maria Rosaria Omaggio e a quella di Anita Strindberg (parecchio defilata in un ruolo secondario), può essere definita una commedia piacevole, priva quasi totalmente delle immancabili volgarità che costellavano i prodotti del genere.
Nelle due foto: Anita Strindberg è Ingrid
Il compito di creare gag divertenti è affidato ad un tris di attori collaudatissimo e protagonista di una serie impressionante di prodotti clone, ovvero Renzo Montagnani (il Don Giovanni di casa), Alvaro Vitali e Enzo Cannavale.
I tre svolgono il loro compitino con sufficienza, aiutati anche dall’estrema semplicità sia della trama che dai dialoghi abbastanza banali; tuttavia non essendoci le solite volgarità e trivialità, il prodotto finale della loro recitazione è accettabile.
Discreta anche Maria Rosaria Omaggio, bella e affascinante anche dal punto di vista fisico.
Unico neo, una certa inespressività del volto.
Ersilia Ponziani è interpretata dalla bravissima Giuliana Calandra, che alla fine si consolerà tra le braccia di Oscar, ovvero Alvaro Vitali promosso seduta stante autista della famiglia.
Un filmetto gradevole, quindi, con una bellissima location, ambientata sul lago di Como.
La segretaria particolare di mio padre, un film di Mariano Laurenti, con Renzo Montagnani, Maria Rosaria Omaggio, Stefano Patrizi, Giuliana Calandra, Enzo Cannavale, Rina Franchetti, Anita Strindberg, Alvaro Vitali
Commedia sexy, durata 91 min. – Italia 1976.
Maria Rosaria Omaggio … Luisa
Renzo Montagnani … Armando Ponziani
Stefano Patrizi … Franco Ponziani
Alvaro Vitali … Oscar
Anita Strindberg … Ingrid
Aldo Massasso … Dottor Mingozzi
Giuliana Calandra …Ersilia Ponziani
Enzo Cannavale … Giuseppe
Regia: Mariano Laurenti
Sceneggiatura: Francesco Milizia
Produzione: Pietro Innocenzi, Luciano Martino
Editing: Alberto Moriani
Gegè Bellavita
Agata e Gennaro sono una coppia con 9 figli; lei lavora e sfacchina da mattina a sera per tirare avanti la famiglia mentre lui è decisamente uno scioperato, che non ama per nulla il lavoro.
Il motivo principale per cui Agata tiene accanto a se il marito consiste nella straordinaria vigoria fisica dell’uomo, unita ad un particolare anatomico che l’uomo ha in abnorme dotazione.
Flavio Bucci e Lina Polito sono Gennaro e Agata
Ma Gennaro non soddisfa solo la moglie; molte inquiline dello stabile, scoperte le sue doti, lo attirano con mille pretesti.
Alla lunga Agata si rende conto della situazione, ma decide di sfruttarla a vantaggio della famiglia.
Organizza così incontri a pagamento tra le voraci inquiline dello stabile nel quale lavora come portiera e il marito mandrillo.
Che un giorno scopre il quaderno in cui Agata registra i proventi delle prestazioni fornite dall’uomo.
Offeso nell’amor proprio, Gennaro fugge di casa chiedendo asilo al nobile Attanasi, il quale glielo concede essendo attirato dalla prestanza fisica di Gennaro.
La situazione però non può durare, essendo Gennaro attratto inesorabilmente dal sesso femminile.
Così, con buona pace di tutti, l’uomo ritorna da sua moglie.
Gegè Bellavita, film datato 1979, è un brutto passo falso di Pasquale Festa Campanile, regista di ottime doti che nel passato aveva fornito prove molto più convincenti di questa scialba commedia sexy appartenente all’agonizzante filone ormai superato e accantonato dopo i fulgori degli anni precedenti.
Il soggetto è ampiamente sfruttato e Festa Campanile, che cerca di usare le armi del grottesco e dell’ironia, si impantana con un soggetto debolissimo.
A parte questo, il film è infarcito dei consueti clichè sulla napoletanità, ovvero la moglie che vede e tace e finisce per sfruttare la situazione a suo vantaggio,
il maschio scioperato che si fa mantenere dalla moglie, lo stesso maschio latino ringalluzzito da doti sessuali molto “espressive” che utilizza imparzialmente con la moglie e le inquiline dello stabile.
E’ Flavio Bucci, attore di ottime qualità a incarnare il gallo meridionale, e se la scelta si rivela poco felice non è certo per la mancanza di professionalità dell’attore, che svolge il suo ruolo con la consueta bravura, quanto piuttosto per la poco probabile meridionalità dello stesso.
Accanto a lui si muovono però ottimi caratteristi, come Pino Caruso (Il duca Attanasi) e Enzo Cannavale, in una delle sue repliche infinite del napoletano amico fidato del protagonista.
I ruoli femminili sono affidati a Ria De Simone, Maria Pia Conte, a Miranda Martino, Laura Trotter, a Lina Polito, bravissima nel ruolo di Agata, moglie di Gennaro e a Maurisa Laurito oltre che alla solita nudissima Marina Hedman.
Un film decisamente in tono minore, volgarotto e poco interessante, a cui viene a mancare clamorosamente anche l’arma della risata, proprio per l’equivoco di fondo creato dall’ambiguità della commedia, poco grottesca e ancor meno ironica.
Pasquale Festa Campanile, che veniva dall’ottima prova del suo unico thriller, Autostop rosso sangue e dal discreto Cara sposa incappa in un autentico infortunio, cosa che prima o poi accade nella carriera di un ottimo regista.
Gegè Bellavita,un film di Pasquale Festa Campanile. Con Miranda Martino, Enzo Cannavale, Flavio Bucci, Pino Caruso, Lina Polito, Salvatore Billa, Laura Trotter, Marisa Laurito,Ria De Simone,Maria Pia Conte
Commedia, durata 105 min. – Italia 1979
Flavio Bucci … Gennaro Amato
Lina Polito … Agatina
Ria De Simone … Pupetta
Maria Pia Conte … Mercedes
Laura Trotter … Adelina
Miranda Martino … Rosa
Marisa Laurito … Carmen
Enzo Cannavale … Amico di Gennaro
Marina Pagano … Lisetta
Pino Caruso … Il Duca Attanasi
Gabriella Di Luzio … Prostituta
Regia Pasquale Festa Campanile e Neri Parenti aiuto regista
Soggetto Pasquale Festa Campanile
Sceneggiatura Pasquale Festa Campanile, Ottavio Jemma
Produttore KORAL CINEMATOGRAFICA
Fotografia Silvano Ippoliti
Montaggio Alberto Gallitti
Musiche Riz Ortolani
Roma bene
Lo squallido mondo che ruota attorno ai salotti della Roma che conta, la Roma bene, visto da Lizzani in questo film del 1971. Uno sguardo cattivo, crudele, sopratutto impietoso.
I vizi e le debolezze, le brutture dei Vip sono l’altra faccia della Roma bene, tratteggiata attraverso una galleria di personaggi assolutamente deprimente, radunata attorno al salotto di Silvia Santi, di origini aristocratiche, moglie di giorgio industriale con le mani in molteplici attività; i due coniugi sono la parte terminale di un iceberg composto, secondo Lizzani, da uomini e donne senza scrupoli o valori morali.
Nino Manfredi e Enzo Cannavale
Irene Papas
Come il titolato De Vittis, barone senza denaro che scrocca feste e inviti, e che durante una delle tante festicciole organizzate dalla Santi, la invita a ballare e riesce a rubarle un orecchino, che ingoia, e che sarà costretto poi a “depositare” dopo aver ingurgitato un purgante.
O anche come Nino Rappi, che cerca finanziamenti per una sua impresa e che perciò non esita a servirsi di sua moglie, una donna cinica e furba; Wilma, questo è il suo nome, arrotonda le sue entrate con il lavoro più antico del mondo, ha un’amante donna e anche lei non si fa nessuno scrupolo pur di mantenere il proprio status.
Franco Fabrizi, Michele Mercier, Gigi Ballista
Non c’è un personaggio che abbia un benchè minimo senso morale, oppure che possa definirsi retto o onesto, in questo serraglio indecoroso.
La stessa Silvia Santi non esita a fingere un rapimento pur di estorcere denaro a suo marito, rapimento organizzato con la complicità dei suoi due figli,Vivi e Lando.
C’è poi Dedè Marescalchi,nobiltà pura, che va a letto con chiunque pur di agevolare gli interessi del marito, che ovviamente è consapevole della cosa e ne trae profitto, c’è Elena Teopulos, che uccide il marito simulando un incidente….
Agnello sacrificale in mezzo al branco dei lupi, ecco Il commissario Quintilio Tartamella, chiamato dapprima a indagare sullo strano furto dell’orecchino, poi sul finto rapimento e infine sull’assassinio simulato; il cmmissari, cinico e disincantato, verrà a capo di tutti e tre gli enigmi e involontariamente riceverà una promozione; il suo capo infatti, per timore che le vicende suscitino scandalo nel dorato mondo dell’aristocrazia e del mondo degli affari romano, dopo averlo promosso lo trasferirà.
Quasi tutti i personaggi della storia, con l’eccezione di Giorgio e del Monsignore, eminenza grigia dall’animo nero, esempio di quel clero affarista e spregiudicato presente purtroppo anch’esso nella melma della Roma bene, periranno in un bagno purificatore, simboleggiato da un avvenimento che porterà i loro destini a confluire nella stessa tragica sorte.
Mentre Rappi morirà d’infarto in seguito a un cocktail di donne, alcool e stress da troppo sport, Silvia, Dedè, Elena e De Vittis e altri moriranno affogati mentre navigano con il loro yacht al largo; infatti tutti si caleranno in acqua, lasciando lo yacht senza nessuno a bordo, scordandosi anche di calare la scaletta prima di tuffarsi.
Pia Giancaro
Un rogo simbolico, con cui Lizzani fa perire tutti gli osceni personaggi della storia; saranno loro le vittime di un possibile progrom che sia di buon auspicio per una classe sociale migliore.
Ma il fatto che si salvino i due uomini più importanti, il Monsignore e l’industriale, mostra che non c’è speranza; come un serpente a più teste, la buona borghesia ha sempre la possibilità di mordere da un’altra parte.
Lizzani usa le maniere forti, gettando acido solforico ovunque, usando l’accetta per tagliare i profili dei protagonisti;ne viene fuori un ritratto a tinte cupissime, senza speranza di una classe sociale allo sbando morale.
Alle volte l’accanimento è tale da rendere i personaggi troppo caratterizzati; tuttavia è indubbio il valore dell’operazione del film, teso a mostrare l’altro lato della medaglia, ovvero le paludi che si nascondono dietro il dorato mondo della noiltà, dei ricchi parvenue e di coloro che fanno dell’interesse, del denaro e del successo la fonte primaria di interesse.
Un film da rivedere, a distanza di quasi quarant’anni, anche per la presenza di un cast sontuoso, che spazia da Virna Lisi a Philippe Leroy, passando per Manfredi, le bellissime Mercier e Senta Berger, tra Gastone Moschin e Irene Papas, Vittorio Caprioli e Ely Galleani, film arricchito anche da una galleria di caratteristi, come Cannavale, Ballista, Tarascio…..
Per una volta sono in disaccordo con il grande Kezich, che scrisse del film:
“Molto abile nella ricostruzione naturalistica della cronaca, Lizzani appare meno a suo agio nell’affresco di costume: questo Roma bene sta alla realtà odierna della capitale come La Celestina P.R. stava alla Milano del miracolo economico. Nessuno dei numerosi attori di un cast affollato si conquista una menzione al merito: neppure Nino Manfredi nella parte di un commissario disgustato e ostinato, che dovrebbe rappresentare nel quadro una specie di personaggio positivo”
Gastone Moschin
Roma bene, un film di Carlo Lizzani. Con Nino Manfredi, Irene Papas, Umberto Orsini, Philippe Leroy, Vittorio Caprioli, Virna Lisi, Michèlle Mercier, Mario Feliciani, Senta Berger, Gastone Moschin, Evi Maltagliati, Vittorio Sanipoli, Carlo Hintermann, Franco Fabrizi, Nora Ricci, Enzo Tarascio, Annabella Incontrera, Enzo Cannavale, Peter Baldwin, George Wang, Gigi Ballista, Giancarlo Badessi, Gigi Rizzi, Carla Mancini, Minnie Minoprio, Dado Crostarosa, Luigi Leoni, Pupo De Luca
Drammatico, durata 113 min. – Italia 1971.
Senta Berger … Dede Marescalli
Vittorio Caprioli … Il barone Maurizio Di Vittis
Franco Fabrizi … Nino Rappi
Mario Feliciani … Teo Teopoulos
Philippe Leroy … Giorgio Santi
Virna Lisi … Silvia Santi
Nino Manfredi … Il Commissario Quintilio Tartamella
Michèle Mercier … Wilma Rappi
Gastone Moschin … Il monsignore
Umberto Orsini … Prince Rubio Marescalli
Irene Papas … Elena Teopoulos
Gigi Ballista … Vitozzi
Dado Crostarosa … Lando Santi
Ely Galleani … Vivi Santi
Annabella Incontrera … La Lesbica
Evi Maltagliati … La madre di Elena
Minnie Minoprio … Minnie
Nora Ricci … donna Serena
Gigi Rizzi … Un playboy
Vittorio Sanipoli … Il Questore
Giancarlo Badessi … Rossi
Peter Baldwin … Michele Vismara
Enzo Cannavale … Tognon
Pia Giancaro … L’invitata in nude-look
Margaret Rose Keil … Suzy
Pupo De Luca … Amante di Dede Marescalli
Enzo Tarascio … L’avvocato di Elena
Carlo Hinterman … Secondo avvocato di Elena
Luigi Leoni … Altro amante di Dede Marescalli
Regia: Carlo Lizzani
Soggetto: Luigi Bruno Di Belmonte
Sceneggiatura: Luciano Vincenzoni,Nicola Badalucco,Carlo Lizzani
Fotografia: Giuseppe Ruzzolini,Alfonso Avincola
Montaggio: Franco Fraticelli,Sergio Fraticelli,Alessandro Gabriele
Effetti speciali: Italo Cameracanna
Musiche: Luis Enriquez Bacalov
Scenografia: Flavio Mogherini,Francesco Pietropolli
Costumi: Adriana Berselli,Marina De Laurentiis,Rosalba Menichelli
L’affittacamere
Le sorelle Giorgia (Gloria Guida) e Angela Mainardi (Fran Fullenwider) alla dipartita della loro amata zia, si ritrovano ad aver ereditato una villa nei dintorni di Bologna; la costruzione, fatiscente, richiede cure e investimento di denaro.
Giorgia, bella e intraprendente tanto quanto la sorella Angela è goffa e svampita, decidono di trasformare la costruzione in una pensione, confidando anche nell’aiuto del fidanzato di Angela, Lillino (Lino Banfi), un meridionale dotato di un appetito degno di Pantagruel.
E’ Giorgia a darsi da fare per attirare clienti nella pensione; giocando sulla sua bellezza fisica, la ragazza riesce a dirottare nella pensione alcuni professionisti.
Così, alla rinfusa, arrivano prima il maresciallo Pasquale Esposito (Enzo Cannavale), che ben presto si trasforma in un tutto fare, l’avvocato Mandelli (Gianfranco Dettori), accalappiato in maniera involontaria da Giorgia, che va a rifugiarsi in macchina dell’uomo dopo essere rimasta in slip e reggiseno per strada, l’onorevole Vincenzi (Vittorio Caprioli), a cui si aggiungeranno altri personaggi.
Nel frattempo il giudice Damiani, un tipo rigido, moralista e inflessibile, venuto a conoscenza dell’esistenza della pensione, decide di indagare sulla stessa; in contemporanea alla storia si aggiungono altri personaggi, ovvero il Prof. Eduardo Settebeni (Luciano Salce), amico del Mandelli, anch’egli incuriosito da quella struttura sopratutto dopo aver incontrato l’amico reduce da una nottata insonne e Anselmo Bresci (Beppe Pambieri), un tipografo che è l’amante di Rosaria (Marilda Donà), moglie del giudice Damiani.
Ogni personaggio ha le sue manie e i suoi tic; la stessa Angela è affetta da sonnanbulismo, erra infatti di notte per la pensione alla ricerca di cibo, e in stato di incoscienza finisce per andare in camera di Mandelli, mentre l’onorevole Vincenzi si appaga autografando le parti intime della disponibile Giorgia, concupita anche dagli altri protagonisti della storia.
Gloria Guida è Giorgia Mainardi
In un crescendo boccacesco, le vicende si intrecciano quando la moglie del professor Settebeni, insospettita dal comportamento del marito, decide di seguirlo e lo vede entrare nella pensione; contemporaneamente il giudice Damiani decide di vederci chiaro e si reca anche lui sul posto.
Qui in un altalenarsi di situazioni curiose, verranno tutti a trovarsi nella stessa stanza, incluso il giudice e sua moglie, scoperta con le mani nel sacco, ovvero a convegno con il suo amante.
Vittorio Caprioli è l’Onorevole Vincenzi
L’arrivo della signora Settebeni costringe tutti ad un patto di mutuo soccorso per evitare lo scandalo; Settebeni annuncia alla moglie di essere sul posto per acquistare la pensione e trasformarla in una clinica.
Così la furba Giorgia riesce a vendere la struttura al professore e con la sorella e il cognato, finalmente sposi, si trasferisce in Puglia dove l’uomo ha appena ereditato una villa con molte stanze. A Giorgia viene un’idea…
Commedia innocua e senza pretese, questa L’affittacamere, diretta da uno specialista del genere, il regista Mariano Laurenti, che l’anno precedente aveva proposto Il vizio di famiglia , forse la sua commedia sexy più riuscita; anche in questo caso utilizza un cast notevole, in cui compaiono grossi nomi del cinema, come quello di Adolfo Celi, di Luciano Salce, di Lino Banfi e Enzo Cannavale, oltre all’onnipresente Caprioli, a Pambieri e Dettori.
Giancarlo Dettori è L’avvocato Mandelli
Il cast femminile è composto da Gloria Guida, dalla sfortunata Fran Fullenwider, morta nel 1997 e dalla bella Marilda Donà; la Guida e la Donà rivaleggiano più in bellezza e sex appeal, piuttosto che in bravura, ma assolvono discretamente il loro ruolo, visto che a loro era rihiesto solo l’essere belle e fisicamente apprezzabili.
Qualche risata quà e là, qualche situazione buffa, alcuni nudi davvero notevoli, qualche incredibile gaffe nella sceneggiatura, come quella che vede la Guida entrare seminuda nell’auto di Dettori e lo stesso utilizzare la chiave per aprire la porta.
In un film che si propone solo come passatempo per stimolare due risate sono cose ampiamente giustificabili; per fortuna manca la solita componente scurrile, davvero molto limitata o inesistente, il che rende questo prodotto, se non memorabile, almeno degno di essere visto.
La recensione del Morandini, ancora una volta, porta fuori strada: “Ereditata da una zia contessa una villa malridotta vicino a Bologna, due intraprendenti sorelle la trasformano in una pensione molto, molto ospitale che attira i maschi della zona. Nell’orto del cinema erotico-pornografico Laurenti si è fatto un nome. Non manca il sale dell’umorismo”
Se, come detto, “non manca il sale dell’umorismo” allora perchè bollare con il voto minimo il film?
L’affittacamere, un film di Mariano Laurenti. Con Vittorio Caprioli, Gloria Guida, Giancarlo Dettori, Luciano Salce, Lino Banfi, Adolfo Celi, Enzo Cannavale, Vincenzo Crocitti, Fran Fullenwider, Giuseppe Pambieri, Giuliana Calandra, Dino Emanuelli, Marilda Donà
Erotico, durata 100 min. – Italia 1976.
Gloria Guida … Giorgia Mainardi
Lino Banfi … Lillino
Enzo Cannavale … Pasquale Esposito
Vittorio Caprioli … Onorevole Vincenzi
Adolfo Celi … Giudice Damiani
Giancarlo Dettori L’avvocato Mandelli
Fran Fullenwider … Angela Mainardi
Giuseppe Pambieri … Anselmo Bresci
Luciano Salce … Prof. Eduardo Settebeni
Marilda Donà … Rosaria la moglie di Damiani
Giuliana Calandra Adele Bazziconi – moglie di Settebeni
Dino Emanuelli … Notaio
Francesco D’Adda Orazio
Vincenzo Crocitti Paziente di Settebeni
La signora gioca bene a scopa?
Michele è un commerciante di scarpe, napoletano trapiantato in Emilia, con due debolezze: il gioco e le donne. Il primo dei due vizi, il poker, è responsabile del suo temporaneo tracollo economico. Il suo socio, Peppino, non manca di fargli notare la ormai drammatica situazione economica in cui versa; a questo punto Michele è costretto a ricorrere alle armi della seduzione, riallacciando la precedente relazione con la pittrice Giulia. Grazie alla donna, Michele riesce a sedurre la ricca sorella Monica, un’allevatrice di polli; ma la situazione si ingarbuglia quando a casa di Monica e Giulia, dove ormai Michele si è trsaferito come amministratore delle due donne, arriva uno scrittore di libri erotici, Alberto, con la moglie Eva.
Quest’ultima, una tedesca che riesce a far l’amore solo sotto l’acqua, dapprima tratta con disprezzo Michele, per poi diventare un’insaziabile amante. Stretto nel giro a tre, Michele ben presto mostra la corda e decide di correre ai ripari. Riesce con uno stratagemma a insinuare nei letti delle due il suo commesso Peppino, un giovane timido ma molto dotato (sessualmente) L’espediente ha successo, e Tonino diventa immediatamente l’amante delle due donne. Ma la cosa si rivela un’arma a doppio taglio per Michele: il giovane, infatti, lo soppianta ben presto, ma non solo. Eva, di cui ormai Michele è quasi innamorato, dopo avergli soffiato i soldi frutto di un’epica notte d’amore con le due sorelle, fugge piantando sia lui che il marito Alberto.
Edwige Fenech
Michele è alla disperazione, ma accade un imprevisto; Tonino non regge al super lavoro con le due sorelle e muore d’infarto. Michele può così riprendere il suo posto tra le due donne. Film diretto da Giuliano Carnimeo nel 1974, La signora gioca bene a scopa? è la classica commedia sexy di metà anni settanta, con qualche nudo (qui affidato a Edwige Fenech), qualche lazzo volgarotto e qualche battuta anche simpatica. Se il film non si distacca dal filone delle commedie per palati grossolani, quantomeno ci si rifà gli occhi con qualche scena di nudo, peraltro molto castigata, della sempre splendida Fenech, che questa volta parla con un buffo accento inglese. Il cast è fatto da ottimi caratteristi e vede la presenza anche di Carlo delle Piane, che interpreta il commesso Tonino, che pagherà la sua avidità con un infarto, di Carlo Giuffrè, nei panni del playboy Michele, di Didi Perego e Franca Valeri,
rispettivamente le due sorelle Monica e Giulia, di Enzo Cannavale, al solito a suo agio nei panni di spalla, questa volta di Giuffrè, infine di Gigi Ballista, Gervasio, colui che spenna sistematicamente Michele e di Oreste Lionello, simpatico nel ruolo del marito di Eva. Film senza grossi meriti, ma nemmeno con grossi demeriti, qualche battuta la risata la strappa anche se, come già detto, siamo nell’ambito della commedia sexy più disimpegnata.
La signora gioca bene a scopa? un film di Giuliano Carnimeo. Con Edwige Fenech, Didi Perego, Franca Valeri, Carlo Giuffrè, Adriana Facchetti, Oreste Lionello, Enzo Cannavale, Enzo Andronico, Vittorio Fanfoni, Gigi Ballista, Enzo Robutti, Carla Mancini, Lia Tanzi, Commedia, durata 90 min. – Italia 1974
Carlo Giuffrè … Michele Cammagliulo
Edwige Fenech … Eva
Didi Perego … Monica
Franca Valeri … Giulia Nascimbeni
Carlo Delle Piane … Tonino
Lia Tanzi … Marisa
Gigi Ballista … Gervasio Caminata
Oreste Lionello … Alberto
Enzo Cannavale … Peppino
Adriana Facchetti … Giuditta
Enzo Andronico … Dottore
Enzo Robutti … Primo Guendalini
Regia: Giuliano Carnimeo
Sceneggiatura: Tito Carpi, Carlo Giuffrè
Prodotto da : Gianfranco Couyoumdjian, Luciano Martino
Editing: Eugenio Alabiso
Costumi: Rosalba Menichelli
Direzione musicale: Alessandro Alessandroni
Art department: Antonio Visione