L’ammazzatina
Lo spiantato barone siciliano Mimì Galluzzo ha sposato,per interesse,la figlia di un ricchissimo mafioso,la bella e svampita Rosalba Cetraro.
Quando il suocero viene ammazzato il barone si trova di fronte a due sgradite sorprese;l’uomo ha lasciato un documento compromettente riguardante
i suoi amici mafiosi e un testamento nel quale la beneficiaria è la moglie.
Che Mimì non sopporta più.
La donna infatti sembra solo interessata ad avere un figlio,ragion per cui il barone è tormentato dalle stravaganti richieste della donna,che lo sottopone a tour de force erotici a base di strampalate richieste.
Mimì si trova anche a barcamenarsi tra altre due donne,Maria Camerò, che possiede il documento che l’uomo tanto cerca che però la donna vuol cedere solo in cambio della promessa di un matrimonio e la spogliarellista Eva,altra donna bella e svampita.
All’improvviso un altro problema:Rosalba,stressata dal fatto di non restare incinta,sembra perdere il senno (sembra,appunto) e viene ricoverata in un istituto psichiatrico.
Spinto da Maria,che adesso è diventata sua amante a disfarsi della moglie,il barone cerca inutilmente di ucciderla,infilandosi in una serie di tragicomici incidenti.
Alla fine Mimì non solo non si libererà della moglie,ma la sostituirà in manicomio,mentre Rosalba,che non è mai impazzita,riesce finalmente a coronare il suo sogno di diventare madre e contemporaneamente incassare la miliardaria eredità.
L’ammazzatina,film diretto nel 1975 dall’esordiente (alla regia) Ignazio Dolce,attore di qualche fama nel decennio sessanta,è un opera bislacca in precario equilibrio tra farsa,commedia e satira di costume.
Un equilibrio che avrebbe richiesto,alla macchina da presa,la presenza di un regista scafato e che vede invece l’improvvisato Dolce barcamenarsi alla men peggio in una storia molto debole già in partenza,mancando al film stesso un orientamento preciso.
Pur contornato da un cast di ottimi comprimari,il film naufraga dopo pochi minuti per l’incapacità di prendere una strada precisa.
La satira di costume non affiora mai,mentre ad essere evidenti sono i soliti stereotipi sul macho siciliano spiantato e arrivista,rappresentato dal solito barone spiantato e donnaiolo,una delle figure classiche,ahimè,del cinema ad ambientazione sicula.
Stereotipate sono anche le figure dei mafiosi che si avvicendano nel film,mafiosetti in doppio petto che sembrano prese di petto da un’operetta mentre a fare capolino con sospetta puntualità sono le grazie delle varie protagoniste.
Seni al vento per Karin Schubert (Eva,l’amante spogliarellista) e Erika Blanc,per Andrea Ferreol (Maria) e persino per Paola Quattrini,che interpreta la svampita ma all’occorrenza furbissima moglie del barone.
Nei cui panni c’è un Pino Caruso alla sua prima,vera opera da protagonista;che assolve in maniera puntuale,pur non assecondato da un ruolo decisamente poco comico e al tempo stesso nemmeno drammatico che si trova ad affrontare.
Un buon equipaggio non può tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti;la storia è stroppo debole,la sceneggiatura rabberciata e ondivaga,priva di una direzione precisa.
Si sarebbe potuto salvare tutto usando l’arma classica della comicità,ma evidentemente Dolce non ha le giuste capacità,ragion per cui
ben presto il film perde di interesse diventando anonimo se non soporifero.
Peccato,perchè la presenza di altri ottimi caratteristi,come Vittorio Caprioli,Tano Cimarosa,Empedocle Buzzanca,Leopoldo Trieste e Pupo De Luca avrebbe permesso un risultato decisamente migliore se al servizio di una sceneggiatura meno anonima e debole.
Null’altro da dire,davvero,se non la debita segnalazione della presenza,dopo tempo immemorabile,di una riduzione decente su You tube all’indirizzo
https://www.youtube.com/watch?v=Ph9mHbimln4,versione qualitativamente buona.
L’ammazzatina
Un film di Ignazio Dolce. Con Andrea Ferreol, Leopoldo Trieste, Vittorio Caprioli, Paola Quattrini, Erika Blanc, Pino Caruso, Tano Cimarosa,Empedocle Buzzanca, Don Powell, Karin Schubert Commedia, durata 100 min. – Italia 1975
Pino Caruso … Mimì Galluzzo
Paola Quattrini … Rosalba Cetraro
Andréa Ferréol … Maria Camerò
Karin Schubert … Eva
Vittorio Caprioli … Commissario Pafuso
Tano Cimarosa … Pasqualino Mosco
Empedocle Buzzanca… Notaio
Don Powell … Hippie
Erika Blanc … Erika
Leopoldo Trieste … Tuccio Langatta
Pupo De Luca … Brigadiere Bragolin
Regia: Ignazio Dolce
Sceneggiatura:Pier Francesco Pingitore,Mario Castellacci,Ange Bastiani
Musiche:Piero Umiliani
Fotografia:Claudio Cirillo
Montaggio:Raimondo Crociani
Production design:Saverio D’Eugenio
Costumi:Massimo Bolongaro
Ignazio Dolce,Paola Quattrini e Pino Caruso sul set del film
La dottoressa sotto il lenzuolo
Nel 1976 siamo nel pieno del boom della commedia sexy all’italiana; grazie al film La dottoressa del distretto militare di Nando Cicero, interpretato dalla maggior interprete del genere (quantitativamente e se vogliamo, qualitativamente) ovvero la Edwige nazionale, la stessa commedia sexy si sposta dalla scuola (La liceale) negli ospedali, che siano militari, di casa di cura o semplicemente ancora legate all’università.
E’ proprio l’università il teatro delle avventure di tre giovinastri propensi più alla goliardia e alle avventure sessuali che allo studio;Benito, Alvaro e Sandro passano il tempo in tutti i modi tranne che applicandosi agli studi.
Benito, studente fuoricorso,vive alle spalle di sua zia in una pensione nella quale è costretto a subire le avance della proprietaria,mentre Alvaro, figlio di una famiglia di noti baristi perde il suo tempo cercando in tutti i modi di portarsi a letto la fidanzata Leila.
Alvaro Vitali
L’ultimo dei tre, Sandro, sembra invece molto più interessato alle grazie della cameriera di sua madre che dagli studi.
Benito, Alvaro e Sandro si divertono alle spalle del dottor Paolo Cicchirini,assistente del professor Ciotti, fino al giorno in cui arriva nell’università la splendida fidanzata di Cicchirini,la dottoressa Laura Bonetti della quale si innamora sciaguratamente Sandro.
Non va meglio ad Alvaro, che scopre che la sua puritana fidanzata Leila altro non è che una escort che si è messa con lui mirando ai soldi dei suoi genitori;di qua inizierà una serie di equivoci e avventure che porteranno Benito fin sulla soglia dell’altare mentre Sandro riuscirà a conquistare la bella Laura…
Uno dei più brutti film del florido filone della commedia sexy, questo La dottoressa sotto il lenzuolo,diretto da Gianni Martucci sul finire del 1976; brutto e pochissimo divertente, fra l’altro, con gag sgangherate e poco incisive.
Il film si salva dal naufragio grazie alla simpatia degli attori protagonisti,
Orchidea De Santis
Karin Schubert
Elizabeth Turner
fra i quali l’abitueè Alvaro Vitali,Gigi Ballista ed Enzo Andronico mentre la parte più interessante è sicuramente rappresentata dal gineceo femminile, vero e proprio volano di traino di questi film.
Karin Schubert,Orchidea De Santis,Ely Galleani,Rita Forzano,Gabriella Lepori e Elizabeth Turner si mostrano in desabillee con buona lena e frequenza, il che rappresenta l’unica nota di qualche interesse del film.
Perchè,diciamolo chiaramente, a parte qualche titolo particolarmente riuscito se non altro dal punto di vista comico, molti di questi prodotti si giravano solo per raccattare qualche soldo mostrando più seni e natiche che recitazione e sceneggiatura.
Film povero di idee, di comicità, di tutto, se vogliamo.
Per averne un’idea, basta guardarselo su You tube, dove è presente in una buona versione all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=wG5Moo9_GZg
Ely Galleani
La dottoressa sotto il lenzuolo
Un film di Gianni Martucci. Con Orchidea De Santis, Gigi Ballista, Karin Schubert, Fiorella Masselli, Gastone Pescucci, Enzo Andronico, Rita Forzano, Gabriella Lepori, Alvaro Vitali, Ely Galleani, Angelo Pellegrino, Eligio Zamara Commedia, durata 92 min. – Italia 1976.
Karin Schubert: Dott.ssa Laura Bonetti
Alvaro Vitali: Alvaro
Gastone Pescucci: Prof. Paolo Cicchirini
Angelo Pellegrino: Benito Moroni
Eligio Zamara: Sandro Santarelli
Orchidea De Santis: Infermiera Italia
Gigi Ballista: Prof. Ciotti
Ely Galleani: Lella
Regia Gianni Martucci
Soggetto Marino Onorati
Sceneggiatura Giorgio Mariuzzo
Casa di produzione Flora Film – National Cinematografica
Distribuzione (Italia) Regionale – General Video
Fotografia Romano Scavolini
Montaggio Alberto Moriani
Musiche Alessandro Alessandroni
Scenografia Gianfrancesco Fantacci
Costumi Adriana Spadaro
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com
Non c’è storia (solo storielle che NON fanno ridere), non c’è protagonista, non c’è regìa. Unica risata: la Galleani, fidanzata di Alvaro, non gliela dà, ma si prostituisce in appartamento con una socia. Lui, ignaro, va lì per fare pace, scopre l’arcano e se ne va. Dopo un minuto suona il campanello, chiede la tariffa e si porta a letto lei e socia. Da sopportare perché ci sono la Schubert, Gastone Pescucci e (specialmente) perché vale sempre la pena di guardare il grande Gigi Ballista, che appare ogni tanto nei panni del primario-dittatore.
L’opinione di Ilgobbo dal sito http://www.davinotti.com
Ignobillima farsaccia, d’interesse solo per l’ambientazione pisana, e per la presenza sempre piacevole del grande Gigi Ballista (fantastico mentre si appresta a operare di cistifellea un vecchino con problemi di emorroidi). Per il resto idee sottozero, comicità idem, donne belle ma con scarso carisma. A proposito di Ballista (e della De Santis e Pescucci), il film che Vitali va a “vedere” al cinema con la Galleani è Il vizio di famiglia: altro livello…
L’opinione di Deepred89 dal sito http://www.davinotti.com
Fiacchissima commedia sexy, resa particolarmente pesante dall’assenza di un protagonista vero e proprio (la macchietta di Alvaro Vitali non basta) e (ma questo già si sapeva) di una trama che non si riduca a qualche barzelletta di infimo livello. Divertenti le scene con Gigi Ballista, ma il resto si segue controvoglia e la piattissima regia non aiuta. Un paio di nudi integrali (Galleani e Schubert) fecero guadagnare al film un divieto ai 18, ma l’erotismo nel complesso scarseggia. Piacevoli le musichette di Alessandroni.
L’opinione di Stefania dal sito http://www.davinotti.com
Più sghembo della Torre di Pisa, città ove è ambientato, il film casca giù a pochi minuti dall’inizio, quando capiamo che, anche a volerlo giudicare solo con gli indulgenti parametri della commedia sexy più casareccia (“si ride?”, “c’è pelo?”), è fallimentare comunque. Perché l’umorismo è proprio squallido, puerile, senza un briciolo di fantasia o di vera malizia, e il “pelo” è quello una Schubert già inspessita e una Galleani il cui unico sex appeal è l’essere… graziosa. Vitali frenatissimo, Ballista fa la voce grossa ma soccombe nello strame. Meglio cambiare corsia e reparto!
La casa della paura
Una ragazza scende le scale in penombra di una casa; appena varcato il portone della stessa, mentre sta incamminandosi lungo un marciapiede, viene aggredita e trascinata a bordo di un auto, nella quale viene drogata.
Cambio di scena: Margaret Bradley sta varcando anch’essa una soglia, quella della prigione dov’è stata rinchiusa per qualche tempo sotto l’accusa di aver detenuto droga. Nonostante la ragazza si sia professata innocente, è stata rinchiusa nel carcere dal quale finalmente sta per uscire.
Grazie all’interessamento di Alicia Songbird, assistente sociale che ha preso a cuore la sua odissea, Margaret trova alloggio presso la casa della signora Grant.
Qui Margaret si trova ben presto a fare i conti con l’aria minacciosa che la casa stessa possiede; nella camera nella quale alloggia la ragazza scopre una misteriosa macchia rossa semi nascosta da un tappeto. Ma non è l’unico fatto inquietante che accade, perchè Margaret avverte distintamente dei passi misteriosi che provengono dalla parte esterna della casa.
Uscita per prendere aria e sopratutto per calmarsi, la ragazza viene avvicinata dal figlio della signora Grant, che le propone un sonnifero per prendere sonno.
Daniela Giordano
Karin Schubert
Ma durante la notte arriva anche una strana visione a perseguitare Margaret, quella di una minacciosa figura con un cappuccio e un mantello rosso che sembra volerla aggredire; è un incubo o qualcosa di strano sta accadendo nella casa?
Un altro cambio di scena ci porta presso un gruppo di persone, fra cui ci sono la signora Grant e suo figlio intente a sacrificare una ragazza, la stessa che abbiamo visto aggredire all’inizio del film. La ragazza viene uccisa e il suo corpo scaraventato giù per un dirupo.
Cosa accade in quella casa? A scoprirlo saranno proprio Margaret e il fratello della ragazza uccisa, che giungeranno a smascherare il diabolico gruppo e sopratutto il vero capo dello stesso, la misteriosa figura ammantata di rosso.
La casa della paura (The girl in room 2 A) è un fiacco e inoffensivo thriller-horror diretto nel 1974 da William Rose, regista assolutamente sconosciuto da noi qui alla sua quinta e ultima prova come regista.
E verrebbe da dire per fortuna, vista l’approssimazione grossolana che coinvolge tutte le componenti del film, dalla sceneggiatura alla direzione tecnica, con l’unica nota di merito rappresentata dalla presenza di Daniela Giordano, che fa quello che può pur in presenza di un copione di serie z e delle parimenti belle Rosalba Neri e Karin Schubert che però hanno delle parti limitatissime e che quindi restano in scena davvero poco.
Cosa non funziona nel film?
Praticamente tutto.
Dopo un promettente inizio, con la ragazza rapita e uccisa, il film va gradatamente ammosciandosi con conseguente trascinamento stanchissimo verso la parte finale, quando qualche scena di sevizie e sopratutto la scoperta del misterioso capo della combriccola riporta la pellicola ad un minimo sindacale di interesse per la stessa.
Il cast, a parte le citate attrici, presenta attori di qualche richiamo che però alla fine si segnalano soltanto per la prova incolore offerta.
Si parte con Raf Vallone che sembra interessato più a rimpinguare il proprio conto in banca che a mostrare un minimo di decoro recitativo per passare ad Angelo Infanti, anche lui molto al di sotto del suo standard recitativo. Da dimenticare anche Richard Harris, adattissimo ai peplum ma assolutamente privo di espressività il che conferisce ad una sceneggiatura penosa un’aria da film parrocchiale che marchia indelebilmente la pellicola.
Girato don due lire, quasi tutte assorbite dal cachet degli attori, La casa della paura va consegnato agli archivi del cinema ( e possibilmente anche sepolto) come un prodotto povero e brutto.
Più che un film, sembra una trasposizione del celebre Killing, un fumetto fotoromanzo che ebbe un certo seguito negli anni sessanta; a favore di quest’ultimo gioca la staticità delle immagini, che nel film sono in movimento ma che provocano il mal di mare vista l’assolta imperizia del regista.
Fotogrammi sovra e sotto esposti, ondeggiamenti della macchina da presa e altro costituiscono il biglietto da visita di un film da dimenticare in cui si può salvare solo il finale, con la soluzione e la scoperta del misterioso incappucciato, prevedibile ma non in maniera lampante.
Il film è stato proposto, raramente, nella vecchia versione ricavata dalle VHS con la fatale conseguenza di sembrare ancora più brutto di quello che è in realtà; per gli amanti del genere segnalo la versione digitalizzata, che quantomeno restituisce un minimo di decoro ad una pellicola altrimenti degna di essere sepolta negli archivi.
Il film è ora disponibile in streaming, in un’ottima versione all’indirizzo http://www.nowvideo.sx/video/b21a80e2e5b3e
La casa della paura (The girl in room 2 A),
di William Rose, con Daniela Giordano, Rosalba Neri, Raf Vallone, Karin Schubert, Angelo Infanti, Brad Harris, Frank Latimore, Giovanna Galletti, Nuccia Cardinali, Dada Gallotti, Marian Fulop, Annamaria Liberati, James Saturno, Salvatore Billa, Carla Mancini- Thriller-Horror Italia 1974
Daniela Giordano … Margaret Bradley
Raf Vallone … Dreese
John Scanlon … Jack Whitman
Angelo Infanti … Frank Grant
Karin Schubert … Maria
Rosalba Neri … Alicia Songbird
Brad Harris … Charlie
Giovanna Galletti … Mrs. Grant
Nuccia Cardinali … La signora Craig
Dada Gallotti … Claire
Regia: William Rose
Sceneggiatura: William Rose e Gianfranco Baldanello
Produzione: William Rose e Dick Randall
Musiche: Berto Pisano
Fotografia: Mario Mancini
Montaggio:Piera Bruni,Gianfranco Simoncelli
Emanuelle, perchè violenza alle donne?
Durante uno dei suoi tanti viaggi in giro per il mondo per realizzare servizi fotografici di vario genere, Emanuelle si ferma in un albergo dove viene salvata da un tentativo di violenza sessuale da Malcom, un funzionario di un’agenzia governativa che si occupa di aiuti ai paesi poveri; i due fraternizzano ma devono lasciarsi per i rispettivi impegni.
Nella hall, Emanuelle incontra la sua vecchia amica Cora, anch’essa impegnata in un difficile reportage; la donna infatti sta girando per il mondo allo scopo di documentare la condizione femminile e la violenza esercitata a tutte le latitudini sulle donne.
Laura Gemser, la reporter Emanuelle
Sarà proprio Emanuelle a scoprire come il lavoro di Cora sia attuale e terribilmente pericoloso; mandata in India per un servizio fotografico e documentaristico su una specie di santone che propaganda una strana religione sui rapporti sessuali e sul sistema per renderli infiniti, Emanuelle lo sbugiarda pubblicamente, ma prima di tornare in patria ha modo di consolarsi con una giovane e bella ragazza, Mary.
Emanuelle, notoriamente bisessuale, ha una breve relazione con la ragazza, che le racconta una terribile storia di soprusi e violenze subite.
Riagganciata Cora, decide di accompagnarla nel viaggio che la donna sta facendo per documentare le violenze.
Giunte a Roma, le due amiche hanno modo di mettersi nei guai, mentre indagano su una misteriosa organizzazione che rapisce giovani ragazze per destinarle ai bordelli dell’estremo oriente; Cora ed Emanuelle però vengono rapite e farebbero una brutta fine se non venissero salvate in extremis da Jeff, un amico della reporter.
Brigitte Petronio, la giovane Mary
Ma la banda non ha intenzione di mollare e riesce ad arrivare nuovamente a Cora, che viene seviziata e violentata da alcuni adepti dell’organizzazione.
Nonostante tutto, Cora riparte per l’Oriente sempre accompagnata dall’inseparabile reporter, che vivrà con lei una nuova pericolosa avventura, prima di tornare a casa e scoprire che anche negli States il fenomeno è purtroppo diffusissimo.
Emanuelle perchè violenza alle donne?, distribuito negli Usa con il titolo più appropriato di Emanuelle Around the World, è il quarto film della serie dedicata alla bella reporter di colore Emanuelle ed è il terzo diretto da Aristide Massaccesi che ancora una volta usa il suo nome d’arte Joe D’Amato.
Il successo delle sue due pellicole precedenti, Emanuelle nera – Orient Reportage (1976) e Emanuelle in America (1976) permise a Massaccesi l’utilizzo di un budget più ampio, che il regista romano utilizzò principalmente per rendere ricche le location, trasportando la protagonista, l’affascinante venere nera Laura Gemser attraverso tre continenti ovvero Europa, America e Asia e ben quattro metropoli, come Roma, New York, Hong Kong e Nuova Delhi.
Il meccanismo è lo stesso dei due film precedenti, quindi una miscela di erotismo e violenza nella quale si inserisce il classico “pistolotto” moraleggiante che però suona tanto come espediente per accalappiare gonzi.
Questa volta D’Amato affianca alla Gemser oltre alla Schubert la giovane Brigitte Petronio, l’occasionale amante saffica immancabile nei film della serie Emanuelle nera (ricordiamo la Galleani e la De Selle, per esempio)
Film diretto con una certa cura e attenzione ai particolari, Emanuelle perchè violenza alle donne? ha il grosso demerito di cambiare spesso e caoticamente la storia, rendendola quanto meno improbabile e sopratutto farraginosa e tirata per i capelli.
Ma al solito D’Amato non sembra affatto preoccupato di dare un senso alla sceneggiatura, quanto mostrare visivamente il solito campionario di scelleratezze unite ad un erotismo molto pronunciato, vero trademark del regista.
La violenza la fa da padrona, così come l’eros; al solito, il film ebbe due versioni, una più pulita e l’altra con inserti hard core abbastanza mediocri.
La versione “pulita” ebbe comunque grossi problemi con la censura per la presenza delle famose scene di violenza e delle scene dell’orgia, anche prive degli inserti erotici.
Per quanto riguarda il cast, gli attori fanno con diligenza la loro parte.
Bene come al solito la Gemser, non ancora caratterizzata da quel dimagrimento che in seguito le dette un’aria sofferente e patita; la sua Emanuelle è conturbante e sexy, la sua capacità recitativa resta sufficiente.
Molto bene anche Karin Schubert che interpreta Cora.
La sequenza dello stupro sembra quasi reale, e dispiace pensare che Karin che pure era una buona attrice abbia poi sceso la china così velocemente e in maniera così traumatica.
Spazio anche alla bionda ed efebica Brigitte Petronio, starlette poco valorizzata che nel film interpreta la giovane Mary, che ha subito sul suo corpo la violenza maschile e che ha una breve ed intensa relazione saffica con Emanuelle, così come apprezzabile è Ivan Rassimov una volta tanto non penalizzato dal solito ruolo del duro e cattivo. Così così George Eastman nel ruolo del guru fregnone, bene Gianni Macchia in quello dell’emiro che salva da una brutta fine Emanuelle.
Se il film non è da annoverare tra i film indimenticabili, ha dalla sua tuttavia qualche buon guizzo, a patto di chiudere un occhio sull’abitudine di Massaccesi di voler ad ogni costo strizzare l’occhio al messaggio moralistico del film.
Se si vuol fare un’opera di denuncia,non la si costella di scene erotiche fine a se stesse.
Il solito vizio del regista romano, costretto a ciò anche dalla furbizia dei produttori che, afferrato il filone giusto, non chiedevano altro al regista che usare il suo indubbio talento per agganciare una parte di pubblico poco interessato ai discorsi sociali e molto più ai nudi femminili e alle atmosfere torbide.
Emanuelle: perché violenza alle donne? un film di Joe D’Amato. Con George Eastman, Don Powell, Karin Schubert, Ivan Rassimov, Laura Gemser, Gianni Macchia, Marino Masé, Paola Maiolini, Brigitte Petronio
Erotico, durata 90 min. – Italia 1977.
Laura Gemser: Emanuelle
van Rassimov: Malcolm Robertson
Karin Schubert: Cora Norman
Don Powell: Jeff Davis
George Eastman: il guru
Brigitte Petronio: Mary
Al Thomas: eunuco
Aristide Massaccesi: Caleb
Marina Frajese: partecipante all’orgia
Rick Martino: partecipante all’orgia
Regia Joe D’Amato
Soggetto Maria Pia Fusco
Sceneggiatura Maria Pia Fusco
Produttore Fabrizio De Angelis
Casa di produzione Embassy Productions S.p.A.
Distribuzione (Italia) Fida Cinematografica
Fotografia Aristide Massaccesi
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Nico Fidenco
Scenografia Maurizio Dentici
Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com
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Terza pellicola del ciclo dedicato alla disinibita reporter, qui in viaggio per il globo terracqueo tra Stati Uniti, Italia e Hong Kong, impegnata a sventare un traffico “internazionale” di schiave bianche, spesso sottoposte a vere e proprie sessioni di tortura. Nel suo peregrinare svergogna, per tramite del proprio corpo, un falso santone indiano, ideatore/propugnatore del coito prolungato. Forse il più maschilista/cinico (e pornografico) dell’intera serie, curiosamente sceneggiato anche da mano femminile.
Buon film del filone esotico/erotico di Emanuelle, la splendida Laura Gemser… La trama è suppergiù sempre quella, con la bella fotoreporter giramondo coinvolta in qualche losco intrigo più grosso di lei. Ovviamente è tutto un pretesto per mostrare scene erotiche, e per i mercati esteri anche hard-core. Un prodotto comunque più che dignitoso, che non annoia ed anzi fa passare i canonici 90 minuti in tutta tranquillità. Certo, con Joe D’Amato alla regia almeno un momento splatter non poteva mancare… e difatti non manca: vedere per credere.
Così così. Le scene erotiche sono ottimamente realizzate e quelle di tortura sono molto efficaci. Peccato che questi due elementi, uniti, finiscano per stonare. La sceneggiatura è mediocre come al solito, ma la buona regia di Massaccesi riesce a salvare il salvabile. Non male il cast: bellissima come sempre la Gemser, stesso discorso per la Schubert, bravo Rassimov e cultissimo George Eastman. Splendida la colonna sonora, la migliore realizzata per la serie insieme a quella di Emanuelle in America.
Le pericolose scorribande erotiche per il mondo di una famosa reporter, implicata in pericolosi giri d’affari fatti sulla pelle delle donne. Costumi, scenografia e fotografia (ovviamente..) di gran classe, sceneggiatura così così.. A volte la confusione si trasforma in noia e il prodotto perde carattere. Scene erotiche ben fatte, moderatamente spinte, con un paio di inserti hardcore marginali e piuttosto inutili (almeno nella versione visionata). La componente violenta scaturisce potente e in alcune occasioni davvero estrema, ma stiamo parlando del D’Amato!
Interessante. Questo personaggio di reporter-detective che indaga sul fenomeno della tratta delle bianche calza a pennello a una donna come Emanuelle, la cui concezione del sesso -ludica e scanzonata- è effettivamente agli antipodi rispetto ad ogni forma di violenza o di mercimonio. Dunque, è una storia che ha una buona coerenza interna. Le locations (Roma, la Thailandia, l’India, New York) sono ben utilizzate: Paese che vai usanza che trovi, soprattutto rispetto agli usi e costumi sessuali! Non monotono, buone musiche e, complessivamente, ottimo look!
IL titolo è chiaro, ma quello inglese (“The degradation of Emanuelle”) lo è ancora di più: sulla falsariga del precedente seguiamo la fotoreporter Emanuelle sulle tracce di un esclusivo mercato nero di sfruttamento delle donne. Autentiche perle del trash massaccesiano, su tutte la scuola di sesso diretta dallo scaricatore di porto Eastman nei panni di un improbabilissimo guru indiano (che predica il ritardo dell’orgasmo ma al dunque non si trattiene manco lui). Sul piano erotico/hard aumenta la vena sgradevole. Interessante e ben realizzato.
Visto nella versione hard del dvd polacco (meno completo, pare, di quello della Severin). Pellicola gradevolissima con la splendida Laura Gemser e una buonissima regia di Joe D’Amato. A dispetto di altri titoli del filone, nonostante la trama sia semplice qui (almeno io) ho trovato un po’ di confusione nel finale e quindi non sono rimasto del tutto soddifatto. Meglio altri capitoli della saga.
In questo episodio la bella Emanuelle, con la scusa dei reportage scandalistici, crea un’alleanza di ferro con la giornalista Cora Norman (una divina Karin Schubert) e riesce a sgominare una banda internazionale di farabutti dedita alla tratta delle bianche, da Roma ad Hong Kong. Nel mezzo una love story con un diplomatico Rassimov, una puntatina in India per toccare con mano le teorie sul coito prolungato di un presunto santone (un mitico Montefiori!) e nel finale uno stupro a New York. Vedibile ma poco coinvolgente rispetto ad altri capitoli.
Il più fresco, colorato e scanzonato della serie di Emanuelle. Memorabile il “guru” interpretato da Luigi Montefiori, ma ci sono anche altri momenti molto divertenti e nel complesso il film non risulta noioso pur essendo privo degli eccessi che fanno storia visti in “in America” e nel successivo “e gli ultimi cannibali”. Il film, co-sceneggiato da Maria Pia Fusco, ha anche un certa dignità sul piano della denuncia sociale, pur diluita nella commercialità e nell’eros venduto al chilo tipico delle opere del buon Massaccesi.
La punition
Britt, una bella ragazza insofferente della vita nella provincia francese, decide di andare a Parigi, per dare una svolta alla sua vita; giunta nella capitale, conosce Francoise, una donna molto ambigua, che in cambio di denaro, le fa conoscere l’ancor più ambiguo Manuel.
Costui svolge una vita dal doppio aspetto; in realtà è uno sfruttatore della prostituzione. Infatti gestisce due case d’appuntamento, una delle quali è a Parigi, ed è destinata ad una clientela facoltosa, mentre l’altra, con sede a Lione, è solo un bordello degno dei bassifondi. Britt, che tenta di ribellarsi al suo sfruttatore, passa così dal vizioso giro della ricca Parigi a quello ancor più vizioso di Lione, dove viene custodita da Raymond, mentre intrattiene rapporti sessuali con le persone più pervertite della città. Con il passare del tempo tra Raymond e Britt nasce l’amore.
Così la ragazza riesce a convincere il suo ex carceriere a portarla a Parigi; al gruppo si unisce una donna mentalmente instabile, che, una volta nella capitale, uccide Manuel. Britt e Raymond, convinti di dover fare i conti con l’organizzazione del defunto pappone, fuggono ,ma vengono raggiunti da un emissario dell’organizzazione, pagato dalla madre di Manuel, che uccide Britt.
Giallo con forti connotazioni erotiche, La punition è un film molto convenzionale strutturato attorno ad una sceneggiatura che privilegia la parte erotica piuttosto che quella puramente narrativa. Diretto da Pierre-Alain Jolivet, nel 1973, sfrutta principalmente la bellezza fisica ( e in questo caso anche la discreta recitazione) di Karin Schubert. La parte del lercio Manuel è affidata a Georges Geret, mentre quella dell’ambigua Francoise è interpretato da Claudie Lange. Un film non brutto, ma troppo legato all’erotismo e strutturato attorno alle nudità,peraltro apprezzabili, della bella Schubert.
La punition, un film di Pierre-Alain Jolivet. Con Karin Schubert, Amidou, Georges Géret Drammatico, durata 91 min. – Francia 1973.
Karin Schubert : Britt
Georges Géret : Manuel
Amidou : Raymond
Claudie Lange : Françoise
Anne Jolivet : Gloria
Marcel Dalio : Il libanese
Jacques Destoop : L’avvocato
Marc Doelnitz : L’uomo col pappagallo
Jean-Paul Marin : Germain
Henri Déus : Antoni
Jean Lescot : L’ingegnere
André Dumas : Il promotore
Anne-Marie Coffinet : La giornalista
Albert Augier : L’albergatrice
Regia: Pierre-Alain Jolivet
Sceneggiatura:Xavière,Richard Bohringer,Pierre-Alain Jolivet
Musiche:Bookie Binkley
Fotografia:Bernard Daillencourt
Montaggio:Noëlle Balenci
Production design:Eric Simon
L’infermiera nella corsia dei militari
Grazia, giovane e bella cantante, più che brava, procace, ha una relazione con Johnny, il gestore un tantino losco del night nel quale lavora. L’uomo le chiede di fingersi un’infermiera, per poter recuperare due quadri appartenuti a sua madre, rubati e ora nascosti all’interno della clinica psichiatrica del professor Larussa. Così Grazia entra nella clinica,dove ovviamente abbondano i fuori di testa, inclusi i classici generali e il pittore con qualche dote.
Lino Banfi è il Professor Larussa
La donna è costretta anche a difendersi dalle lunghe mani dei pazienti, oltre che a doversi guardare dal professor Larussa, un uomo che ha problemi con la moglie, che crede frigida. Dopo diverse peripezie, Grazia rintraccia i due famosi quadri, proprio nella stanza di peppino, il pittore fuori di testa. scopre però che non si tratta di due quadri della madre di Johnny, ma di due preziosissimi Caravaggio, rubati, ovviamente.
Alvaro Vitali è il pittore pazzo
Scopre anche che Johnny non ha alcuna intenzione di farla diventare una cantante famoa, ma che intende vendere i quadri e scappare in America con la sua amante. Grazia, così, con l’aiuto dell’assistente di larussa, sventa il piano. Non diventerà una cantante famosa, in compenso troverà l’amore.
Mariano Laurenti, autore di questo L’infermiera nella corsia dei militari, ha diretto, nel corso della sua carriera, una cinquantina di film, quasi tutti appartenenti alla commedia sexy:
Nelle due foto: Nadia Cassini è Grazia
sono suoi alcuni titoli di culto, come Quel gran pezzo dell’Ubalda, La vedova inconsolabile ringrazia quanti la consolarono e Il vizio di famiglia. Lasciata la Fenech, Laurenti punta sulla Cassini, sicuramente molto meno dotata di capacità artistiche, ma fisicamente splosiva, grazie al corpo perfetto. Inserisce nel cast l’onnipresente e bravo Banfi, lo mescola a Alvaro Vitali, Susan Scott, Karin Schubert e Carmen Russo e tira fuori una gradevole commediola, assolutamente insolita nel desolante panorama di fine anni settanta.
Siamo infatti nel 1979, e la crisi del cinema è ormai esplosa a livello quasi mondiale; la stessa commedia sexy ha ormai pochi proseliti, tuttavia Laurenti gira un film in cui qualche risata la si fa, anche se ovviamente siamo al livello tipico di questi film. Tuttavia non è un prodotto da bocciare in toto, non fosse, come già detto, per le discrete battute, una trama una volta tanto non basata solo sulle gag, e per il best cast al femminile che il film propone. Certo, chiedere alla Cassini o a Carmen Russo di recitare è davvero troppo, tuttavia in una pellicola di questo tipo si può sorvolare, accontentandosi di ammirare le perfette forme delle due attrici, di ridacchiare con Banfi e Vitali, il che, con i tempi che correvano nel 1979, non era cosa da poco.
Susan Scott (Nieves Navarro) è Veronica Larussa
L’infermiera nella corsia dei militari , un film di Mariano Laurenti, con Lino Banfi, Nadia Cassini, Paolo Giusti, Enzo Andronico,Elio Zamuto, Karin Schubert,Susan Scott, Gino Pagnani, Alvaro Vitali, Carmen Russo
Commedia, durata 88 min. – Italia 1979.
Nadia Cassini … Grazia Mancini
Lino Banfi … Prof. Amedeo La Russa
Paolo Giusti … Prof. Santarelli
Karin Schubert … Eva
Elio Zamuto … John
Renato Cortesi … Ugolini
Marcello Martana Moretti
Gino Pagnani … Ottavio
Ermelinda De Felice … Suor Fulgenzia
Enzo Andronico … Cav. Galeazzo Gedeone
Carmen Russo … Modella
Alvaro Vitali …. Peppino, Il pittore pazzo
Jimmy il Fenomeno … Il guardiano
Luigi Uzzo … Gustavo – male Nurse
Vittoria Di Silverio L’amante di Johnny
Susan Scott (Nieves Navarro) Veronica Larussa
Regia: Mariano Laurenti
Soggetto: Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Sceneggiatura: Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Fotografia: Federico Zanni
Montaggio: Alberto Moriani
Musiche: Gianni Ferrio
Mio Dio, come sono caduta in basso
La giovane e bellissima marchesa Eugenia di Maqueda sta per sposare Raimondo Corrao, plebeo; lei probabilmente è anche innamorata di lui, Raimondo ha bisogno di un titolo nobiliare. La ragazza, allevata dalle suore, è completamente a digiuno delle cose del sesso, così attende con curiosità la prima notte di nozze. Ma, durante l’approccio del marito, i due vengono interrotti da un telegramma.
Chi scrive è il padre della ragazza, che racconta ai due stupefatti coniugi di essere il padre di entrambi. Come rivelato da un diario nascosto in un cassetto della specchiera della camera da letto, il padre, rimasto privo di parte della virilità durante la guerra d’Africa, tornato a casa si fa sostituire nel talamo dal suo fedele attendente, in modo da poter dare un erede maschio alla sua casata, sopratutto per non perdere un’ingente eredità.
Il trucco funziona parzialmente, perchè la moglie del barone resta incinta, ma scopre l’inganno e poco dopo aver dato alla luce Raimondo, muore. Mentre il barone, da quel momento, si da alla bella vita, per Eugenia inizia una vita lontana dalle tentazioni del mondo tra le suore di un collegio.
La scoperta del rapporto di parentela costringe i due ad una vita casta; ma Eugenia è giovane e vogliosa, così, dopo essersi offerta ad un barone francese, seduttore impenitente, viene da questi rifiutata perchè vergine. Disperata, Eugenia rivolge le sue attenzioni su Silvano, focoso autista della famiglia. Mentre Raimondo si immerge nei piaceri della lettura di D’Annunzio, Eugenia sperimenta i piaceri della carne con il giovane Silvano. La storia finisce perchè Silvano viene arrestato per furto.
Così, mentre Raimondo parte per la guerra d’Africa, Eugenia si dedica alle opere pie, sempre sospirando l’amore e le gioie della carne. Durante la guerra si imbatterà proprio in Silvano, rimasto gravemente ferito al fronte. Dopo una breve avventura saffica con una sua libertina conoscente, Eugenia, rimasta vedova, si rifugia a Parigi, meditando il suicidio. Ma qui verrà raggiunta da Silvano, che non l’ha dimenticata, e i due ritroveranno l’amore.
Diretto da Luigi Comencini, Mio Dio come sono caduta in basso è una commedia con intenti satirici; la diversa interpretazione dei ruoli maschili e femminili nell’Italia di inizio secolo, nel meridione, per l’esattezza, è una delle chiavi di lettura del film. Che resta sospeso tra la commedia, a tratti graffiante, e la pochade, quasi un romanzo d’appendice di Liala. Grazie a costumi raffinati e ad una splendida fotografia, Comencini ritrae una Sicilia peccaminosa dietro la parvenza di moralità, simboleggiata dal tradimento boccaccesco del barone,
che sacrifica la virtù della moglie per i soldi, dall’atteggiamento del gattopardesco Raimondo, dalle pulsioni erotiche di Eugenia, personaggio in bilico tra la morale imposta da un’educazione assolutamente repressiva e le pulsioni della carne e dei sentimenti. Il tutto si dipana attraverso una storia che si lascia guardare con piacere, a tratti beffarda, a tratti ironica e sarcastica.Sicuramente all’altezza i personaggi, con Alberto Lionello un po sulle righe nell’interpretazione di Raimondo Corrao,
di Laura Antonelli, deliziosamente sexy e ingenua in una delle sue migliori interpretazioni. Bene Pagliai, il barone di Maqueda, viveur dedito ad una vita di agi e mollezze, bello il cameo di Rochefort, il barone che rifiuterà le avance di eugenia, perchè attratto solo da donne vissute. E un bravo anche al giovane Michele Placido, che interpreta perfettamente il ruolo dell’autista, futuro amore proibito di Eugenia.
Cameo per la futura porno star Karin Schubert, nella parte di una disinibita amica di Eugenia. Memorabili le scene della prima notte di nozze, e sopratutto quella della seduzione di eugenia da parte di Silvano, in un casolare; l’uomo si troverà a fare i conti con mutandoni, corpetti, guepiere, una massa di vesti capaci di spegnere sul nascere qualsiasi desiderio sessuale.
La prima avventura saffica con l’amica, Karin Schubert
Mio Dio, come sono caduta in basso, un film di Luigi Comencini. Con Michele Placido, Laura Antonelli, Alberto Lionello, Rosemarie Dexter, Ugo Pagliai, Lorenzo Piani, Jean Rochefort, Karin Schubert, Carla Mancini
Commedia, durata 110 min. – Italia 1974.
Laura Antonelli: Eugenia Di Maqueda
Alberto Lionello: Raimondo Corrao, marchese Di Maqueda
Michele Placido: Silvano Pennacchini, autista
Jean Rochefort: Barone Henri De Sarcey
Ugo Pagliai: Ruggero Di Maqueda
Rosemarie Dexter: Florida, madre di Eugenia
Karin Schubert: Evelyn
Michele Abruzzo: Don Pacifico
Regia Luigi Comencini
Soggetto Ivo Perilli, Luigi Comencini
Sceneggiatura Ivo Perilli, Luigi Comencini
Produttore Pio Angeletti, Adriano De Micheli
Casa di produzione Dean Film
Distribuzione (Italia) Titanus
Fotografia Tonino Delli Colli
Montaggio Nino Baragli
Musiche Fiorenzo Carpi
Scenografia Dante Ferretti
Costumi Dante Ferretti
Emanuelle nera
Primo capitolo dell’interminabile serie dedicata a Emanuelle, personaggio ispirato alla Emanuelle portata al successo dalla Arsan e lanciata, cinematograficamente, all’interpretazione di Sylvia Kristel. Emanuelle, una bella e affascinante reporter di colore, il cui nome in realtà è Mae Jordan, si concede un viaggio in Kenia,a Nairobi, invitata e ospite della coppia Gianni e Ann.
Qui, durante il soggiorno, si invaghisce di Gianni, ha una breve relazione saffica con Ann, scappa a gambe levate quando si rende conto che il pericoloso triangolo la priverebbe della cosa a cui tiene di più, la libertà. Il film, diretto da Adalberto Albertini, con lo pseudonimo di Albert Thomas, in realtà altro non è che un assieme di scene di erotismo alle volte patinato, alle volte esplicito, portato sullo schermo dall’interprete principe dell’eroina disinibita Emanuelle, la bella Laura Gemser e dalla partner di questa pellicola, la bionda Karin Schubert.
Un film diventato un cult per una serie di motivi; il primo, più importante, è la presenza di Laura Gemser, che da allora in poi rivestirà più volte il ruolo della fotografa, e che verrà definitivamente lanciata da Joe D’Amato, vero artefice del successo della serie. Altro grosso fattore è l’erotismo esplicito della pellicola, che verrà reso ancor più tale proprio da Massacesi, che inserirà nelle versioni per il mercato estero scene esplicite di sesso, alle quali però non parteciperò mai la Gemser, che verrà sostituita da controfigure.
Paradossalmente questo primo film finirà per essere il meno interessante della serie, basato com’è solo sull’impatto visivo della protagonista e pochissimo su una trama e sceneggiatura degne di tal nome. Sarà proprio D’Amato a dare un taglio molto più intrigante alle avventure di Emanuelle, coinvolgendola in storie scabrose, alle volte con ottimi risultati.
Sul set di Emanuelle nera la Gemser conobbe quello che poi sarebbe diventato suo marito, l’attore Gabriele Tinti, e che sarebbe stato suo partner in altre produzioni della serie; un’altra citazione riguarda la bella e fortunata colonna sonora composta da Nico Fidenco, che ebbe davvero un meritato successo.
Emanuelle nera, un film di Bitto Albertini. Con Laura Gemser, Karin Schubert, Angelo Infanti, Isabelle Marchall, Gabriele Tinti, Don Powell, Venantino Venantini
Erotico, durata 90 min. – Italia 1976.
Laura Gemser: Mae Jordan (detta Emanuelle)
Angelo Infanti: Gianni Danieli
Karin Schubert: Ann Danieli
Gabriele Tinti: Richard Clifton
Isabelle Marchal: Gloria Clifton
Don Powell: professor Kamau
Venantino Venantini: William Meredith
Regia Albert Thomas
Soggetto Adalberto Albertini, Ambrogio Molteni
Sceneggiatura Adalberto Albertini, Ambrogio Molteni
Produttore Mario Mariani
Casa di produzione Emaus Films S.A., Flaminia Produzioni Cinematografiche, San Nicola Produzione Cinematografica
Fotografia Carlo Carlini
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Nico Fidenco
Scenografia Alberto Boccianti