Girolimoni,il mostro di Roma
Roma, 31 marzo 1924.
Emma Giacomini,una bambina di 4 anni, viene rapita e sottoposta a sevizie da un bruto; verrà ritrovata la sera stessa a Monte Mario, con addosso i segni della brutale violenza subita ma ancora viva.
E’ da questo fatto di cronaca nera, realmente accaduto, che Damiano Damiani parte, nel 1972,per girare un film ispirato ad una serie di fatti di cronaca che sconvolsero l’Italia nel periodo tra il 1924 e il 1928, anno in cui cessarono gli abominevoli delitti che vennero collegati alla mano di Gino Girolimoni, un fotografo romano che venne accusato dei delitti e che invece era assolutamente,totalmente innocente.
Il film ripercorre quindi l’odissea del trentacinquenne romano (all’epoca del primo caso di pedofilia) attraverso una descrizione ambientale accurata anche se non storicamente aderente ai fatti.
Nino Manfredi
La vita del fotografo ( un tantino gaudente e donnaiolo) viene così mostrata in parallelo ai fatti storici, quindi agli avvenimenti che videro coinvolte altre cinque bambine che vennero stuprate e uccise.
Delitti che avvennero in un momento storico particolare, che cominciarono in quel 1924 denso di avvenimenti che portarono il nostro paese ad un ventennio di storia assolutamente drammatico, con gli inizi della dittatura fascista e, sempre nel 1924, la morte del deputato socialista Giacomo Matteotti, che di fatto segnò l’inizio della parte più violenta della storia del regime fascista.
Il 5 giugno 1924 scompare Bianca Carlieri di anni ( il triste delitto della Biocchetta), con conseguente sollevazione popolare sull’onda dell’emozione che tale fatto suscitò nell’opinione pubblica stessa.
Solo 5 giorni più tardi verrà ucciso Matteotti e in questo clima il regime fascista si trovò ad affrontare due emergenze di diversa portata storica ma dall’impatto enorme sull’opinione pubblica.
Il rinvenimento dei corpi provocò l’ira del Duce, attentissimo all’immagine di efficienza e di garantismo dell’ordine pubblico che Mussolini stesso amava dare alla sua politica.
Così la polizia fascista venne sguinzagliata alla ricerca del fantomatico pedofilo assassino, senza che le stesse forze di polizia cavassero un ragno dal buco.
Pressati così da vicino dal primo ministro, i capi della polizia si affannarono a cercare qualcuno che potesse avvicinarsi all’identikit dell’assassino; e lo individuarono nello sfortunato Gino Girolimoni, un agiato fotografo che aveva l’unica colpa di essere single, di amare la bella vita e di aver tentato di avvicinare una ragazzina dodicenne.
Costei lavorava presso una ricca signora, vero oggetto del desiderio dello scapolo romano; tanto bastò alla polizia per catturare l’inesistente mostro.
Il 2 maggio 1927 Girolimoni venne arrestato e la notizia venne letteralmente data in pasto ai giornali.
L’uomo non poteva essere responsabile del primo fatto di cronaca in quanto nel momento che avvenne era addirittura fuori Roma, ma alle solerti forze dell’ordine fasciste ciò non interessava.
Il colpevole era stato catturato e tanto bastava.
Inizia così per lo sfortunato Girolimoni un’odissea che si protrarrà per quasi un anno, quando l’uomo venne scarcerato per mancanza di indizi.
In realtà fu lo stesso giudice istruttore a chiedere l’assoluzione per non aver commesso il fatto, ma per Girolimoni questo fu l’inizio della fine.
Mentre i giornali dell’epoca avevano strombazzato il suo arresto, con titoloni in prima pagina, gli stessi non dedicarono che quattro righe sul fondo dei giornali alla sua liberazione.
L’uomo finì ai margini della società, con ancora addosso l’ombra infamante del sospetto, nonostante fosse totalmente innocente; sopravvisse facendo il ciabattino o riparando biciclette, ma divenne poverissimo e si spense nel più assoluto anonimato nel 1961.
Ritornando al film, Damiani ricostruisce da maestro le atmosfere della Roma del ventennio, inclusa quella da caccia all’untore che sconvolse la città nei quattro anni citati. Grande la scelta dell’attore principale, quel Nino Manfredi che a ben vedere può essere considerato l’attore italiano più completo di sempre.
Memorabile la sua interpretazione, sofferta, dell’uomo che si vede rinfacciare ingiustamente una colpa infamante e che passa come in un incubo da belle donne (e bella vita) all’inferno del carcere e al sospetto che comunque accompagnerà la sua vita.Tutti bravi gli altri attori, con menzione particolare alla bellissima Angela Covello che interpreta una modella.
Una vicenda, quella di Girolimoni, da prendere come esempio per illustrare una delle tante nefandezze del ventennio fascista, un periodo storico che i revisionisti tentano inutilmente di abbellire quasi fosse un’epoca di prosperità e non viceversa un’epoca segnata dal sopruso e dalla violenza.
Il film è disponibile in versione completa (anche se di qualità non eccelsa) a questo indirizzo:http://youtu.be/FcW6znsyt3A
Girolimoni, il mostro di Roma
Un film di Damiano Damiani. Con Nino Manfredi, Guido Leontini, Orso Maria Guerrini, Anna Maria Pescatori, Mario Carotenuto, Silvio Bagolini, Vittorio Duse, Arturo Dominici, Umberto Raho, Stefano Oppedisano, Eleonora Morana, Fortunato Arena, Luigi Casellato, Luciano Catenacci, Elio Zamuto, Gabriele Lavia, Claudio Nicastro, Renata Zamengo, Angela Covello Drammatico, durata 125′ min. – Italia 1972.
Nino Manfredi: Gino Girolimoni
Gabriele Lavia: Tarquinio Tirabosco
Eleonora Morana: la moglie di Tarquinio
Orso Maria Guerrini: Gianni Di Meo, il giornalista
Guido Leontini: il brigadiere Apicella
Mario Carotenuto: il vetturino Sterbini
Laura De Marchi: la domestica degli osti Marcocci
Luciano Catenacci: Benito Mussolini
Arturo Dominici: l’ingegnere Jaccarino
Ennio Antonelli: l’amante della madre di ‘Biocchetta’
Luigi Antonio Guerra: il popolano reticente alla firma della denuncia
Nello Pazzafini: Fiaccarini, il preparatore dell’obitorio
Regia Damiano Damiani
Soggetto Damiano Damiani, Fulvio Gicca Palli, Enrico Ribulsi
Sceneggiatura Damiano Damiani, Fulvio Gicca Palli, Enrico Ribulsi
Produttore Bruno Todini
Fotografia Marcello Gatti
Montaggio Nino Baragli
Musiche Riz Ortolani
Scenografia Umberto Turco
Costumi Mario Ambrosino
Due foto di Gino Girolimoni,la vera vittima dell’affaire Girolimoni
Due prime pagine, vergognose, in cui si parla di mostro catturato
Decameron 3 (L’ultimo Decameron – Le più belle donne del Boccaccio)
Il Decameron n. 3 è strutturato, come la maggior parte dei decamerotici, in diversi episodi raccontati da due giovani itineranti.
Le storie in questione sono sette.
Primo episodio
La splendida Monna Filippa, accusata di adulterio per essere stata trovata in un letto con l’amante messer Lazzarino, viene tradotta davanti ad un giudice (che presiede il tutto in una taverna appoggiato ad una botte); la donna, emulando la mitica cortigiana Frine, senza dire una parola si tira giù la veste rimanendo completamente nuda davanti al giudice e ai presenti e mostrando il motivo per cui aveva fatto becco il marito, tra l’altro piccolo di statura e bruttissimo.Nel finale del film, verrà assolta per evidenti ragioni.
Antonella Murgia è Monna Filippa
Secondo episodio
Siamo a Napoli, e messer Ricciardo, invaghito della bella Catella, riesce con uno stratagemma a farle credere che il marito le metta le corna.
Così la invita in un posto appartato, dicendole che là troverà il marito.
La donna si reca sul posto, dove al buio pensa di sostituirsi all’amante del marito: ma a godersi le grazie della donna è il furbo Ricciardo, che alla fine si rivela alla stessa.
Terzo episodio
La bella Lidia brama d’amore e di voglia per un contadino alle dipendenze di suo marito, Pirro.
Il giovane però è molto fedele al suo padrone e non intende mancargli di rispetto.
Ma più della fedeltà potè la carne, e i due con un’abile stratagemma riescono a congiungersi sotto gli occhi del marito, facendogli credere che quel che vede non è reale.
Carla Mancini è Lusca, la domestica di Lidia
Quarto episodio
L’insaziabile madonna Isabella si sollazza con Leoncino, un giovane della città.
Messer Lambertuccio, un altro dei suoi amanti, arriva nel momento meno opportuno e così Isabella è costretta a far salire Leoncino sul baldacchino del letto e a soddisfare le voglie dell’uomo.
All’improvviso, terzo incomodo ecco arrivare il marito della donna.
Lambertuccio, con prontezza di spirito si catapulta in cortile con un coltello in mano, gridando “se lo trovo lo ammazzo” mentre il giovane vien fuori dal suo nascondiglio fingendosi tutto impaurito.
L’ingenuo marito di Isabella lo consola e lo accompagna a casa.
Quinto episodio
Francesca è rimasta vedova da pochissimo.
Sposata ad un uomo anziano, brama di recuperare il tempo perso, così escogita uno stratagemma che eviti le malelingue della città.
La donna troverà non uno, ma tre uomini e si consolerà tra le braccia dell’ultimo conosciuto.
Femi Benussi è Madonna Isabella
Sesto episodio
Madonna Lucrezia è sposata ad un uomo geloso in maniera patologica, che la costringe a vivere da reclusa in una camera da letto recintata da inferriate e chiusa a doppia mandata da una pesante porta di legno.
In soccorso della donna arriva un giovane che la vede attraverso un finestrino e che pratica una feritoia nel muro.La donna, per stornare i sospetti del marito, gli confessa di essere visitata la notte da un prete della quale lei si è innamorata.
Furibondo, il marito veglia fuori dalla porta non sapendo che Lucrezia e il suo amante nel frattempo si divertono nel letto della donna stessa.
Settimo e ultimo episodio
Un frate elemosiniere mentre è in giro per la questua, si imbatte in una contadinella che raccoglie cicorie in un campo.
Convince l’ingenua ragazza a seguirlo al convento dove ovviamente la seduce. Ma il frate non ha fatto i conti con il superiore, che si accorge della cosa.
Enzo Robutti, il marito geloso e Marina Malfatti, la moglie furba
Solo che, invece di rimproverare il confratello, decide di dividere la ragazza con lui..
Il finale del film rivela quello che accade a Monna Filippa, protagonista del primo episodio: la donna convince il giudice di essere troppo bella per essere trascurata dal marito e viene quindi assolta fra il gaudio dei presenti, mentre uno dei giovani che illustrano gli episodi scopre che il suo compagno in realtà è una splendida fanciulla.
Diretto da Italo Alfaro nel momento del massimo fulgore dei decamerotici, Decameron 3 conosciuto anche come L’ultimo Decameron – Le più belle donne del Boccaccio è uno dei decamerotici meno volgari e scollacciati, ma anche contemporaneamente uno di quelli in cui è praticamente impossibile farsi scappare un sorriso. Se le storie sono raccontate con una certa eleganza, tranne le solite cadute di gusto come quella dell’episodio con protagonista la ragazza e il priore in cui c’è il seguente dialogo surreale: “Padre, ma poi me la date la cicoria?” “Mi dispiace figliola, non ho cicoria ma il cicorione”, manca completamente la risata, quella che generalmente era il motivo fondamentale (non l’unico ovviamente) per vedere questi film.
Angela Covello, la contadinella in cerca di cicoria
Va anche detto che per una volta le scene sexy sono molto limitate e decisamente non volgari; superbo il gineceo femminile, con alcune tra le più belle attrici del genere come Femi Benussi e Angela Covello mentre per la prima volta si ammira una grande del teatro italiano, Marina Malfatti.
Un film quindi di livello appena sufficiente, almeno riguardo allo standard del prodotto decamerotico, in cui quà e là ci sono da rimarcare alcune cose degne di nota, come la colonna sonora dei Cugini di campagna ma anche, in negativo, il contrabbasso che perseguita lo spettatore dall’inizio della pellicola alla fine.
L’episodio migliore a mio giudizio è il sesto, con protagonista la magnifica Marina Malfatti, gli altri di un pelino oltra la sufficienza.
Decameron 3, un film di Italo Alfaro, con Femi Benussi, Angela Covello, Beba Loncar, Antonella Murgia, Marina Malfatti, Pier Paola Bucchi, Giovanni Elsner, Roy Bosier, Alberto Atenari, Letizia Liehir, Carla Mancini, Carlo Simoni, Fausto Tommei. Genere commedia erotica, anno 1972
Pier Paola Bucchi La giovane che narra la storia
Giovanni Elsner … Il giovane che narra la storia
Roy Bosier … Il giudice
Antonella Murgia … Madonna Filippa
Alberto Atenari … Ricciardo
Letizia Lehir … Madonna Catella
Beba Loncar … Madonna Lidia
Carla Mancini … Lusca
Carlo Simoni … Pirro
Fausto Tommei … Nicostrato
Femi Benussi … Madonna Isabella
Franco Alpestre … Lambertuccio
Rosita Torosh … Madonna Francesca
Ernesto Colli … Renutio
Guerrino Crivello … Alessandro
Marco Mariani … Baldino
Melù Valente … La cameriera di francesca
Marina Malfatti … Madona Lucrezia
Gino Milli … Filippo, amante di Lucrezia
Enzo Robutti … Marito di Lucrezia
Angela Covello … La contadinella
Franco Angrisano Il priore
Luigi Montini … Frate Enrico
Linda Sini … Cameriera di Isabella
Regia di Italo Alfaro
Sceneggiatura di Luigi Russo
Prodotto da Enzo Boetani, Giuseppe Collura
Fotografia di Giuseppe Pinori
Editing : Adriano Tagliavia
Trucco : Emilio Trani
Nero veneziano
Mark, un ragazzo di quattordici anni, cieco e sua sorella Christine rimangono orfani dei genitori, e vanno a vivere con gli zii che gestiscono una pensione nell’isola della Giudecca a Venezia.
Mark è un ragazzo molto sensibile, dotato di particolari poteri; spesso ha delle visioni in cui anticipa il futuro, nelle quali vede chiaramente un uomo che lui è convinto essere il demonio.
All’interno della pensione infatti alcuni sinistri presagi di Mark si avverano; muore impiccato lo zio, poi è la volta della zia, poi ancora di un amico di Mark.
Il ragazzo ha una sola persona che in qualche modo crede in lui; è Giorgio, il fidanzato di sua sorella, l’unico che gli mostra amicizia e che sembra prestar fede ai racconti del ragazzo.
Sua sorella intanto inizia a diventare sempre più strana, ma si avvia comunque all’altare con il suo fidanzato.
La morte improvvisa di Giorgio lascia Mark completamente solo, mentre Christine, che ha ereditato la pensione inizia a circondarsi di strani personaggi, fra i quali spicca un pensionante fascinoso, Dan, che altri non è che l’uomo visto nelle visioni da Mark.
Ely Galleani, una delle adepte di Christine
Nella pensione arrivano anche alcune ragazze equivoche, che sembrano girare attorno a Christine con gran devozione; la ragazza intanto ha scoperto di essere incinta, pur non avendo avuto rapporti con nessuno se non in una sorta di dormiveglia, in cui appare al suo fianco il sinistro Dan.
Mark trova consolazione e credito presso padre Stefani, l’unico che sembra avvertire l’aria sinistra che gira attorno a Christine; ma anche il religioso morirà, subito dopo aver tentato di battezzare il figlio di Christine, Alex.
In un drammatico finale, Mark ha il sopravvento sul neonato, e mentre è nel cimitero dove è sepolto il cognato Giorgio, vede proprio l’amico scomparso che gli racconta e conferma la natura diabolica di Alex.
Le ultime immagini che Mark vede, dopo che ha riacquistato miracolosamente la vista bagnandosi gli occhi con l’acqua del pozzo che è nella pensione, è quella di Alex tra le braccia di Christine.
Il demonio non può morire……
Ultimo film diretto da Ugo Liberatore nel 1978, Nero veneziano è un anomalo horror con venature thriller, massacrato all’epoca della sua uscita sia dalla critica che da buona parte del pubblico.
In realtà il film non è affatto malvagio, pur essendo evidenti i tributi ai caposaldo del genere, con più di un occhio strizzato al celebre film di Roeg “A Venezia un dicembre rosso shocking”; il tributo è assolutamente chiaro, sopratutto nella scelta di ambientare il film a Venezia, nella particolare esposizione fotografica usata e nell’aria di sovra naturale che pervade la pellicola.
Un film troppo sottovalutato, che ha delle pecche solo in fase di sceneggiatura: il soggetto di Ottavio Alessi è spesso confuso, lasciando troppa libertà di immaginazione allo spettatore.
Va aggiunta anche la scellerata decisione di Liberatore di affidare il ruolo del demonio all’insulso Yorho Voyagis, che sembra un bamboccione in vacanza premio nella sua città preferita.
Il volto dell’attore rimane quasi sempre impenetrabile, con un sorrisino che vorrebbe sembrare enigmatico e invece assomiglia ad uno spocchioso sorriso di sufficienza.
Però il film ha una sua dignità, sopratutto grazie all’ambientazione, con una Venezia misteriosa e cupa, come raccontata nel titolo; il nero veneziano è rappresentato dalla vicenda, dai luoghi misteriosi come il cimitero della Giudecca, dalla pensione in cui si svolgono i fatti.
Un film a tratti blasfemo, come nella sequenza in cui le prostitute che circondano Christine inscenano una parodia dell’Ultima cena che è una delle cose da dimenticare del film.
Se Renato Cestiè se la cava egregiamente, anzi, bene nel ruolo di Mark, il giovane veggente cieco, molto algida e fredda appare Rena Niehaus nel ruolo dell’ambigua Christine, che sin dall’inizio appare visceralmente antipatica allo spettatore, mentre bravo è Fabio Gamma ad interpretare Giorgio, lo sfortunato fidanzato/marito della diabolica Christine.
Tra le co-protagoniste vanno citate tre attrici comprimarie come Ely Galleani, l’ex diva dei fotoromanzi Angela Covello e Lorraine De Selle, tutte interpreti di ruoli di prostitute, le stesse che diverranno la corte dei miracoli di Christine.
La migliore interpretazione di questi ruoli secondari è quella di Olga Karlatos, che interpreta Madeleine Winters.
Come già detto, la segnalazione più importante va alla fotografia e alla direzione artistica di Canevari, Ugo Liberatore dirige bene il film, che risulta alla fine il migliore dei sette girati fino al 1978, di gran lunga superiore ai mediocri Incontro d’amore e Noa Noa.
Angela Covello
Nero veneziano, un film di Ugo Liberatore. Con Renato Cestié, José Quaglio, Rena Niehaus, Yorgo Voyagis, Fabio Gamma, Olga Karlatos, Ely Galleani, Angela Covello,Lorraine De Selle
Horror, durata 93 min. – Italia 1978
Renato Cestiè … Mark
Rena Niehaus … Christine
Yorgo Voyagis … Dan
Fabio Gamma … Giorgio
José Quaglio … Padre Stefani
Ely Galleani … Christine
Angela Covello … Christine’s Friend
Lorraine De Selle … Christine’s Friend
Florence Barnes … Christine’s Friend
Olga Karlatos … Madeleine Winters / Vicky’s Mother / The Midwife on the ferry
Bettine Milne … Grandmother
Tom Felleghy … Martin Winters
Angela Covello
Angela Covello
Una delle fucine che ha dato numerose interpreti al mondo del cinema è quella dei fotoromanzi, vera e propria anticamera e laboratorio per imparare i trucchi del mestiere, le pose, le espressioni, la mimica. Angela Covello, classe 1953, romana, pur non essendo stata una star di prima grandezza dei fotoromanzi, si mise in mostra proprio su questi ultimi, avendo esordito nel 1970 sui set per la più famosa casa di riviste degli anni 70, la Lancio, dalla quale sono usciti poi molti attori, come Ornella Muti, Franco Gasparri,Barbara De Rossi,Laura Antonelli,Erna Scheurer,Ivan Rassimov e molti altri.
Angela Covello nel film Paolo il caldo
Una palestra importante, quindi, e anche un modo per farsi notare, per entrare nel mondo del cinema, vera aspirazione virtuale dei giovani attori. Angela Covello entrò nel mondo del cinema proprio grazie alla sua esperienza nel mondo dei fotoromanzi, anche se limitata nel tempo; per la Lancio lavorerà meno di un anno, realizzando una trentina di fotoromanzi. La prima esperienza cinematografica, legata ad una breve comparsata, risale al 1970, nel film I leopardi di Churchill, film diretto da Maurizio Pradaux,
Angela Covello con Carla Brait in I corpi presentano tracce di violenza carnale
Scena tratta da I corpi presentano tracce di violenza carnale
nel cast del quale figuravano Richard Harrison e Heklga Linè. La prima parte di rilievo le venne affidata da Vittorio De Sisti nel 1972, quando la chiamò sul set del film Fiorina la vacca, discreto prodotto del filone decamerotico, nel quale la bellissima Angela interpreta il ruolo della moglie di Ruzante. Accanto a lei c’era anche un’altra attrice ex Lancio, Ornella Muti, unitamente ad una serie di stelline affascinanti, come Eva Aulin, Janet Agren, la sfortunata Jenny Tamburi e Graziella Galvani. Il film, che annoverava tra l’altro attori di buona fama, come Carotenuto, Montagnani e Gastone Moschin, ebbe un discreto successo, rivelandosi uno dei prodotti migliori del filone.
Angela Covello in Fiorina la vacca
Fotogramma tratto da Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile
Così, sempre nel 1972, recitò in un altro film del genere decamerotico, Decameron 3, diretto da Italo Alfaro; ancora un ruolo da comparsa, quello di una paesana, questa volta al fianco di Femi Benussi e di Beba Loncar, altra attrice di fotoromanzi, che lavorava per una diretta concorrente della Lancio, la casa editrice di Grand Hotel. Sempre nel 1972 lavora in un thriller, Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile, di Roberto Bianchi, opera dignitosa che la vede nel ruolo di Bettina, film che si segnala per il cast femminile, peino di bellezze cinematografiche, come Sylva Koscina, Annabella Incontrera,Femi Benussi, Krista Nell,Susan Scott.
E’ il periodo più importante della breve carriera dell’attrice, che lo stesso anno lavora nel film Girolimoni,il mostro di Roma, asciutta rievocazione della triste storia di Gino Girolimoni, accusato ingiustamente dello stupro e della morte di alcune bambine a Roma, durante il ventenni fascista. L’opera, diretta da Damiano Damiani, anticipa di un anno una presenza marginale di Angela Covello in un altro film importante, Paolo il caldo, di Marco Vicario. Una parte più ampia le viene riservata nel film I corpi presentano tracce di violenza carnale, di Sergio Martino, discreto thriller anche questo pieno di bellezze, come la Kendall,la Adiutori, Tina Aumont.
Sempre del 1973 è il pretenzioso e francamente brutto Baba yaga, strano thriller con incursioni nel paranormale e nell’horror diretto da Farina, e ispirato al personaggio di Crepax, Valentina. La carriera di Angela non decolla, pur essendo l’attrice una buona caratterista; poichè non rilascia interviste, e pare sia gelosa della sua vita privata, di lei si parla poco. La sua carriera così prosegue abbastanza anonima, con altre parti da co- protagonista, come quella nel decamerotico I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, seguito dal brutto thrillera sfondo erotico di Ivaldi, Raquel, Litz, Florinda, Barbara, Claudia, e Sofia le chiamo tutte… anima mia e da Calore in provincia, stanco film del filone erotico. L’ultimo film dell’attrice sarà Nero veneziano, interpretato nel 1978, dopo di che l’attrice scompare dalle scene.
Nel film Girolimoni
Su quali siano state le motivazioni del suo ritiro c’è un fitto mistero, così come non è dato sapere come si sia evoluta la vita privata di Angela Covello. L’attrice ha difeso la sua privacy, lasciando solo, ai suoi fans, le brevi interpretazioni nei 12 film a cui ha partecipato. Ruoli che la Covello ha sempre ricoperto con grazia, quella grazia naturale che possedeva sulle scene, quella forte carica sensuale derivante dal suo viso senza malizia e da quel sorriso un tantino imbronciato, un pò malinconico, che la hanno sempre caratterizzata.
Con Nino Manfredi in Girolimoni, il mostro di Roma
Calore in provincia
Nero veneziano
Nero veneziano (1978)
Calore in provincia (1975)
Brigitte, Laura, Ursula, Monica, Raquel, Litz, Florinda, Barbara, Claudia, e Sofia le chiamo tutte… anima mia (1974)
I giochi proibiti dell’Aretino Pietro (1973)
Baba Yaga (1973)
I corpi presentano tracce di violenza carnale (1973)
Paolo il caldo (1973)
Girolimoni, il mostro di Roma (1972)
Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile (1972)
Il decameron No. 3 – Le più belle donne del Boccaccio (1972)
Fiorina la vacca (1972)
I Leopardi di Churchill (1970)
I giochi proibiti de l’Aretino Pietro
Dopo il saccheggio a piene mani del Boccaccio, ecco una versione alternativa delle classiche novelle licenziose trecentesche, prese a pretesto per imbastire un film, I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, che, a differenza di molti altri prodotti simili, ha quanto meno il pregio di suscitare qualche risata. L’Aretino, considerato autore licenzioso e fuori dagli schemi, diventa così il nume tutelare di un onesto prodotto, non di certo il peggiore della fortunata serie denominata decamerotici. L’ingrediente principale è, al solito, lo stuolo di belle ragazze impegnato a mostrare centimetri di epidermide, sfruttando una storia imbastita secondo i canoni più classici del filone.
Orchidea De Santis (sulla destra) è Lisa
Siamo in Umbria, precisamente a Gubbio, dove quattro donne sono state denunciate all’autorità preposta per una serie di violazioni del vincolo coniugale che hanno del beffardo. Angelica, che è una suora affatto contenta del suo stato, ha un amante, Righetto, con il quale si sollazza, per usare un termine boccaccesco, ad ogni occasione utile. Ma un giorno decide di dividere tal fortuna con le consorelle, provocando nel giovane una vera e propria crisi fisica. Violetta, moglie trascurata di un villico e bifolco paesano,si è furbescamente sostituita ad una donna di facili costumi, concedendosi così all’ignaro marito e a tutti i suoi amici, prima di essere scoperta e denunciata dal marito fedifrago.
In questo fotogramma: Femi Benussi è Violetta
Poi c’è Lisa, che è una domestica, che si mette d’accordo con l’amante per estorcere, grazie alle sue doti fisiche furbescamente messe in mostra al momento giusto, una somma di denaro, ed infine Bettina, che inganna il proprio marito fingendosi morta. Portata in un monastero, diventa l’amante dei locali frati, restando però incinta. Per cavarsi dai guai, in accordo con i frati gaudenti, cercherà inutilmente di far credere al marito geloso di essere miracolosamente resuscitata.
Orchidea De Santis e Femi Benussi
La trama del film è ovviamente un pretesto, anche se comunque qualche risata, quà e là, si riesce anche a rimediarla; il punto di forza resta però la bellezza fisica delle protagoniste, fra le quali spiccano Orchidea De Santis, bellissima come al solito, Femi Benussi, che è doppiata nel film con un curiosissimo accento che sembra romano e che i realtà chissà da dove viene,oltre alla ex star dei fotoromanzi Angela Covello e a Rosita Torosh. Particolarmente simpatico l’episodio con protagonista Femi Benussi, alias Violetta, che beffa il marito concedendosi in una sola volta, allo stesso più volte e a tutti i suoi amici. Il finale, che vede le quattro donne assolte da un giudice che poi saprà approffittare delle grazie delle donne, è ovviamente in linea con il racconto. Il regista, Pietro Regnoli, fa il suo lavoro con una qualche dignità, che mancherà in molti altri prodotti del genere.
I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, di Pietro Regnoli, con Orchidea de Santis, Tony Kendall, Fausto Tommei, Femi Benussi, Pupo De Luca, Tiberio Murgia, Paola Corazzi, Angela Covello, Rosita Torosh, Shirley Corrigan, Luigi Leoni, Franco Agostini, Ben Carra, Livio Galassi.Italia,1973
Luigi Montini: Salvatore Anselmi (Il miracolo)
Franco Mazzieri: (Il miracolo)
Rose Marie Lindt: Betta (Il miracolo)
Tony Kendall: Bitto Ranieri/Fra’ Luce (Il miracolo – L’imbroglio)
Orchidea De Santis: Lisa Martini (L’imbroglio)
Luigi Crivello: Fra’ Pendolare (Il miracolo)
Angela Covello:
Shirley Corrigan: Eugenia (L’imbroglio)
Femi Benussi: Violetta (4 mogli)
Regia Piero Regnoli
Soggetto Piero Regnoli
Sceneggiatura Piero Regnoli
Casa di produzione PARF
Fotografia Fausto Zuccoli
Montaggio Adriano Tagliavia
Musiche Nico Fidenco
Fiorina la vacca
L’azione si svolge in Veneto,nel 1500,tra contadini,villani mariti cornuti e mogli fedifraghe; la protagonista è Fiorina, una bella vacca bianca pezzata di nero,che finisce in molte mani. In origine Fiorina appartiene a Ruzante,un contadino che non possiede null’altra ricchezza che la vacca; ma un giorno è costretto a venderla, perchè la sua unica possibilità di guadagnare denaro è diventare un mercenario.
La vende a Menego,bifolco senza denaro, che per comprarla usa i soldi di sua moglie; l’uomo,raggirato,perderà ben presto sia la vacca che la moglie. Michelon, l’autore della beffa in combutta con Guglielmina, moglie di Menego, affida Fiorina la vacca a sua moglie.
La donna,incantata da un suonatore ambulante,cede alle lusinghe del sesso e mentre giace soddisfatta nel suo letto,si vede portar via la vacca dall’occasionale amante e dai suoi complici, altri due suonatori ambulanti.
Le peripezie della vacca però non terminano qui; acquistata da Sandron,viene portata in una stalla,dove però viene rubata da tre soldati di ventura che a loro volta la vendono al ricco Beolco. L’uomo ha un’amante, ma si è stancato di essa così incarica un ruffiano di procurargli un’altra amante. E il ruffiano porta da Beolco la moglie di Ruzante,ormai ridotta alla fame.
Ruzante ritorna dalla guerra,stanco,affamato e sfiduciato; va a cercare la moglie, ma scopre che è diventata l’amante, peraltro contenta,di Beolco; allora sfida le guardie di quest’ultimo, ma viene sconfitto,bastonato e umiliato, mentre la moglie lo caccia via.
Commedia pecoreccia con il pregio di muovere qualche risata,e con un cast di ottimi comprimari,oltre che di splendide attrici fra le quali una giovanissima Ornella Muti,Angela Covello,Janet Agren,Eva Aulin,Jenny Tamburi.
Fiorina la vacca,
un film di Vittorio De Sisti. Con Ornella Muti,Janet Agren, Gianni Macchia, Gastone Moschin, Mario Carotenuto, Renzo Montagnani, Piero Vida, Ewa Aulin, Giorgio Dolfin, Graziella Galvani, Sergio Tramonti, Jenny Tamburi, Felice Andreasi, Angela Covello, Salvatore Baccaro. Genere Commedia, colore 103 minuti. – Produzione Italia 1972
Janet Agren: Tazia
Felice Andreasi: Compare Michelon
Eva Aulin: Giacomina
Rodolfo Baldini: amante di Teresa
Mario Carotenuto: padron Beolco
Angela Covello: Fiorina
Attilio Duse: Sandron
Graziella Galvani: Betta
Gianni Macchia: Checco
Renzo Montagnani: Compare Menico
Ornella Muti: Teresa
Jenny Tamburi: Zanetta
Sergio Tramonti: sarto padovano
Piero Vida: Nane il ‘ruffiano’
Gastone Moschin: Ruzante
Luigi Antonio Guerra: Tonino ‘Stropabusi’
Regia Vittorio De Sisti
Soggetto Fabio Pittorru, liberamente tratto dai testi del Ruzante
Sceneggiatura Vittorio De Sisti, Fabio Pittorru
Casa di produzione Juma Film
Fotografia Erico Menczer
Montaggio Gabriella Cristiani
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Sergio Canevari
Costumi Sergio Canevari