E si salvò soltanto l’Aretino Pietro,con una mano avanti e l’altra dietro
Su soggetto di Enrico Bomba,nel 1972 Silvio Amadio gira E si salvò soltanto l’Aretino Pietro,con una mano avanti e l’altra dietro,
che sin dal titolo annuncia il genere di appartenenza della pellicola,il decamerotico.
Uno dei peggiori,almeno per quanto riguarda la povertà globale del prodotto finale,di rara sciatteria recitativa e di una povertà desolante
dal punto di vista comico.
Non si ride,nemmeno per errore,e gli sketch attorno ai quali si sviluppa il film sono davvero di una tristezza infinita.
Un frate arzillo e sporcaccione,poi altri frati più interessati ai piaceri della carne che a quelli dello spirito e infine una donna e le sue tre figlie
con una moralità estremamente elastica,per non usare termini offensivi sul mestiere più antico del mondo.
Girato in un’economia strettissima e probabilmente in meno di una settimana,questo film si segnala solo per la stravaganza del titolo,che vedrà il buon Amadio replicare nel genere decamerotico questa esperienza,precisamente nello stesso anno.

Parlo di un altro titolo quanto meno allegro,Come fu che Masuccio Salernitano, fuggendo con le brache in mano, riuscì a conservarlo sano,prodotto anche questo di bassa lega.
De resto i severi recensori del sito http://www.cinematografo.it ebbero a dire,parlando di E si salvò soltanto (…):”Il film non ha nessun autentico riferimento all’Aretino; come in tanti film di genere “boccaccesco”, anche in questo, prendendo a pretesto il nome dello scrittore cinquecentesco, vengono confusamente messe in scena, con superficialità e dilettantismo sfacciato, sempre analoghe situazioni licenziose, con sempre identici costumi, ambienti, linguaggi da trivio ed esibizioni immorali.”
Tutto da sottoscrivere,incluso il linguaggio sconcio e scurrile ricco di doppi sensi “fallici” e scoperecci,se mi passate il termine volgare.
D’altro canto siamo di fronte ad un film volgarissimo,pertanto è inutile indorare la pillola;
“l’avrà come una pannocchia“,una delle tante frasi colte del film si mescola con la proboscide di un elefante,dal chiaro ed inequivocabile significato fallico che compare senza alcuna giustificazione nel bel mezzo del film,quasi fosse qualcosa di divertente.Il livello del film è questo,inutile continuare a sparare a zero su di esso…
Occupiamoci della trama,anche se è imbarazzante riassumerla:
Concetta, Nanna e Fiorenza sono le tre figlie licenziose di Monna Violante,che recatasi a trovare le tre vogliose donne,scopre che esse
sono tutt’altro che un modello di castità.
Una si sollazza con un contadino piuttosto dotato,un’altra si finge malata pur di giacere con un monaco anch’esso dotato della “virtù meno apparente,fra tutte le virtù la più indecente” mentre la terza,scoperta la vocazione del marito per il gioco si finge morta,non senza sollazzarsi di nascosto con l’ennesimo frate gaudente.
Quest’ultima,scoperta nella sua tresca dal superiore del convento,diventerà la “compagna” di giochi erotici di tutto il convento fino a quando resterà incinta.
Grazie a Monna Violante,riuscirà a gabbare il marito.
Come già detto,un film volgare e privo di qualsiasi motivo di interesse.
Giusto per la cronaca,da segnalare nel cast la bella Franca Gonella e Carla Brait.
Per il resto,buio totale.Povero Aretino,che tra l’altro con il titolo non c’entra nulla…
Location casalinghe e costumi raccolti al mercato degli stracci completano il quadro.
Il film è oggi disponibile su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=D94Iok-agag in una discreta qualità.
…E si salvò solo l’aretino Pietro con una mano avanti e l’altra dietro…
Un film di Silvio Amadio. Con Franca Gonella, Carla Brait, Giorgio Favretto, Vincenzo Ferro. Erotico, durata 90 min. – Italia 1972.
Carla Brait: Olimpia
Giorgio Favretto: Fra’ Fazio
Vincenzo Ferro: Alfiuccio
Franca Gonella: Nanna
Elisa Mainardi: Violante
Luigi Miglietta: Fiorenza
Valentino Macchi: il cavaliere concupiscente
Gabriele Villa: Pietro Aretino
Regia Silvio Amadio
Soggetto Enrico Bomba
Sceneggiatura Enrico Bomba
Casa di produzione Vascello
Fotografia Antonio Modica
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Vittorio Stagni, Elio Maestosi
Scenografia Vincenzo Morozzi
Costumi Silvana Scandiarato
L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com
Brutto esempio di decamerotico, condannato dalla mancanza di trovate, la qual cosa rende inutile una regìa non male ed un montaggio intenso che, purtroppo, più il tempo passa e più si nota la cronica mancanza di idee,
resta solo fine a sé stesso. Povere le ambientazioni, belle la Novak, la Gonella e la Henke. Si salva Renzo Rinaldi. Il finale è molto simile a quello de I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, film che, pur nella sua modestia,
è decisamente meglio di questo.
L’erotomane
Una carriera in crescita come manager senza scrupoli di un’azienda petrolifera,una splendida moglie e un’altrettanto splendida
amante.
Ma il cavalier Persichetti,a questi successi deve sommare un grosso problema personale.
Negli ultimi mesi,quasi come paradossale nemesi personale,più ha avuto successo negli affari più ha avvertito problemi di impotenza che sfociano in frustrazione nel non poter più consumare rapporti con le donne della sua vita.
Così decide di affidarsi alle cure di uno stravagante psicologo/sessuologo che tenta di analizzare il problema e rimuoverlo,
convinto che si tratti di un trauma infantile.
Ma nonostante lo psicologo le provi tutte,Persichetti resta refrattario ad ogni cura e alla fine dovrà arrendersi…
Succinta descrizione della trama di L’erotomane,film di Marco Vicario del 1974 che segue la più che buona prova fornita
con la sua direzione precedente,quel Paolo il caldo ricavato da un romanzo di Brancati che aveva rinsaldato la buona fama
del regista,autore tra l’altro del più grande successo al botteghino del 1971,Homo eroticus.
Gastone Moschin e Milena Vukotic
Questa volta però Vicario sbraca abbastanza visibilmente,con una commedia erotica ricca di seni e glutei e priva di ogni divertimento,
a meno che non si consideri tale l’assistere a scenette ripetute all’infinito,battute stanche e sogni onirici del protagonista,
un cavalier Persichetti affarista e speculatore,che paga il successo nel lavoro con la perdita della virilità.
A parte la trama inconsistente e pecoreccia,Vicario sbaglia quasi tutto quello che può sbagliare.
A partire dalla scelta del protagonista,affidata ad un Gastone Moschin semplicemente imbarazzante;la logica avrebbe voluto che si ricomponesse
la coppia tra Vicario e Buzzanca,vero stereotipo del maschio all’italiana,che aveva portato al successo quell’Homo eroticus
di ben altro livello rispetto ai modestissimi risultati raggiunti con questa pellicola.
Moschin,grande interprete leggero,appare spaesato in un ruolo principale che non sente e che evidentemente non ama.
A nulla vale il cast affiancatogli,che presenta nomi di un certo spessore del cinema settantiano italiano.
Nei due fotogrammi:Janet Agren
Mi riferisco alle bellissime Janet Agren,Silvia Dionisio e Paola Senatore,Isabella Biagini e Nada Arneric; non meno valido dal punto di vista rappresentativo il cast maschile,con la presenza dell’onnipresente Caprioli (viscido e corrotto politico) e di Jacques Dufilho,lo strambo e stravagante psicanalista,reduce dai successi del suo personaggio più famoso,il colonnello Buttiglione.
Nel 1974 la commedia sexy o erotica mostrava la corda,anche se era comunque molto seguita.
Ma l’uscita di tanti prodotti praticamente fatti in copia carbone spesso allontanava il grande pubblico e a quanto pare anche i critici,
che spesso recensivano questi prodotti senza nemmeno vederli.
Come acutamente fa notare Gordiano Lupi,basta leggere cosa scrive ad esempio il Mereghetti sbagliando completamente il sunto della trama:
“Un cinico avvocato sfoga la sua impotenza sessuale diventando uno spregiudicato affarista, mentre tutte le cure per recuperare la virilità sono vane.
Solo lo shock di sapersi cornuto lo sblocca e lo trasforma in un forzato del sesso a tutti i costi. Classica commediola, neanche troppo originale,
che scivola verso il genere pecoreccio”
Silvia Dionisio
O anche Farinotti,generalmente abbastanza affidabile,che fa lo stesso errore:“In seguito ad uno choc infantile, il cavalier Persichetti è diventato impotente. Per guarire le tenta tutte, ma soltanto nel vedere la moglie a letto con un altro riesce a “sbloccare” il vecchio trauma.
Da quel momento in poi diventerà un maniaco sessuale”
A parte le generose forme delle protagoniste,c’è ben poco da guardare nel film;particolarmente noiose sono le sequenze in cui
Moschin racconta come intende approfittare della crisi petrolifera per speculare,o i vari siparietti immaginari in cui fantastica sulla segretaria dello psicanalista (ovviamente sognata completamente nuda)
Non manca il solito,pecoreccio amplesso tentato sul terrazzo con le immancabili studentesse ( e monache) che osservano
un po vogliose un po imbarazzate i goffi tentativi di Moschin/Persichetti di sedurre la bella cameriera.
Brutto film,decisamente.
Rimasto per quasi 40 anni in un cassetto e magicamente riapparso poco tempo fa e oggi disponibile in una versione mediocre su
you tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=98-Q52fcBHo
Da segnalare soltanto dal punto di vista visivo il bel campionario vintage che riguarda oggetti,vestiario e auto.
Maria Antonietta Beluzzi
L’erotomane
Un film di Marco Vicario. Con Janet Agren, Milena Vukotic, Vittorio Caprioli, Gastone Moschin, Isabella Biagini, Silvia Dionisio, Mario Colli, Andrea Scotti, Ugo Fangareggi, Jacques Herlin, Eugene Walter, Gaetano Scala, Neda Arneric, Jacques Dufilho, Paola Senatore, Livio Galassi, Carla Brait, Mauro Vestri, Giacomo Rizzo, Loredana Martinez, Rosita Torosh, Paolo Paoloni Commedia, durata 100 min. – Italia 1974
Gastone Moschin: Rodolfo Persichetti
Isabella Biagini: Dott.sa Bonetti
Janet Agren: Ciccia, la moglie
Neda Arneric: Marietta
Jacques Herlin: Chirurgo
Vittorio Caprioli: Il ministro
Jacques Dufilho: Prof. Pazzoni
Maria Antonietta Belluzzi: Gertrude
Silvia Dionisio: Claretta
Regia Marco Vicario
Soggetto Marco Vicario
Sceneggiatura Marco Vicario
Produttore Alfredo Melidoni
Casa di produzione Atlantica Produzioni Cinematografiche
Distribuzione (Italia) Medusa
Fotografia Giuseppe Rotunno
Montaggio Nino Baragli
Musiche Riz Ortolani
Marco Vicario,il regista
Flano del film
Janet Agren
Cristiana monaca indemoniata
La licenziosa Cristiana,mentre è in viaggio in aereo,fa l’amore per scommessa con il suo boy friend Luca.
Spaventata da una turbolenza,la ragazza giura che se uscirà viva dalla disavventura si farà monaca;così scampata a quella che lei crede la sua fine,Cristiana mantiene la promessa ed entra in convento.
Qui però non resiste ai richiami della carne e dopo aver concesso le sue grazie ad un giovane e allaccia una ambigua amicizia con un’altra suorina dalla vocazione traballante,Eleonora.
Rintracciata dal suo ex amante Luca,che entra nel convento in cui vive per sfuggire alla polizia,Cristiana scopre una notte il suo uomo a letto con suor Eleonora.
Dopo alcune vicissitudini,che la porteranno a diventare una prostituta,Cristiana troverà pace ai suoi tormenti nel peggior modo possibile.
Cristiana monaca indemoniata è un film diretto dal solito Sergio Bergonzelli nel 1973.

Incautamente accostato al filone conventuale,del quale riprende solo la tematica della suora per caso,il film è chiaro espediente per contrabbandare scene erotiche ad uso e consumo del pubblico guardone.
A parte la trama assolutamente inconsistente,il film ha una sceneggiatura lacunosa e rabberciata alla bene e meglio,con incongruenze di ogni tipo,senza tener conto del sottile ma forse involontario anticlericalismo che lo pervade.
Dopo le discrete prove di Nelle pieghe della carne e Io Cristiana studentessa degli scandali il regista di Alba mostra di gradire molto più l’interesse della platea più infima che quello dei critici,con risultati visibili in questa e nelle opere successive,come Il compromesso… erotico (Menage a quattro) e La trombata – quattro ladroni a caccia di milioni opere se vogliamo di livello ancora più basso.

Film da evitare come la peste,con attori ai minimi storici della recitazione, a partire da una pessima Magda Konopka per finire alla protagonista
Toti Achilli.
Brutto in modo patologico,è praticamente scomparso e oggi circola solo una coppia quasi inguardabile ricavata da una VHS.
Cristiana monaca indemoniata – La vocazione
Un film di Sergio Bergonzelli. Con Vassili Karis, Magda Konopka, Toti Achilli, Jerry Ross, Marco Guglielmi, Bruno Boschetti, Carla Mancini,
Eva Czemerys Erotico, durata 90 min. – Italia 1973.
Toti Achilli … Cristiana
Magda Konopka … Suor Eleonora
Vassili Karis …Massimo Raggi
Gerardo Rossi … Luca
Maria Virginia Benati … Madre Superiora
Marco Guglielmi … Prof. Paolo
Eva Czemerys … Madre di Cristiana
Regia:Sergio Bergonzelli
Sceneggiatura: Sergio Bergonzelli
Musiche:Nevil Cameron e Elvio Monti
Fotografia: Antonio Maccoppi
Montaggio:Vincenzo Vanni
L’opinione di Ezio dal sito http://www.filmtv.it
Uno dei peggiori trash della storia del cinema.Una ragazza sopravvissuta da una disgrazia aerea si fa suora e poi …..
giu’ alla grande con il sesso e con chi capiti a tiro ,dentro al convento.Trama zero,erotismo zero noiosita’
a mille.Uno dei tonaca-movie piu’ brutti che il cinema abbia realizzato.Quasi inguardabile.
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it
Scritto e diretto da Sergio Bergonzelli, garanzia di modestissimi mezzi e ancor meno mestiere, questo Cristiana monaca indemoniata
si pone, sia pur di poco, sopra alla media delle produzioni trash/erotico/demenziali (anche involontariamente) del periodo per due caratteristiche,
essenzialmente. La prima è quella di rappresentare in sè una sorta di parabola a tutti gli effetti cristiana (peccato, mancata redenzione, inferno):
ma difficilmente un film del genere, in cui orge, perdizione, carnalità trionfano con compiaciuto gusto dall’inizio alla fine della storia,
senza traccia alcuna di pentimento o di senso di colpa, potrebbe essere apprezzato da uno spettatore di profondo spirito religioso.
La seconda particolarità è invece l’eterogeneità dello sviluppo della trama: la pellicola comincia quasi come un porno, poi si butta nel filone conventuale
(parallelo al decamerotico, in quel momento popolarissimo) e infine degenera nel trash più assurdo, illogico e tirato via, aperto e chiuso da due scene
d’azione girate in maniera – a voler essere gentili – approssimativa. Ai limiti di Bergonzelli si aggiungono comunque quelle dei suoi attori,
non eccelsi (Magda Konopka è il nome maggiore), in un prodotto che accosta con giustezza forma e contenuto: mediocri entrambi.
L’opinione di deepred89 dal sito http://www.davinotti.com
Forse ci starebbe il pallino singolo, ma sarebbe un peccato far inabissare nell’oceano delle vaccate tale assurdo, dozzinale e a suo modo imprevedibile
miscuglio di generi e umori, peraltro recitato neanche malissimo e con curiose musiche tra il liturgico e il progressive. Forma grezzissima (e la marcia copia
circolante non aiuta), con palesi riempitivi (l’interminabile striptease) e ampie cadute nel ridicolo, ma resta la forte sensazione di una premeditata presa in giro,
verso la chiesa, gli hippies e gli spettatori.
Decameroticus
Il 1972 è l’anno più fertile per i cloni degenere del Decameron pasoliniano;Giuliano Biagetti,dopo l’ottima prova di Interrabang decide di cavalcare l’onda del filone decamerotico confezionando un film di discreta levatura,basato come recitano i titoli su novelle del Boccaccio, Aretino e Bandello.
Novelle licenziose,ovviamente.
In questo caso si tratta di cinque racconti brevi con un tema portante,quello delle corna.
Prima novella:
-Elisa è stufa di suo marito,gelosissimo e possessivo.L’uomo arriva a sostituirsi al sacerdote nel confessionale,
ma Elisa sa che c’è lui dietro le mentite spoglie del frate.Cosi gli racconta di essere posseduta da un giovane tutte le notti.
L’uomo si piazza davanti la porta di casa,ma la furba Elisa con uno stratagemma si gode il suo giovane amante.
L’indomani lo stanco marito viene beffato dalla donna,che riesce a fargli credere che gli è fedele.
Gabriella Giorgelli
Seconda novella:
-Lambertuccio è un giovane sfrontato e audace,capo delle guardie del severo giudice Volfardo.Il giovane si diverte
spesso proprio ai danni del giudice che decide così di vendicarsi.
Convince Leonetto,noto playboy che corre dietro ad ogni sottana a sedurre la moglie di Lambertuccio.Ma resterà beffato perchè sia
Leonetto che Lambertuccio si godranno le grazie della bella moglie del giudice,Isabella,alle spalle dell’ignaro cornuto che così sarà
beffato crudelmente.
Terza novella:
per potersi godere le grazie della procace domestica,un uomo convince il suo garzone di bottega a dormire nel suo letto.
Domitilla,la moglie,però conosce le intenzioni del marito e convince la domestica a sostituirsi a lei.Finisce così che mentre il garzone
e la domestica se la spassano,Domitilla riceve le attenzioni del proprio marito.
l’ingenuo Casimiro si fa beffare da un improvvisato venditore di unguenti che nulla hanno di miracoloso;l’uomo,con la scusa di
curare la moglie di Casimiro,lo beffa sotto il suo stesso naso godendosi le grazie della moglie.
Quinta novella:
Ciccio e Germino sono due mercanti,che spesso devono assentarsi per lungo tempo da casa.
I due,durante un colloquio,si scambiano consigli su come evitare il tradimento delle rispettive mogli,ma alla fine si faranno becchi a vicenda.
Qualche buona trovata,ma nella sostanza un film volgarotto nobilitato però da un cast di attrici specializzate in commediole erotiche spacciate
per “novelle licenziose d’autore”
Al solito,il pretesto per l’esibizione di centimetri di epidermide è dato da storielle che con lo spirito boccaccesco ridanciano e sottilmente anticlericale
nulla hanno a che vedere.
Scrive Segnalazioni Cinematografiche (Centro cattolico cinematografico),decisamente di parte e anche molto impietosamente:
“Il film, che si dice ispirato a novelle del Boccaccio, Aretino e Bandello, senza nesso tra loro, ritrova un filo conduttore unicamente nella ricerca di
situazioni licenziose e lascive, cui offre un notevole contributo il dialogo di una volgarità e rozzezza senza pari, e una quantità di scene esibizionistiche
e sensuali ormai adusate in opere del genere. Di fronte a questo, passano in secondo ordine persino le melensaggini della interpretazione e l’insulsa regia.
Resta la pretestuosa ambientazione. Inutile dire che il tutto è inqualificabile e moralmente negativo.”

Una vera requisitoria,che in qualche modo però stigmatizza quella che era la visione da parte di buona parte della critica del fenomeno decamerotici.
In realtà siamo di fronte ad uno dei tanti cloni del Decameron non più volgare di altri;a nobilitarlo ci sono attrici di buon valore,come le sempre
bellissime Orchidea De Santis e Gabriella Giorgelli,Margaret Rose Keil e Krista Nell con l’aggiunta di una giovanissima Antonia Santilli.
Per l’ennesima volta compare in un cast decamerotico Pupo De Luca,recordman del genere mentre inaspettatamente c’è il bravissimo e compianto Riccardo Garrone.
Prodotto che stiracchia la sufficienza,ma nulla più.
Regia,quella di Biagetti,meno “cagnesca” di altre per un film passato curiosamente molte volte sulle tv commerciali ma del quale circola
solo una pessima versione ricavata da VHS disponibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Saizp1IZ47g

Decameroticus
Un film di Pier Giorgio Ferretti. Con Orchidea De Santis, Riccardo Garrone, Pupo De Luca, Margaret Rose Keil,Krista Nell,Aldo Bufi Landi, Pietro Tordi, Pino Ferrara, Corrado Olmi, Umberto D’Orsi, Sandro Dori, Gabriella Giorgelli, Rosita Torosh, Antonia Santilli Erotico, durata 92 min. – Italia 1972.
Riccardo Garrone: Gerbino
Marina Fiorentini: Domitilla
Edda Ferronao: Agnese
Pino Ferrara: Ciccillo
Sandro Dori: Casimiro
Orchidea De Santis: moglie di Ciacco
Pupo De Luca: marito di Elisa
Umberto D’Orsi: marito di Domitilla
Aldo Bufi Landi: Lambertuccio
Antonia Santilli: Pamela
Pietro Tordi: il giudice Vulfardo
Gabriella Giorgelli: Elisa
Krista Nell: Isabella
Margaret Rose Keil: Nardella
Corrado Olmi: Ciacco
Regia Pier Giorgio Ferretti
Soggetto Giorgio Mariuzzo da Giovanni Boccaccio
Sceneggiatura Giorgio Mariuzzo, Fiorenzo Fiorentini (dialoghi)
Casa di produzione Flora National
Distribuzione (Italia) Variety
Fotografia Anton Giulio Borghesi
Montaggio Pier Giorgio Ferretti
Musiche Berto Pisano
Scenografia Ennio Michettoni
Trucco Gloria Fava
L’opinione di sasso67 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Mamma mia che film! Be’ dal titolo c’era da aspettarselo… Si tratta di una delle tante variazioni, il cui filone per l’appunto prese il nome di “decamerotico”, seguite al successo del film “Decameron” di Pasolini. Film come questo, che si dice tratto da novelle del Boccaccio, del Bandello e dell’Aretino, si basano su due cose, l’erotismo e la comicità. In realtà l’erotismo non viene mai fuori, rimanendo attanagliato nell’imbarazzo di corpi nudi che si dimenano per risaltare una certa comicità gestuale.
Ma proprio la comicità è l’altro grande assente del filone decamerotico, o quanto meno di questo film, che proprio non fa mai ridere. Rimane impressa soltanto una certa volgarità del linguaggio (“Chi dorme ‘un piglia ‘culi!” esclama in improbabile toscano il Messer Gerbino di Garrone), resa ancora più macroscopica da un dilettantesco doppiaggio che rifrulla quasi tutti i dialetti italiani, tra i quali nel filone decamerotico trionfavano il toscano, in grazia del Boccaccio, e chissà perché il ciociaro.
Le attrici si spogliano abbondantemente, anche se, per citare il Giusti di “Stracult”, dirò che di pelo se ne vede poco. Tristezza per il caratterista triestino Umberto D’Orsi doppiato in romanesco da Ferruccio Amendola.
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
B. Legnani
Modesto film di Biagetti (che pure qui non gestisce il ritmo, mal distribuendo il tempo alle varie fasi), che si salva dall’ignominia solo grazie a un quarto racconto gradevole e ben recitato (quello con Pino Ferrara, Dori, la Santilli e la Ferronao ) e da trame non male, però sfruttate maluccio (terribile la recitazione richiesta a Bufi Landi nella novella d’ambiente romagnolo e inspiegabile la scelta di filmare molte scene in un vero budello). Girato in fretta (notare la comparsa che perde palesemente l’equilibrio mentre impalla Pino Ferrara!). Dal gineceo stavolta spicca la Nell.
Undying
Titolo al quale si deve ufficialmente il neologismo del filone, anche se l’anno precedente su Playmen un acuto recensore aveva già sfornato il termine decamerotico in relazione al film di Pasolini.
Si tratta, in buona (buonissima, dato il cast femminile) sostanza, di un film strutturato in 5 segmenti, del quale resta a discreta memoria quello del medico che approffitta di una moglie finta malata.
Rispetto alla media, l’ilarità è più accentuata, di pari passo con l’erotismo, garantito anche dalla presenza della Santilli (l’Antonia di Nocturno).
Homesick
Discreto decamerotico multidialettale in cinque episodi il cui filo rosso è il tema del marito cornuto. Il cattivo gusto è trattenuto e domina la scena l’allegria, garantita da un folto gruppo di validi caratteristi (De Luca, Dori, Garrone, D’Orsi…) e dai canti goliardici di Pisano. Il gineceo, specializzato nel genere, è ricchissimo e assai generoso: tra le migliori la Santilli, brava attrice e abbondantemente spogliata.
Come fu che Masuccio Salernitano fuggendo con le braghe in mano riuscì a conservarlo sano
Dopo il Decameron di Boccaccio,il Canterbury di Chaucher e le novelle di Pietro l’Aretino,ecco che è la volta del Novelliere di Masuccio Salerntano,che viene saccheggiato in questo film del florido filone dei decamerotici dal titolo divenuto leggendario,ovvero Come fu che Masuccio Salernitano fuggendo con le braghe in mano riuscì a conservarlo sano.
Un titolo in puro stile Wertmuller,in un film che si discosta un pò dai tradizionali film del genere erotico/medioevalein auge dopo il successo del Decameron di Pasolini.
Nettamente più curato nei dialoghi,Masuccio Salernitano esce nelle sale nel 1972 per la regia di Silvio Amodio,che nello stesso anno girò un altro decamerotico dal titolo ameno,…E si salvò solo l’aretino Pietro con una mano avanti e l’altra dietro e che in seguito si specializzerà in film del filone commedia sexy con pellicole come Alla ricerca del piacere (un thriller sexy),La minorenne,Peccati di gioventù,Quella età maliziosa.
In questo film i protagonisti sono due falsi preti che grazie ad una serie di camuffamenti sbeffeggiano e imbrogliano un nutrito gruppo di creduloni.
Nella prima burla,effettuata ai danni di un convento,i due spacciano una mano con avambraccio mummificato per la “Santa reliquia di San Luca,quella beata mano che tanto scrisse per la Beata Vergine Maria“; la seconda beffa vede protagonista un giovane incapricciato di una bella contadina,sposata ad un villico rozzo e incolto.Per continuare a vedere il suo amante e sviare i sospetti del marito,la donna si finge posseduta
da demonio;costretto da fra Geronimo a lasciare per quaranta giorni il talamo nuziale,il villico si rifugia tra le montagne mentre il giovane spasimante si sollazza con la scaltra contadinella.
Di beffa in beffa,fra Geronimo e frate Partenope riescono a truffare un prete che grazie al confessionale
aveva rapporti con le parrocchiane e gli spillano un mucchio di quattrini,costringendo il prete gaudente a doversi auto assolvere dai peccati commessi,fanno finalmente giacere un nobile con la moglie di un oste e alla fine aiutano un frate a recuperare le mutande che aveva lasciato in casa di un cornuto spacciandole ancora una volta per reliquie sante.
Un film con qualche buona uscita e senza particolari volgarità,che erano i punti di forza dei decamerotici.
E anche privo di nudi volgari,se vogliamo,visto che di attrici in abiti succinti ne compaiono giusto quattro e per pochissime scene.
Potremmo quindi definire questo film un ibrido,realizzato più per divertire che per allupare ancora una volta
gli spettatori di questo particolare genere cinematografico.
Nel cast compaiono,nei panni dei due frati mattacchioni e gaglioffi due buoni caratteristi,Piero Lulli e Gianni Musy mentre per una volta non ci sono nomi particolarmente famosi fra le “donnine allegre”

L’unica con una relativa fama è Barbara Marzano,che lavorerà in altri 5 decamerotici e chiuderà la propria carriera con il pessimo La sanguisuga conduce la danza.
Location agresti e costumi stringati al massimo,che probabilmente navigavano da un set all’altro.
Un film costato due lire,ma dal risultato tutto sommato non disprezzabile.
Da qualche mese è uscita la versione in dvd mentre è possibile visionare il film scaricando il
file http://wipfiles.net/gjuofj4y7yuw.html che è in una splendida qualità digitale.

Come fu che Masuccio Salernitano, fuggendo con le brache in mano, riuscì a conservarlo sano
Un film di Silvio Amadio. Con Gianni Musy,Giulio Donnini, Romano Bernardi, Giorgio Favretto, Barbara Marzano,
Carmen Silva, Rina Franchetti, Piero Lulli, Fernando Cerulli, Emilio Marchesini, Sergio Serafini,
Thea Fleming, Lina Alberti, Vinicio Diamanti, Vincenzo Ferro, Edoardo Sala Erotico, durata 95 min. – Italia 1972
Giulio Donnini: Don Alfonso
Giorgio Favretto: Filippo
Dorit Henke: Viola
Piero Lulli: Fra Geronimo
Barbara Marzano: Mona Lisetta
Gianni Musy: Frate Partenope
Carmen Silva: Carmela
Silvio Spaccesi: primo truffatore
Romano Bernardi: secondo truffatore
Melù Valente: amante di Fra Martino
Anna Lina Alberti: massaggiatrice
Adolfo Belletti: Frate priore
Fernando Cerulli: priore
Rina Franchetti: venditore
Vittoria Di Silverio: maîtresse
Sergio Serafini: contadino
Regia Silvio Amadio
Soggetto Tomasso Guardati
Sceneggiatura Silvio Amadio, Francesco Di Dio, Francesco Villa
Produttore Luigi Borghese
Casa di produzione Domiziana Internazionale Cinematografica
Fotografia Antonio Modica
Montaggio Silvio Amadio
Musiche Roberto Pregadio
Scenografia Saverio D’Eugenio
Trucco Giuseppina Bovino
Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com
B. Legnani
Non malissimo. C’è una cura lessicale nettamente superiore ai prodotti consimili e c’è pure, tranne alcune eccezioni,
un accettabile livello recitativo (Spaccesi e Musy su tutti). Nel cast femminile spiccano il davanzale di Barbara Marzano,
l’inettitudine recitativa della Henke e il bel musetto di Melù Valente. Il film non entra neppure nella storia del cinema minore
e non vale certo il migliore del filone decamerotico, ma ha almeno qualche citazione letteraria e operistica: lo si può guardare.
Undying
La stagione del decamerotico, circoscritta -essenzialmente- al breve lasso temporale del 1972-1973, visse un periodo di fertile produzione,
spesso (a dispetto dei titoli) costituito da opere dignitose, ben recitate e ottimamente girate. Diversi autori hanno lasciato traccia del
loro passaggio, come Silvio Amadio, intelligente e misconosciuto regista di pellicole erotiche spesso venate da un fondo di malinconia
(Quell’età maliziosa). In questo caso la vicenda ruota attorno a due burloni travestiti da frate che ne combinano di tutti i colori.
Panza
Decamerotico solo d’ambientazione ma non per la fonte (questa volta si cita il “Novelliere” di Masuccio Salernitano),
di cui mi ha colpito qualche battuta che indubbiamente va a segno. Purtroppo, nonostante i goderecci nudi che appaiono nel corso della pellicola,
non ci si eleva da una semplice operina d’imitazione che si fa particolarmente noiosa nel secondo tempo. Simpatico Spaccesi.
Il wertmulliano titolo ha fatto indubbiamente storia.
9 settimane e mezzo
“Odio 9 settimane e mezzo, stupido e volgare, odio quel film con Mickey Rourke, l’ho sempre odiato Da quel momento la mia strada e’ stata irta di difficolta’ perche’ Hollywood ha pensato di aver trovato una mansueta pupattola da manipolare come volevano i produttori, il che voleva dire prostituirmi ai loro bisogni, sia personali sia di botteghino.”Non volevo essere un simbolo di donna sexy e desiderata da milioni di maschi sconosciuti, non volevo finire come Marilyn Monroe, suicida a 36 anni.Rivivrei la stessa vita percorrendo gli stessi passi. Cambierei solo due cose: non rifarei la modella e non accetterei piu’ di fare un film cosi’ volgare, stupido e cretino come quello che mi ha lanciata. A costo di rimanere anonima“.
Le parole di Kim Basinger, piene di rancore un po ingenerose verso un film che tutto sommato le ha dato una popolarità internazionale che prima non aveva alla fine danno una definizione perfettamente in linea con questa pellicola assolutamente sopravvalutata e tendenzialmente (anche sostanzialmente) insipida e noiosa.

Un film patinato,un vero e proprio spot pubblicitario che sta all’amore come una crosta sta alla Gioconda di Leonardo.
La similitudine è meno casuale di quello che si possa credere,visto che la protagonista,Elisabeth, è una gallerista single molto affascinante; che conosce casualmente (ma non tanto) John, un rampante broker finanziario.
Siamo negli anni ottanta,in Italia c’è la Milano da bere, a New York la fortuna economica,il successo sono strettamente legate alla finanza.
Quella finanza creativa che un ventennio dopo avrebbe distrutto l’economia mondiale, con le conseguenze che ancora oggi scontiamo.
Tornando al film, assistiamo alla nascita di una relazione torbida e sensuale fra i due, che ben presto sfocia in rapporti sessuali in bilico fra l’innocente e il peccaminoso spinto.

I due amanti sperimentano alcune varianti del sesso, Elisabeth ben presto diventa una specie di giochino, un trastullo erotico per John che la trasforma in una bambola senza anima e senza volontà.
Ma Elisabeth, che all’inizio si è fatta trascinare dai sensi incomincia a capire che sta raggiungendo un punto di non ritorno e decide,prima di ritrovarsi annientata dalla volontà di John, di sfuggire alla stretta mortale dell’uomo e lo pianta piangendo.
Lui la lascia andare, senza confessarle che il gioco si è trasformato in qualcosa di terribilmente serio…
9 settimane e mezzo è tutto qua.
Erotismo annacquato, giochini più o meno spinti, un po quelli che un moderno diciottenne ormai non pratica neanche più,immagini e fotografia lussuosi ma niente anima e niente sentimento.
Del resto i due protagonisti giocano, fanno sesso, si rincorrono, rifanno sesso ecc. senza soluzione di continuità;per il resto lasciano i sentimenti quelli veri, accantonati in un angolo senza minimamente tirarli in ballo.

Una specie di Ultimo tango a Parigi, ma il paragone è sacrilego e offensivo nei riguardi del film di Bertolucci, amaro e cupo apologo dell’incomunicabilità e di mille altre tematiche, che in questo film non vengono nemmeno sfiorate.
“Questo film ha per tema quel tipo di passione –spiega il regista – che confina con la pazzia quando due persone si ubriacano l’una dell’altra, escludendo dalla loro vita tutto e tutti“. Passione si, ma null’altro.
Però qualcosa che affascina lo spettatore c’è: una colonna sonora sontuosa,con brani divenuti in seguito dei cult come You Can Leave Your Hat On di Joe Cocker,l’ipnotica This City Never Sleeps degli Eurythmics,che tradotto significa “questa città non dorme mai”,un po come i due protagonisti, impegnati in un tour de force erotico che li priva anche del sonno, o ancora come la bellissima Slave To Love di Bryan Ferry o ancora I Do What I Do… di John Taylor.
A ben vedere 9 settimane e mezzo è diventato un cult principalmente per due motivi:la già citata colonna sonora e la splendida, prorompente sensualità di Kim Basinger, che non si spoglia molto ma che nelle situazioni più erotiche mostra una sensualità che riabilita il film almeno su questo versante.
Alla sua prima uscita il film non ottenne alcuna visibilità;ci volle il nascente mercato dell’Home video per dare al film una visibilità planetaria che venne aumentata a dismisura proprio dalla fama di film peccaminoso che avvolse la pellicola da allora in poi.

Un film in sostanza molto datato, che però ha un valore per capire lo spirito degli anni ottanta, quelli che sono stati definiti dell’edonismo reganiano;vuoto ed effimero, come buona parte degli anni ottanta.
9 settimane e ½
Un film di Adrian Lyne. Con Mickey Rourke, Kim Basinger, Kim Chan, Karen Young, Margaret Whitton, Michael Margotta, Christine Baranski, Olek Krupa, Victor Truro, Ellen Barber, Ron Wood, Riccardo Bertoni, Rosanna Carter, Petina Cole, Roderick Cook, William De Acutis, Nell Hause, Justine Johnston, Lise Lebeuf, David Marguiles, Michael P. Moran, Peter Pagan, Sandy Pena, Terri Perri, Luther Rucker, Ray Sheriff, Joey Silvera, Lee Tai Sing, David Tabor, Leonard Termo, Dwight Weist Titolo originale 9½ Weeks. Erotico, durata 121 min. – USA 1986
Mickey Rourke: John Gray
Kim Basinger: Elizabeth McGraw
Margaret Whitton: Molly
David Margulies: Harvey
Christine Baranski: Thea
Karen Young: Sue
Dwight Weist: Farnsworth
William De Acutis: Ted
Roderick Cook: Sinclair
Justine Johnston: venditrice di letti
Regia Adrian Lyne
Soggetto Elizabeth McNeill
Sceneggiatura Sarah Kernochan,Zalman King,Patricia Louisianna Knop
Produttore Anthony Rufus Isaacs,Zalman King
Produttore esecutivo Keith Barish,Frank Konigsberg
Fotografia Peter Biziou
Montaggio Caroline Biggerstaff,Ed Hansen,Tom Rolf,Mark Winitsky
Effetti speciali Dan Kirskoff
Musiche Jack Nitzsche
Costumi Bobbie Read
Tonino Accolla: John Gray
Simona Izzo: Elizabeth McGraw
Manuela Andrei: Molly
Roberta Paladini: Sue
Mario Bardella: Farnsworth
Marco Guadagno: Ted
Sergio Fiorentini: Sinclair
Gabriella Genta: venditrice di letti
1. I Do What I Do… – John Taylor
2. The Best Is Yet To Come – Luba
3. Slave To Love – Bryan Ferry
4. Black On Black – Dalbello
5. Eurasian Eyes – Corey Hart
6. You Can Leave Your Hat On – Joe Cocker
7. Bread And Butter – Devo
8. This City Never Sleeps – Eurythmics
9. Cannes – Stewart Copeland
10. Let It Go – Luba
Elizabeth:”John non ti interessa sapere se mi piace?”
John:” No…”.
“No,voglio dirti una cosa, io sono stato con tante donne, con tante altre… ma quello che ho provato con te non l’ho provato con nessun altra.. mi piacerebbe… mi piacerebbe tanto stringerti per farti sentire quello che mi sta succedendo dentro…non mi era mai capitato… non avevo mai amato così tanto!”
“Sei così maledettamente affascinante…!”

L’opinione di Il gobbo dal sito http://www.davinotti.com
Rispetto agli 80’s si è combattuti fra nostalgia e repulsione; qui si propende verso la repulsione – e il dilemma: cosa ci hanno trovato migliaia di persone, al di là del materiale per qualche esercitazione solitaria à la “Onan il barbaro”? Incomprensibile. Come manuale del regista di spot, opera esemplare. Come manufatto cinematografico, una cagata pazzesca. Si conoscono personalmente almeno un paio di imbecilli che si sono cimentati con cartoni di latte (devastando la cucina di mammà) e coi cubetti di ghiaccio, rimediando ceffoni.
L’opinione di Cotola dal sito http://www.davinotti.com
All’epoca film scandalo, oggi ha perso tutta la sua forza anticonformista che già alla sua uscita era davvero ben poca cosa per non dire assolutamente fasulla. Lo stile è quello da spot pubblicitario tanto caro al regista (uno dei più sopravvalutati degli ultimi 25 anni). Non si capisce quindi come un filmetto del genere abbia potuto avere tanto successo. Per fortuna ci ha pensato il tempo a mostrarne gli enormi limiti, primo fra tutti la furbizia dell’insieme, e a farlo cadere nel dimenticatoio.
L’opinione di Gianni sv66 dal sito http://www.filmtv.it
In questo film c’è tutto il vuoto desolante della mentalità yuppies, il lato oscuro di un gran decennio quali sono stati gli anni ’80.. E Kim Basinger in quelle immagini era una f… da urlo. Insomma, si pur involontariamente visto che il regista aveva ben altri obiettivi, un piccolo trattato su una certa società e una certa fascia sociale di quel periodo.
L’opinione di Scantia dal sitto http://www.filmscoop.it
Concentrato di estetica anni 80, risente notevolmente della diffusione che ebbe il videoclip come mezzo privilegiato di promozione musicale in quegli anni.
Preceduto da un lancio pubblicitario volto ad alimentare lo scandalo per i contenuti erotici, in realtà fece molto meno scalpore di quanto oggi si tenda a ricordare (specialmente qui in Italia con le varie dottoresse, infermiere e insegnati della commedia sexy eravamo abbondantemente svezzati in termini di nudità sul grande schermo) e la banalità della storia certo non aiuta a mantenere alta la tensione erotica in un film che promette più di quello che mantiene.
Fintamente trasgressivo, in realtà molto conformista nel celebrare di fatto lo stile di vita di due yuppies annoiati che si destreggiano tra loft, gallerie d’arte, ristoranti e vestiti alla moda, accompagnati da musiche di tendenza (il lancio della colonna sonora fu pubblicizzato come e più del film stesso).
Fu iniziatore di una strategia promozionale (“il film erotico più trasgressivo dell’anno!!!”) che accompagnò successive ciofeche del calibro di Showgirl e Striptease, finchè il pubblico, capita l’antifona, si rivolse alle nascenti videochange per assicurarsi materiale valido a fini autoerotici.
Andrée l’esasperazione del desiderio nell’amore femminile
Del film Andrée – l’esasperazione del desiderio nell’amore femminile non sono importanti ne la pellicola stessa ne la sua trama, in verità abbastanza semplice e dalle non eccelse virtù sceniche, quanto le vicissitudini censorie che portarono alla condanna al rogo della pellicola stessa e alla condanna a quattro mesi di reclusione di Pilippo Miozzi,amministratore della CID,la compagnia cinematografica distributrice della pellicola,pena poi sospesa con la condizionale.
Era il settembre del 1968, un’epoca storica caratterizzata dalla massiccia presenza della censura e dei censori in particolare pronti a sequestrare le pellicole che,a loro giudizio, presentassero caratteristiche di oscenità.
Cosa che puntualmente avvenne per questo film, giudicato osceno sia per la presenza cospicua di nudi femminili (roba da educande,comunque) sia per la trama, che trattava un argomento ostico, quello di una donna affetta da ninfomania.

Fa una certa sensazione leggere il nome del magistrato deputato all’accusa, quello di Vittorio Occorsio,ucciso poi nel 1976 da terroristi dell’estrema destra;la cosa dimostra quanto fosse importante il concetto di morale per la società nel suo assieme e quanto i tutori della legge tenessero alla moralità stessa.
Ignoro cosa sia accaduto in seguito, ovvero se la pellicola fosse o no stata davvero bruciata;l’ho vista da poco, in una versione da restauro digitale con sottotitoli in italiano, il che ha reso se possibile ancor più noiosa la visione della pellicola stessa,caratterizzata principalmente dalla verbosità e dalla staticità impressa dal regista.
In origine il film venne distribuito come Andrea – Wie ein Blatt auf nackter Haut,che più o meno può essere tradotto come Andrea – come una foglia sulla pelle nuda, con chiaro riferimento alla scena in cui la bellissima Andrea viene coperta da alcune foglie cadute da un albero mentre è completamente nuda e sdraiata.

Veniamo alla trama:
la bella è giovane Andrè soffre di un terribile bisogno d’amore.
Non tanto di amore inteso come sentimento,quanto di sesso;del resto sua madre aveva lo stesso problema, era sempre alla ricerca di uomini con cui appagare i suoi sensi e Andrè sembra aver ereditato la stessa inquietudine dei sensi.
Così la ragazza colleziona deludenti avventure con un mucchio di gente, incluso un amico di famiglia, riportandone però sempre la sensazione di insoddisfazione.
Uno stalliere e molti mariti infedeli delle sue amiche,il marito di sua sorella e alla fine un piccolo delinquente sono le prede dell’insaziabile ragazza.
Riuscirà Andrè a venir fuori dalla trappola mortale dell’insoddisfazione e a trovare un equilibrio che le impedisca di scendere sempre più giù nella scala della degradazione fisica?

A parte una giovane e bella Dagmar Lassander,venticinquenne all’epoca dell’interpretazione del film, spesso nuda (ma mai in modo volgare) e alla sua prima,vera esperienza da protagonista il film ha ben poco da segnalare.
Si tratta di un film con alcune velleità ma alla fine smaccatamente erotico e nulla più.
Non c’è alcuna voglia di scavare nella psiche della ragazza:Hanns-Schott Schöbinger,regista della pellicola,rimane ampiamente in superficie, svolgendo il compitino della pellicola pruriginosa senza alcuno scatto di fantasia rendendola alla fine piatta e banale.
Ora, se all’epoca della prima presentazione del film sia l’argomento del film sia alcuni nudi potevano turbare gli spettatori, oggi un film così lo si potrebbe tranquillamente visionare in parrocchia.
Tutto noioso e tutto senza attrattiva, quindi.

Solo la Lassander merita una citazione,mentre il resto del cast si guadagna la pagnotta senza alcun merito.
In quanto a Hanns-Schott Schöbinger,dirigerà ancora la Lassander nel 1969 in Pelle su pelle e avrà una certa notorietà nel nostro paese con I peccati di Madame Bovary non tanto per la qualità del film quanto per la presenza della splendida Edwige Fenech.
Posso a cuor leggero quindi sconsigliarvi la visione del film;ci fosse una versione italiana ne varrebbe la pena quanto meno vederlo nell’ottica del documentario d’epoca, ma con i sottotitoli, credetemi, è impresa titanica.
Andrée – L’esasperazione del desiderio nell’amore femminile
Un film di Hans Schott-Schobinger. Con Dagmar Lassander, Gita Rena, Ann Famoss, Ingrid Simon, Ralph Clemente Drammatico, durata 87 min. – Germania 1967
Dagmar Lassander: Andrea
Joachim Hansen: Peter
Hans von Borsody: Frederick Jansen
Herbert Fux: Felix Klarsen
Ralph Clemente: Thomas
Art Brauss: Joschi lo stalliere
Anne Famos: Mila
Gita Rena: Clarisse
Fred Bernhoff: Dr. Wagner
Helmut Alimonta: Schorsch
Ingrid Simon: Luisa
Karl-Heinz Peters: L’antiquario
Regia Hanns Schott-Schöbinger
Soggetto Hanns Schott-Schöbinger
Produzione Harald A. Hoeller für Metrostar / Hifi Stereo 70
Musiche Hans Hammerschmid
Fotografia Hanns Matula





























































































































































































































































































