Per amare Ofelia
Orlando è un giovane imprenditore, ricco ma imbranato.
I suoi problemi, sopratutto con l’altro sesso, nascono principalmente dal forte complesso edipico che l’uomo prova nei confronti della matrigna,la splendida Federica.
L’uomo arriva anche a spiarla, a registrarla, mentre il suo complesso poco alla volta gli impedisce qualsiasi contatto con le donne.
Casualmente, Orlando incontra una prostituta, Ofelia, ignorando però la professione della stessa.
La quale finisce per essere attratta da quel giovane timido e così distante dal mondo in cui vive.
Dopo aver tentato inutilmente di sedurlo in una roulotte presa in prestito e circondata dalle sue colleghe, Ofelia chiede aiuto ad una suora, che come unico consiglio la invita a comportarsi naturalmente, quindi da prostituta;Ofelia accetterà anche di ricalcare i panni di Federica, arrivando a vestirsi come lei, in un assurdo gioco di trasformazione che lascerà entrambi inappagati.
Renato Pozzetto e Francoise Fabian
La situazione si sbloccherà quando Orlando scoprirà che in realtà Federica non è sua madre, il che avviene durante un suo tentativo di cuicidio.Inavvertitamente ascolterà due servitori accennare al passato burrascoso del padre . Dopo un rapporto con quest’ultima, Orlando guarirà e sarà libero di amare Ofelia.
Girato da Flavio Mogherini nel 1974, Per amare Ofelia rappresenta l’esordio cinematografico di Renato Pozzetto, lanciato dalla Tv con il programma Il poeta e il contadino, uno dei primi esperimenti di comicità surreale proposta dalla tv di stato.
Un esordio decisamente interessante, quello di Pozzetto, che in seguito avrebbe replicato all’infinito il ruolo del milanese un pò bamba e un tantino imbranato, trasformandosi in una macchietta salvo rare eccezioni rappresentate da film particolari come Oh Serafina o Paolo Barca maestro elementare.
Il film di Mogherini è discreto, ma nulla più; la storia, incentrata sul rapporto al limite dell’incestuoso tra la affascinante Federica e il succube Orlando è molto fragile per poter reggere tutto il film.
Che difatti vive sul difficile rapporto che si stabilirà tra l’uomo e la prostituta Ofelia, interpretata dalla bella Giovanna Ralli, protagonista anche di una breve ma memorabile sequenza di nudo in cui mette in mostra un profilo mozzafiato, nonostante in questo film l’attrice abbia quasi 40 anni.
Tenendo conto che la Fabian nel 1974 aveva solo 4 anni in più della Ralli, appare chiaro come Mogherini abbia lavorato sul cast più con i nomi che con la logica.
La Ralli appare molto più matura dell’imberbe Pozzetto, il che crea problemi di credibilità alla pellicola stessa.
Che vive anche molti momenti di stanca, sopratutto nella parte centrale.
Il cast è assortito, è include anche l’ex povero ma bello Maurizio Arena nel ruolo di Spartaco Cesaroni, strana figura a metà strada tra il pappone e l’opportunista, la splendida Orchidea De Santis in versione assolutamente non credibile di mignottone da 10.000 lire, come chiesto ad un casuale cliente incontrato nella zona i cui esercita.

Renato Pozzetto e Francoise Fabian
Piccolo ruolo anche per Didi Perego, la saggia suora che consiglia Ofelia; ma il ruolo principale, quello della conturbante Federica, sogno proibito di Orlando è affidato ad una splendida e sexy Francoise Fabian, al massimo dello splendore.
Con una matrigna così, il complesso d’ Edipo è quasi obbligatorio…
Un film senza grossi spunti, che pure riscosse un lusinghiero successo di critica all’epoca della sua uscita.
A piacere fu sopratutto la mancanza della tipica trivialità che infestava le sceneggiature della commedia all’italiana, così come nel film manca essenzialmente la componente erotica.
Difatti, a parte la brevissima sequenza del nudo della Ralli, il film mantiene una sua sobrietà cercando di attrarre l’attenzione più con i dialoghi che con l’espediente abusato del nudo femminile.
Se il risultato, a mio parere, non è completamente convincente, è per il tentativo, abbastanza velleitario da parte di Mogherini, di ammantare il film di una velata critica al mondo romano dell’alta imprenditoria e quindi della borghesia dei parvenue.
Manca lo spirito corrosivo, o forse è una scelta, chissà; in questo caso però la trama scade ancor più di qualità, limitandosi ad un banale rapporto al limite dell’incesto fra madre e figlio.
Un film non particolarmente interessante,, tuttavia apprezzabile per la sua discreta eleganza.
Per amare Ofelia, un film di Flavio Mogherini. Con Renato Pozzetto, Françoise Fabian, Orchidea De Santis, Maurizio Arena,Didi Perego, Giovanna Ralli, Georges Rigaud, Lorenzo Piani, Carla Mancini, Jean Rougeul, Francisco Pierra, Luciano Bonanni
Commedia, durata 110 min. – Italia 1974.
Giovanna Ralli … Ofelia Ceciaretti
Renato Pozzetto … Orlando Aliverti Mannetti
Françoise Fabian … Federica, la sua matrigna
Maurizio Arena … Spartaco Cesaroni
Didi Perego … Suora
Alberto de Mendoza … Piero Criscione
Orchidea de Santis … Trieste, la prostituta
George Rigaud … Nane, il domestico
Rossana Di Lorenzo … Iris, la prostitua grassa
Jean Rougeul … Santini
Luciano Bonanni … Cliente di Iris
Carla Mancini … Celeste
Regia: Flavio Mogherini
Soggetto: Tito Carpi, Gianfranco Clerici, Tulio Demicheli, Jorge Krimer, Flavio Mogherini
Sceneggiatura Laure Bonin, Tulio Demicheli, Flavio Mogherini, Giorgio Salvioni
Produttore Giorgio Salvioni
Fotografia Carlo Carlini, Manuel Merino
Montaggio Adriano Tagliavia
Musiche Jacopo Fiastri, Riz Ortolani, German Weiss
Scenografia Adolfo Cofino, Daniele Mogherini
Sotto “il buon film”, a causa di lentezze narrative che ho trovato anche in altri di Mogherini e di un finale piuttosto sbrigativo (a livello di soluzioni, se non a livello temporale, a conferma di quanto detto pocanzi), ma di importanza fondamentale per l’immissione di una vena umoristica rivoluzionaria per il cinema italiano, “ventata di novità (…) di un personaggio nuovo agli autori in cerca di idee” (Kezich). Pozzetto spesso adorabile, Ralli splendida, Arena (ben doppiato da Amendola) efficace, sobrio De Mendoza, fastidiosa la Perego.
L’esordio di Pozzetto probabilmente è invecchiato male; o forse era già irrisolto all’epoca della sua uscita, chissà. Resta il fatto che il tema del complesso di Edipo non è certo il più adatto per valorizzare il suo umorismo, e tolte un paio di scene non si ride né si sorride mai. Anche il montaggio mi è sembrato mal realizzato, con vari stacchi un po’ troppo bruschi… insomma dimenticabile.
Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno

Nonostante abbia un’età ormai matura, il Conte Federico è afflitto da più problemi, il principale dei quali è l’affetto smoderato che la madre, l’anziana contessa Mafalda nutre nei suoi confronti. La donna, rimasta vedova, vive nella grande tenuta di famiglia con Didino (il soprannome del povero Federico), accudita da due anziani servitori, Driade e Anchise, sorella e fratello che devono sottostare alle bizzarrie della donna.

Orchidea de Santis , Jolanda, l’amica d’infanzia

Paolo Villaggio ,Conte Fernando , Didino
Nella villa arriva ogni tanto anche lo zio di Fernando, Alberto, che aumenta la confusione dell’uomo sentenziando che è omosessuale. Didino è complessato anche nei rapporti con le donne; vive circondato da immagini porno, acquista delle bambole gonfiabili e sopratutto scatta foto sexy ogni qual volta se ne presenti l’occasione, come nel caso del matrimonio della ua amica di infanzia Jolanda, che da tempo gli fa il filo. E’ proprio al matrimonio di Jolanda che Fernando scatta, nascosto sotto una grata, foto alle donne che passano sopra di lui. I suoi tentativi di approccio con l’altro sesso sono disastrosi, come quello con una prostituta che alla fine si convince che Federico altro non sia che un depravato.
Lila Kedrova, la Contessa Mafalda
Le cose cambiano quando muore accidentalmente Driade; a servizio della contessa arriva una giovane bella ma claudicante, Angela: Fernando inizia a corteggiarla, facendole piccoli regali, e la ragazza mostra ben presto di gradire le attenzioni. Nonostante tutto Fernando continua ad avere un rapporto problematico con l’altro sesso: un giorno, appartatosi con Jolanda, viene visto da Angela in intimità con la neo sposa, e fugge disperato, finendo nelle mani di una coppia di gay che tenta di fargli la festa.
Eleonora Giorgi, Angela
L’affetto per Angela cresce, tanto che l’uomo arriva a regalarle un prezioso smeraldo che appartiene alla madre: la donna, resasi conto della relazione che sta iniziando tra i due, caccia la domestica di casa. Ma Fernando è davvero innamorato di Angela, e per una volta decide di agire di testa sua. Nel giorno del compleanno della Contessa, subito dopo aver soffiato sulle candeline della torta, la stessa Matilde rovescia addosso al figlio la torta. Con la scusa di fargli l’ultimo bagno, la Contessa lo affoga. Angela, che è giù ad attendere in cortile l’arrivo di Fernando, vede uscire dalla finestra un nugolo di bolle di sapone.
Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno è una commedia agro-dolce, forse più agra, come nello stile del regista, Luciano Salce. Che inizia con questo film la collaborazione con Paolo Villaggio, il Fernando del film; una collaborazione ben riuscita, che continuerà l’anno successivo con lo straordinario successo di Fantozzi. Il ruolo di Angela è coperto dalla bella Eleonora Giorgi, costretta a claudicare per tutto il film; un ruolo anche scabroso il suo, con numerosi nudi. Bravissima Lila Kedrova, la Contessa Mafalda, tiranna del suo figliolo Fernando, che tratta come un bambino delle elementari, rimproverandolo continuamente arrivando a vestirlo da marinaretto.
Piccola parte per Orchidea De Santis, che svolge con la consueta bravura; l’attrice interpreta il ruolo di Yolanda, amica d’infanzia di Fernando, che qualche voce maligna giudica, durante la festa del matrimonio, una ninfomane. Splendida l’interpretazione di Antonino Faà di Bruno nei panni dello zio Alberto, affetto da un tic terrificante, responsabile anche lui dei molti problemi che Federico evidenzia
Una commedia amara, nel consueto stile di Salce, in cui le negatività dei personaggi hanno sempre la meglio sulle doti positive.
Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno, un film di Luciano Salce. Con Paolo Villaggio, Lila Kedrova, Eleonora Giorgi, Antonino Faa Di Bruno, Orchidea De Santis, Renato Chiantoni, Vittorio Fanfoni, Carla Mancini, Enzo Spitaleri
Commedia, durata 105 min. – Italia 1974.
Paolo Villaggio … Conte Fernando , Didino
Lila Kedrova … Contessa Mafalda
Eleonora Giorgi … Angela
Antonino Faa Di Bruno … Zio Alberto
Renato Chiantoni … Anchise, domestico
Orchidea de Santis … Jolanda, la Sposa
Guido Cerniglia … Gianluca , amico di Federico
Carmine Ferrara … Andrea
Enzo Spitaleri … Fernando, lo Sposo
Jimmy il Fenomeno … Peppe
Vera Drudi … Driade, domestica
Regia: Luciano Salce
Soggetto: Luciano Salce, Massimo Franciosa, Sergio Corbucci
Sceneggiatura: Luciano Salce, Massimo Franciosa, Sergio Corbucci
Casa di produzione: Rusconi
Distribuzione (Italia): CIC
Fotografia: Erico Menczer
Montaggio: Amedeo Salfa
Musiche: Franco Micalizzi
Una bella governante di colore
Simone Sallusti, figlio di Nicola, un industriale donnaiolo, ha, come il padre, la fissa delle donne. Per cui si getta su tutte le gonnelle che capitano in famiglia, rappresentate da colf molto disponibili, che alla fine restano incinte. Intanto il padre, che ha una relazione appassionata e intensa con Santina, un’affascinante ricercatrice, assistente di un mezzo pazzo scienziato, il professor Klipper,
decide di cercare una colf che possa sfuggire alle lubriche mire del figlio. la individua in Myriam, una bella ragazza di colore. L’espediente sarà perfettamente inutile, perchè il giovane metterà incinta anche quest’ultima, con il risultato di vedersi costretto, dal padre, a mettere la testa a partito e sposarla.
Ma Simone sarà capace di tenere a freno i suoi appetiti? Film del 1976, diretto da Luigi Russo, esperto in regia di decamerotici (sono suoi parti I racconti di Canterbury N. 2 ,Il decameron No. 3 – Le più belle donne del Boccaccio,Decameron No. 2 – Le altre novelle di Boccaccio e futuro regista di Pensione amore servizio completo e Quando l’amore è sensualità) non smentisce la fama di regista dedito a pruderie erotico/comiche, confermando la prima delle sue attitudini e smentendo clamorosamente la seconda.

Due attrici a confronto: Orchidea De Santis e Ines Pellegrini
In questo Una bella governante di colore, infatti, aldilà della preziosa presenza di Orchidea De Santis, all’apice della sua bellezza, latita tutto, dal divertimento all’interesse. A parte le trivialità tipiche dei film di questo genere, le battute comiche sono limitate agli incontri tra Nicola, interpretato dal solito simpaticissimo Montagnani e Santina, il personaggio interpretato dall’affascinante attrice pugliese.
Il resto del film, escludendo il ruolo della Merlini, che inutilmente si sforza di dare dignità alla storia, è di una noia abissale, vista anche l’assoluta inconsistenza della trama. Ad aggravare le cose si aggiungono la surreale partecipazione di D’Angelo, costretto ad interpretare un ruolo francamente tremendo, quello dello scienziato fuori di zucca, la partecipazione di Ines Pellegrini, espressiva come una lapide tombale e del giovane Jean Claude Vernè, assolutamente insipido in un ruolo già di per se deprimente, quello del galletto Simone.
Alla fine i titoli di coda scorrono liberatori; così ci si ricorda di questa bruttissima pellicola solo per la già citata Orchidea De Santis, che da sola vale il prezzo del biglietto ( o del noleggio), questa volta più che per l’interpretazione, peraltro dignitosa, pe la quantità di epidermide mostrata. Poichè è sempre un gran bel vedere, alla fine le si perdona tutto, anche in virtù dei suoi duetti con Montagnani, l’altro motivo per cui si potrebbe vedere questo film. Si potrebbe, appunto; è meglio evitarlo, comunque, ameno che una sera non si abbia bisogno di farsi una dormita anticipata.
Una bella governante di colore, un film di Luigi Russo, con Orchidea de Santis,Renzo Montagnani, Ines Pellegrini, Jean-Claude Vernè, Carlo Delle Piane, Marisa Merlini, Gianfranco D’Angelo, Gaia Russo Italia 1976

La solita splendida Orchidea De Santis
Renzo Montagnani è Nicola Sallusti
Ines Pellegrini è Myriam
Jean-Claude Vernè è Simone Sallusti
Orchidea de Santis è Santina
Carlo Delle Piane è Pasquale – Il fratello di Aspasia
Marisa Merlini è Aspasia – moglie di Nicola
Gianfranco D’Angelo è il Professor Klipper
Regia Luigi Russo
Soggetto Paolo Belloni, Luigi Russo
Sceneggiatura Marino Onorati, Luigi Russo
Produttore Luigi Mondello
Casa di produzione Daino Film
Fotografia Mario Capriotti
Musiche Gianfranco Plenizio
Scenografia Giorgio Desideri
Costumi Alberto Tosto
Trucco Andrea Riva
Ettore Lo Fusto

Il potente Giove, cardinale, chiede aiuto al suo scaltro segretario Mercurio per cercare di impossessarsi di un terreno sul quale dovrebbe sorgere un complesso residenziale per ricchi. Il problema è però rappresentato da Ettore lo Fusto, che proprio su quei terreni ha una villa trasformata in un bordello di lusso, frequentato da gente insospettabile.
Così Mercurio escogita un piano: coinvolgere i fratelli Menelao e Agamennone Due Re in una guerra privata contro Ettore, che in pratica fa concorrenza anche ai due fratelli. Il casus belli diviene così la bella Elena, moglie non certo fedele di Menelao, che viene sedotta ( anche se in realtà accade il contrario) dal bellimbusto Paride. Consigliati dallo scaltro Ulisse, i due fratelli organizzano la vendetta: assaltare la villa di Ettore.
Che però è estremamente ben difesa, tanto che la prima volta i due fratelli e la loro scalcinata banda rimediano una figuraccia. Grazie all’aiuto di Achille, che ha perso il fido amico gay Patroclo in una gara motociclistica con Ettore, i due fratelli espugnano la villa, non prima, però, di aver visto il loro locale raso al suolo proprio da Achille. Nell’assalto, Ettore finisce in un blocco di cemento, e diventerà la prima pietra del complesso residenziale sorto sui terreni proprio del defunto ettore, complesso inaugurato da Giove e Mercurio. La volubile Elena si consolerà con un onorevole, mentre Ulisse tornerà in Sicilia.
Commedia farsa interpretata da un cast straordinario, Ettore lo Fusto però tende molto più all’aspetto farsesco, denotando, in qualche momento, stanchezza di idee unite a dialoghi infarciti di qualche volgarità di troppo. Però il film si fa vedere con interesse, grazie anche, come già detto, al nutrito cast che comprende Vittorio De Sica, un cardinale Giove più satanico che religioso, Luciano Salce, ancor più luciferino del suo capo nel ruolo di Mercurio, segretario e mente pensante,
Philippe Leroy nei panni dello scaltro Ettore Lo Fusto, sconfitto solo dalla sua arroganza, Rosanna Schiaffino, assolutamente bella e spettacolosa nel ruolo della volubilissima Elena, Giancarlo Giannini nella parte dello scaltro Ulisse, Vittorio Caprioli in quella del cornuto Menelao e Aldo Giuffrè in quella di Agamennone e infine Franca Valeri nella parte della profetessa si sventure Cassandra. Completano il cast due bellezze, orchidea De Santis e Aydeèè Politoff nel ruolo di due ragazze squillo detinate a Ettore Lo Fusto e finite invece, grazie a Ulisse, nella magione dei due fratelli Due Re.
Non manca qualche momento felice, come la sequenza dell’assalto alla villa di ettore oppure la parte finale, con il cardinale Giove trionfante che si accorge della presenza del corpo di Ettore tra i massi delle fondamenta e che guarda con sguardo complice il fido segretario Mercurio.
Commedia sfilacciata, un tantino sguaiata, ma sorretta quanto meno dall’eccellente cast.
Ettore Lo Fusto, un film di Enzo Girolami Castellari. Con Giancarlo Giannini, Rosanna Schiaffino, Vittorio De Sica, Philippe Leroy, Aldo Giuffré, Vittorio Caprioli, Luciano Salce, Michael Forest, Edoardo Nevola, Franca Valeri, Gianrico Tedeschi, Pepe Calvo, Giancarlo Prete, Gigi Rizzi, Haydée Politoff, Pietro Torrisi, Orchidea De Santis
Commedia, durata 109 min. – Italia 1971.
Vittorio De Sica: Cardinal Giove
Giancarlo Giannini: Ulisse “il drittone”
Michael Forest: Achille
Aldo Giuffré: Agamennone
Philippe Leroy: Ettore
Juan Luis Galiardo: Paride
Gigi Rizzi: Polite
Haydée Politoff: Criseide
Giancarlo Prete: Patroclo, detto Clò-Clò
Rosanna Schiaffino: Elena
Luciano Salce: Conte Mercurio
Franca Valeri: Cassandra
Gianrico Tedeschi: Priamo
José Calvo: il dottore
Regia Enzo G. Castellari
Soggetto Henri Viard, Bernard Zacharias (romanzo)
Sceneggiatura Enzo G. Castellari, Sandro Continenza, Lucio Fulci, Leonardo Martín
Casa di produzione Empire Films
Distribuzione (Italia) Fida Cinematografica
Fotografia Guglielmo Mancori
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Francesco De Masi, eseguite da Il Punto
Scenografia Alberto Boccianti
Concerto per pistola solista
La morte dell’anziano Conte Carter vede riunita, nella villa di famiglia, o meglio, in quella che è la faraonica residenza del defunto conte, i parenti prossimi allo stesso, per la lettura del testamento. A loro, un gruppo di consanguinei molto simili ai serpenti, si unisce quello che sembra un anonimo e un tantino imbranato sergente di polizia del vicino paese, Thorpe.

Evelyn Stewart è Isabel, la figlia di Lord Carter
La lettura del testamento riserva a tutti una sorpresa: l’erede di tutte le cospicue sostanze del conte è la nipote Barbara, l’unica che sia rimasta vicina all’anziano conte. Sono spogliati così dell’eredità la sorella Gladys e suo figlio Georgie, un complessato e tremendo giovinastro, suo fratello Anthony, la figlia Isabelle e un nipote debosciato, Ted, che ha sposato una giovane di colore, Pauline.

Orchidea De Santis è la cameriera di casa Carter
Prima che i delusi eredi possano abbandonare la villa, ecco che viene misteriosamente ucciso il maggiordomo della casa. A indagare è il serafico Thorpe, ma non ci sono tracce; nel frattempo nella villa arriva l’ispettore di Scotland Yard Grey, che inizia ad interrogare tutti i parenti, proprio mentre Ted, il nipote del Conte viene trovato morto per un colpo di pistola alla testa. Sembra un suicidio, ma Thorpe, che ad onta del suo aspetto ha un cervello lucidissimo, scopre che si è trattato di un omicidio.

Nella foto, a destra, Anna Moffo nel ruolo di Barbara

Il bravissimo Gastone Moschin nel ruolo dell’ineffabile sergente Thorpe
Viene successivamente trovata morta anche la sua giovane moglie di colore, Pauline, in seguito è Isabelle a cadere vittima di un colpo di fucile. L’assassino sembra inafferrabile, ma ci penserà l’ineffabile Thorpe, attraverso le sue indagini, a scoprire l’insospettabile colpevole.
“ In questo caso sappiamo con certezza che il colpevole non è il maggiordomo”, commenta ironico Anthony, il fratello del Conte davanti al corpo del maggiordomo, ucciso da una pugnalata. E’ uno degli esempi dello humour di stampo britannico che il film presenta.
Orchidea De Santis
Un film che è un piccolo gioiello, sia per l’ambientazione, prettamente british, sia per la trama e lo svolgimento, sicuramente convenzionali ma assolutamente gradevoli a vedersi. Il film ha uno svolgimento in tutto simile ai film gialli inglesi, tipo quelli di Agatha Christie, per intenderci, con la mossa geniale del regista, Lupo, di parafrasare l’humour britannico ridicolizzandolo con garbo. Gli attori, molto ben assortiti, danno il loro contributo; bene Evelyn Stewart, che regge il ruolo di Isabelle, molto bravo Gastone Moschin, che tratteggia da par suo la figura di Thorpe, sergente goffo ma dalla mente lucidissima, davvero brava e anche bella Anna Moffo, che interpreta il ruolo di Barbara. In ruoli non di primo piano troviamo Giacomo Rossi Stuart, una giovanissima e molto bella Orchidea De Santis, nel ruolo di una cameriera e l’attrice di colore Beryl Cunnigham.
Il ruolo dello stranito ispettore Grey è assolto con sufficienza da Lance Percival mentre Marisa Fabbri interpreta alla perfezione il ruolo della megera di casa, Lady Gladys.
Un film davvero ben fatto, ironico al punto giusto, a tratti anche divertente, che si fa seguire fino al colpo di scena finale, ben organizzato e ben congegnato.
Da riscoprire.
Concerto per pistola solista, un film di Michele Lupo. Con Evelyn Stewart, Gastone Moschin, Peter Baldwin,Anna Moffo,Marisa Fabbri, Beryl Cunningham, Quinto Parmeggiani, Lance Percival, Orchidea De Santis, Christopher Chittell,Giacomo Rossi Stuart Poliziesco, durata 101 min. – Italia 1970
Anna Moffo: Barbara Worth
Gastone Moschin: sergente Aloisius Thorpe
Eveline Stewart: Isabelle
Lance Percival: isp. Grey
Peter Baldwin: Anthony Carter
Christopher Chittell: Georgie Kemple
Quinto Parmeggiani: Lawrence Carter
Giacomo Rossi Stuart: Ted Collins
Beryl Cunningham: Pauline Collins
Marisa Fabbri: Gladys Kemple
Orchidea De Santis: la cameriera
Robert Hundar: il cameriere
Franco Borelli: l’ospite
Ballard Berkeley: maggiordomo Peter
Richard Caldicot: avvocato Caldicot
Harry Hutchinson: giardiniere Harry
Regia Michele Lupo
Soggetto Sergio Donati
Sceneggiatura Sergio Donati, Massimo Felisatti, Fabio Pittorru
Casa di produzione Jupiter Generale Cinematografica
Fotografia Guglielmo Mancori
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Francesco De Masi
Tema musicale Pyotr Ilyich Tchaikovsky (Concerto n.1)
Scenografia Ugo Sterpini
Costumi Walter Patriarca
Beffe licenze et amori del Decamerone segreto

Il grande poeta Cecco Angiolieri, autore del “Sì fossi foco arderei lo mondo” è trasformato in questo film del filone decamerotico, datato 1973, in un omologo poeta senza alcuna credibilità storica o riferimento accettabile alla sua vita. Nel film il poeta, diventato parte integrante della compagnia itinerante di Camillo, un ingenuo teatrante, gira in lungo e in largo la penisola, come cantastorie e clown. Naturalmente Cecco è un impenitente seduttore di leggiadre fanciulle, e alle sue mire non sfugge nemmeno la moglie di Camillo, la bella Dinda.
Inventando un sacco di storie, Cecco riesce a prendere il posto del capo comitiva Camillo nel suo talamo nuziale, godendosi le fresche grazie di Dinda fino a quando la donna non resta incinta. Giunto in una cittadina di provincia in cui l’autorità è rappresentata da uno scadente poeta, Gianni , Cecco, dopo aver ottenuto la possibilità di impiantare la compagnia e tenervi delle rappresentazioni, seduce la giovane Tessa, moglie di Gianni.
Ma il poeta è anche un furbo matricolato, con la vocazione alle beffe, anche le più atroci: riesce a far prostituire persino la madre superiora del monastero della cittadina, madre Lucrezia, costringendo la povera donna a sostituirsi alla tenutaria dello stesso. Alla fine il perfido Cecco, di beffa in beffa, convincerà Lucrezia, divenuta sua amante, ad ospitare il figlio nato dall’unione con Dinda, in attesa che il solito scemo, Camillo, non lo accolga come figlio legittimo.
Orchidea De Santis
Filmetto senza qualità particolari, infarcito dai soliti doppi e tripli sensi, con immancabile stuolo di donnine seminude e discinte raccattate per mettere in scena una pellicola incolore e insapore. Anche le due protagoniste più conosciute, Orchidea de Santis e Malisa Longo, alla fine naufragano, non per demerito loro, nella pochezza di questa stanca ripetizione del già visto sequel delle novelle boccaccesche, ancora una volta prese in pretesto per esibizioni, peraltro gradite, di ettari di tette e natiche.
Beffe licenze et amori del Decamerone segreto, un film di Walter Pisani. Con Orchidea De Santis,Malisa Longo, Patrizia Viotti, Antonella Patti, Giacomo Rizzo, Carla Mancini, Claudia Bianchi, Renzo Rinaldi
Commedia, durata 85 min. – Italia 1973.


Dado Crostarosa: Cecco
Malisa Longo: Suor Lucrezia
Giacomo Rizzo: Camillo
Orchidea De Santis: Dinda
Patrizia Viotti: Tessa
Claudia Bianchi: Fiammetta
Renzo Rinaldi: Gianni Lotteringhi
Carla Mancini: Suora
Josiane Tanzilli: Suora

Regia Giuseppe Vari
Soggetto Giovanni Boccaccio, Antonio Racioppi, Gastone Ramazzotti
Sceneggiatura Antonio Racioppi, Gastone Ramazzotti
Casa di produzione Corinzia
Fotografia Carlo Cerchio
Montaggio Manlio Camastro
Musiche Mario Bertolazzi
Scenografia Osanna Guardini






Le dolci zie
Il giovane Libero ( omen nomen), cresciuto dal nonno comunista sfegatato e anticlericale in modo patologico, convivente con una donna di malaffare, viene sottratto alla custodia di quest’ultimo e affidato alle zie. Fiorella, Benedetta e Nini, le tre sorelle, zie di Libero, sono un tantino bigotte, ma con l’arrivo del giovane Libero, iniziano a guardare alle cose del sesso con occhi diversi.
Per il giovane, e per le tre zie, arriverà un vento di novità,naturalmente a base di sesso. Commediola erotica abbastanza insulsa, Le dolci zie si segnala solo per il cast, davvero notevole, che annovera la grande Marisa Merlini, la zia più anziana, Fiorella, che si segnala anche per una fugace scena di nudo balneare, con tanto di seni esposti per pochi secondi, per la partecipazione della conturbante Pascal Petit,la zia Benedetta, per la presenza di Femi Benussi, bellissima e simpatica come sempre, nel ruolo della zia Nini, scultrice ingenua ( forse nemmeno troppo).

Femi Benussi vista attraverso il classico buco nella serratura…

..e Pascal Petit vista sotto la classica doccia
Nel cast c’è anche la bellissima Orchidea De Santis, questa volta nel ruolo di una procace contadinella, oltre a Patrizia Gori, la ragazza saputella e impicciona che alla fine cederà anche lei al fascino del giovane Libero. Il nonno mangiapreti è interpretato da Pupo De Luca, mentre, epr il resto, il film è da dimenticare. Qualche nudo, qualche situazione scabrosa e null’altro.
Orchidea De Santis
Non fosse per le bellezze femminili, unica cosa decente della pellicola, il film andrebbe annoverato tra i più brutti del decennio settanta.
Le dolci zie, un film di Mario Imperoli. Con Marisa Merlini, Femi Benussi, Pascale Petit, Jean-Claude Verné, Mario Maranzana, Patrizia Gori, Orchidea De Santis
Erotico, durata 110 min. – Italia 1975.
Marisa Merlini … Fiorella
Femi Benussi … Mimì
Pascale Petit … Benedetta Chiappalà
Mario Maranzana …Lo zio
Jean-Claude Vernè … Libero
Orchidea de Santis …La contadinella
Patrizia Gori … Anna
Pupo De Luca … don Fiorello
Regia: Mario Imperoli
Sceneggiatura: Mario Imperoli
Produzione:Enzo Boetani,Giuseppe Collura
Musiche: Nico Fidenco
Fotografia: Fausto Zuccoli
Montaggio:Otello Colangeli
L’ingenua
Questa volta, in questo particolare caso, ovvero la recensione del film L’ingenua, opera datata 1975 e diretta da Gianfranco Baldanello, occorre rendere giustizia al merito e riconoscere ai critici l’aver visto giusto sul giudizio da dare alla pelliccola: trama arruffata, a tratti raffazzonata, battutine e situazioni pecorecce, inconsistenza totale di un minimo di credibilità della pellicola stessa, tanto che parlare di trama riesce davvero difficile.

La bellissima Orchidea De Santis
Un film che sarebbe da bocciare in toto, non fosse per la presenza di due attrici diversissime tra loro, una delle quali nobilita in qualche modo la pellicola, l’altra che è occupata a mostrare quasi esclusivamente le sue doti fisiche, e che con la recitazione ha davvero poco a che fare. Sto parlando della solita inappuntabile e professionale Orchidea De Santis e della futura pornostar Ilona Staller,
alias Cicciolina, qui alle prese in un ruolo leggero, tanto leggero da risultare impalpabile. Una differenza che è l’unica cosa che si nota nel film, di una pochezza addirittura imbarazzante. Non fosse per la presenza dell’attrice pugliese, che ci mette la solita professionalità, unita questa volta a qualche scena di nudo un tantino ardita, che è comunque sempre un bel vedere, di questo film non si parlerebbe nemmeno.
Ma nella rivalutazione di alcune carriere cinematografiche, come quella di Orchidea De Santis e di alcune sue colleghe che hanno interpretato tanti film negli anni settanta, queste prove vanno rimarcate, proprio per sottolineare le capacità di recitazione spesso dimenticate. La trama, come già detto, non ha molta importanza, visto che alla fine non ci si ricorda nemmeno di cosa parlava il film, tuttavia la accenno brevemente.
I protagonisti della storia sono un giovane, un tantino tonto e ingenuo, oppresso da una fidanzata fin troppo vivace, una coppia di freschi coniugi che scoprono da subito i piaceri dell’adulterio e del tradimento, una giovane commessa all’apparenza ingenua, ma in realtà furba come una volpe, una soubrette del varietà e una villa, oggetto di desideri e anche di una truffa ben congegnata.
Tra palpate sotto il tavolo ( la Staller con le natiche palpeggiate in puro stile Rossati, scena ripresa pari pari e senza pudore dal bel film dello stesso regista, La nipote), battute in veneto che non strappano sorrisi, becere e triviali, la solita improponibile Ilona Staller che parla un misto di padovano/veneziano, per lo meno doppiata egregiamente, il film scivola nella noia più assoluta, rallegrato, e si far per dire, dalle splendide nudità della De Santis e da quelle della Staller, che se nel confronto perde nettamente,
hanno il pregio di stimolare quantomeno l’istinto da guardone dello spettatore. Il nulla più assoluto, quindi, e salvata la De Santis, salvato il solito Daniele Vargas, possiamo consegnare ai posteri una commediola appartenente al genere pecoreccio della commedia sexy.
L’ingenua,un film di Gianfranco Baldanello. Con Daniele Vargas, Giorgio Ardisson, Ilona Staller, Ezio Marano.
Enzo Spitaleri, Orchidea De Santis
Erotico, b/n durata 93 min. – Italia 1976.

Daniele Vargas e Ilona Staller
Ilona Staller: Angela
George Ardisson: Piero Spazin
Daniele Vargas: Luigi Beton
Ezio Marano: Cornelio
Orchidea De Santis: Susy
Regia Gianfranco Baldanello
Soggetto Giacomo Gramegna
Sceneggiatura Giacomo Gramegna
Casa di produzione Winston
Fotografia Romano Scavolini
Musiche Carlo Savina
La nipote
Uno dei bersagli preferiti dai registi italiani è, da sempre, la provincia italiana, vista attraverso le sue contraddizioni, il suo vivere una realtà in cui si mescolano tradizione e moralismo, scarsa simpatia per il moderno e una certa bacchettoneria al limite del patologico. Quell’essere sempre pronta ad additare i comportamenti giudicati diversi e quel continuo aggrapparsi alle tradizioni, viste come ancora di salvezza della moralità, del costume; una provincia in cui molto è peccato e poco è virtù, in cui anche il vestire in un certo modo era considerato disdicevole. Una provincia, però, che dietro la facciata di perbenismo nascondeva, parafrasando il titolo di un film di Jancso, vizi privati e pubbliche virtù.
Orchidea De Santis, la servetta disponibile
Uno dei film che garbatamente prendeva in giro questa moralità dubbia, questo insieme di comportamenti contradittori, è del 1974, e venne girato dal regista Nello Rossati; ambientato nell’entroterra veneto, girato tra Polesella e Castelmassa, comuni della provincia di Rovigo, La nipote si presenta come una satira non feroce, ma garbata e intelligente, di vizi e virtù di questo mondo.
La storia è davvero semplice, nel suo svolgimento; la vita di una oziosa, ipocrita e poco virtuosa famiglia viene completamente stravolta dall’arrivo di una nipote del capo famiglia, una ragazza intelligente e furba a cui è morta la madre. Indigente, la ragazza chiede di poter restare con la famiglia; una famiglia che all’esterno può sembrare quasi modello, ma che vede l’uomo di casa affetto da erotomania inseguire e sedurre, in ogni occasione buona, la colf di casa, una procace e disponibile ragazza che di buon grado si presta alle smanie erotiche dell’uomo;
la moglie apparentemente morigerata dello stesso, che in realtà vive una torrida storia erotica con un dipendente del marito; il figlio della coppia, un babbeo che erra di stanza in stanza in cerca di un buco della serratura dal quale spiare tutti. Sarà proprio la nipote a portare lo scompiglio, con conseguenze anche tragiche, ma ugualmente venate di un umorismo che rimarrà la costante del film.
Francesca Muzio, La nipote
Film ben girato, con un’ambientazione curata e una fotografia impeccabile, La nipote si segnala per la presenza, nel cast, della bellissima e brava Orchidea De Santis, che interpreta alla perfezione il ruolo della servetta disponibile ( memorabile la scena in cui la stessa viene palpeggiata a tavola dal padrone di casa e ritorna nelle cucine con le mutandine tra i piedi), o quando vestita semplicemente con un reggicalze compiace il suo datore di lavoro svolgendo delle finte faccende domestiche.
Per contro, appare molto meno efficace la recitazione di Francesca Muzio, la nipote del film, timida e impacciata; il resto, come già detto, si segnala per la venatura d’ironia che accompagna le situazioni del film, che si distacca dalla produzione di genere proprio in virtù dell’abilità di Rossati, che semina nel film situazioni di erotismo che non sono mai fini a se stesse, ma coerenti con la narrazione.
La nipote, un film di Nello Rossati. Con Daniele Vargas, Giorgio Ardisson, Ezio Marano, Francesca Muzio.
Carla Mancini, Orchidea De Santis
Commedia, durata 92 min. – Italia 1974.
Francesca Muzio: Adele, la nipote
Daniele Vargas: Luigi Ing. Favaretto
Giorgio Ardisson: Piero, l’amante di Zoraide
Annie Karol Edel: Zoraide, matrigna di Antonio e moglie di Luigi
Orchidea De Santis: Doris, la governante
Roberto Proietti: Antonio Favaretto, figlio di Luigi
Otello Cazzola: il parroco del paese
Ezio Marano: Romeo, il medico

Regia Nello Rossati
Sceneggiatura Giacomo Gramegna
Fotografia Vittorio Bernini, Romano Scavolini
Montaggio Francesco Bertuccioli
Musiche Carlo Savina
Scenografia Toni Rossati
I giochi proibiti de l’Aretino Pietro
Dopo il saccheggio a piene mani del Boccaccio, ecco una versione alternativa delle classiche novelle licenziose trecentesche, prese a pretesto per imbastire un film, I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, che, a differenza di molti altri prodotti simili, ha quanto meno il pregio di suscitare qualche risata. L’Aretino, considerato autore licenzioso e fuori dagli schemi, diventa così il nume tutelare di un onesto prodotto, non di certo il peggiore della fortunata serie denominata decamerotici. L’ingrediente principale è, al solito, lo stuolo di belle ragazze impegnato a mostrare centimetri di epidermide, sfruttando una storia imbastita secondo i canoni più classici del filone.

Orchidea De Santis (sulla destra) è Lisa
Siamo in Umbria, precisamente a Gubbio, dove quattro donne sono state denunciate all’autorità preposta per una serie di violazioni del vincolo coniugale che hanno del beffardo. Angelica, che è una suora affatto contenta del suo stato, ha un amante, Righetto, con il quale si sollazza, per usare un termine boccaccesco, ad ogni occasione utile. Ma un giorno decide di dividere tal fortuna con le consorelle, provocando nel giovane una vera e propria crisi fisica. Violetta, moglie trascurata di un villico e bifolco paesano,si è furbescamente sostituita ad una donna di facili costumi, concedendosi così all’ignaro marito e a tutti i suoi amici, prima di essere scoperta e denunciata dal marito fedifrago.
In questo fotogramma: Femi Benussi è Violetta
Poi c’è Lisa, che è una domestica, che si mette d’accordo con l’amante per estorcere, grazie alle sue doti fisiche furbescamente messe in mostra al momento giusto, una somma di denaro, ed infine Bettina, che inganna il proprio marito fingendosi morta. Portata in un monastero, diventa l’amante dei locali frati, restando però incinta. Per cavarsi dai guai, in accordo con i frati gaudenti, cercherà inutilmente di far credere al marito geloso di essere miracolosamente resuscitata.
Orchidea De Santis e Femi Benussi
La trama del film è ovviamente un pretesto, anche se comunque qualche risata, quà e là, si riesce anche a rimediarla; il punto di forza resta però la bellezza fisica delle protagoniste, fra le quali spiccano Orchidea De Santis, bellissima come al solito, Femi Benussi, che è doppiata nel film con un curiosissimo accento che sembra romano e che i realtà chissà da dove viene,oltre alla ex star dei fotoromanzi Angela Covello e a Rosita Torosh. Particolarmente simpatico l’episodio con protagonista Femi Benussi, alias Violetta, che beffa il marito concedendosi in una sola volta, allo stesso più volte e a tutti i suoi amici. Il finale, che vede le quattro donne assolte da un giudice che poi saprà approffittare delle grazie delle donne, è ovviamente in linea con il racconto. Il regista, Pietro Regnoli, fa il suo lavoro con una qualche dignità, che mancherà in molti altri prodotti del genere.
I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, di Pietro Regnoli, con Orchidea de Santis, Tony Kendall, Fausto Tommei, Femi Benussi, Pupo De Luca, Tiberio Murgia, Paola Corazzi, Angela Covello, Rosita Torosh, Shirley Corrigan, Luigi Leoni, Franco Agostini, Ben Carra, Livio Galassi.Italia,1973


Luigi Montini: Salvatore Anselmi (Il miracolo)
Franco Mazzieri: (Il miracolo)
Rose Marie Lindt: Betta (Il miracolo)
Tony Kendall: Bitto Ranieri/Fra’ Luce (Il miracolo – L’imbroglio)
Orchidea De Santis: Lisa Martini (L’imbroglio)
Luigi Crivello: Fra’ Pendolare (Il miracolo)
Angela Covello:
Shirley Corrigan: Eugenia (L’imbroglio)
Femi Benussi: Violetta (4 mogli)

Regia Piero Regnoli
Soggetto Piero Regnoli
Sceneggiatura Piero Regnoli
Casa di produzione PARF
Fotografia Fausto Zuccoli
Montaggio Adriano Tagliavia
Musiche Nico Fidenco





















































































































































































































































