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Paolo Barca maestro elementare praticamente nudista

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L’esistenza del giovane Paolo Barca,rampollo dell’aristocrazia lombarda è avvolta nella bambagia, vissuta all’insegna del frivolo e del superfluo.
Paolo è abituato alla massima libertà di costumi, tant’è vero che frequenta un campo nudista e ha una vita sessuale appagante.
Le cose cambiano il giorno in cui apprende di aver vinto un concorso per una cattedra di ruolo in Sicilia;il suo trasferimento a Catania provoca un autentico terremoto sia in città che nella scuola dove si trova a insegnare.
Paolo infatti ha una mentalità aperta e anticonformista, in netta opposizione sia con la cultura tipica del meridione, sia con quella ancor più retrograda del direttore didattico della scuola, Orazio.
Ben presto Paolo diventa oggetto del contendere di colleghe e di altre donne della città, mentre la sua manifesta liberalità di costumi inizia a preoccupare Orazio, che gli contesta sopratutto le lezioni di educazione sessuale che il giovane tiene ai suoi alunni.

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Nonostante questi contrasti, sempre più forti, per Paolo arriva anche un giorno importante, quello in cui allaccia una relazione sentimentale con Giulia, una sua collega.
Non è più tempo ormai di avventure di una notte…
Paolo Barca maestro elementare praticamente nudista esce nelle sale nel 1975, per la regia di Flavio Mogherini.
Siamo in un periodo di estrema liberalizzazione dei costumi in una società che sotto le spinte dei movimenti del 68 prima e di quello femminista poi, ha iniziato un cambiamento epocale anche nella trattazione di uno dei tabù più impressi nella società italiana, quello sessuale.
Il film di Mogherini si inserisce in quel gruppo di pellicole che prendono garbatamente in giro la mentalità chiusa del sud in opposizione a quella ben più aperta del nord, con le debite eccezioni delle province e dei paesi delle stesse, decisamente con morali ben più conservatrici di quelle esistenti nei grossi centri.

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Anche nel film di Mogherini non mancano gli ovvi stereotipi del siciliano oscurantista e sessualmente represso, macho ma al tempo stesso gelosissimo.
Vero è che il film di Mogherini preferisce passare con leggerezza sul tema, affidandosi all’ironia per raccontare il viaggio “alieno” di Paolo in un mondo che sembra essere ad anni luce dal nord invece che a poche centinaia di chilometri.
Se la trappola del qualunquismo è dietro l’angolo, Mogherini sfugge ai luoghi comuni usando i toni quasi della favola, con una leggerezza che fa propendere per la buona fede di un regista impegnato più a far sorridere che a frustare la mentalità misogina e retrograda del sud.
Momenti divertenti, come quelli delle lezioni tenute ai bambini sui più diversi temi della sessualità si alternano a momenti di pausa che rendono il film monotono e pesante nei momenti in cui non compare un Renato Pozzetto che in soli due anni era passato dall’esordio nel buon Per amare Ofelia diretto sempre da Mogherini) al film Due cuori, una cappella di Lucidi interpretato pressochein contemporanea con il film di Mogherini.

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Un Pozzetto meno surreale del solito, che giocherella con il suo personaggio stravagante e anticonformista presta la sua comicità e la sua simpatia ad un film innocuo che comunque si lascia vedere anche in virtù dell’ottimo cast messo su dal regista toscano.
Accanto all’attore varesino compaiono volti come quello di Paola Borboni, che interpreta la zia brontolona e un tantino bigotta,di Valeria Fabrizi (una delle tante avventure di Paolo), di Miranda Martino, di Annabella Incontrera,della splendida Janet Agren che intepreta il vero amore del maestro e di Stefano Satta Flores che si defila in un ruolo ingrato,quello del  Direttore didattico.
Un film probabilmente, nelle intenzioni di Mogherini, molto più incline al satirico di quanto poi effettivamente venuto fuori a montaggio finito, ma che ha dalla sua una discreta freschezza e leggerezza.
Un film anche poco visto sugli schermi, probabilmente a causa del linguaggio tendente in maniera preoccupante allo scurrile di Pozzetto e dei numerosi nudi presenti nel film stesso.
Difficilissima la reperibilità in rete della pellicola, ridotta ad una versione molto brutta ricavata da un passaggio televisivo, mentre non c’è ancora una versione dvd dello stesso.
Discrete le musiche di Riz Ortolani.

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Paolo Barca, maestro elementare, praticamente nudista

Un film di Flavio Mogherini. Con Janet Agren, Renato Pozzetto, Magali Noël, Miranda Martino, Paola Borboni,Liana Trouché, Valeria Fabrizi, Lorenzo Piani, Vittorio Fanfoni, Pinuccio Ardia, Annabella Incontrera, Stefano Satta Flores, Margherita Sala, Nando Villella, Filippo Mattia, Silvia Azzaretto, Fabrizio Mazzotta, Daniele De Paolis Commedia, durata 110′ min. – Italia 1975.

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Renato Pozzetto:Paolo Barca
Paola Borboni:Contessa Felicita Barca nonna di Paolo
Janet Agren:Maestra Giulia Hamilton
Valeria Fabrizi:Signora Manzotti
Magalì Noel:Maestra Rosaria Cacchiò
Miranda Martino:Maestra Assunta Calabrò
Stefano Satta Flores:Direttore didattico
Giuseppe Marrocco Nudista

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Regia Flavio Mogherini
Soggetto Ugo Pirro, Francesco Massaro
Sceneggiatura Flavio Mogherini
Produttore Luigi De Laurentiis
Musiche Riz Ortolani

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L’opinione di Mark70 tratta dal sito http://www.davinotti.com
Giovane, disinibito, nudista, il giovane Paolo Barca viene trasferito da Milano in una scuola di Catania, dove si scontra con la cultura sessuofoba a bigotta del meridione. Pozzetto è bravo e molte scene sono veramente divertenti ma nel complesso la storia è un po’ esile e noiosa: Mogherini forse ambiva a fare un cinema poetico e surreale, alla Fellini (vedi tutti gli inserti onirici o il cavolo nel finale) con il risultato di appesantire inutilmente il film. Nel complesso decoroso.

L’opinione di Will Kane dal sito http://www.filmtv.it
Maestro non per vocazione,ma perchè è l’unico concorso in cui se l’è cavata,il brianzolo Paolo Barca viene mandato in Sicilia,e per via degli argomenti di cui parla sia in classe che fuori,e perchè si è saputo della frequentazione di spiagge per nudisti,diviene rapidamente chiacchierato,e anche desiderato dalle donne del paese:Flavio Mogherini girò questa commedia tutto sommato meno scollacciata di altre coeve,ma anche meno aperta nel messaggio di quanto prometta,con un Renato Pozzetto in piena fase rampante,contornandolo di belle donne come Magali Noel e Janet Agren. Il successo arriso al film,tra i primi dieci incassi del 74/75 ,fu spropositato,e quello che conferma tale constatazione è che questa pellicola si sia praticamente dissolta nel dimenticatoio,e forse è una delle commedie con Pozzetto meno programmate in generale dalla televisione.Il comico,ancora solo grassoccio e non “oversize” come solo qualche anno dopo diverrà,si parla un pò troppo addosso per divertire il pubblico,Magali Noel è sprecata,Janet Agren,pur molto bella,ha un ruolo di cartapesta,e dispiace che un attore valido quale Stefano Satta Flores sia utilizzato in una parte senza spessore:all’epoca Mogherini passava per un regista brillante capace anche di finezze,ma i suoi lavori sono in larga parte dimenticabili,come questo.

L’opinione del Morandini
Milanese frivolo, anticonformista e nudista, va a fare il maestro a Catania e riesce a cambiare qualcosa nella scuola e anche in sé stesso. Se davvero F. Mogherini, aiutato da Ugo Pirro nella sceneggiatura, voleva fare una commedia di costume sull’arretratezza della nostra educazione sessuale, il film ne fa polpette: è una barzelletta da caserma raccontata da un esteta.

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luglio 27, 2013 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , , , | 1 commento

Di che segno sei?

Di che segno sei locandina

Film in quattro episodi, con tema portante i quattro gruppi in cui sono divisi i 12 segni astrologici, ovvero acqua,terra fuoco e aria, diretto da Sergio Corbucci nel 1975 girato con un cast all star che racchiude i nomi più importanti della commedia all’italiana degli anni settanta.

Primo episodio,Acqua

Dante è un marittimo che in seguito ad una visita medica crede di essere sul punto di cambiare sesso, ovvero diventare una donna.
La rivelazione gli provoca ovviamente un trauma e Dante tenta il suicidio.In seguito si convince a convivere con la realtà che incombe e si adatta alla cosa, salvo scoprire, dopo varie vicissitudini, che il dottore aveva inopinatamente confuso le analisi.

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Secondo episodio,Aria

Claquette è una donna della Romagna appassionata di ballo, che ha un sogno, comprarsi una Vespa; a tal pro decide di iscriversi ad una gara di ballo per vincere il premio in palio ma il suo compagno di allenamenti e suo partner Lorenzo finisce per rompersi una gamba con il risultato che Claquette è costretta a rivolgere il suo sguardo altrove per trovare un degno sostituto.
Lo individua in Alfredo detto “Fred Astaire”, un ballerino sposato ad una donna che nella vita fa la lottatrice.
Nella gara la coppia dopo aver superato tutte le selezioni arriva a vincere, ma la vittoria dei due sarà amara perchè Alfredo verrà arrestato dalla polizia per tentato omicidio, in quanto l’uomo per sbarazzarsi della gelosa moglie aveva tentato di eliminarla fisicamente.

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Terzo episodio,Terra

Basilio è un operaio edile con un sogno nel cassetto: mettere da parte i soldi per acquistare una tabaccheria e cambiare finalmente vita.
Un giorno, nel palazzo alla cui costruzione sta lavorando vede arrivare il proprietario dello stabile, il conte Leonardo e la sua bellissima amante Cristina; ne rimane così colpito che durante il viaggio di ritorno in treno dimentica di scendere dallo stesso ed è costretto a passare la notte in un’automobile rottamata in una stazione di servizio.
Qui arrivano il conte e Cristina, che ha una disperata voglia di fumare.
Basilio potrebbe cambiar loro i soldi che servono per utilizzare il distributore automatico ma rifiuta prendendosi una piccola rivincita.Arriva anche a rifiutare i soldi che potrebbero servirgli per rilevare la famosa tabaccheria e realizzare il suo sogno.
Il conte e Cristina litigano e il primo, dopo la discussione, pianta l’amante e si allontana. Cristina, pur di avere l’agognata sigaretta si offre a Basilio.
Qualche ora dopo il conte ritorna con in mano una stecca di sigarette e presa Crisitina va via con lei. Basilio ha così perso la sua grande occasione ma ha avuto comunque qualcosa a cui teneva tanto…

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Quarto episodio, Fuoco

Nando è una guardia del corpo che viene assunta dal Commendator Ubaldo Bravetta per vigilare su di lui.L’imprenditore è infatti a rischio rapimento e Nando fa del suo meglio per sventare i presunti tentativi di sequestro a cui crede che Ubaldo sia sottoposto.Non è così in realtà, perchè da quel momento Nando finirà per diventare una spina nel fianco di Ubaldo, malmenando sistematicamente persone innocue o lo stesso imprenditore e scambiando semplici avvenimenti casuali per atti dolosi.Quando viceversa si verificherà il tentativo di sequestro vero, Nando si rivelerà drammaticamente ma anche comicamente inadatto al suo ruolo…

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A fare da collante ai quattro episodi descritti è il tema, assolutamente marginale dei gruppi di appartenenza dei segni astrologici; in realtà l’astrologia centra poco o nulla se non come apologo di un paese in profondo cambiamento, nel quale la lotta politica e sociale, le grandi battaglie civili e i grandi ideali stanno per trasformarsi in un unicum che porterà il paese stesso alla stagione del riflusso.Siamo ancora lontani dagli edonistici anni 80, ma i segnali del cambiamento ci sono, con un paese che inizia a credere nell’oroscopo, nei concorsi a premi, nei giornali pieni di gossip che anticipano i temi portanti degli anni ottanta, quando il paese, stanco di lutti e della triste stagione degli anni di piombo passerà ad un’epoca in cui tutti i valori degli anni settanta verranno dimenticati per lasciar spazio all’arrivismo più rampante ma sopratutto alla voglia sfrenata di dimenticare un passato recente triste e plumbeo.
Ma nel film di Corbucci questi temi si possono osservare solo in trasparenza o quantomeno solo lontanissimi sullo sfondo.
La pellicola è più che altro un tentativo di far sorridere in un momento storico in cui c’è veramente poco da ridere; un tentativo riuscito a metà o meno, perchè la formula del film a sketch funziona marginalmente per la scarsa omogeneità degli episodi e per il loro diverso peso specifico.
Se l’episodio interpretato da Sordi (Fuoco) è probabilmente il più divertente, con l’attore romano che interpreta un personaggio che ricalca quello già interpretato in Un americano a Roma, caciarone e fanfarone, che finisce per stravolgere la vita del suo datore di lavoro salvo consegnarlo poi a coloro che volevano rapirlo, quello con protagonista Pozzetto è ben equilibrato, con altri due grandi protagonisti del cinema italiano, Salce e la Ralli.
E’ un episodio agro/dolce, con protagonista un muratore che rinuncerà al sogno della sua vita per un puntiglio e che ne ricaverà comunque qualcosa in cambio, una notte d’amore con il suo sogno proibito, la bellissima Cristina.
Molto meno riuscito, decisamente anonimo è l’episodio interpretato dal duo inedito Celentano-Melato; la storia non cattura, è fragile e i due protagonisti finiscono ingabbiati nei loro personaggi.
Infine l’episodio con protagonista Villaggio dimostra in maniera lampante come l’attore genovese fosse prigioniero della maschera di Fantozzi; le sue espressioni, le sue battute restano implacabilmente sempre le stesse e finiranno per diventare il suo personale marchio di fabbrica, rendendolo uno degli attori più sopravvalutati della storia del cinema.
Un film in chiaro scuro come pochi, strettamente legato alla sua struttura ad episodi, che non permette un’omogeneità spontanea della storia e che per questioni di tempi cinematografici finisce per mortificare le storie stesse, compresse in spazi temporali ristretti.
Corbucci scrive la sceneggiatura con uno stuolo di amici, come lo stesso Sordi, con Mario Amendola, con Bruno Corbucci ecc.
Alla fine ottiene un prodotto di sicuro successo nazional popolare che si impone anche grazie alla voglia di ridere o quanto meno di sorridere di un paese avvolto da una cappa di piombo.
Corbucci replicherà il tentativo due anni più tardi con esiti ancora inferiori con il film Tre tigri contro tre tigri.
Da segnalare nel cast la presenza di Lilli Carati al suo esordio sullo schermo nel ruolo di una ballerina al fianco di Celentano con cui girerà qualche anno dopo Qua la mano e di Carmen Russo in una brevissima scena durante la quale scende una scalinata con la gonna svolazzante.
Il resto del cast fa il suo.
Il film è passato numerose volte in tv ed è di facile reperibilità in rete.

Di che segno sei?
Un film di Sergio Corbucci. Con Renato Pozzetto, Paolo Villaggio, Alberto Sordi, Luciano Salce, Mariangela Melato, Adriano Celentano, Giovanna Ralli, Ugo Bologna, Barbara Magnolfi, Marilda Donà Commedia, durata 130′ min. – Italia 1975.

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Adriano Celentano: Alfredo Astariti detto “Fred Astaire”
Mariangela Melato: Marietta detta “Claquette”
Paolo Villaggio: Dante Bompazzi
Renato Pozzetto: Basilio
Alberto Sordi: Nando Mericoni
Giovanna Ralli: la contessa Cristina
Luciano Salce: il conte Leonardo
Ugo Bologna: Commendator Ubaldo Bravetta
Massimo Boldi: Massimo
Giuliana Calandra: Maria
Lilli Carati (come Ileana Carati): “Chewingum”
Gil Cagnè: Ballerino
Jack La Cayenne: Enea Giacomazzi detto “Bolero”
Angelo Pellegrino: Lorenzo
Marilda Donà: la cameriera del commendator Brevetta
Shirley Corrigan: segretaria del commendatore
Maria Antonietta Beluzzi: Maria Vincenzoni, detta “King Kong”
Enzo De Toma: un pendolare
Marcello Di Falco: Cosimo, il domestico
Gino Pernice: il Dottore
Luca Sportelli: Il marito “ipotetico” di Bompazzi alla discoteca, che parla con accento siciliano (l’uomo con gli occhiali)
Raffaele Di Sipio: membro della giuria della gara di ballo (l’uomo calvo con il monocolo)
Ettore Geri: Geri
Sofia Dionisio: amante del commendatore
Lello Bersani: Tv reporter
Barbara Magnolfi: ragazza nella sauna
Marcello Tusco: Vice di Bravetti
Lucia Alberti: Sé stessa
Mafalda Berri:
Carmen Russo: ragazza importunata
Eduardo Faietta: Capo dell’organizzazione delle guardie del corpo
Alberto Postorino: funzionario del commendator Ubaldo Brevetta (l’uomo aggredito da Nando Mericoni)
Mauro Misul: Il giudice che telefona alla polizia, spaventato da Nando Mericoni

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Regia Sergio Corbucci
Soggetto Mario Amendola, Franco Castellano, Sabatino Ciuffini, Bruno Corbucci,
Sergio Corbucci, Massimo Franciosa, Giuseppe Moccia, Rodolfo Sonego, Alberto Sordi
Sceneggiatura Mario Amendola, Franco Castellano, Sabatino Ciuffini, Bruno Corbucci,
Sergio Corbucci, Massimo Franciosa, Giuseppe Moccia, Rodolfo Sonego, Alberto Sordi
Produttore Franco Cristaldi
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Lelio Luttazzi
Scenografia Giantito Burchiellaro

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L’opinione dell’utente Dr.Jerryll tratta da http://www.filmtv.it

A volte si pretende troppo da un film. Questi episodi sono nati per divertire il pubblico e ci riescono. Un poker d’assi della comicità italiana in altrettanti sketch. Villaggio gioca con la sua solita comicità dell’assurdo, quasi kafkiana; Celentano e Pozzetto ripropongono i loro personaggi lunari; Sordi rispolvera efficacemente l’americano di Roma. Proprio questo ultimo episodio è il più riuscito diventando un vero e proprio film nel film. Da rivalutare in fretta!

L’opinione dell’utente B.Legnani tratta dal sito http://www.davinotti.com


Celebre film ad episodi, piuttosto disuguali. Bello quello con Sordi, che rifà l’americano “de Roma”; divertente quello surreale con Pozzetto (in tv viene tagliata una scena con la Ralli, per cui lo spettatore non capisce, nel finale, perché Pozzetto parli di collànt). Più deboli quello con Celentano (nonostante una paio di battute notevoli ed una Lilli Carati in fiore) e quello con Villaggio (nel quale si vedono Carmen Russo e Luca Sportelli, non accreditati).

L’opinone dell’utente Markus tratta dal sito http://www.davinotti.com

Quartetto di episodi con cast di all stars racchiusi in un unico film commercialmente riempi-sala. A parte la confezione puramente commerciale e fine a se stessa, la pellicola, pur in forma discontinua, allieta lo spettatore con quanto di meglio potevano offrire, seppur stancamente, gli attori presenti. L’episodio più ricordato è l’ultimo con Sordi, che fa il verso a se stesso reinterpretando nuovamente il Nando Moriconi di Un americano a Roma. Gli altri episodi sono piuttosto divertenti o quantomeno scacciapensieri. Un po’ datato.

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Marilda Donà

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Giuliana Calandra

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Sofia Dionisio

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Carmen Russo

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Mariangela Melato

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Lilli Carati

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Renato Pozzetto

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Adriano Celentano

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Alberto Sordi

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giugno 18, 2013 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Oh Serafina

Oh Serafina locandina 1

Un piccolo industriale lombardo, Augusto Valle, ha ereditato dai suoi una fabbrica di bottoni.
L’uomo è però molto più interessato alla natura e in particolare all’ornitologia che al suo lavoro; la fabbrica che possiede realizza i suoi prodotti in maniera tradizionale, essendo Augusto assolutamente nemico della tecnologia.
Accanto alla piccola fabbrica possiede un parco che vale una fortuna e sul quale hanno già puntato gli occhi alcuni speculatori; ma Augusto non ha alcuna intenzione di cedere il piccolo paradiso naturale che il parco rappresenta, anche perchè non è attratto dai soldi.
Ma Augusto un giorno cede alle tentazioni della carne, quando una sua operaia, Palmira Radice, gli si offre con poco pudore.

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Renato Pozzetto

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La seduzione di Palmira

La conseguenza è un matrimonio, dal quale nasce anche un figlio; tuttavia Palmina non sembra affatto realizzata dall’aver accalappiato il padrone della fabbrica e intenderebbe cedere il parco in modo da diventare finalmente ricca.
Visto che Augusto da quell’orecchio non sente, la donna inizia un’opera di seduzione nei confronti del sindaco del paese e dell’assessore all’urbanistica, colpendoli nelle loro debolezze.
Il primo infatti ha un debole per il bondage, mentre il secondo ha un debole per lei.
Seducendoli entrambi Palmina riesce ad avere un’ordinanza restrittiva per Augusto, che viene dichiarato incapace di intendere e di volere e internato in un manicomio.
Qui l’uomo, che mantiene nonostante tutto un candore invidiabile, riesce a ritagliarsi un suo spazio prima di conoscere Serafina Vitali, la ricca figlia di un mercante d’armi che a sua volta è stata internata per aver osato sfidare il padre,per aver avuto una relazione incestuosa con il fratello, per aver dato scandalo durante una festa e successivamente per aver preso a fucilate gli ospiti della stessa al rientro da una battuta di caccia.
I due si innamorano e ben presto sognano una vita insieme fuori dalle mura del manicomio.

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La scoperta di un nuovo amore…

Cosa che accadrà nel momento in cui rinunceranno ai loro rispettivi diritti sulle proprietà; Augusto e Serafina andranno via dal manicomio accompagnati dal figlioletto dell’uomo e da una fedele dipendente dell’ex azienda di Augusto.
Favola moderna in chiave proto ecologista diretta da Carlo Lizzani su un soggetto originale dello scrittore Giuseppe Berto, Oh Serafina è un film a corrente alternata, che mescola un coraggioso tentativo di creare una storia esemplare sul tema della coscienza ecologica con le vicende personali di due persone assolutamente anticonformiste come Augusto e Serafina, viste anche come novelle vittime sacrificali del denaro e dell’arroganza, in un sistema sociale assolutamente impermeabile alla coscienza ecologista e più in generale alla coscienza vera e propria e alla morale.
E’ netto infatti il distacco tra i personaggi positivi del film facilmente individuabili nei due protagonisti e nell’anziana operaia rimasta fedele ad Augusto e i due politici a cui va aggiunta la famiglia di Serafina.

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Dalila Di Lazzaro

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Angelica Ippolito

Un contrasto nettissimo fra idealismo e concretezza spietata, fra la coscienza di Augusto e Serafina che rispettivamente non vogliono la modernità ad ogni costo e che ripudiano il denaro fatto a spese della vita di tanta povera gente (come nel caso di Serafina) e che invece ambirebbero ad una vita più semplice e più coerente con i valori in cui credono.
La favola imbastita da Lizzani si concluderà con un happy end in perfetta armonia con la storia narrata, con i due protagonisti che rinunceranno senza alcun rimpianto al totem del denaro e del successo in cambio di una vita libera da condizionamenti e da falsi obiettivi.
Se il soggetto di Oh Serafina può sembrare abbastanza abbastanza coraggioso per la tematica che intende perseguire, va detto che Lizzani sceglie la strada più tortuosa per esplicarlo.
Il film infatti va a corrente alternata, cadendo spesso nel patetico e indugiando un pò troppo sul sentimentalismo con conseguenze nefaste per lo spettatore; il film a tratti è davvero soporifero, manca di ritmo e sopratutto ha i due protagonisti principali, Augusto e Serafina, interpretati in maniera discontinua rispettivamente da Renato Pozzetto e Dalila Di Lazzaro.

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Ci sono cose buone, molte altre meno buone, in quest’opera che comunque si segnala per alcune scene affascinanti, principalmente quella girata nel parco del manicomio che vede un uccellino mangiare direttamente dalla bocca della Di Lazzaro mentre Pozzetto è circondato da uccellini che non sembrano affatto intimoriti dalla sua presenza.
Un’atmosfera poetica e affascinante che però dura davvero poco e che vede come contro altare cadute di stile come la scena bondage con protagonista Gino Bramieri, il Sindaco, in giarrettiere e calze a rete frustrato sul sedere dalla furba Palmina.
Ombre e luci, quindi, originate più che altro dall’incertezza del soggetto originale, in bilico tra la denuncia sociale e la ricostruzione fiabesca del mondo a se stante nel quale vivono i due protagonisti, troppo puri per pretendere di vivere in un mondo che ha come supremo valore il denaro.
Renato Pozzetto è un Augusto tutto sommato credibile, a cui l’attore milanese presta il suo volto perennemente imbambolato e che restituisce in maniera convincente il candore stesso del personaggio.

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Passato al cinema dopo il grande successo televisivo ottenuto in coppia con l’amico Cochi Ponzoni, Pozzetto passa ad una storia “seria”, lontana da quelle commedie che saranno il suo marchio di fabbrica nel corso della carriera.
Dopo l’esordio in Per amare Ofelia e i lusinghieri successi ottenuti con Due cuori, una cappella,Paolo Barca, maestro elementare, praticamente nudista e sopratutto dopo il ruolo simpatico di un altro personaggio candido come il Gianni di Babysitter – Un maledetto pasticcio ecco finalmente un ruolo che mostra come Pozzetto abbia nel suo repertorio anche possibilità più estese rispetto a quelle del classico imbranato che interpreterà troppe volte negli anni a seguire.
Discreta anche la prova della Di Lazzaro, mentre va segnalata, purtroppo in senso negativo, la citata sequenza con protagonista un altro milanese doc,Gino Bramieri, umiliato in una parte ristretta e meschina.

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Il pranzo dello scandalo

Completano il cast Angelica Ippolito, la moglie di Augusto, cinica ed arrivista al punto giusto, i caratteristi Marisa Merlini e Lilla Brignone e alcuni sparring partner d’eccezione, come Franco Nebbia,Daniele Vargas,Aldo Giuffrè e Maria Monti, tutti in ruoli di contorno.
Bella la fotografia e l’ambientazione naturale,musiche impalpabili di Fred Bongusto.
Oh Serafina è un film rieditato in digitale, tuttavia di difficile reperibilità; in tv passa con rarissima frequenza ed in rete non sembra essere disponibile se non in riduzione dalle vecchie VHS.

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Finalmente liberi!

Oh! Serafina

Un film di Alberto Lattuada. Con Renato Pozzetto, Marisa Merlini, Aldo Giuffré, Gino Bramieri, Dalila Di Lazzaro, Lilla Brignone, Angelica Ippolito, Alberto Lattuada, Ettore Manni, Fausto Tozzi, Daniele Vargas, Renato Pinciroli, Maria Monti, Brizio Montinaro, Gianni Magni, Jean-Claude Verné, Enrico Beruschi, Franco Nebbia, Guerrino Crivello Drammatico, durata 102′ min. – Italia 1976.

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Carlo Giuffrè, il direttore del manicomio

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Nel parco del manicomio

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“Ma tu non porti le mutandine?”

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Gino Bramieri

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Renato Pozzetto: Augusto Valle
Dalila Di Lazzaro: Serafina
Angelica Ippolito: Palmira Radice, moglie di Augusto
Marisa Merlini: mamma di Augusto
Gino Bramieri: Il sindaco
Aldo Giuffrè: Professor Caroniti
Fausto Tozzi: Carlo Vigeva
Enrico Beruschi: Impiegato anagrafe
Lilla Brignone: Segretaria della ditta Valle
Sofia Lusy: Cameriera
Howard Ross: Romeo Radice
Brizio Montinaro: Rag.Cusetti
Gianni Magni: Tommaso
Ettore Manni: padre di Serafina
Alberto Lattuada: Medico del manicomio
Renato Pinciroli: padre di Augusto
Franco Nebbia: Colbiati
Maria Monti:
Daniele Vargas: Assessore Buglio
Guerrino Crivello: prete di Assisi
Guido Spadea: prete che celebra il matrimonio
Massimo Buscemi: operaio che porta il quadro in ditta

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Regia Alberto Lattuada
Soggetto Giuseppe Berto
Sceneggiatura Enrico Vanzina, Alberto Lattuada, Giuseppe Berto
Produttore Rizzoli Film
Distribuzione (Italia) Cineriz
Fotografia Lamberto Caimi
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Fred Bongusto, José Mascolo

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Opinione dell’utente Sasso 67 tratta dal sito http://www.filmtv.it
“Commedia ecologista e basagliana, condita con gli umori surreali di Pozzetto e la sensualità fatta cinema di Lattuada. Qualcosa funzione e qualcosa no, forse perché la sceneggiatura deve piegare il romanzo di Giuseppe Berto alla verve del protagonista. Tutto sommato, comunque, questa parabola francescana ed anticapitalista risulta apprezzabile e gradevole.”

Opinione dell’utente WillKane tratta dal sito http://www.filmtv.it
“In piena esplosione del fenomeno-Pozzetto, attore che, al di là del giudizio sui suoi film, ha garantito per una decina e passa di anni incassi remunerativi per produttori ed esercenti, un autore particolare ,per certi versi audace, per altri ambiguo, come Alberto Lattuada, scelse il robusto comico lombardo per essere il protagonista di questa di “Oh,Serafina!”: nelle intenzioni, questa tragicommedia sostiene la necessità di una ricerca dell’armonia, una capacità di slanci poetici in rivalsa alla grettezza imperante di provincia e non, e di una sessualità selvaggia e gentile possibile, invece dell’utilizzo della stessa per giungere a obbiettivi di comodo. Renato Pozzetto ci mette molta volontà, in un ruolo forse più consono a certe divagazioni celentanesche, Dalila DiLazzaro e Angelica Ippolito lasciano apprezzare il loro fascino, ma sono alle prese con personaggi troppo unidimensionali, e sulla riuscita del film pesano troppi cedimenti alla farsa sboccata, per convincere.”

Opinione del Morandini:
“Ereditato dal padre suicida un cotonificio in Lombardia, Augusto rifiuta di vendere ai lottizzatori un parco dove parla con gli uccelli. L’avida moglie lo fa ricoverare in manicomio dove incontra Serafina, pacifista e figlia dei fiori in urto con la famiglia alto-borghese. Fuggono insieme verso una vita nuova senza più averi o regole morali da rispettare. Da un romanzo (1973) di Giuseppe Berto, anche sceneggiatore con Enrico Vanzina, Lattuada ha cavato un film discontinuo (ma non soltanto in senso negativo) e inclassificabile: fiaba ecologica? Favola erotica? Commedia cabarettistica o sentimental-didattica? Grottesco-caricaturale? Qua e là si eccede nel mostruoso cui si contrappone l’infantile.”

Opinione dell’utente Renato tratta dal sito http://www.davinotti.com
“Un film irrisolto, con Pozzetto nei panni di un novello San Francesco (con tanto di esterni ad Assisi) che parla agli uccelli ma dirige anche un bottonificio. Per ridere non fa ridere, le sequenze erotiche sono parecchie (il film si beccò il divieto ai minori di 18 anni) ma poco significative nel contesto di un film del genere, e qualche scena (vedi quella con Bramieri) è semplicemente imbarazzante. Anche il finale è moscio, a conferma che questo di Lattuada è stato senz’altro uno scivolone.”

Oh Serafina  banner citazioni

“E da quando hai un avvocato?” (Palmina)-“Dalla nascita.E tu non lo puoi scopare, perchè ha passato i novanta” (Augusto)
“Sono felice, vuoi fare l’amore con me?”(Serafina)-“Non ho capito la domanda” (Augusto)
Alla sua età gioca ancora con gli uccellini
L’umanità è cieca, sorda e stupida. Fabbricano missili atomici quando invece bisognerebbe coltivare l’insalata, purificare i fiumi e i mari che sono pieni di merda e di petrolio.

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aprile 5, 2013 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , | 1 commento

Per amare Ofelia

Per amare Ofelia locandina

Orlando è un giovane imprenditore, ricco ma imbranato.
I suoi problemi, sopratutto con l’altro sesso, nascono principalmente dal forte complesso edipico che l’uomo prova nei confronti della matrigna,la splendida Federica.
L’uomo arriva anche a spiarla, a registrarla, mentre il suo complesso poco alla volta gli impedisce qualsiasi contatto con le donne.

Per amare Ofelia 5
Giovanna Ralli 

Casualmente, Orlando incontra una prostituta, Ofelia, ignorando però la professione della stessa.
La quale finisce per essere attratta da quel giovane timido e così distante dal mondo in cui vive.
Dopo aver tentato inutilmente di sedurlo in una roulotte presa in prestito e circondata dalle sue colleghe, Ofelia chiede aiuto ad una suora, che come unico consiglio la invita a comportarsi naturalmente, quindi da prostituta;Ofelia accetterà anche di ricalcare i panni di Federica, arrivando a vestirsi come lei, in un assurdo gioco di trasformazione che lascerà entrambi inappagati.

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Per amare Ofelia 4

Renato Pozzetto e Francoise Fabian

La situazione si sbloccherà quando Orlando scoprirà che in realtà Federica non è sua madre, il che avviene durante un suo tentativo di cuicidio.Inavvertitamente ascolterà due servitori accennare al passato burrascoso del padre . Dopo un rapporto con quest’ultima, Orlando guarirà e sarà libero di amare Ofelia.
Girato da Flavio Mogherini nel 1974, Per amare Ofelia rappresenta l’esordio cinematografico di Renato Pozzetto, lanciato dalla Tv con il programma Il poeta e il contadino, uno dei primi esperimenti di comicità surreale proposta dalla tv di stato.

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Un esordio decisamente interessante, quello di Pozzetto, che in seguito avrebbe replicato all’infinito il ruolo del milanese un pò bamba e un tantino imbranato, trasformandosi in una macchietta salvo rare eccezioni rappresentate da film particolari come Oh Serafina o Paolo Barca maestro elementare.
Il film di Mogherini è discreto, ma nulla più; la storia, incentrata sul rapporto al limite dell’incestuoso tra la affascinante Federica e il succube Orlando è molto fragile per poter reggere tutto il film.
Che difatti vive sul difficile rapporto che si stabilirà tra l’uomo e la prostituta Ofelia, interpretata dalla bella Giovanna Ralli, protagonista anche di una breve ma memorabile sequenza di nudo in cui mette in mostra un profilo mozzafiato, nonostante in questo film l’attrice abbia quasi 40 anni.
Tenendo conto che la Fabian nel 1974 aveva solo 4 anni in più della Ralli, appare chiaro come Mogherini abbia lavorato sul cast più con i nomi che con la logica.

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Orchidea De Santis

La Ralli appare molto più matura dell’imberbe Pozzetto, il che crea problemi di credibilità alla pellicola stessa.
Che vive anche molti momenti di stanca, sopratutto nella parte centrale.
Il cast è assortito, è include anche l’ex povero ma bello Maurizio Arena nel ruolo di Spartaco Cesaroni, strana figura a metà strada tra il pappone e l’opportunista, la splendida Orchidea De Santis in versione assolutamente non credibile di mignottone da 10.000 lire, come chiesto ad un casuale cliente incontrato nella zona i cui esercita.

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Renato Pozzetto e Francoise Fabian

Piccolo ruolo anche per Didi Perego, la saggia suora che consiglia Ofelia; ma il ruolo principale, quello della conturbante Federica, sogno proibito di Orlando è affidato ad una splendida e sexy Francoise Fabian, al massimo dello splendore.
Con una matrigna così, il complesso d’ Edipo è quasi obbligatorio…

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Per amare Ofelia 9

Un film senza grossi spunti, che pure riscosse un lusinghiero successo di critica all’epoca della sua uscita.
A piacere fu sopratutto la mancanza della tipica trivialità che infestava le sceneggiature della commedia all’italiana, così come nel film manca essenzialmente la componente erotica.
Difatti, a parte la brevissima sequenza del nudo della Ralli, il film mantiene una sua sobrietà cercando di attrarre l’attenzione più con i dialoghi che con l’espediente abusato del nudo femminile.

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Se il risultato, a mio parere, non è completamente convincente, è per il tentativo, abbastanza velleitario da parte di Mogherini, di ammantare il film di una velata critica al mondo romano dell’alta imprenditoria e quindi della borghesia dei parvenue.

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Manca lo spirito corrosivo, o forse è una scelta, chissà; in questo caso però la trama scade ancor più di qualità, limitandosi ad un banale rapporto al limite dell’incesto fra madre e figlio.
Un film non particolarmente interessante,, tuttavia apprezzabile per la sua discreta eleganza.

Per amare Ofelia banner

Per amare Ofelia, un film di Flavio Mogherini. Con Renato Pozzetto, Françoise Fabian, Orchidea De Santis, Maurizio Arena,Didi Perego, Giovanna Ralli, Georges Rigaud, Lorenzo Piani, Carla Mancini, Jean Rougeul, Francisco Pierra, Luciano Bonanni
Commedia, durata 110 min. – Italia 1974.

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Per amare Ofelia banner personaggi

Giovanna Ralli     …     Ofelia Ceciaretti
Renato Pozzetto    …     Orlando Aliverti Mannetti
Françoise Fabian    …     Federica, la sua matrigna
Maurizio Arena    …     Spartaco Cesaroni
Didi Perego    …     Suora
Alberto de Mendoza    …     Piero Criscione
Orchidea de Santis    …     Trieste, la prostituta
George Rigaud    …     Nane, il domestico
Rossana Di Lorenzo    …     Iris, la prostitua grassa
Jean Rougeul    …     Santini
Luciano Bonanni    …     Cliente di Iris
Carla Mancini    …     Celeste

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Regia: Flavio Mogherini
Soggetto: Tito Carpi, Gianfranco Clerici, Tulio Demicheli, Jorge Krimer, Flavio Mogherini
Sceneggiatura     Laure Bonin, Tulio Demicheli, Flavio Mogherini, Giorgio Salvioni
Produttore     Giorgio Salvioni
Fotografia     Carlo Carlini, Manuel Merino
Montaggio     Adriano Tagliavia
Musiche     Jacopo Fiastri, Riz Ortolani, German Weiss
Scenografia     Adolfo Cofino, Daniele Mogherini

Sotto “il buon film”, a causa di lentezze narrative che ho trovato anche in altri di Mogherini e di un finale piuttosto sbrigativo (a livello di soluzioni, se non a livello temporale, a conferma di quanto detto pocanzi), ma di importanza fondamentale per l’immissione di una vena umoristica rivoluzionaria per il cinema italiano, “ventata di novità (…) di un personaggio nuovo agli autori in cerca di idee” (Kezich). Pozzetto spesso adorabile, Ralli splendida, Arena (ben doppiato da Amendola) efficace, sobrio De Mendoza, fastidiosa la Perego.

L’esordio di Pozzetto probabilmente è invecchiato male; o forse era già irrisolto all’epoca della sua uscita, chissà. Resta il fatto che il tema del complesso di Edipo non è certo il più adatto per valorizzare il suo umorismo, e tolte un paio di scene non si ride né si sorride mai. Anche il montaggio mi è sembrato mal realizzato, con vari stacchi un po’ troppo bruschi… insomma dimenticabile.

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settembre 13, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , | 3 commenti

Ecco noi per esempio

Ecco noi per esempio locandina

Un incontro tra due personaggi svagati, spaesati e in qualche modo complementari, anche se fondamentalmente diversi.
Il primo, un fotografo sempre a caccia si scoop, scanzonato e un tantino cinico, si chiama Click;  l’altro, Palmambrogio, è convinto di essere un poeta.
E’ un provinciale, quindi ha in se valori e comportamenti tipici della persona di provincia, che a cospetto della grande città si ritrova come un bimbo in un mondo di adulti.

Ecco noi per esempio 1
Adriano Celentano è Click

Ecco noi per esempio 2
B
arbara Bach è Ludovica

Siamo a Milano, città tentacolare, siamo nel 1977, anno drammatico per il nostro paese, drammaticamente in rpeda allo scontro politico armato e attanagliato dalla crisi economica.
Click, approfittando dell’ingenuità di  Palmambrogio, lo deruba, salvo poi in qualche modo pentirsene e invitarlo a casa.
Così tra i due nasce una strana amicizia; un’amicizia tra due sconfitti, verrebbe da pensare, assistendo alle loro gesta.
Clcik non riesce a fare lo scoop che darebbe una sterzata alla sua vita; prima fotografa un gruppo di malviventi che sta rubando un cavallo da corsa e viene quindi picchiato, poi è inseguito per lo stesso motivo da un gruppo di femministe decisamente arrabbiate.

Ecco noi per esempio 4
Renato Pozzetto è Palmambrogio

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Palmambrogio non se la cava meglio; conosciuto un poeta famoso, viene in pratica raggirato.
I due si muovono sullo scenario di una Milano arrabbiata, cupa, cinica: e loro due non riescono ad adattarsi a quel mondo alieno.
Difatti Click, che finalmente ha il colpo della vita, fotografa un sequestro di persona, ma i sequestratori gli sparano sul volto rendendolo cieco.
A questo punto Click decide di lasciare l’incarico a Palmambrogio di vegliare sulla sua famiglia; l’amico possiede quella saggezza popolare che permette alla gente semplice di mimetizzarsi nella società, e rappresenta l’unica persona pulita che Click conosca.

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Ecco noi per esempio 6

Così, armato solo di un bastone, il fotografo parte per girare il mondo, deciso a non lasciarsi abbattere.
Ecco noi per esempio non è un gran film, pur possedendo delle qualità: in bilico tra la commedia amara e la commedia comica, Sergio Corbucci che è anche lo sceneggiatore del film assieme a Giuseppe Catalano e Sabatino Ciuffini non riesce ad imprimere personalità alla pellicola, lasciandola in un limbo che non permette di apprezzarne appieno alcune indubbie peculiarità.
Colpa anche di una sceneggiatura imperfetta, troppo basata sulle differenze tra i due protagonisti e poco attenta a dare un ritratto più forte della situazione in cui viveva Milano, e di riflesso quella dell’intero paese.

Ecco noi per esempio 8

Ecco noi per esempio 9

Non mancano le buone idee, ma il film è troppo costruito su Adriano Celentano, il fotografo Click e su Renato Pozzetto, il poeta Palmambrogio che ovviamente caratterizzano, secondo le loro corde professionali i due personaggi.
Che poi alla fine possono sembrare la cosa migliore del film, che vive momenti di stanca molto lunghi.
Al solito, c’è il Celentano di cui non si sente il bisogno, quello che si muove a passo di danza oppure il solito Pozzetto troppo imbambolato.
Il discorso socio politico quindi è appena sfiorato;nonostante il regista mostri uno spaccato della città preda dell’eterno conflitto tra la classe borghese e quella operaia, rimane sospeso il grande equivoco di quegli anni, quello di una città non ancora pronta a diventate la Milano da bere tuttavia abitata da losche figure preda di quelle chimere che fatalmente la traghetteranno verso gli anni del craxismo, gli anni della grande illusione, quando tutti pensarono che un nuovo boom economico, che sarebbe durato per sempre, era alle porte.

Ecco noi per esempio 10

La storia ci dice com’è andata, ma questo è un discorso che con il film centra poco.
Se Corbucci ha inteso coniugare la commedia ironica con l’umorismo nero, ha ottenuto un risultato solo a tratti evidente.
Mescolare i drammi famigliari con la contestazione femminista, i conflitti di classe con il terrorismo, il crollo dei valori e la profonda trasformazione di una società in divenire non è cosa semplice e sopratutto mal si coniuga con i voli dei due protagonisti.

Ecco noi per esempio 11

Tuttavia Corbucci ci mette l’impegno, Celentano e Pozzetto la loro professionalità quindi il risultato alla fine è sufficiente.
Nulla di più, intendiamoci.
Una scena su tutte avrebbe meritato di essere tagliata; l’auto ispezione alle parti intime di una femminista arrabbiata.
Scena che non aggiunge nulla, anzi, volgarizza un momento che poteva essere raccontato in ben altro modo.
Un’occhiata al cast.
C’è la Bond girl Barbara Bach, protagonista di una sequenza mozzafiato con Renato Pozzetto, sequenza in cui si mostra nuda in tutta la sua avvenenza;c’è la diva francese Capucine, il solito Felice Andreasi, la bravissima Giuliana Calandra.
Le musiche, adeguate, sono di Vince Tempera, mentre la bella fotografia è di Giuseppe Rotunno.

Ecco noi per esempio 12

Ecco noi per esempio…un film di Sergio Corbucci. Con Renato Pozzetto, Barbara Bach, Adriano Celentano, Antonio Casagrande, Giuliana Calandra, Guido Lazzarini, Franca Marzi, Elio Crovetto, Ester Carloni, Georges Wilson, Walter Valdi, Ugo Bologna, Imma Piro, Felice Andreasi
Commedia, durata 120 min. – Italia 1977.

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Adriano Celentano-Click
Renato Pozzetto-Palmambrogio
Giuliana Calandra- Beatrix
Imma Piro- Vincenzina
Antonio Casagrande- Il commissario Potenza
Ugo Bologna- Gianni, il negoziante dischi
Franca Marzi- Carmen, la padrona della pensione
Barbara Bach- Ludovica
Georges Wilson- Melano Melani
Ester Carloni- La suocera di Vincenzina
Felice Andreasi- Cesare Capriotti

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Regia     Sergio Corbucci
Soggetto     Giuseppe Catalano, Sabatino Ciuffini, Sergio Corbucci
Sceneggiatura     Giuseppe Catalano, Sabatino Ciuffini, Sergio Corbucci
Produttore     Achille Manzotti
Fotografia     Giuseppe Rotunno
Montaggio     Sergio Montanari
Musiche     Vince Tempera


“Mediocre commedia a base di luoghi comuni: quelli dei personaggi (lo sprovveduto iellato e il furbastro) e della società italiana di quegli anni, alle prese con femminismo, contestazioni, omosessualità e tentazioni reazionarie. Bene la coppia Celentano-Pozzetto, sebbene non aggiunga nulla alle tipiche caratterizzazioni dei due; la Bach si mostra in uno splendido nudo integrale. Decisamente audace la riunione femminista, con tanto di ispezione ginecologica.

Grande incontro tra due icone assolute del nostro cinema comico, che rivedremo insieme solo nel successivo Lui è peggio di me, costruito peggio ma forse persino più divertente. Pozzetto fa il suo solito personaggio stralunato (un poeta alla ricerca di un editore), mentre Celentano è un fotografo a caccia di scoop. Tutto funziona egregiamente, anche se forse il film è un po’ troppo lungo ed alcuni passaggi si sarebbero potuti alleggerire. Appare anche il cantante da osteria Rodolfo Magnaghi, nella parte di un improbabile boss della malavita.

Il 1977 italiano è stato un anno decisamente drammatico: la nostra cinematografia ne ha dovuto tener conto, dunque anche in questo caso, con il bel “Ecco noi per esempio…”, il regista Sergio Corbucci ci regala una commedia brillante contestualizzata in un periodo grigio. I due protagonisti (Celentano & Pozzetto) sono perfettamente calati nelle parti e, forse senza saperlo, recitano in uno dei loro film più belli di sempre… Sicuramente tra i più significativi degli anni settanta! Offuscato dal successivo (1984) Lui è peggio di me, ma in realtà quest’ultimo è inferiore.

Modesto tentativo di illustrare gli anni settanta usando come virgili i campioni d’incasso del momento. Corbucci ha detto la sua nel western e bene ma qui è solo mestierante. Curioso col senno di poi come portfolio di modernariato ma con sponsorizzazioni così poco occulte da far gridar vendetta. L’approccio di Wilson a Pozzetto è copia del Majeroni-Trieste de I vitelloni. I protagonisti vivono di rendita, l’idea sull’Italia degli anni caldi è approssimativa e qualunquista.

L’ho guardato due volte di fila per tentare di farmelo piacere, purtroppo senza riuscirci. Il grande difetto è una storia scritta coi piedi, in cui compaiono a intermittenza troppi caratteri secondari senza un vero motivo, spesso calati in scene inutili o comunque alla fine della fiera incomprensibili. Bisognava tagliare almeno 20 minuti di riempitivi. Adriano e Renato bravi come sempre, sono gli unici personaggi positivi in una Milano cinica, stritolata dalla tensione sociale. Il clima di fondo però è molto amaro, così come il bel finale.

L’aspirante poeta (Pozzetto) che arriva, carico di velleità e goffaggine, nella turbolenta Milano di fine anni 70, dove incontra lo smaliziato fotografo (Celentano), è un po’ lo specchio di chiunque di noi entri in una nuova realtà sentendosi spaesato. I due attraversano letteralmente i vari milieu di quel periodo, dagli ambienti (finto) intellettuali alla proletaria periferia, dai cortei femministi al nevrotico centro città (pre-Milano da bere). Risate e qualche riflessione, e non è poco!”

 

agosto 28, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , | Lascia un commento

Porca vacca

Porca vacca locandina

Primo Baffo detto Barbasini è un cantante da balera, pavido e un po vigliacco; siamo nel periodo della prima guerra mondiale, è l’uomo tenta disperatamente di sottrarsi al servizio di leva; nonostante si finga omosessuale, viene inviato al fronte. Qui viene derubato da due furbi contadini, che vivono alla giornata rubando quello che possono. I due, Tomo secondo e Marianna, lo lasciano completamente al verde; ma la guerra è lunga, e Primo Baffo finisce per reincontrare i due. Sarà proprio Tomo a tirarlo fuori dai guai, il giorno che Primo Baffo, inviato in trincea per tagliare dei reticolati, finirà impigliato in uno di essi.

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                        Renato Pozzetto Primo Baffo

Per ringraziamento l’uomo fa arrestare Tomo, che viene cosi coscritto con la forza. Ma tra i due, nonostante tutto, nasce un sentimento di amicizia; il pavido Primo baffo e il simpatico mariuolo Tomo si completano a vicenda, e da quel momento divideranno i pericoli che la guerra quotidianamente offre, entrambi alla ricerca di Marianna, della quale ormai sono entrambi innamorati.

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                   Laura Antonelli Marianna

La ritroveranno dopo una serie di avventure, quando dopo aver tentato di disertare, verranno ripresi e mandati incontro alla morte, per una missione suicida, far saltare una diga.
La furbissima Marianna, che si è rifugiata in montagna, pagherà però per tutti; violentata da una pattuglia tedesca, si vendicherà facendo saltare la diga, salvando così la pelle ai due amici che avevano deciso di farlo entrambi.
I due assistono impotenti al suicidio di Marianna, convinti, in cuor loro, che la ragazza abbia comunque trovato il modo di sopravvivere.

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Adriana Russo

Gustosa commedia venata di umorismo e di malinconia, Porca vacca, di Pasquale Festa Campanile, è un riuscito tentativo di ridicolizzare luoghi comuni e miti sulla guerra; i due amici, che incarnano l’italiano medio, hanno tutti i difetti tipici della gente italica. Sono furbi, opportunisti, pavidi e vigliacchi, ma anche generosi e di cuore, sentimentali e romantici.
Lo dimostrano le varie situazioni in cui vengono coinvolti, mentre tentano di scappare da quella cosa illogica, terribile che è la guerra; non hanno sentimento patrio, perchè sanno che non c’è nessun onore o nessun vantaggio a morire in guerra, una guerra che si combatte in trincea, con i capi nascosti al sicuro che mandano al macello i poveri fanti.

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Ma al momento buono tirano fuori il coraggio, mostrando di essere capaci di morire per vendetta ma sopratutto per amore.
Porca vacca è una storia di amicizia, è una storia d’amore, ed è anche un film sottilmente satirico; non perfettamente riuscito, ma godibile per molti motivi.
Il principale è la simpatia che ispirano i due improbabili alleati, che scopriranno proprio nell’amicizia una delle poche cose buone da salvare, per cui vivere; in questo Pozzetto, che è Primo Baffo, mostra particolare talento, grazie anche alla sua abilità di cabarettista e cantante.

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Porca vacca 7

Il suo personaggio, quello del cantante comico di balera, alla fine è convincente proprio perchè l’attore riesce a dare spessore e credibilità al suo personaggio.
Molto bravo è Aldo Maccione, alias Tomo Secondo, un simpatico furfante che della vita ha capito tutto, ma che finirà, suo malgrado, per provare sulla sua pelle gli orrori della guerra.
Bravissima e Laura Antonelli, in uno dei ruoli meglio interpretati nella sua carriera, quello della opportunista, cinica e disincantata Marianna, che finirà per provare uno scatto d’orgoglio quando anche lei proverà sulla sua pelle gli orrori della guerra, illustrati alla perfezione nella sequenza drammatica dello stupro di gruppo, forse la parte più coraggiosa e dolente del film.

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Il bordello per soldati

In ultima analisi, si tratta di un buon film, che ha motivi d’interesse, ben aldilà delle solite critiche negative dei critici ottusi: Morandini, uno dei più discutibili tra essi, ne da questa visione: “Guerra 1915-18. Balordo cantante di balera fa di tutto per farsi riformare, ma viene inviato al fronte. Più che gli austriaci sono suoi nemici due contadini che, sfruttando la situazione, arraffano. È il tentativo, soltanto in parte riuscito, di buttare in farsa la tematica dell’antimilitarismo. Festa Campanile era un intelligente che si buttava via. Qua e là pecoreccio. L. Antonelli in forma, R. Pozzetto un po’ meno.”

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Aldo Maccione

Una visione davvero singolare di un film che non è un capolavoro, ma che ha momenti di grande cinema, grazie anche alla attenta regia di Festa Campanile, uno dei registi più intelligenti e sensibili del cinema italiano.
Quello che non appare chiaro ai detrattori del film è che non siamo di fronte a La grande guerra, che Pozzetto e Maccione non vogliono rifare il verso a Gasmann e Sordi; la trivialità del film ha una sua giustificazione, perchè in guerra ci vanno i poveracci, non di certo i nobili o i ricconi.
Per cui qualsiasi lettura in termini saccenti del film è falsa e fuorviante; questo è un divertissement, ben fatto e a tratti davvero simpatico.

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Porca vacca, un film di Pasquale Festa Campanile. Con Renato Pozzetto, Laura Antonelli, Aldo Maccione, Adriana Russo, Toni Ucci, Gino Pernice, Raymond Bussières, Raymond Pellegrin, Massimo Sarchielli, Antonio Marsina, Enzo Robutti, Edoardo Sala, Antonio Orlando, Consuelo Ferrara, Lucio Salis
Commedia, durata 113 min. – Italia 1980

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Renato Pozzetto: Primo Baffo detto Barbasini
Laura Antonelli: Marianna
Aldo Maccione: Tomo Secondo

Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Pasquale Festa Campanile
Marcello Coscia
Sceneggiatura Massimo De Rita
Produttore Achille Manzotti
Fotografia Alfio Contini
Montaggio Amedeo Salfa
Musiche Ennio Morricone
Riz Ortolani
Scenografia Gualtiero Caprara
Guido Josia
Costumi Ugo Pericoli
Luca Sabatelli

febbraio 22, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , | 1 commento

Baby sitter, un maledetto pasticcio

Baby sitter, un maledetto pasticcio locandina

Mentre sta raggiungendo un ristorante, Michelle, a bordo di un taxi viene coinvolta nell’accidentale investimento di Ann, una giovane attricetta americana; la ragazza era in fuga dalla villa di Franklin, suo ex amante.
Dopo l’incidente, Ann va a vivere in coabitazione nell’appartamento di Michelle, che è una scultrice che per arrotondare lavora di sera come baby sitter.
Ann, che dopo l’incidente è rimasta deturpata sul corpo, viene licenziata in tronco dal regista del film che stava girando, per essersi rifiutata di spogliarsi; viene così agganciata dal misterioso signor Anderson, che le racconta di essere il segretario di Franklin e che le propone un incarico particolare; il rapimento di Booths (Peter), figlio del miliardario Franklin.

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Maria Schneider è Michelle

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Renato Pozzetto è Gianni

Il diabolico Anderson organizza così con l’aiuto di Vic, un losco malvivente, di Stuart, un attore sul viale del tramonto e della moglie di quest’ultimo, l’attricetta Lotte, il sequestro del piccolo Booths, al quale partecipa anche Ann.
E’ lei infatti a presentarsi a casa Franklin come baby sitter, e ad addormentare il bambino mentre la servitù è andata via.
Michelle, chiamata telefonicamente da una famiglia, si presenta in una villa dove c’è un bambino; è Booths (Peter), che è stato trasferito in quel posto dalla banda di rapitori. Ben presto la ragazza si rende conto di essere prigioniera con il bambino; nel frattempo il suo ragazzo, Gianni, insospettito dalla mancanza di notizie di Michelle, con cui aveva appuntamento, si mette in moto e si reca dalla polizia.

Baby sitter, un maledetto pasticcio 2

Sydne Rome è Ann

Michelle e Boots, prigionieri, cercano in ogni modo di mettersi in contatto con l’esterno.
Riescono con uno stratagemma a legare un biglietto al collo di un barboncino, che però, inseguito da Vic e raggiunto in casa della padrona, viene ucciso assieme a quest’ultima.
Alla fine il piano dei rapitori riesce; Franklin paga il riscatto di due milioni di dollari richiesto, ma Anderson, che aveva organizzato il rapimento, uccide i due coniugi facendoli saltare in aria con la loro auto, prende i soldi del riscatto e si eclissa.

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L’incidente di Ann

Ann, in colpa per l’inganno perpetrato ai danni di Michelle, si uccide nella vasca da bagno tagliandosi le vene.
Ma lascia un biglietto in cui accusa Anderson di aver organizzato il rapimento.
Così Michelle riesce ad informare la polizia dell’accaduto.
Ultimo film diretto dal grande Renè Clement, Baby sitter, un maledetto pasticcio è un thriller/noir dal ritmo lento, basato moltissimo sull’espressione degli attori piuttosto che sull’azione.

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Un film molto complicato, anche in virtù di una trama non immediatamente leggibile; molte le incongruenze in una trama non molto scorrevole. Clement ci mette il suo immenso mestiere, non riuscendo però a convincere del tutto.
Il regista privilegia i silenzi, fissando la macchina da presa sui volti di Maria Schneider, che interpreta Michelle e su quello di Sidne Rome, che interpreta Ann, cercando di mostrare il loro disagio interiore davanti agli avvenimenti drammatici che le vedono coinvolte.

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La Schneider risponde con una interpretazione misurata ma monocorde; non mostra particolare vitalità, quasi subisse gli avvenimenti senza capirli a fondo. Il che probabilmente era quanto voleva Clement, ma il personaggio di Michelle a questo punto sembra privo di anima, quasi svuotato di energia. L’attrice usa un’espressione statica per tutto il film, sia nel rapporto con la compagna di stanza Ann, sia con il fidanzato/amico Gianni sia con il piccolo Booths. Emblematica in questo senso l’esplosione dell’auto con a bordo i due coniugi, mentre lei è al volante; la reazione è glaciale, guarda dallo specchietto retrovisore e non batte ciglia, cosa poco credibile nel contesto di drammaticità della scena.

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Sidne Rome viceversa ci mette l’anima e la sorprendente mobilità del volto; piange, sorride, si dispera quasi avesse quell’anima che manca alla sua amica, che finirà per tradire salvo poi prendere la drammatica decisione finale di uccidersi quando si rende conto che le cose hanno assunto una piega tragica che lei non aveva messo in preventivo.
Bravo Renato Pozzetto, il Gianni innamorato di Michelle, che è anche l’unico ad interessarsi veramente alla sorte di quella che considera la sua donna (curioso il dialogo con Ann:”Ma lei chi è?” “Sono il fidanzato, un suo amico”); un interessamento che lo porterà a rischiare la vita. Pozzetto ci mette il suo volto candido e ingenuo, con un’interpretazione misurata e ironica, ed è l’unico protagonista ad allentare la tensione, ma anche la staticità della pellicola.

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Clement quindi utilizza vari componenti di altri generi; passa dal noir, caratterizzato dall’atmosfera lenta e cupa del film, al giallo, attraverso una trama come già detto molto complicata, che diventa chiara solo alla fine, quando i pezzi del puzzle finalmente combaciano, anche se alcune situazioni, come l’incidente iniziale, spiazzano enormemente, non avendo alcuna spiegazione per buona parte del film.
Film che alla fine, pur non potendosi definire perfettamente riuscito, non lascia l’amaro in bocca e la sensazione d’incompiuto; al limite ti porta a rimurginare su alcune situazioni particolari, portando lo spettatore a interrogarsi sui ruoli dei vari protagonisti, su una storia dall’intreccio poco leggibile, per i salti improvvisi senza connessione tra alcune sequenze.

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Difetti perdonabili comunque, perchè la trama alla fine regge e il film risulta piacevole.
Girato in una Roma che si vede poco, nel senso che le uniche sequenze in cui ci si rende conto di essere nella capitale eterna sono proprio quelle finali, con l’inquadratura del colosseo e della viuzza che porta alla casa/laboratorio di Gianni, il film è abbellito da una fotografia discreta e ovattata, misteriosa.

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Robert Vaughn è  Stuart Chase

Baby sitter fu l’ultima prova del grande regista francese, parte finale del trittico giallo/noir composto anche da  Unico indizio: una sciarpa gialla (1971) e da La corsa della lepre attraverso i campi (La course du lièvre à travers les champs) (1972); un addio al grande schermo forse non memorabile, ma in buono stile, quello che caratterizzò tutta la produzione del regista.

Baby sitter- Un maledetto pasticcio, un film di René Clément. Con Renato Pozzetto, Nadia Tiller, Sydne Rome, Maria Schneider, Clelia Matania, Marco Tulli, Carl Möhner, Armando Brancia, Vic Morrow, Robert Vaughn
Titolo originale La baby-sitter. Drammatico, durata 110 min. – Francia 1975

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Baby sitter, un maledetto pasticcio banner protagonisti

Maria Schneider     …     Michelle
Sydne Rome    …     Ann
Vic Morrow    …     Vic, il rapitore carceriere
Robert Vaughn    …     Stuart Chase
John Whittington    …     ‘Boots’ Peter Franklin
Nadja Tiller    …     Lotte
Carl Möhner    …     Cyrus Franklin
Clelia Matania    …     Vecchia assassinata
Marco Tulli    …     Commissario Trieste
Armando Brancia    …     Inspettore Carrara
Georg Marischka    …     Henderson
Renato Pozzetto    …     Gianni

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Regia di René Clément
Scritto da Nicola Badalucco, René Clément,Mark Peploe,Luciano Vincenzoni
Prodotto da Jacques Bar     e Carlo Ponti
Musiche originali di Francis Lai
Montaggio di Fedora Zincone
Costumi di Nadia Vitali
Arredatore Carlo Gervasi
Aiuto regista Antonio Gabrielli, Marco Pettini
Casting Jose Villaverde

febbraio 9, 2010 Pubblicato da: | Drammatico | , , , , , | Lascia un commento

La patata bollente

La patata bollente locandina

Il Gandhi (il cui vero nome è Bernardo), è un operaio verniciatore con la passione per il pugilato e per la politica; infatti è un attivo sindacalista, iscritto al Pci. L’altra sua passione è la splendida fidanzata Maria; una sera, rientrando a casa, assiste casualmente ad una brutale aggressione nei confronti di un giovane da parte di alcuni militanti dell’estrema destra. Grazie all’intervento di Gandhi, Claudio, il giovane pestato a sangue, riesce ad uscire dalla brutta avventura con qualche livido e tanto spavento.

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Edwige Fenech è Maria

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Massimo Ranieri è Claudio

Il giovane è un omosessuale, e Gandhi, che lo ha portato a casa, si sente in imbarazzo sia con i colleghi che con i compagni di partito. Nasconde l’amicizia per il giovane anche a Maria,e ben presto la situazione degenera. I suoi compagni, assolutamente contrari all’omosessualità,lo deridono, e anche con Maria le cose si mettono male. Sarà proprio

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Claudio a sistemare le cose: dopo aver detto a Gandhi di essere un fascista, il giovane verrà pestato da quest’ultimo, e la situazione tra Gandhi e la fidanzata, con i compagni di partito e i colleghi di lavoro si appianerà. Durante le nozze tra Maria e Gandhi arriva una lettera di claudio, che si è trasferito in Olanda: racconta di avere un compagno e sopratutto ringrazia Gandhi dell’amicizia mostratagli. I due neo coniugi passeranno il viaggio di nozze da lui.
La patata bollente è un film di Steno, diretto nel 1979 dal bravissimo regista romano; commedia gradevole e con gag irresistibili, questo film si segnala anche per i dialoghi frizzanti, ben lontani dalle banalità della commedia sexy ancora imperante nei cinema italiani.

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Massimo Ranieri e Renato Pozzetto

Ben sorretto da una sceneggiatura robusta, il film si avvale anche di un cast di ottimo livello, nel quale fa un figurone Renato Pozzetto nella parte di Gandhi, il cantante Massimo Ranieri, ancora una volta in un ruolo cinematografico ben recitato nella parte dell’omosessuale Claudio, la splendida Edwige Fenech nei panni di Maria, fidanzata dapprima sconcertata, poi divertita del buon Gandhi.

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Piccole partecipazioni anche per Adriana Russo e Clara Colosimo. Va anche segnalata la benevola presa in giro dell’apparato comunista, assolutamente chiuso al dialogo con la diversità sessuale. Steno non calca mai la mano, evitando di far scendere la commedia a livello di farsa.

La patata bollente,un film di Steno. Con Renato Pozzetto, Edwige Fenech, Massimo Ranieri, Mario Scarpetta, Adriana Russo, Loris Bazzocchi, Umberto Raho, Clara Colosimo, Luca Sportelli, Nazzareno Natale, Dario Ghirardi, Alberto Squillante. Commedia, durata 100 min. – Italia 1979.

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Renato Pozzetto: Bernardo Mambelli, “il Gandhi”
Massimo Ranieri: Claudio
Edwige Fenech: Maria
Mario Scarpetta: Walter
Clara Colosimo: Elvira
Sergio Ciulli: Maravigli
Adriana Russo: amica di Maria
Loris Bazzocchi: operaio
Umberto Raho: il dottore

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Regia Steno
Soggetto Giorgio Arlorio
Sceneggiatura Steno, Giorgio Arlorio, Enrico Vanzina
Produttore Achille Manzotti
Fotografia Emilio Loffredo
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche Totò Savio
Costumi Silvio Laurenzi

settembre 28, 2009 Pubblicato da: | Commedia | , , , | Lascia un commento

La poliziotta

La poliziotta locandina

Afflitta da un fidanzato egoista, da una famiglia in cui il padre è riverito come un sultano, da un datore di lavoro opprimente e negriero, la giovane Gianna langue sognando un futuro migliore. Dopo l’ennesimo soppruso sul lavoro, l’ennesima lite con il padre e dopo aver avuto il responso delle analisi, che escludono una sua maternità, Gianna molla tutto e parte verso Milano.

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Mariangela Melato interpreta Gianna

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Renato Pozzetto interpreta Alberto

Fermatasi a Ravedrate, la giovane vede il bando di concorso per vigili  urbani e decide di iscriversi. Durante il corso, risulta la migliore in assoluto e di conseguenza viene assunta .Ben presto però la volenterosa ragazza scopre che all’interno del comune vige il clientelismo più sfrenato: le multe che la giovane somministra ai negligenti cittadini, vengono stracciate dal solerte comandante, ammanigliato con i poteri forti, fra i quali spiccano un industriale inquinatore e intrallazzatore, con zio cardinale e fratello senatore,

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ed una serie di piccoli e ignobili faccendieri, come l’analista di un laboratorio che metterà a tacere lo scandalo più grave, l’inquinamento del fiume del paese ad opera degli scarichi dell’industria dell’uomo d’affari. Sabotata in tutti i modi, Gianna viene dapprima retrocessa al controllo sull’emigrazione; scopre il caso di una povera famiglia che vive con 15 congiunti in una catapecchia, non denuncia la cosa e finisce per dover ripartire da zero.

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Mario Carotenuto

Dopo aver respinto il ritorno di fiamma dell’ex fidanzato, la donna, combattivamente, riesce a scatenare un putiferio contro l’amministrazione locale, ma tutto viene insabbiato, nonostante l’aiuto che le viene dal pretore Ruggero, innamorato di lei. Alla fine Gianna decide di rinunciare al suo incarico e va in stazione per prendere il treno che la riporterà a casa; ma viene raggiunta da Ruggero, che la obbliga a rimanere, mentre lui parte per Roma, per proseguire la sua battaglia. Una battaglia persa, che costerà ai due un trasferimento in Sicilia, che verrà però accolto come una liberazione, visto che i due si sposeranno.

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Alberto Lionello

Commedia in agrodolce girata da Steno nel 1974, La poliziotta, pur non rifuggendo dallo schema tipico della commedia all’italiana, se ne distingue per la conosciuta bravura di Steno, che infila qua e la stilettate al malcostume italiano, in particolare quello politico, quel malaffare che sarà la costante sia della prima che della seconda repubblica. A parte la denuncia, Steno affida alla Melato, brava e assolutamente sobria e lineare nella recitazione, il compito di usare la sua maschera e la sua abilità per rendere ancor più simpatico il personaggio di Gianna, femminista e integerrima persona dai costumi morali assolutamente irreprensibili.

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Il cast del film è di notevole spessore e include Orazio Orlando nel ruolo del prefetto Ruggero, uomo che sacrifica la propria carriera per amore di Gianna, un odioso e spocchioso renato Pozzetto, abilissimo nel tratteggiare tutto gli aspetti negativi del suo personaggio, Claudio, il fidanzato di Gianna. Ci sono poi l’onnipresente Mario Carotenuto, il capo della polizia municipale, Alberto Lionello, nel ruolo del sofisticato e intrallazzatore Tarcisio, assessore al comune, oltre ad Alvaro Vitali, che interpreta l’inetto Fantuzzi, che ha il solo merito di essere nipote del Cardinale.
Film gradevole, quindi, con in mano una frusta che non prende mai il sopravvento, limitandosi a fustigare in maniera poco percettibile vizi e debolezze italiche;

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ma l’intento di Steno non era quello.Come quasi sempre, Steno stigmatizza le cose, ci ride su e invita il pubblico a riflettere su quanto espone, senza tuttavia usare il vetriolo. Regista elegante, evita sempre le classiche situazioni un tantino pecorecce e molto scollacciate tipiche della commedia italiana, imbastendo un film che si lascia vedere con piacere, che fa riflettere e che sopratutto fa sorridere. Amaro, molto spesso.

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La poliziotta, un film di Steno. Con Renato Pozzetto, Mariangela Melato, Orazio Orlando, Mario Carotenuto.Gigi Ballista, Alberto Lionello, Pia Velsi, Gianfranco Barra, Renato Scarpa, Armando Brancia, Alvaro Vitali, Umberto Smaila, Gianni Solaro Comico, durata 105 min. – Italia 1974.

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La poliziotta banner personaggi

Mariangela Melato: Giovanna Abbastanzi
Orazio Orlando: pretore Patanè
Mario Carotenuto: Capo della polizia
Armando Brancia: avvocato
Renato Scarpa: farmacista
Gianfranco Barra: aiutante del pretore
Umberto Smaila: figlio del sindaco
Renato Pozzetto: Claudio
Alberto Lionello: Tarcisio
Alvaro Vitali: Fantuzzi

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Regia Steno
Soggetto Nicola Badalucco, Giuseppe Catalano, Sergio Donati, Luciano Vincenzoni
Sceneggiatura Sergio Donati, Luciano Vincenzoni
Produttore Carlo Ponti
Fotografia Alberto Spagnoli
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche Gianni Ferrio
Scenografia Luigi Scaccianoce
Costumi Enrico Sabbatini

settembre 1, 2009 Pubblicato da: | Commedia | , , , , | 1 commento