Lezioni private
Come gran parte delle pellicole italiane degli anni settanta, anche questa Lezioni private, diretto da Vittorio de Sisti nel 1975 è ambientato nella provincia italiana; qui il giovane Alessandro, che studia musica dai preti, sembra essere, a differenza dei compagni, assolutamente disinteressato all’altro sesso, con somma costernazione della giovane Emanuela, sorella di un conoscente di Alessandro, Gabriele.
A differenza del giovane, Emanuela ha un certo interesse per l’altro sesso, un interesse quasi morboso, principalmente proprio per Alessandro. E non è l’unica; anche Gabriele, che è omosessuale, nutre più di qualche interesse per il giovane; un giorno a casa diAlessandro arriva l’avvenente e matura Laura, un’insegnante di conservatorio arrivata per dare lezioni private al giovane Alessandro. Gabriele riesce a fotografare la donna in alcuni momenti di intimità, in cui Laura sembra lasciarsi andare a pratiche autoerotiche. Così Gabriele ricatta la donna, e la costringe ad iniziare un’opera di seduzione del giovane Alessandro. Durante un’umiliante incontro, la donna è costretta a spogliarsi davanti ai due giovani.
Ma per Alessandro i tempi stanno maturando; sedotto con grande giubilo della famiglia dalla serva di casa, il giovane si scatena, e dopo aver avuto un incontro ravvicinato con laura, consuma finalmente l’atto con la vogliosa Emanuela, in un campo verde e in un tripudio di colori.
Film abbastanza incolore, si salva dal naufragio per il cast, tutto al femminile, composto dalla bella e matura Carroll Baker, che interpreta da par suo l’insegnante di pianoforte, Laura, costretta ad un’umiliante esibizione al cospetto dei due adolescenti Alessandro e Gabriele; da Femi Benussi, bllissima e seducente come sempre, questa volta nel ruolo della servetta che riesce a sedurre il giovane Alessandro, mentre è allo stesso tempo l’amante del padrone di casa, un Renzo Montagnani una volta tanto relegato in un ruolo di secondo piano. L’ultima è Leonora Fani,
la ninfetta smaniosa che alla fine riesce finalmente a sedurre il giovane Alessandro, facendosi conquistare in un campo di grano ripreso in varie angolazioni, forse l’unica cosa particolare del film. Per il resto, si rischia un sonnellino, sia per la banalità della storia adolescenziale, sempre più sfruttata nella commedia sexy, tanto simile al capostipite Malizia, sia per le situazioni in cui incorrono i protagonisti del film, a cominciare da quell’Alessandro, (interpretato da Rosalino Cellamare, che avrà un futuro come cantante on il nome di Ron) che sembra titubare all’inizio, per poi scatenarsi verso la fine del film in una perfomance erotica degna di miglior causa. Non un film da gettare in toto, ma neanche da rivedere.

…e la cameriera di casa, Femi Benussi

…infine la vogliosa Manuela, Leonora Fani
Lezioni private, un film di Vittorio De Sisti. Con Femi Benussi, Leopoldo Trieste, Carroll Baker, Renzo Montagnani, Rosalino Cellamare, Carlo Giuffrè, Leonora Fani
Erotico, durata 95 min. – Italia 1975.


Carroll Baker: Laura Formenti
Rosalino Cellamare: Alessandro Corsini
Leonora Fani: Emanuela Finzi
Carlo Giuffrè: Luigi, il padre di Alessandro
Leopoldo Trieste: l’esibizionista
Renzo Montagnani: Giulio, zio di Alessandro
Femi Benussi: Rosina, cameriera di Giulio
Eugene Walter: zio di Emanuela
Luisa Maneri: Paola

Regia Vittorio De Sisti
Soggetto Paolo Brigenti
Sceneggiatura Paolo Brigenti, Vittorio De Sisti
Produttore Enzo Doria
Casa di produzione Torino Roma Attività Cinematografiche
Fotografia Mario Masini
Montaggio Angelo Curi
Musiche Franco Micalizzi
Scenografia Gisella Longo
Costumi Giuliana Serano
Trucco Teresa Cicchetti
Ajita Wilson
Di George Wilson, divenuto in seguito ad un’operazione di cambio del sesso Ajita Wilson oramai si ricordano in pochi; molti di quelli che ricordano il volto ( e il corpo) dell’attrice nata a Brooklin negli States nel 1950, possono a mala pena ricordare qualche partecipazione a film della commedia sexy all’italiana, pochi per la verità, e un nugolo di film spesso sconfinanti nell’hard, se non veri e propri film del genere più spinto. George ,giocando sulla sua incerta identità sessuale, sulla bellezza davvero notevole con molti tratti femminili, si mise in mostra facendo strip tease, cambiando sesso nel 1975, cosa che le valse alcune scritture nel mondo del cinema.
L’esordio lo fece con Gola profonda nera, di Zurli, chiaro riferimento al successo del film Gola profonda interpretato da Linda Lovelace; il film, del filone sexy, la fece notare immediatamente, per quel suo corpo femminile in tutto e per tutto, e per la sua notevole bellezza. Subito dopo, infatti, girò La principessa nuda, un discreto film di Cesare Canevari, nel cui cast figurava un’altra sfortunata attrice, Tina Aumont, oltre al nostro Luigi Pistilli,
La principessa nuda
anche lui scomparso prematuramente. L’ambiguità della sua identità sessuale, la discreta bravura sul set, le procurarono altre scritture, come Nel mirino di Black Afrodite, di Filippou Pavlos, nel quale interpreta un personaggio che ha il suo nome Ajita, seguito subito dopo da La bravata, di Montero, al fianco di veterani dello schermo come Venantino Venantini e Silvano Tranquilli.

Ajita Wilson in Macumba sexual
Buon successo fu il successivo Candido erotico, di Claudio Giorgi, nel quale però fa poco più di una comparsata, accanto alla star Lilli Carati, non ancora votata all’hard; in pratica questo è l’ultimo film di un certo spessore, prima di una lunga serie di pellicole scadenti, fatta eccezione per Luca il contrabbandiere, del 1980, accanto a Fabio Testi e a Pensione amore servizio completo, girato l’anno prima, con la vedette del Drive in televisivo Lori Del Santo; dal 1977 in poi, fino al 1986, l’anno che precederà la sua tragica morte, Ajita Wilson lavorerà in pellicole a chiaro riferimento erotico, anche con qualche ambizione,
come Una donna di notte, di Nello Rossati, che annovera nel cast Lorraine De Selle, Daniele Vargas e Otello Berardi, oppure in Libidine, del 1979, diretto da Raniero di Giovanbattista, nel quale figura l’ex bambina prodigio della tv Cinzia De Carolis. Lavorerà anche con Jesus Franco, nello scabroso Sadomania, film del 1981 e sempre con il regista spagnolo in Macumba sexual, accanto alla musa del regista spagnolo e moglie nella realtà Lina Romay. Con Sadomania,

Con Lorraine De Selle in Una donna di notte
I pornodesideri di Sylvia
la Wilson si tuffa decisamente nell’hard, riscuotendo un notevole successo tra i cultori del genere, intervallando il tutto con pellicole decisamente tinte di eros, come Orinoco, prigioniere del sesso, di Eduardo Mulargia (1980), Eva man, due sessi in uno, dello stesso anno, giocato sulla presenza di eva Robins, altro transessuale (non operato) che godrà di una certa fama negli anni uccessivi. Inutile citare le pellicole successive, tutte esplicite e con chiaro riferimento al genere scelto dall’attrice; sul finire della carriera interpreterà due film del filone women in prison, per la precisione Perverse oltre le sbarre di Sergio Garrone e Detenute violente, dello stesso regista, film di nessun valore artistico e realizzati con quattro soldi, basati solo sulle nudità delle protagoniste.
La carriera di Ajita Wilson si interrompe drammaticamente subito dopo l’uscita nelle sale cinematografiche di Bocca bianca bocca nera, di Arduino Sacco, film hard con la stella del genere Pontello e con la neo star Marina Lotar (Hardman- Frajese); l’attrice è coinvolta in un grave incidente automobilistico, nel quale perderà la vita il 26 maggio del 1987, a soli 37 anni.
La storia cinematografica della Wilson non è di quelle da ricordare nelle antologie; va detto tuttavia che possedeva una certa grazia, una disinvoltura, sulla scena, che avrebbe potuto utilizzare con ben altri risultati se non avesse deciso di giocarsi tutte le carte sfruttando la sua ambiguità sessuale. Una scelta che l’ha portata a cavalcare gli oscuri sentieri dell’hard, come malinconicamente testimoniato dal suo ultimo film.
Luca il contrabbandiere
Orinoco prigioniere del sesso
Erotiko pathos
The Pussycat syndrome
Notti porno nel mondo 2
Black Afrodite
Los energeticos
La sorprendente eredità del tonto di mamma
I grossi bestioni

Leonora Fani
Eleonora Cristofani, in arte Leonora Fani, è nata a Cornuda in provincia di Treviso nel 1954; ha esordito giovanissima, a 19 anni, nel film Metti… che ti rompo il muso, una commedia di Giuseppe Vari, uscita nelle sale nel 1973, nel quale l’attrice veneta usava ancora il suo nome per intero, Eleonora Cristofani; il suo fascino acerbo, da adolescente, con il viso acqua e sapone, la resero immediatamente popolare, anche se limitatamente a pellicole in cui raramente ha ricoperto ruoli principali.

Leonora Fani nel suo primo lavoro importante, La svergognata
Il suo primo, vero successo, è del 1974, e porta la firma del regista Giuliano Biagetti, che la volle nel cast del film La svergognata, nel quale è Ornella, figlia di un industriale e di una donna che ad Ischia reincontra il suo vecchio amante, uno scrittore in crisi; la ragazza dopo aver provocato in tutti i modi l’uomo, finirà per concedersi a lui, che ritroverà la vena poetica smarrita.

Leonora Fani in uno dei suoi ultimi lavori, Giallo a Venezia
Amore mio non farmi male
La buona prova interpretata in questo film le vale una scrittura per Amore mio non farmi male, di Vittorio Sindoni, sempre del 1974; Leonora, che compare ormai con questo nome, interpreta la ragazza di un giovanotto con il quale non riesce a consumare fino in fondo il rapporto. Nel film recita accanto a Walter Chiari, Valentina Cortese e Luciano Salce; ancora nel 1974 è sul set del film Il domestico, di Luigi Filippo d’Amico, nel quale è la figlia di un ricco industriale che tiranneggia il domestico Buzzanca, che riuscirà a guarirla da una forma di strabismo molto accentuata.

Due fotogrammi del film Lezioni private: nella foto 2 l’attore è Rosalino Cellamare (Ron)
Nel 1975 Sindoni ricostruisce il cast di Amore mio non farmi male, richiama Chiari, la Cortese, Macha Meryl ed Eleonora Fani per il suo Son tornate a fiorire le rose, ricavandone però una commedia debole sui tradimenti di due genitori che riscopriaranno una certa vitalità quando sapranno di essere in procinto di diventare nuovamente padri. Nel 1975 raccoglie ancora un buon successo personale con il film di Vittorio De Sisti Lezioni private, pruriginosa storia che la vede nei panni di Emanuela, ragazzina piuttosto morbosa che cera in tutti i modi di far interessare al sesso un amico del fratello, Alessandro; ci riuscirà benissimo, tanto che il giovane passerà in breve tempo nei letti della sua insegnante privata, di una serva di casa e infine della smaniosa Alessandra, sedotta come da copione in un prato.

Due fotogrammi di Leonora Fani nel film Nenè
Il film, che vede una splendida Carroll Baker, e un altrettanto bellissima Benussi tra le protagoniste, è un buon successo, quantomeno di pubblico, e le spalanca le porte di una produzione italo-francese, Appuntamento con l’assassino, regia di Gerard Pires, con un cast notevolissimo, che vede la Fani lavorare accanto a Jean Louis Trintignant, Catherine Deneuve, Claude Brasseur e il nostro Franco Fabrizi.
Calde labbra
Anche il film successivo è una produzione internazionale; ….e la notte si tinse di sangue (Born to hell), del regista Denis Heroux, la vede lavorare al fianco di Mathieu Carrere e Ely Galleani. Nel 1976 è la volta di Perchè si uccidono, un film mal riuscito di denuncia della borghesia; nel film è accanto a Beba Loncar e Maurice Ronet. Un vero passo falso è l’erotico Calde labbra, regia di Demofilo Fidani, anche questo targato 1976; la storia, assolutamente banale, la vede nei panni di Francesca, una ragazza con tendenze saffiche che si innamora della sua istitutrice, che la abbandonerà lasciandola sull’orlo del suicidio.
Appuntamento con l’assassino
Il film, che si ricorda solo per le scene di nudo, ha come protagonisti Claudine Beccarie, un’istituzione dei film erotici, oltre alla spaesata Silvia Dionisio. Il 1976 si chiude con due prove molto diverse tra loro, come diverse sono le tematiche dei due film; nel primo, Bestialità, diretto da Peter Skerl su un soggetto di George Eastman, lavora al fianco di Enrico Maria Salerno, Juliette Mayniel e alla futura diva dell’hard Ilona Staller.
Bestialità
Il film racconta la storia di una ragazza traumatizzata dalla vista, durante l’infanzia, della madre che ha un rapporto sessuale con il suo cane. Un film assolutamente folle, con tanto di carneficina finale; l’altro, Il conto è chiuso, di Stelvio Massi, è decisamente di livello superiore, anche se all’epoca della sua uscita venne stroncato dalla critica. Film che annovera nel cast anche il grande campione di pugilato Monzon, destinato ad una effimera carriera cinematografica.Il 1977 si apre con un film, Pensione paura,

Fotogrammi tratti da Pensione paura
che la vede assoluta protagonista; lei è Rosa, figlia di un uomo scomparso in guerra, che deve gestire con la madre una pensione in cui arrivano dei tipi molto pericolosi. Una bella prova, che le vale un’altra parte da protagonista, quella di Nenè nell’omonimo film di Samperi, prova che mette d’accordo critici e pubblico, per un film valutato bene da entrambi. Al solito nel momento di maggior successo, quando sembrerebbe che la carriera di Leonora stia per arrivare alla svolta, con la consacrazione ad attrice di prima grandezza, accade qualcosa, che viceversa la porta ad un allontanamento dallo schermo.
Sensitività o Kyra la signora del lago
Ritorna nel 1979, con il mediocre Sensività, confusa storia diretta da Enzo Castellari, una specie di thriller abbastanza insulso in cui la protagonista, la nostra eroina, si concede a varie persone del suo paesino, per constatare che ogni volta che arriva all’orgasmo perde i sensi, con contemporanea morte violenta di qualcuno. Un film che Castellari, pur regista di buon talento, gira con molte inserzioni erotiche, e in cui Leonora è protagonista, ma che finisce per perdersi nel grigiore di un film senza capo ne coda. La freschezza e le caratteristiche di adolescente della Fani stanno rapidamente svanendo; nel 1979 l’attrice ha 25 anni, ed è ormai una donna, con minore credibilità nei ruoli adolescenziali che avevano caratterizzato la sua carriera fino a quel momento.

Sequenza tratta dal film Il domestico
La prova è Giallo a Venezia, diretto da Mario Landi, thriller irreparabilmente brutto e scadente, in cui la Fani gioca la carta del ruolo estremamente pruriginoso, che però non salva il film dal disastro; il film finirà per essere ricordato per le scene quasi hard, e per alcune uccisioni truculente, in cui si segnala l’omicidio a colpi di sega elettrica, con effetti splatter disturbanti, e che rilegano il film tra gli Z movies.

Leonora Fani in Il conto è chiuso
L’anno successivo Amasi Damiani riprone la coppia Gianni Dei-Leonora Fani con l’aggiunta di un’altra star in declino, Marisa Mell; il fim è Peccati a Venezia, storia d’incesti pruriginosa e noiosa, che sembra ricalcare il copione di Giallo a Venezia, e che finisce per relegare la Fani tra le interpreti di Z movie. Il successivo Febbre a 40!, di Marius Mattei, non compare nemmeno nelle enciclopedie cinematografiche, pur annoverando nel cast sia la Fani, che Marisa Mell che Carole Andrè.

Due scene tratte da Calde labbra
In pratica la carriera cinematografica dell’attrice veneta finisce quà, perchè i tre film successivi, Il giardino dell’Eden, di Yasuzo Masumura, Champagne e fagioli, di Oscar Brazzi e Uomini di parola, di Tano Cimarosa sono film che escono a cavallo della crisi cinematografica, che diverrà fortissima proprio ad inizi degli anni ottanta, e che finiscono per passare direttamente nel dimenticatoio. Da quel momento la Fani, che ha soltanto 27 anni, subisce la stessa sorte toccata a molte stelline dei decenni precedenti; di lei si perdono completamente le tracce e non comparirà più in nessuna produzione cinematografica. dall’oblio viene tolta ogni qual volta viene riproposto uno dei film che ha girato nel suo periodo migliore, tra il 1975 e il 1979; le nuove generazioni hanno così la possibilità di conoscere il volto sbarazzino e da eterna ragazzina di Leonora Fani, attrice di belle promesse ma destinata purtroppo ad una effimera notorietà.
Habibi, amor mío (1981)
Uomini di parola (1981)
Champagne… e fagioli (1980)
Giardino dell’Eden (1980)
Febbre a 40! (1980)
Peccati a Venezia (1980)
Giallo a Venezia (1979)
Sensitività (1979)
Nenè (1977)
Pensione paura (1977)
Il conto è chiuso (1976)
Bestialità (1976)
Calde labbra (1976)
Perché si uccidono (1976)
E la notte si tinse di sangue (1976)
Appuntamento con l’assassino (1975)
Lezioni private (1975)
Son tornate a fiorire le rose (1975)
Il domestico (1974)
Amore mio non farmi male (1974)
La svergognata (19749
Metti… che ti rompo il muso (1973)
La svergognata
Bestialità
Il giardino dell’Eden
Leonora Fani nel film Amore mio non farmi male
Eden no sono o Il giardino dell’Eden
Il giardino dell’Eden
Amore mio non farmi male
Champagne e fagioli
Perchè si uccidono (La merde)
Son tornate a fiorire le rose
Il ladrone
Divertente commedia ambientata durante i tempi della predicazione di Gesù in Galilea; Caleb, un simpatico furfante che vive di espedienti e trucchi, gira in lungo e in largo la regione, truffando e gabbando il prossimo, rubando bestiame, o ingannando i gonzi nei vari mercati nei quali si imbatte. Un giorno, autoinvitatosi ad un banchetto di nozze, assiste al miracolo di gesù che trasforma l’acqua in vino. Incuriosito da quello che ritiene a tutti gli effetti un trucco, Caleb cerca ad ogni modo di scoprire come abbia fatto Gesù a praticarlo.
Il problema principale, per Caleb, è rappresentato dalla potenziale concorrenza che l’uomo potrebbe fargli, rubandogli la scena e il mestiere. per cui l’uomo si ingegna per capirne i trucchi. Nei suoi vagabondaggi, Caleb incontra Debora, una prostituta che ben presto si innamora di lui; la donna, guarita proprio da Gesù dalla lebbra, finisce per diventare una specie di grillo parlante per Caleb, la cui indole fondamentalmente è buona.
Dopo numerose peripezie, dopo essere anche diventato l’amante del governatore Rufo, e aver tentato inutilmente di carpire i segreti della presunta magia di Gesù, Caleb finisce per essere arrestato per un vecchio furto, e condannato in concomitanza con il processo di Gesù, ne condivide la condanna alla crocefissione. Inchiodato sulla croce (legato, secondo la versione personale di Pasquale Festa Campanile) , quando ascolterà l’altro ladrone insultare Gesù, lo dfuenderà, dicendo “lascialo stare, lui non ha fatto nulla di male”.
Divertente la chiusura del film; Gesù, ascoltate le parole di Caleb, gli dice “Caleb, tu oggi sarai con me nel regno dei cieli ” e Caleb, con un ultimo guizzo di ironia gli risponde “vai avanti tu, Signore”
La trasposizione del romanzo appuntamento in cielo, scritto da Pasquale Festa Campanile viene proposto dallo stesso scrittore e regista in una versione scanzonata, di buon livello, che spicca anche per la sua visione ironica della storia di esù, mai blasfema, nemmeno dissacrante. E’ una commedia che basa tutto il ritmo narrativo sulle grottesche vicende di caleb, il buon ladrone figlio di una prostituta che ha una visione utilitaristica della vita, ma non fino al punto di essere cinicamente opportunista. Lo dimostra la storia d’amore con Debora e sopratutto il finale sulla croce, che redime il buon ladrone da tutti i torti passati.
Il film si avvale della divertente sceneggiatura del regista, che ha avuto anche il merito di aver scelto l’attore migliore per il ruolo di Caleb, quel Enrico Montesano bravissimo nel delinearne le peculiarità, aiutato da una splendida Edwige Fenech, nei panni di Debora, uno dei ruoli meglio interpretati in carriera. Il cast è arricchito anche dalla presenza di Daniele Vargas nei panni del governatore Rufo, da Claudio Cassinelli, che interpreta in maniera in verità un tantino stralunata Gesù,
da Bernadette Lafont, che interpreta il ruolo della moglie di Rufo, da Enzo Robutti, il romano beffato da Caleb con il presunto filtro dell’invisibilità. Un bel film, allegro e scanzonato, pieno di trovate e sopratutto scevro da volgarità gratuite; un film che Pasquale Festa Campanile, regista lucano, dirige con allegria, e si vede. A tratti la mimica di Montesano sembra ispirare allo spettatore un senso di complicità, dovuta all’evidente calo nella parte dell’attore, che sembra divertirsi un mondo nel dispensare beffe e inganni.
Il Novella 2000 del cinema, il Morandini, ne riporta un giudizio poco lusinghiero. Evidentemente la comicità è un concetto che i soloni della critica affrontano mal volentieri, limitandosi a ridere davanti alle avventure dei soliti registi mongoli o della Corea, quelli che loro amano tanto.
Il ladrone, un film di Pasquale Festa Campanile. Con Enrico Montesano, Bernadette Lafont, Edwige Fenech, Claudio Cassinelli, Enzo Robutti, Daniele Vargas, Anna Orso, Susanna Martinkova
Drammatico, durata 112 min. – Italia 1980.
Edwige Fenech: Deborah
Enrico Montesano: Caleb
Bernadette Lafont: Appula
Claudio Cassinelli: Gesù
Enzo Robutti: centurione
Susanna Martinková: Marta
Anna Orso: Maria
Daniele Vargas: Rufo, Governatore
Sara Franchetti: Maddalena
Auretta Gay: ragazza del lupanare
Stefania D’Amario: moglie del riccone
Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Pasquale Festa Campanile (dal suo romanzo omonimo)
Sceneggiatura Renato Ghiotto
Ottavio Jemma
Santino Spartà
Stefano Ubezio
Scenografia Enrico Fiorentini
La bestia in calore
Quando si è a corto di mezzi, si può anche girare un film interessante, purchè sia sorretto da una valida sceneggiatura, degli attori in gamba, delle location affascinanti o in tema con il film. In casi limite si può anche fare a meno di tutte e tre le cose e ottenere comunque prodotti dignitosi (è il caso di Blair witch project, per esempio), grazie ad una storia innovativa o quanto meno grazie ad un soggetto che si lascia guardare.
La bestia in calore, film del 1977, diretto da Luigi Batzella, non possiede nemmeno uno degli ingredienti citati, nemmeno per errore.Appartenente alla categoria dei nazi-exploitation, film nati con la maliziosa intenzione di mostrare gli orrori dei nazisti accanto a procaci fanciulle che subiscono atroci torture degne di menti malate, La bestia in calore è uno dei prodotti più beceri in assoluto, più squallidi e contemporaneamente più inutili dell’intera storia del cinema.
Avventurarsi in una descrizione sinottica del film significa essere autolesionisti, eppure ci provo. La storia (storia?) prende corpo attorno alla dottoressa la Ellen Kratsch conduce degli esperimenti genetici che dovrebbero servire alla creazione di una razza superiore. L’esperimento riesce e viene fuori una creatura umana dai tratti bestiali, dagli istinti sessuali animaleschi.
Nel frattempo la resistenza, che tenta in ogni modo di sabotare i tedeschi, deve anche fronteggiare questo pericolo, perchè le donne dei vari paesi dei dintorni vengono date in pasto (naturalmente sessuale) all’orrida creatura, con l’intento di far confessare loro improbabili informazioni sui nascondigli partigiani. naturalmente il finale vede la dottoressa Kratsch cadere preda della creatura da lei costruita, ed entrambi uccisi dai partigiani, evidentemente stomacati dalla scena di orrore che si svolge sotto i loro occhi.
Macha Magall
La trama potrebbe presentare anche qualche motivo di interesse, non fosse per lo spaventoso dilettantismo degli attori (l’unica cosa decente è Baccaro che interpreta la creatura), assolutamente privi di espressioni, anzi, alle volte comici nel loro presappochismo, per le scene di sadismo, girate con evidente scarsità di mezzi, per il recupero di vecchie scene prese da altri film e sopratutto per alcuni errori addirittura infantili nelle riprese.
Si veda per esempio la croce uncinata al contrario (sic) , la gabbia in cui è rinchiusa la creatura feroce le cui sbarre ondeggiano, le scene di guerra con granate che alzano mezzo metro di polvere e altre amenità del genere, in un pasticcio inverecondo che muove molto più al riso che all’incubo.Film completamente sconclusionato (partigiani credibili come le bugie di Pinocchio ecc), questo film ha finito con il passare del tempo per assurgere a cult di un certo tipo di cinema, lo z movie, ovvero i film più strampalati della storia. assolutamente ridicole le scene di violenza, fra le quali il top è rappresentato da Baccaro che strappa i peli pubici di una prigioniera prima di mangiarseli con evidente gusto. Altre scene diventate culto riguardano la tortura applicata ad una ragazza, praticata tramite l’inserimento nelle parti intime di elettrodi e le tradizionali unghie strappate a caldo.

Brigitte Skay ( non accreditata)
Un film assolutamente e totalmente indecoroso, diretto da cani e interpretato da cani, giudizio al quale non si sottrae neppure Macha Magall, attrice di qualche talento, che non è credibile in alcun modo nel ruolo della sadica dottoressa. Questo è trash, allo stato puro, un weird movie del quale si dice che non abbia nemmeno avuto una distribuzione cinematografica; un peccato davvero venialissimo, che ha risparmiato agli spettatori la visione di una bruttura assolutamente unica nel suo genere.
La bestia in calore ,un film di Paolo Solvay (Luigi Batzella). con Alfredo Rizzo, John Braun, Macha Magal, Kim Gatti.Xiros Papas, Salvatore Baccaro, Brigitte Skay
Erotico, durata 92 min. – Italia 1977.
Macha Magall: dottoressa Ellen Kratsch
Gino Turini: Drago
Salvatore Baccaro: bestia (come Sal Boris)
Ciro Papa: lupo (come Xiro Papas)

Regia Luigi Batzella (come Ivan Katansky)
Sceneggiatura Luigi Batzella, Lorenzo Artale
Produttore Xiro Papas (Ciro Papa)
Musiche Giuliano Sorgini
Anima persa
Cupo, tetro dramma famigliare diretto da Dino Risi nel 1976; Tino, un diciannovenne pittore poco convinto dei suoi mezzi, si reca a Venezia, ospite di un cugino di suo padre, Fabio, per frequentare una scuola di pittura. L’ingegner Fabio è una persona severa, colta, mentre sua moglie Elisa è una donna molto insicura, fragile e probabilmente anche dedita di nascosto all’alcool.

Vittorio Gasmann è l’Ingegner Bruno
Immediatamente Tino si rende conto dell’atmosfera claustrofobica della casa; una sera sente distintamente suonare un pianoforte, altre volte sente un calpestare di passi provenienti dalla soffitta. Chieste spiegazioni a sua zia, ne riceve in cambio vaghe risposte, così un giorno, grazie all’anziana servitrice di casa, apprende che in soffitta è rinchiuso Berto, un dottore esperto in scienze naturali che è fratello dell’ingegner Bruno, che vive segregato da tutto e isolato dopo aver perso il senno.
Poco alla volta Tino si rende conto che nella casa aleggia un mistero, terribile, sospeso nell’aria; tra mezze ammissioni, confessioni, Tino apprende da Elisa la storia di Berto: l’uomo è impazzito dopo aver causato la morte di Beba, la figlia di dieci anni del primo matrimonio di Elisa. L’uomo, che provava una passione morbosa per la bambina, aveva tentato di insidiarla, così un giorno Beba, scappando era caduta in un canale, affogando. Sorpreso da suo zio a rovistare con una sua amica modella di nudo in una stanza piena di ricordi della bimba, Tino aggiunge un tassello alla fosca storia; secondo la versione dell’ingegner Fabio, Beba è morta a causa di sua madre, che non aveva curato una sua polmonite, perchè gelosa dell’affetto che la bambina provava per lui.
Poco convinto dalle due versioni, Tino indaga e scopre che nella tomba di famiglia dell’ingegnere in realtà la bambina non è sepolta. Non solo: scopre anche che suo zio ha mentito sul lavoro, che non è più dipendente dell’azienda del gas da oltre 15 anni e che passa molto del suo tempo libero dilapidando il patrimonio della moglie al gioco. Sempre più turbato, Tino decide di conoscere il famoso Berto, rinchiuso in soffitta, e quando entrerà nella stanza, tutto il quadro della situazione diventerà chiaro all’improvviso, provocando la sua fuga da quella casa opprimente, con i suoi segreti e le sue bugie, immersa in un’aria di fosca pazzia.

“Perché i pazzi, come i bambini, conoscono la verità”
Sospeso tra il thriller, il dramma e il giallo, Anima persa regge benissimo fin quasi alla fine il suo copione; atmosfera opprimente, decadente, amplificata da una casa che sembra un museo settecentesco pieno di mistero e ombre. Fin quasi alla fine, dicevo, perchè proprio il finale lascia aperte le porte a una serie di domande, perchè spiazza lo spettatore con la sua soluzione imprevista, lasciando dubbi sui racconti dei protagonisti. Forse non è nemmeno questo il punto debole, quanto l’illogicità della situazione che si verrà a creare, con Beba che da figlia si trasforma in moglie, aprendo una voragine nella sceneggiatura.
Però, al di là di questo, il film si lascia guardare quasi come un thriller, pur nell’eccesso della recitazione di Vittorio Gasmann, troppo tesa al teatro e poco al cinema, pur al solito eccezionale per espressività. Brava anche Catherine Deneuve, che tratteggia benissimo il carattere docile, quasi succube di Elisa, una donna con molte ombre, assolutamente incomprensibile nel gioco che sosterrà fino alla fine. Bene anche Danilo Mattei, che forse alla fine risulta il migliore, con quella sua aria spersa di giovane candido messo di fronte ad una storia troppo grande per lui. Molti i dialoghi di rilievo, come quello tra Bruno ed Elisa: ““A volte penso che mi piacerebbe vivere in un rebus (Bruno)”. “Perchè, non è così? Non viviamo tutti dentro un rebus?/Elisa) ” , oppure la confessione di Elisa al nipote, preludio del drammatico finale: “Gli anni sono come una gomma che tutto cancella. Leggera, invisibile. Piano piano passa sugli occhi, sul naso, sulla bocca e rende tutto sfumato, incerto, confuso. Questa gomma la sento passare e ripassare ogni istante“. O ancora le parole che l’ingegner Bruno dice a Tino passando davanti al manicomio: “”Povere creature, colpevoli soltanto di non aver accettato il buon senso e le sue regole infami. Lo sai perché li tengono rinchiusi? Perché i pazzi, come i bambini, conoscono la verità. E la gente ha paura della verità“. Pazzia, claustrofobia, aria malsana, malata; questo si respira nel film prima della ventata di aria fresca rappresentata dalla partenza di Tino da Venezia, quando dice al gondoliere che lo trasporta ” I miei disegni valgono meno delle tele su cui sono stati fatti ” Un bel film, da riscoprire.
Anima persa, un film di Dino Risi. Con Vittorio Gassman, Catherine Deneuve, Danilo Mattei, Ester Carloni, Anicée Alvina, Gino Cavalieri, Michele Capuist, Ester Canoni
Thriller, b/n durata 100 min. – Italia 1977.
Vittorio Gassman: Fabio Stolz
Catherine Deneuve: Elisa Stolz
Danilo Mattei: Tino
Anicée Alvina: Lucia
Ester Carloni: Annetta
Michele Capnist: Il duca
Gino Cavalieri: professor Sattin
Regia Dino Risi
Soggetto Giovanni Arpino
Sceneggiatura Dino Risi, Bernardino Zapponi
Produttore Pio Angeletti Adriano De Micheli
Fotografia Tonino Delli Colli
Montaggio Alberto Galliti
Musiche Francis Lai
Scenografia Luciano Ricceri
Costumi Luciano Ricceri

La liceale
Capostipite del genere cinematografico ad ambientazione studentesca, con chiaro sfondo erotico/soft, La liceale, film di Michele Massimo Tarantini uscito nelle sale nel 1976, riunisce, per la prima volta, tutti i canoni che saranno la base di partenza per il futuro successo del genere, ovvero la presenza della bellona di turno, in questo caso imperonata dalla fresca e bella Gloria Guida, le spalle comiche, pronte a scatenarsi in gag spesso al limite del becero e del volgare, come Alvaro Vitali,
Gloria Guida
e l’utilizzo di buoni caratteristi dal passato e futuro illustre, come il sempre bravo Carotenuto, che diventerà preside in diverse pellicole, Gianfranco D’Angelo, classico professore, il bravissimo Enzo Cannavale. Anche questo film non si discosta poi molto da tutti i cloni usciti successivamente, distinguendosi però per una certa sobrietà di sceneggiatura, per i dialoghi meno sgangherati tipici dei prodotti successivi.
La trama è abbastanza semplice, e ci mostra la giovane Loredana, afflitta da una famiglia abbastanza sgangherata, in cui i due genitori, separati, svolgono una vita abbastanza frivola e libertina; sua madre infatti ha una relazione con un anonimo tipo privo di qualsiasi interesse, suo padre, che è imprenditore, sembra avere come unica occupazione la seduzione di giovani pulzelle. Loredana sembra adattarsi a questo stile di vita frivolo e anche amorale dei suoi genitori, dedicandosi con entusiasmo (molto sospetto) allo stesso sport, distribuendo la sua virtù con troppa facilità.
E poichè Loredana tutto è tranne che una cima, che affascina solo per la sua prorompente vitalità e sopratutto per la sua esuberanza carnale, accade che dopo aver sedotto compagni e insegnanti, conoscenti e quant’ altro, anche se solo dal punto di vista della semplice eccitazione, alla fine cade nelle braccia di un collaboratore del padre, che ne approfitterà senza scrupoli per poi abbandonarla.
Così la giovane Loredana, che ha anche eccitato in maniera indecorosa un giovane compagno, facendo con lui il bagno nuda in uno specchio d’acqua, riceverà una specie di giusta punizione per aver tanto mostrato e poco concluso. Morale finale abbastanza spicciola, un tanto al chilo, ma come già evidenziato, il film colpì gli spettatori in virtù più che altro della presenza della prorompente Gloria Guida, qui nel massimo fulgore, che si espone generosamente agli sguardi del suo affezionato pubblico.
Spazio nella pellicola anche per la futura onorevole Ilona Staller, per qualche risatina, tirata fuori però davvero con sforzo e spazio sopratutto all’epidermide. In fondo il successo di questi prodotti va ascritto sicuramente alle grazie femminile, e quelle della Guida erano davvero di prim’ordine.
La liceale, un film di Michele Massimo Tarantini. Con Gloria Guida, Gianfranco D’Angelo, Giuseppe Pambieri, Alvaro Vitali, Gisella Sofio, Ilona Staller, Enzo Cannavale, Mario Carotenuto, Rodolfo Bigotti, Angela Doria, Enrico Abate, Renzo Marignano, Franco Diogene
Commedia, durata 90 min. – Italia 1976.

Gloria Guida con Gianfranco D’Angelo
Gloria Guida: Loredana D’Amico
Giuseppe Pambieri: dott. Marco Salvi
Gianfranco D’Angelo: prof. Guidi
Gisella Sofio: Elvira D’Amico, madre di Loredana
Rodolfo Bigotti: Gianni Montrone
Alvaro Vitali: Petruzzo Sciacca
Enzo Cannavale: Osvaldo, amante di Elvira
Mario Carotenuto: comm. D’Amico, padre di Loredana
Angela Doria: Lucia
Ilona Staller: Monica
Franco Diogene: amante di Monica
Marcello Martana: padre di Lucia
Renzo Marignano: prof. Mancinelli
Regia Michele Massimo Tarantini
Soggetto Francesco Milizia
Sceneggiatura Francesco Milizia, Marino Onorati, Michele Massimo Tarantini
Produttore Luciano Martino
Produttore esecutivo Gianni Saragò
Casa di produzione Dania Film
Distribuzione (Italia) Inter Record cinematografica
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche Vittorio Pezzolla
Scenografia Elio Micheli
Costumi Elio Micheli
Trucco Claudia Giustini
La moglie di mio padre
Un ricco industriale e vedovo lombardo, Antonio, convola a nozze con una donna parecchio più giovane di lui; l’uomo va in crisi ilgiorno in cui si rende conto di non poter appagare sessualmente la moglie, iniziando così una relazione adulterina, anche se passeggera, con una giovanissima. La situazione si complica notevolmente con l’arrivo di Claudio, figlio dell’industriale, giovane playboy che ben presto scopre di essere attratto, ricambiato, dalla giovane matrigna.
Luigi Pistilli
La donna, Laura, nutre dubbi su se stessa, incolpandosi in qualche modo dei problemi del marito, finendo per ingaggiare una prostituta per prendere lezioni di seduzione. Tutto finisce in tragedia quando la donna, andato via il giovane Claudio, rifiuta di tornare con il marito, preferendo la sua nuova vita indipendente; Antonio non accetta la cosa e l’uccide.
Carroll Baker
Immerso in un’atmosfera opprimente, decadente, La moglie di mio padre è un film con qualche pregio e moltissime pecche; se riesce, in qualche modo, ad essere una visione del disfacimento della famiglia (siamo negli anni settanta, nel 1976 per la precisione), dei suoi valori ormai in crisi, non sfugge alla logica di una sceneggiatura semplicistica e piena di pecche.
A parte il triangolo ormai abusato marito-moglie-figlio, appare evidentissima la distonia tra la storia e le scene di erotismo, nelle quali c’è anche, insolitamente, il bravo Adolfo Celi, che non riesce con il mestiere a coprire l’evidente imbarazzo. Bene invece Carroll Baker, sempre capace di ricoprire il ruolo assegnato con grazia e bravura. Un film in tono minore, nonostante il cast fosse di buon livello; vanno citati anche Cesare Barro, nel ruolo del giovane Claudio, Luigi Pistilli in quello dello psicanalista dell’industriale,
Gabriella Giorgelli
la solita bellissima Femi Benussi nel ruolo di una moglie fin troppo disponibile e quello della giovane e sfortunata Jenny Tamburi in quello di un’amica della Baker. Il film è diretto da Andrea Bianchi, che in passato aveva diretto diligentemente Nude per l’assassino, con taglio molto pesante, forse troppo per una pellicola con molte pretese assolutamente ridimensionabili dopo la sua visione.
Adolfo Celi
La moglie di mio padre, un film di Andrea Bianchi. Con Adolfo Celi, Carroll Baker, Jenny Tamburi, Cesare Barro,Luigi Pistilli, Femi Benussi, Gabriella Giorgelli
Erotico, durata 92 min. – Italia 1976.
Carroll Baker: Laura
Adolfo Celi: Antonio
Cesare Barro: Claudio
Luigi Pistilli: Carlo
Gabriella Giorgelli: Prostituta
Dada Gallotti: amica di Patrizia
Caterina Barbero: Gabriella
Carla Spessato: Magda
Femi Benussi: Patrizia
Jenny Tamburi: Diana
Regia Andrea Bianchi
Soggetto Andrea Bianchi, Massimo Felisatti
Sceneggiatura Andrea Bianchi, Massimo Felisatti
Produttore Enzo Doria
Casa di produzione Capitol International, Koala Cinematografica
Fotografia Franco Delli Colli, Franco Villa
Montaggio Mariano Arditi
Musiche Guido De Angelis, Maurizio De Angelis
Trucco Romana Piolanti
Emanuelle nera Orient reportage

Il successo riscosso da Emanuelle nera di Adalberto Albertini, uscito nel 1975, convinse il nostro Aroìistide Massacesi, in arte Joe D’Amato, a puntare decisamente sul personaggio, ampliandone in qualche modo la psicologia e creando ad arte il personaggio di Emanuelle nera, interpretata da Laura Gemser, come eroina di una saga che vedrà numerosi sequel, ben 13, che usciranno in varie parti del mondo con titoli differenti, creando una confusione totale attorno alla serie, per l’abitudine dei vari distributori a cambiare il titolo del film.
Cosa che accadde anche alla seconda puntata di Emanuelle, anche se è sicuramente riduttivo parlare di seguito, in quanto il prodotto lanciato da D’Amato introduce numerose alternative a quello originale. Emanuelle nera Orient reportage, uscito in America come Emanuelle in Bangcock, in Germania come Emanuelle nera 2, che diverrà poi il titolo di un’altra produzione italiana, diretta nuovamente da Albertini,
Laura Gemser
riprende il personaggio di Emanuelle, giovane ed affascinante reporter nonchè disinibita e spregiudicata donna alla ricerca di emozioni forti, ne amplia il raggio d’azione e ne amplifica le doti di gran seduttrice, sensibile al fascino maschile ma anche a quello femminile, diventando, con il passare del tempo, un personaggio assolutamente spregiudicato, libero e senza vincoli.
Ely Galleani
Il film è ambientato inizialmente a Venezia, dove Emanuelle incontra un vecchio amico, Robert, che la invita ad un viaggio in oriente. L’uomo, un archeologo, arriva in Oriente con l’intenzione di dedicarsi ai suoi scavi, mentre Emanuelle rimane ospite del principe Sanit; mentre Emanuelle spera di realizzare un servizio fotografico sul re, il principe ne approfitta per tentare un’opera di seduzione della reporter, convincendola ad assistere a complessi rituali erotici, atti a insegnarle la padronanza perfetta dell’ orgasmo.
Le cose cambiano quando il principe, accusato di aver tramato contro la vita del re viene arrestato, mentre ad Emanuelle viene rubato tutto, dl passaporto ai soldi fino all’attrezzatura fotografica. La donna conosce così l’ambasciatore americano e sua figlia, con la quale intreccia una relazione saffica. recuperato quanto le serviva, Emanuelle riparte per l’Europa, piantando anche Robert, come aveva già fatto con principe, figlia del console, tuareg vari e amanti occasionali incontrati nel corso del suo viaggio, in fuga verso nuove avventure.
Joe D’Amato, il regista, vira notevolmente verso l’erotico più spinto la storia di Emanuelle, rendendola più libera e disinibita; il tutto si traduce, naturalmente, nel classico cinema di Massacesi, fatto di un erotismo spinto, ammiccante, con grande cura dei particolari e delle scenografie, oltre che delle bellezze sedotte dalla libertina reporter. In questo caso le due donne sono Ely Galleani che interpreta Frances e Debra Berger, che interpreta Deborah, figlia dell’ambasciatore in Thailandia.
Avventura, sesso, esotismo; questa la ricetta di D’Amato per il suo film, una ricetta che trasporterò nel lavoro successivo, quando utilizzerà ancora la Gemser e Tinti come attori principali, aggiungendo un tocco di sfrenato erotismo rappresentato da Paola Senatore,Marina Hedman e Lorraine De Selle.
Emanuelle nera Orient reportage, regia Joe d’Amato (Aristide Massaccesi)
Con Laure Gemser, Gabriele Tinti, Ely Galleani, Cris Avram, Ivan Rassimov, Venantino Venantini, Giacomo Rossi Stuart, Gaby Bourgois, Koike Mahoco, Fausto Di Bella, Attilio Duse, Debra Berger
Laura Gemser: Mae Jordan, detta Emanuelle
Gabriele Tinti: Robert
Ely Galleani: Frances
Ivan Rassimov: principe Sanit
Venantino Venantini: console
Giacomo Rossi Stuart: Jimmy
Koike Mahoco: Gee
Chris Avram: Thomas Quizet
Debra Berger: Debora

Regia Joe D’Amato
Soggetto Maria Pia Fusco, Piero Vivarelli, Ottavio Alessi
Sceneggiatura Maria Pia Fusco
Produttore Oscar Santaniello
Fotografia Aristide Massaccesi
Montaggio Vincenzo Tomassi
Musiche Nico Fidenco
Scenografia Franco Gaudenzi























































































































































































































































































