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Profumo di donna

Profumo di donna locandina

A Giovanni Bertazzi, una giovane recluta in permesso premio viene affidato un compito all’apparenza molto semplice: fare da attendente al capitano in pensione Fausto Consolo che è rimasto privo della vista e di un arto in seguito ad una esplosione.
Il compito di Giovanni è anche quello di accompagnare il Capitano a Napoli, dove dovrà incontrare il suo vecchio amico Vincenzo privo anch’esso della vista.
Partiti in treno da Torino, i due fanno tappa a Genova, ove il Capitano affida al giovane il compito di procurargli una prostituta, cosa che Giovanni fa con riluttanza mentre nella fermata successiva nella capitale, la scena è tutta riservata all’incontro tra Fausto e un suo cugino prete dal quale scaturirà un dialogo crudele in cui tutta l’amarezza del capitano sulla sua triste condizione fisica si scontrerà con la logica un pò farisea di Don Carlo.

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Agostina Belli

A Napoli i due finalmente incontrano Vincenzo e qui trovano la bellissima Sara che ha conosciuto da piccola il Capitano e che da allora è invaghita di lui. La donna tenta di corteggiare Fausto, ma quest’ultimo è arrivato nella città partenopea con un solo scopo, quello di suicidarsi con l’amico Vincenzo. Il progetto dei due fallirà per imperizia e per un sussulto di autoconservazione; se prima Fausto aveva respinto fermamente la corte della ragazza, nelle ultime drammatiche sequenze, quando capisce di non poter vivere da solo, chiama a se disperatamente la donna. Giovanni può tornare a casa, sicuramente arricchito dall’esperienza di aver conosciuto quell’uomo che così tanto gli ha insegnato.
Questa in estrema sintesi la trama di Profumo di donna, film diretto dal grande Dino Risi nel 1974, che sceneggiò con Ruggero Maccari una riduzione cinematografica del romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino.

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Vittorio Gassman

Un film davvero molto bello, sia come ambientazione sia come storia tout court, che si dipana attorno al confronto generazionale tra Fausto e Giovanni, un rapporto che diverrà nei pochi giorni in cui i due viaggeranno assieme, quasi una sorta di apologo tra due ruoli opposti ma che alla fine potranno arrivare a toccarsi, un rapporto padre/figlio che tali non sono geneticamente ma che trova alcun punti di contatto che avvicinano i due personaggi principali.
In mezzo le lezioni di vita del capitano, reso cinico dalla sofferenza e dalla perdita della vista, che serviranno all’ingenuo Giovanni per capire che la vita offre tante sfaccettature quante lui non riesca ad immaginare per mancanza di esperienza e per l’inevitabile immaturità.
Giovanni imparerà alcuni dettagli che potranno servirgli nella vita, come distinguere una donna e il suo lavoro solamente attraverso l’olfatto oppure cosa più importante a non fidarsi mai delle apparenze.

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La regina del circo, Moira Orfei, interpreta la parte della prostituta chiesta dal Capitano e cercata da Giovanni

Perchè dietro la mancanza della vista e il cinismo che Fausto mostra al suo giovane attendente c’è il dramma di un uomo che non è solo un semplice non vedente, ma un uomo profondamente solo che vede però molto meglio di tanti suoi simili normo dotati.
Lo dimostra quando riesce ad aprire gli occhi a Giovanni sull’infedeltà della sua fidanzatina, quando riesce a mettere in un angolo Don Carlo e i discorsi abbastanza banali e retorici che quest’ ultimo fa giustificando con la fede l’esistenza del male; un discorso puamente teorico che il sacerdote fa non avendo sperimentato sulla sua pelle il male e il dolore fisico.
Anche Vincenzo, che pure è un non vedente come Fausto, in realtà non possiede le caratteritiche del Capitano, la sua profonda perspicacia, quel cinismo latente e dolente che porta il capitano a vedere oltre l’apparenza e che in pratica lo costringe a isolarsi da tutti, come mostrerà nel corso del suo tormentato rapporto con Sara, che vorrebbe amare e che proprio per questo respinge.

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Hai sentito? Odore di femmina!

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La risata beffarda di Fausto all’offerta da parte di Sara del suo amore

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Sara fugge in lacrime, rifiutata dal Capitano

Sara, che ama profondamente il Capitano, riuscirà a far breccia nel cuore di Fausto proprio nel momento in cui lo stesso mostra tutta la fragilità che si nasconde dietro la sua teoria; il fallito suicidio mostra a Fausto quanta importanza possa avere ancora per lui un ostegno morale ancorchè fisico, sopratutto se questo gli viene donato dall’unica persona che in fondo lo ama davvero.
Perchè Vincenzo è solo un amico peraltro non particolarmente acuto come lui e Giovanni è solo un personaggio che transita per qualche istante nella sua vita; cos’altro resta al Capitano a cui aggraparsi, quale speranza può nutrire ancora se non quella di prendere quell’amore disinteressato che Sara gli mostra?
Se Profumo di donna ha delle lacune, queste vengono letteralmente oscurate dalla gigantesca prova d’attore di Vittorio Gassman, che da corpo ad una delle più belle e intense rapresentazioni di un personaggio nella storia del cinema. Talmente convincente da sembrare quasi una proiezione di un alter ego nascosto,  una rappresentazione visiva del proprio intimo che probabilmente non era tanto lontano da quello del Capitano Fausto.
Gassman recita a tutto tondo, assecondato dal compianto, bravissimo Alessandro Momo che di li a poco sarebbe scomparso tragicamente (Roma, 20 novembre del 1974) in seguito ad un incidente motociclistico che procurò dei guai all’attrice Eleonora Giorgi, proprietaria del mezzo con cui Momo ebbe l’incidente fatale. L’attore infatti non aveva ancora compiuto 18 anni essendo nato a Roma il 25 novembre del 1956.

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Lo sfortunato Alessandro Momo

Un destino tragico, quello di Momo, morire 5 giorni prima del suo compleanno proprio mentre si stava affermando come una giovane star in seguito ai successi travolgenti dei due film da lui interpretati sotto la regia di Salvatore Samperi, Malizia e Peccato veniale.
Anche Agostina Belli mostra tutto il suo talento nell’interpretazione della giovane Sara: curiosamente in alcune recensioni la Belli viene ridimensionata, mentre in realtà riesce a caratterizzare benissimo il personaggio della dolce Sara, ancora di salvezza e unico futuro possibile per il maturo Capitano.
Il film di Risi è armonico e ben calibrato e diventerà uno dei punti fermi della cinematografia italiana degli anni settanta.
A pensarla nello stesso modo infatti furono i giurati del premi David di Donatello, che premiarono Risi per la miglior regia dell’anno e Gassman per la migliore interpretazione; l’attore genovese bissò il risultato l’anno dopo a Cannes dove venne nuovamente insignito del premio per la migliore interpretazione maschile. Nel 1976 il film ottenne anche il Cesar come miglior film.

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L’ultimo dialogo tra due amici

Profumo di donna,un film di Dino Risi. Con Vittorio Gassman, Agostina Belli, Moira Orfei, Alessandro Momo, Franco Ricci,Lorenzo Piani, Vernon Dobtcheff, Carla Mancini, Alvaro Vitali, Elena Veronese, Sergio Di Pinto, Stefania Spugnini, Torindo Bernardi, Al Pacino
Commedia, durata 100 min. – Italia 1974.

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Profumo di donna banner personaggi

Vittorio Gassman: Capitano Fausto Consolo
Alessandro Momo: Giovanni Bertazzi
Agostina Belli: Sara
Moira Orfei: Mirka
Torindo Bernardi: Vincenzo
Alvaro Vitali: Vittorio, il barista
Franco Ricci: Tenente Giacomino
Elena Veronese: Michelina
Stefania Spugnini: Candida
Marisa Volonnino: Ines
Sergio Di Pinto: Raffaele
Vernon Dobtcheff: Don Carlo

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Regia     Dino Risi
Soggetto     Giovanni Arpino
Sceneggiatura     Ruggero Maccari, Dino Risi
Fotografia     Claudio Cirillo
Montaggio     Alberto Gallitti
Musiche     Armando Trovajoli
Scenografia     Lorenzo Baraldi
Costumi     Benito Persico

Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

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Ottima regìa. Gassman immenso pur quando gigioneggia, il povero Momo bravino, la Belli (non credibile come napoletana) di una bellezza e di una freschezza tanto note quanto notevoli. Ci sono pure Alvaro Vitali e Di Pinto. Vernon Dobtcheff, non accreditato, è un ottimo Don Carlo. L’unica cosa che stona è il finale, diverso rispetto al libro, che in molti passi è seguito parola per parola. Commedia drammatica che sfocia nel lacrimoso, ma di alto livello. Ruffianamente bella la musica di Trovajoli.

Bel film di Dino Risi, decisamente superiore al remake americano, che tuttavia si avvale della presenza di Pacino. Il film, la cui buona sceneggiatura è tratta da un romanzo di Arpino, è dominato dalla figura del protagonista, interpretato da un Gassman che giganteggia sul resto del cast, dando vita a una figura che è nel contempo esplosiva, ma anche cinica e tragica, per un film dal retrogusto amaro.

Successone, e vetrina per un formidabile (e incontenibile) Gassman, che si mangia a merenda tutto il cast (però Momo è perfetto per la parte, poverino). Amaro, poco consolatorio, non un Risi capitale, ma comunque eccellente e superiore – nonostante la superlativa prova di Pacino – al pur valido remake. La Belli ha recentemente confessato pessimi ricordi del clima sul set, che a suo dire la videro spesso presa nel mezzo fra i due Grandi Cinici.

Timido militare di leva deve accompagnare in viaggio un ufficiale cieco. Un film bellissimo sulla storia potente di un vecchio allupato, esuberante e loquace, che umilia un ragazzo spalancandogli però le porte a un mondo diverso e conturbante. I toni da commedia all’italiana, che accompagnano tutto il lavoro riservando molte occasioni di riso o sorriso, sottolineano questo divario, ma soprattutto l’amaro baratro della solitudine in cui sta il protagonista (un grandissimo Gassman), rivelandoci la sua intima fragilità dietro la corazza di macho.

Grossa delusione. La partenza è in grande stile, all’insegna dell’istrionismo di un grandissimo Gassman, che nasconde la propria debolezza dietro una scorza di cinismo ed arroganza; poi, pian piano, tutto precipita verso un finale melenso e stucchevole, complice l’insopportabile personaggio della Belli, folle di un assurdo amore dettato da libidinosa pietà. C’è pure Alvaro Vitali, orribilmente (e imperdonabilmente) doppiato. Molto meglio il più vigoroso remake a stelle e strisce.

Discreto film di Risi dominato dalla grandissima prova di Gassman, l’assoluto protagonista di una bella storia che, grazie alla sua comicità spesso nera ed abbastanza cattiva (e nonostante qualche cedimento ad un po’ di patetismo), coinvolge e diverte non poco lo spettatore. Decisamente superiore allo scialbo rifacimento di Brest.

Commedia amara diretta da Dino Risi e ottimamente interpretata da Vittorio Gassman; non riuscita al 100%, comunque molto interessante e ben più valida del remake americano (interpretato da Al Pacino). Anche Alessandro Momo è ben addentro alla parte e Agostina Belli, sempre bellissima, se la cava, anche se improponibile come napoletana. Un buon esempio di drammatico che sfiora il melenso, ma che sa rimanere su buoni livelli. Da vedere.

Fino all’arrivo a Napoli un mezzo capolavoro, imperniato sia sul vivace road-movie intrapreso dall’austero comandante che tiene sotto schiaffo il timido cadetto sia, soprattutto, sulla figura di Gassman, che con una prova sontuosa si rilancia in grande stile dopo qualche anno di stanca. La tappa partenopea rallenta tutto il film, che si sposta troppo sul sentimentale, focalizzandosi sull’infelice personaggio incarnato dall’insipida Belli. Momo invece è molto credibile. Eccedono nel melò le belle note di Trovajoli. Diverso, ma non migliore del suo remake.

Sarebbe stato da 3 pallini, ma rovina tutto l’entrata in scena di Agostina Belli qui in una delle sue parti peggiori (non che reciti male.. ma il personaggio è veramente una lagna fuoriposto). Ottimi Momo e Gassman (uno dei nostri migliori attori di sempre), da dimenticare la Belli. Passabile nonostante le musiche tristi e la parentesi sentimentale.

Bellissimo film in cui il protagonista emerge con il suo cinismo che cela la disperazione per una realtà non accettata; Momo fa da contraltare come Trintignant nel Sorpasso (ma è ancor più giovane ed inesperto). Dolce la Belli, anche se non si comprende fino in fondo perché si innamori di una canaglia simile. Da ricordare il cameo di Moira Orfei. Il remake è proprio un altro film.

Un Gassman memorabile tratteggia ed interpreta un altezzoso ufficiale dell’Esercito non vedente a causa di un incidente sul campo. Dopo una valida prima parte, incentrata su un lungo viaggio in treno, la narrazione approda a Napoli, dove tra feste e riflessioni si rischia il tragico epilogo. Una splendida Belli ed un promettente ma sfortunato Momo, accompagnano il Mattatore in questa digressione sulla vita e sulla morte.

Sopra ogni cosa un film dei ricordi. Come si facciano film così carichi di sentimenti, è difficile da sapere, a noi comuni mortali il compito di saperli leggere. Il Gassman di questo film è inarrivabile: recitazione, contemplazione del proprio ego, sublimazione dei movimenti. Nei paraggi il resto del cast, ammira. Tutto funziona a meraviglia grande Risi. La Napoli piena di sole e incorniciata va bene così.

Melanconico a partire dal tema musicale che apre e chiude, ma con quella risata cinica che tra Risi e Gassman trova la sua naturale collocazione. Si perde talora in eccessi ma la sua bellezza sta di gran lunga nell’interpretazione del mattatore, qualcosa che spazza via il resto del cast: beffardo, drammatico, istrionico, cinico (appunto), fornisce una fotografia più che umana dell’uomo (non dimenticandosi di farlo notare tra i dialoghi finali). Da vedere.

Gassmann in una forma a dir poco strepitosa. Location tutte azzeccate. Paragonata all’interpretazione di Al Pacino che con questo film ha vinto l’Oscar, Gassman lo meriterebbe a maggior ragione postumo. Agostina Belli in questo film appare bella e affascinante come non mai.

Dino Risi è un grandissimo regista. L’ho scritto spesso e convintamente lo ribadisco oggi parlando di questo film, girato più di vent’anni fa. Era una storia bellissima, estratta da un romanzo di quel genio dimenticato che era Giovanni Arpino. Il libro si chiamava Il buio e il miele ed è una storia di un militare diventato cieco, della sua disperata vivacità, della poesia tragica della voglia di vivere, comunque, a ogni costo. Vittorio Gassman è il protagonista, in linea con i grandi personaggi con i quali aveva, negli anni precedenti, attraversato la miglior commedia italiana. » (Gian Luigi Rondi)

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È una fortuna essere ciechi perché i ciechi non vedono le cose come sono ma come immaginano che siano. (Fausto)
 Sai cos’è l’amico? Un uomo che ti conosce a fondo e nonostante ciò ti vuole bene. (Fausto)
Hai sentito? Odore di femmina! (Fausto)
Paura di che? Il peggio che ci poteva capitare ci è già capitato. (Fausto )
È una fortuna essere ciechi: perché i ciechi non vedono le cose come sono, ma come immaginano che siano.(Fausto)

luglio 22, 2011 Pubblicato da: | Drammatico | , , , , | Lascia un commento

La governante

La governante locandina 2

La famiglia Platania è un nucleo famigliare che ruota attorno alla figura del patriarca Leopoldo, rimasto vedovo e che vive con suo figlio Enrico, sua nuora Elena, i due nipotini e una domestica che asseconda le bizzarrie e le volontà di tutta la famiglia, una bella e ingenua ragazza siciliana di nome Jana.
Il gruppo vive una vita rispettabile, con Leopoldo che fa la vita del pensionato, dedicandosi principalmente a se stesso, mentre suo figlio Enrico dedica gran parte del suo tempo alle donne; Elena, una donna scioccherella con pretese di essere una intellettuale, accetta la corte di uno scrittore, peraltro molto discreta, ma in maniera platonica.
Il collante della famiglia è la religiosità, che viene ostentata in primis da Leopoldo; una religiosità di facciata, che prende dal cattolicesimo solo alcuni dettami, trascurando quelli che sono viceversa i fondamenti della religione stessa, la carità, l’altruismo ecc.

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Martine Brochard e Agostina Belli

Tutto verrà messo in discussione, incluso le vite dei singoli famigliari il giorno in cui arriva dalla Francia l’affascinante Catherine, con il compito di fare da governante e istitutrice; la donna ben presto entra in conflitto con Leopoldo proprio in materia di religione.
In una lunga discussione con lo stesso, Catherine rimprovera all’uomo proprio la religiosità esteriore, ostentata ma non praticata.
La donna dal canto suo ha un segreto che non rivela alla famiglia che la ospita; è scappata dalla Francia dopo il suicidio della sua amante.

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Paola Quattrini e Pino Caruso

La sessualità di Catherine, repressa per ovvi motivi, non ultimo il particolare concetto di peccato che Leopoldo ha verso tutto ciò che esula dalla “normalità” della sua fede esplode però a contatto con Jana.
La ragazza, bella e ingenua, turba Catherine, che scopre di essere attratta morbosamente da essa.
Così la donna mette in moto un meccanismo che avrà tragiche conseguenze; accusa Jana di avere tendenze lesbiche, provocando così l’allontanamento della stessa dalla famiglia.
Jana in lacrime e assolutamente innocente lascia la casa.

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Martine Brochard

Ma il destino ha in serbo per lei una sorte peggiore; durante il viaggio di ritorno verso casa Jana rimarrà vittima di un incidente ferroviario nel corso del quale perderà la vita.
Nella famiglia Platania tutto sembra tornare alla normalità.
Arriva una nuova cameriera, Francesca.

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Martine Brochard e Christa Linder

Leopoldo però scopre Catherine in atteggiamenti saffici con Francesca e si rende conto della realtà.
Durante un drammatico colloquio con la stessa Catherine, scopre il perchè della messa in scena e delle bugie dette dalla stessa ai danni di Jara.
Per evitare di “contaminarla” e di rovinare la sua purezza e ingenuità, Catherine ha fatto in modo di allontanarla da se, anche per non perdere il lavoro ma sopratutto per non perdere la stima di Leopoldo, che la tratta a volte da figlia a volte come una donna dalla quale è attratto.
Subito dopo la confessione Catherine scappa in camera sua e dopo aver appeso un lenzuolo ad un lampadario, si impicca.
Ma è destino che questa volta le cose vadano per il verso giusto.

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Allarmato da una frase che Catherine ha pronunciato, l’uomo corre in camera della donna e riesce a salvarla appena in tempo.
Dopo averla rianimata, la prende tra le braccia e cullandola la chiama figlia mia.
Diretto da Giovanni Grimaldi, poliedrico regista attivo sopratutto negli anni 50 e 60, La governante, uscito nelle sale nel 1974 è un film di buona fattura, al contrario di quanto sostenuto dal solito ineffabile Morandini che boccia il film come becero e triviale ed è tratto da un’omonima piece di Vitaliano Brancati.
Al contrario, la pellicola non presenta assolutamente ne linguaggio da caserma ne situazioni erotiche tali da far gridare allo scandalo.
Il film si distingue per una sua specifica eleganza e sobrietà e per la capacità di affrontare un tema così complesso come il rapporto tra la religione e la morale, attraverso il conflitto tra Leopoldo, uomo tradizionalista ed ancorato ad una visione della religione molto arcaica e la giovane Catherine, afflitta dai complessi di colpa e sicuramente disposta ben diversamente nei confronti della religione.
Se è vero che messo così il discorso sembrerebbe portare ad una visione di un film profondo e problematico, và detto che il tutto è affrontato in superficie, senza alcuna intenzione, da parte dello sceneggiatore, di impelagarsi in un’opera strutturalmente troppo complessa e che non poteva essere affrontata usando l’ironia e la leggerezza, cosa che invece nel film è predominante.

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Tutto viene affrontato e discusso quasi si fosse di fronte ad una giornata normale nella vita della classica famiglia media italiana, nello specifico siciliana, quindi vista con i difetti che generalmente venivano attribuiti alla stessa.
Quindi tendenza al conservatorismo, ipocrisia e sopratutto i soliti stereotipi del figlio macho e ruspante che tenta di sedurre tutto ciò che è di sesso femminile, incluse le cameriere e la governante, con tanto di aggiunta dell’immancabile amante.
Tuttavia il regista fa la sua parte, imbastendo una storia con una sua credibilità, anche se manca quasi completamente uno spessore dei personaggi che giustifichi la parte drammatica che si materializza dopo la prima metà del film stesso.
Il discorso dei sensi di colpa di Catherine è appena abbozzato, così come sono privi di qualsiasi spessore i personaggi di Elena, la scioccherella figlia di Leopoldo e della stessa Catherine, che sembra oscillare tra la sua incerta sessualità e la mortificazione che le arriva da un senso di estraneamento da quella famiglia che invece segue regole molto rigide, anche se viste con una morale molto elastica.
La recitazione dei vari attori è però molto convincente, a partire da Turi Ferro, perfettamente a suo agio nel ruolo di Leopoldo per proseguire con una affascinante Agostina Belli, la giovane e ingenua cameriera che finirà per essere l’unica a pagare per giunta per una colpa nemmeno immaginata e tanto meno accaduta.

Bene Martine Brochard, anche se leggermente rigida e monocorde nel tratteggiare la figura ambigua di Catherine mentre appaiono decisamente di contorno i ruoli di Pino Caruso, peraltro impeccabile nell’interpretazione del galletto Enrico, di Paola Quattrini, splendida e brava nel ruolo della svampita Elena.
Chiude il cast Christa Linder, che ha una piccola parte, quella della nuova cameriera che sostituisce Jara.
Per concludere, lasciate da parte i balzani consigli di Morandini e C. e guardatevi questo film che vale sicuramente il tempo speso davanti al televisore.

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La governante, un film di Gianni Grimaldi. Con Vittorio Caprioli, Paola Quattrini, Agostina Belli, Martine Brochard, Turi Ferro, Umberto Spadaro, Lorenzo Piani, Christa Linder, Pino Caruso
Commedia, durata 109 min. – Italia 1974.

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Turi Ferro – Leopoldo Platania
Agostina Belli – Jana
Martine Brochard – Catherine
Paola Quattrini – Elena
Vittorio Caprioli – Alessandro Bonivaglia
Pino Caruso – Enrico Platania
Christa Linder – Francesca

Regia: Gianni Grimaldi
Sceneggiatura: Gianni Grimaldi
Soggetto: Vitaliano Brancati
Musiche: Piero Umiliani
Editing: Daniele Alabiso
Fotografia : Gastone Di Giovanni

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Interessante trasposizione cinematografica di un celebre dramma di Brancati, il quale ebbe problemi di censura. L’opera risente della struttura teatrale, ma Gianni Grimaldi (che stavolta vola in temi alti) tiene bene il bàndolo e conduce in porto una pellicola interessante, con interpreti bravi. Il finale del testo originale viene, ahimé, profondamente cambiato. Da rivedere.

Piuttosto fedele al testo di origine (ispirato da una pièces teatrale di Vitaliano Brancati) ha la particolarità d’esser più vicino (per effetto contrario) al film di Samperi di quanto non ci si aspetti. Più della presenza di Turi Ferro, quello che ne fa un Malizia-speculare è la diversità sessuale della protagonista: una governante lesbica (giovane e di nazionalià francese) destinata (poiché spregiudicata e decisa) a scatenare pulsioni “carnali” di vario tipo in ogni abitante della casa presso la quale viene ingaggiata. Il dramma si sovrappone, gradualmente, al sotteso (ma presente) erotismo…

Riuscita notevole di Grimaldi, anche di una certa aderenza al grande Brancati, salvo nel finale e pur concedendo qualcosa alla commediola. Merito anche di un cast quasi perfetto (il quasi riguarda la Belli, tanto carina ma inadatta alla parte), con menzione d’onore per il superbo Caprioli nei panni dello scrittore di successo (Brancati vi parodiò Moravia, che se ne ebbe un po’ a male). Da vedere: si astenga però chi, fuorviato dal titolo e da Turi Ferro, si aspetti un sotto-Malizia.

Adattando l’opera di Brancati, Grimaldi dosa attentamente commedia alla siciliana e dramma, mantenendo spesso – specie durante le discussioni tra i personaggi – una struttura tipicamente teatrale. Le scene considerate più scabrose (lesbismo e masturbazione) sono più accennate che mostrate. Molto validi gli interpreti: primeggiano Ferro, Caprioli e la Brochard, ma anche le loro spalle sono azzeccate.

Il film l’ho visto tardivamente e debbo dire che ero piuttosto prevenuto, poiché il genere sexy-familiare in genere ha risultati piuttosto soporiferi; invece il film ha del ritmo e si segue con un certo entusiasmo: merito dell’ottimo cast e delle bellezze imprescindibili delle “donzelle”, tra le quali spicca (a mio avviso) una poco sfruttata dal cinema quale è Paola Quattrini. Un film di vecchio stampo e terribilmente “settantiano” nelle ambientazioni, ma azzeccato.

Film interessante dalla trama non banale, che parte e si sviluppa come classica commedia con stereotipi vari, ben sceneggiati e benissimo recitati (il siciliano tradizionalista e patriarca, il figlo inetto, la nuora milanese “moderna” e insoddisfatta, la governante francese, l’ossessione per le corna) per poi prendere una piega morbosa e concludersi in modo drammatico e inaspettato. Esilarante Vittorio Caprioli che scimmiotta Moravia, ottimi tutti gli interpreti, a cominciare dall’insondabile Martine Brochard.

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La governante foto 1

dicembre 3, 2010 Pubblicato da: | Drammatico | , , | 2 commenti

Il piatto piange

Il piatto piange locandina

Un gruppo di amici, oziosi e annoiati, si riunisce a Luino nell’albergo di uno della compagnia.
Siamo agli inizi degli anni Trenta, il fascismo è da poco al potere, ma al gruppo dei gaudenti poco importa, anzi.
A loro della politica interessa poco; le loro serate passano in interminabili partite a carte, fra sberleffi e boccacceschi racconti sulle prodezze amatorie dei componenti del gruppo.

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Il gruppo riunito

Sbruffonate, certo, ma non quelle di Mario Tonino detto il Camola; lui con le donne ha davvero fortuna, forse perchè affronta la vita e le cose come un gioco.

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Andrea Ferreol, la cantante moglie del capostazione

Camola è il segretario del locale avvocato, i suoi amici sono un barbiere, un capostazione, un professore…in pratica, gli uomini del paese che hanno una funzione sociale. Tutti insieme oziano, in una città che sembra oziosa allo stesso modo, incurante degli avvenimenti tragici che sembrano avvicinarsi come nubi nere; quando il gruppetto non è impegnato a giocare a carte, o a prendersi beffe dello Spreafico, il locale dirigente del partito fascista, frequentano la casa d’appuntamenti di Mamma Rosa, da poco trasferitasi con le sue ragazze nel paese.

Il piatto piange 3

Il Camola ben presto seduce dapprima la moglie di un casellante delle ferrovie, poi la bella Ines, la ragazza più bella del paese e infine una giovane fascista.
Quest’ultima dopo che un mediconzolo gli ha diagnosticato una malattia venerea e dopo che un suo amico gli ha fatto bere la balla che per guarire deve andare con una ragazza ancora vergine.
Così, tra una beffa e un litigio, tra giochi e indolenza, si consumano le giornate del gruppo, mentre attorno a loro scorre pigramente la vita della cittadina, scossa solo dalla morte di Mamma Rosa e dalle spedizioni punitive dello Spreafico avvenute in concomitanza con i festeggiamenti del 21 aprile.

Il piatto piange 4Agostina Belli

Il piatto piange, diretto da Paolo Nuzzi nel 1974 e tratto dall’omonimo romanzo di Pietro Chiara, è una trasposizione abbastanza fedele del romanzo stesso, del quale cerca di ricostruire l’atmosfera indolente, pigra che lo caratterizza.
E lo fà in maniera abbastanza originale, perché il film scivola via senza grosse sbandate, riuscendo a catturare l’attenzione dello spettatore con i fatterelli, tutto sommato abbastanza banali, che avvengono nel paese.

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Due fotogrammi con la splendida Agostina Belli, Ines

Merito non solo della sceneggiatura a cui lavorarono in tre, lo stesso scrittore, il regista e Maria Pia Sollima, ma anche grazie al bel cast che il film riunisce attorno alla figura principale del Camola, interpretato molto bene da Aldo Maccione.
L’attore torinese da respiro al suo personaggio, un uomo dai robusti appetiti sessuali, poco disposto a prendere sul serio la vita o quello che gli accade intorno.

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Accanto a lui, il grande Erminio Macario, che interpreta il Brovelli, un reduce un pochino tocco della prima guerra mondiale che si prende lo sfizio di mollare una pedata nel didietro ad un fascista.
Molto bene anche la bella e brava Agostina Belli, la Ines bramata dal Camola (che riuscirà a goderne le grazie) e dal viscido Spreafico, che inutilmente le farà la corte.

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Ci sono poi Andrea Ferreol, l’unica ad andare sopra le righe con il  personaggio (un tantino isterico) della cantante lirica moglie del capostazione che fa becco il marito, c’è Guido Leontini che al solito interpreta il personaggio più antipatico del film, lo Spreafico.
E infine attori come Claudio Gora (il dottore), Daniele Vargas (l’Avvocato) e nientemeno che Bernard Blier nel ruolo del parroco.
Piccola parte per Maria Antonietta Beluzzi che interpreta Mamma Rosa; l’attrice, che aveva 44 anni all’epoca in cui fu girato il film, compare in una scena di nudo piuttosto ardito, anche se non particolarmente apprezzabile dal punto di vista estetico.

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Un film di buon livello, gradevole, che ha il merito di ricreare le atmosfere ovattate tipiche del romanzi di Chiara; un film in cui l’ironia è palpabile, che qualche vota esprime la stessa con guizzi beceri. Ma sono difetti davvero veniali, perchè il tutto non sfugge mai dalle mani del regista, che riesce a portare a termine un prodotto con dignità senza mai scivolare nella farsa. Il film è disponibile su You tube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=gmGd18l93k4 in una versione molto buona qualitativamente
Il piatto piange,

un film di Paolo Nuzzi. Con Erminio Macario, Agostina Belli, Andréa Ferréol, Aldo Maccione, Claudio Gora, Bernard Blier, Daniele Vargas, Elisa Mainardi, Renato Pinciroli, Lorenzo Piani, Vittorio Fanfoni, Loredana Martinez, Nazzareno Natale, Guido Leontini, Armando Brancia, Renato Paracchi, Franco Diogene, Angelo Pellegrino, Piero Chiara
Commedia, durata 110 min. – Italia 1974.

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Maria Antonietta Beluzzi, Mamma Rosa

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Aldo Maccione: Mario  Tonini detto il Camola
Erminio Macario: Brovelli
Agostina Belli: Ines
Maria Antonietta Beluzzi: mamma Rosa
Andréa Ferréol: Cantante lirica
Aldo Maccione: Mario “Camola” Tonini
Claudio Gora: Il dottor Ferri
Bernard Blier: Il parroco
Daniele Vargas: L’Avvocato
Elisa Mainardi: Wilma Sperzi
Renato Pinciroli: Rimediotti
Loredana Martinez: Flora
Nazzareno Natale: Bertinelli, lo stalliere
Guido Leontini: Spreafico
Armando Brancia: Mazzaturconi, il federale
Renato Paracchi: Il “cliente” di Bellinzona
Franco Diogene: Peppino, il barbiere
Angelo Pellegrino: Giuseppe Migliavacca, il sarto
Piero Chiara: Un cliente del caffè con giornale
Maria Antonietta Beluzzi: mamma Rosa

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Regia     Paolo Nuzzi
Soggetto     Piero Chiara,
Sceneggiatura     Piero Chiara, Paolo Nuzzi, Maria Pia Sollima
Fotografia     Arturo Zavattini
Montaggio     Antonio Siciliano
Musiche     Franco Micalizzi, Rudy Knabl, Sandro Blonksteiner
Scenografia     Mario Ambrosino
Costumi     Mario Ambrosino, Angela Parravicini

I commenti appartengono al sito http://www.davinotti.com

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“Non ho mai capito perché anche i cinefili dalla mente più aperta, più anticonformisti, sempre pronti a rivalutare ignobili filmacci, non abbiano mai riscoperto questa gradevole pellicola d’ambientazione provinciale (e d’epoca fascista), ispirata all’omonimo romanzo (1962) di Piero Chiara. Certo, non è perfetta, i tempi morti purtroppo non mancano, ma tutti gli interpreti sono affiatati e il risultato è comunque gradevolissimo da visionare.

Vezzosa pellicola di ambientazione luinese (in realtà girato ad Orta San Giulio: si vede anche l’isoletta in mezzo al Cùsio), con gradevolissimi caratteristi. Accanto ad un ottimo Maccione, ruotano l’Agostina , Gora, Diogene, Leontini, Maffioli, Vargas, Pellegrino… In più ci sono due assi come Bernard Blier (che ha la faccia di uno che è nato per fare l’attore) e Macario (non proprio eccelso, ma lo si guarda sempre con affetto). Film non grande, ma legittimamente di piccolo culto.

Distribuito nelle edicole (ormai in anni lontani, tipo 1996-1997) nella serie Commedia Sexy all’Italiana (Shendene & Moizzi) il film non brilla per ritmo, essendo statico (fissato attorno ad un tavolo) e costringendo a piangere, non solo il piatto, ma pure lo spettatore. Il pianto poi si dilunga, di fronte allo sperpero d’un cast di spessore (risalta il simpatico Macario) ed alla perfetta ricostruzione degli ambienti d’epoca (anni ’30). L’obiettivo del film è mancato in pieno, ma merita una visione.

Gustoso e salace, in tono con la poetica di Chiara (che co-sceneggia e fa una fugace apparizione su una panchina ad ammirare la Belli). Maccione straordinario, ricostruzione accurata. Un film riuscito.”

il piatto piange foto 1

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ottobre 21, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , | Lascia un commento

Conviene far bene l’amore

Conviene far bene l'amore locandina

Il primo decennio degli anni ottanta vede il nostro paese ( e tutti quelli del pianeta) alle prese con una crisi energetica senza soluzione. Sull’intero pianeta, infatti, le risorse sono definitivamente esaurite.Il mondo quindi è ripiombato indietro di secoli.Ferme le attività produttive, le auto, non si vola più, non ci sono più i treni e tutti gli orpelli della civiltà; le auto sono utilizzate come carrozze, trainate dai cavalli, e la gente deve inventarsi e industriarsi su come illuminare le case, sul come riscaldarsi ecc.

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L’esperimento sulla cavia volontaria, l’infermiera Piera, Eleonora Giorgi

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Gigi Proietti è il Professor Enrico Nobili

Ma c’è un giovane testardo, il  professor Enrico Nobili, che è convinto che si possa ancora fare qualcosa. Studiando le teorie del professor Reich, Enrico decide di sfruttarle per ottenere energia elettrica.

Il professor Reich era convinto che l’attività sessuale producesse energia, così il furbo Enrico decide di dimostrare la tesi del predecessore; convince alcuni suoi collaboratori a partecipare all’esperimento, in primis una sin troppo disponibile infermiera, alla quale applica degli elettrodi.

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La ragazza quindi ha un amplesso con un assistente, ma l’energia prodotta è davvero minima.Enrico decide di trovare due che abbiano più resistenza, e li trova in una coppia molto eterogenea; lui, Daniele Venturoli, direttore d’albergo, è un’insaziabile erotomane, sempre pronto a soddisfare le voglie di clienti e amiche, mentre lei, Francesca De Renzi, è un’insaziabile moglie con una caterva di figli.Con uno stratagemma Enrico li fa ricoverare in clinica e tra i due scoppia la passione.L’esperimento funziona alla perfezione,e Enrico riesce a far funzionare luci e anche ascensori della clinica.Enrico riesce a ottenere l’interessamento dei potenti, e dopo aver vinto anche la resistenza della chiesa, finisce per imporre la nuova fonte energetica.

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Adriana Asti è Irene Nobili

Ma da quel momento in poi l’atto sessuale diverrà consono solo alla produzione di energia e verrà bandito dai rapporti ogni genere di affettuosità e di complicità amorosa, svuotando così di fatto il rapporto sessuale.

Conviene far bene l’amore, film del 1975 diretto da Pasquale Festa Campanile, che adattò per lo schermo un suo romanzo, uscì nel periodo più critico per il pianeta, alle prese con una crisi energetica senza precedenti, che vide in poco tempo aumentare a dismisura il costo del petrolio, con conseguenza catastrofiche per le economie mondiali.

Festa Campanile la gettò sul ridere, ottenendo un film quanto meno non usuale, pieno di nudi femminili ma mai volgare e assolutamente lontano dalla commedia erotica.

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Agostina Belli è Francesca, Christian De Sica interpreta Daniele

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Grazie alle superbe bellezze di Eleonora Giorgi e di Agostina Belli, la moglie ninfomane, grazie anche al buon esordio di un irriconoscibile Christian De Sica, non ancora caratterizzato dal pesante accento romanesco, Festa Campanile ottiene un buon prodotto, che si regge bene grazie anche alla superba prova di Gigi Proietti, uno stralunato, stravagante professor Enrico Nobili, e al cast di buoni attori che compaiono in parti esilaranti, come Adriana Asti, moglie del professor Enrico, Mario Scaccia nella parte di un cardinale, Mario Pisu in quella di un onorevole ecc.

Un film privo di volgarità, come del resto nelle corde del regista, che usa il suo linguaggio visivo fatto di sottile ironia accompagnandosi con una sceneggiatura di buon livello.

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Il film resta in bilico tra la commedia leggera e quella impegnata, propendendo però decisamente per la prima; se le battute non sono esilaranti, si ride amaro davanti alla descrizione di una città ridotta a vivere di ricordi.

Bella la scena del rigattiere che vende un lampadario e delle lampadine, alcune fulminate e altre no all’incredibile prof. Nobili, assolutamente certo delle teorie di Reich, tanto da giocarsi il residuo prestigio di cui gode.

Da segnalare la bellissima Agostina Belli, a suo agio anche senza vestiti, nel ruolo più “nudo” che abbia interpretato sullo schermo; la sua innocente malizia è tra le cose migliori del film.

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Un film da riscoprire, alla luce della crisi energetica attuale, per riflettere su come 35 anni addietro avessero dovuto fare i conti con gli stessi problemi attuali, risolti da Campanile con una risata ironica e leggera.

Il film è disponibile su Youtube,in una buona versione all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=0MpAIC9jZEw

Conviene far bene l’amore,un film di Pasquale Festa Campanile. Con Mario Scaccia, Christian De Sica, Adriana Asti, Mario Pisu, Agostina Belli, Eleonora Giorgi, Luigi Proietti, Franco Agostini, Quinto Parmeggiani, Pietro Tordi, Oreste Lionello, Gino Pernice, John Karlsen, Armando Bandini, Monica Strebel, Mario Maranzana, Roberto Antonelli, Enzo Robutti, Loredana Martinez, Franco Angrisano, Aldo Reggiani, Franco Mazzieri, Salvatore Puntillo, Pupo De Luca, Leo Frasso, Ettore Carloni, Vincenzo Maggio, Tom Felleghy

Commedia, durata 106 min. – Italia 1975.

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Gigi Proietti     …     Prof. Enrico Nobili

Agostina Belli    …     Francesca De Renzi

Eleonora Giorgi    …     Piera

Christian De Sica    …     Daniele Venturoli

Mario Scaccia    …     Mons. Alberoni

Adriana Asti    …     Irene Nobili

Franco Agostini    …     Dr. Spina

Quinto Parmeggiani    …     De Renzi

Gino Pernice    …     Assistente

Mario Pisu    …     Ministro

Monica Strebel    …     Angela

Franco Angrisano    …     Landlord

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Regia:     Pasquale Festa Campanile

Soggetto:     Pasquale Festa Campanile (dal romanzo omonimo)

Sceneggiatura:     Pasquale Festa Campanile, Ottavio Jemma

Fotografia:     Franco Di Giacomo

Montaggio:     Sergio Montanari

Musiche:     Fred Bongusto

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Si ride e s’irride, nel film di Festa Campanile (autore anche dell’omonimo romanzo), con giovanile inventiva e ironico moralismo. La fantascienza erotica ha sempre una piega goliardica, e infatti anche qui molti spassi hanno radice in recite studentesche e numeri da avanspettacolo, benché l’idea risalga alle zampette della rana di Galvani; ma le argute e accorate riflessioni che Festa Campanile ne trae partecipano più della polemica con gli scienziati, i tecnologi e i sociologi del progresso che non dell’elogio dei sessuomaniaci. Il nostro autore furbetto, avvertendo con prensile fiuto che cresce la domanda di sentimento e il cipiglio ecologico, si allinea con prontezza, tuttavia senza perdere il suo gusto del piccante.

Il film, così, marcia allegramente in una ghirlanda di gag che coinvolgono satira della scienza e dei potenti, pochade e paradosso, cinema avveniristico e amabili spogliarelli. Vi sono squilibri e ovvietà, e la materia poteva offrire scavi più crudeli, ma l’ambizione non era poi altissima. Giustamente convinto che far ridere non costituisca una colpa, Festa Campanile è un autore per grandi platee. Se talvolta, diciamo anche spesso, è andato troppo sul facile, qui taglia per primo il traguardo, con armi scherzose ma oneste, d’un cinema per liete brigate, infastidite dalle porcheriole e dalle melensaggini. Il film, nonostante l’abbondanza di copule, è una novella pulita, che senza dirvi sul sesso più di quanto sappiate, vi persuade a non sciuparlo col farne un obbligo sociale.

Gli attori s’amano e si divertono. Christian De Sica è ben avviato sul cammino brillante apertogli da papà (colpisce ritrovarvi gesti e inflessioni, emersi dal cinema degli anni Quaranta). Agostina Belli ormai va tranquilla, dolce e graziosa, Eleonora Giorgi si spoglia con vezzi spiritosi, Adriana Asti fa macchia con gran classe, e Mario Scaccia è un esilarante monsignore, scandalizzato ma non troppo. Il peso maggiore è sulle spalle di Gigi Proietti, bravo e svelto nel dare colori assurdi e giocondi al premio Nobel dell’orgasmo. Musiche di Fred, di buon gusto.

Giovanni Grazzini,da Il Corriere della Sera, 13 aprile 1975

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Maggio 6, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , | Lascia un commento

Giochi di fuoco

Giochi di fuoco locandina

Di Alain Robbe-Grillet , regista francese scomparso recentemente, ho visto solo due film, Spostamenti progressivi del piacere e questo Giochi di fuoco, datato 1974; dico subito che i due film che ho visto sono un’autentica sfida visiva, giocati come sono su incastri degni delle famose scatole cinesi. Grillet si divertiva a montare, rismontare e poi montare ancora i film, trasformandoli a piacimento in corso d’opera, con il risultato di lasciare lo spettatore sconcertato di fronte agli improvvisi capovolgimenti di trama, di situazioni, con finali che mettevano a dura prova lo stesso spettatore.

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Agostina Belli

Va da se che a questo punto parlare di una trama lineare diventa impossibile,visto che il film in oggetto, Giochi di fuoco, assomiglia più ad un sogno ( o ad un incubo) , con continui capovolgimenti di logica, temporali e in ultimo anche di location.
Provo a descriverne sommariamente il plot, avvisando comunque che è ampiamente contestabile, a seconda di come uno abbia interpretato le scene.
Una ragazza, Carolina, viene apparentemente rapita mentre è in stazione; la ragazza è figlia di un banchiere, e tutto sembra avere immediatamente una logica. Ma Caroline non è stata rapita e rientra regolarmente a casa. Il padre riceve richieste di riscatto da una misteriosa organizzazione, e decide quindi di nascondere la ragazza in un posto particolare, una specie di pensionato molto lussuoso.

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Jean Louis Trintignant

A consigliarlo, in tal senso, è il commissario Laurent; ma il posto si rivela ben presto, agli occhi della ragazza, come un bordello di lusso, dove avvengono strani rituali e dove arrivano ragazze che vengono rapite per essere date in pasto ai frequentatori del posto.
Laurent convince Georges De Saxe, il padre della ragazza, a pagare l’ingente riscatto richiesto dai rapitori della stessa, ma il capo dei rapitori, Franz, con uno stratagemma si impossessa della somma, beffa i poliziotti facendo arrestare un suo complice e fugge.

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Anicee Alvina e Philippe Noiret

Nel frattempo Caroline riesce a liberarsi dei suoi carcerieri e scappa, ma viene riacciuffata poco dopo e ricondotta nel suo luogo di prigionia, dove però non arriverà mai; l’auto che la trasporta incrocia Franz in fuga e nasce un conflitto a fuoco tra gli ex compagni di Franz e lo stesso. L’auto sulla quale è Caroline si ribalta e la ragazza muore. Sembra tutto finito, ma ecco ancora un cambio di rotta del film. La ragazza riappare misteriosamente, raggiunge Franz e si invola con lo steso e il bottino.
Una trama che sembrerebbe quasi comprensibile se si esclude il finale; ma garantisco che raccontarla nel modo in cui ho riassunto il tutto richiede uno sforzo notevole di fantasia oltre che un adattamento ad un percorso logico che nel film è assolutamente da interpretare.

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Giochi di fuoco 1

Già dall’inizio bisogna districarsi tra il rapimento vero o presunto della ragazza, seguito subito dopo dalla presenza del doppio personaggio interpretato da Jean Louis Trintignant, ovvero il commissario Laurent e il rapitore Franz. Da questo momento in poi si naviga davvero a vista,perchè quello che si vede sembra essere capovolto nei fotogrammi successivi, con l’aggiunta di un ulteriore elemento di confusione, ovvero i dialoghi dei vari protagonisti, che sembrano parlare della trama stessa, delle sue evoluzioni, di fatti a loro accaduti (forse), portando il tutto, e di conseguenza lo spettatore, in una dimensione in cui l’onirico, il reale, sembrano confondersi senza soluzione di continuità. Così le figure dei protagonisti assumono ambivalenze completamente ambigue; Georges De Saxe è il padre della ragazza, ma è anche in contemporanea uno dei soci del famoso pensionato.

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Sylvia Kristel

Un gioco complesso, che finisce per portare lo spettatore in un labirinto di specchi, in cui l’uscita dallo stesso non è una sola, ma molteplice.
Un cinema fatto di divertimento, quello di Robbe Grillet, di stravolgimento dei canoni del cinema stesso, che diventa surrealista o anche iperrealista; lo spettatore deve capire il ero ruolo dei personaggi, o semplicemente adattarsi ad uno di essi, senza però attendersi una qualche rivelazione o uno sviluppo che indichi qual’è, ammesso che esista, la strada indicata dal regista.

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Film complicato e strambo, se vogliamo; per due ore si è chiamati a giocare, a fare gli investigatori, o semplicemente chiamati a districarsi tra le immagini. A confondere di più le idee, ecco una sovra esposizione di corpi nudi, a partire da quello generosamente esposto della compianta Anicee Alvina, protagonista anche di Spostamenti progressivi del piacere, attrice scomparsa improvvisamente nel 2006 a soli 53 anni, bravissima anche nel giocare il ruolo fondamentale di Caroline con una serie di espressioni facciali spiazzanti.Nel cast ci sono anche Philippe Noiret, figura ambigua e inclassificabile (immagino la faccia di un ipotetico spettatore che entri a metà film e che veda il banchiere fare il bagno alla figlia con occhi poco paterni), che tratteggia da par suo il personaggio rendendolo indecifrabile oltre ogni immaginazione.

C’è Jean Louis Trintignant, anch’egli reduce da Spostamenti progressivi del piacere, dopplerganger in due ruoli antitetici, poliziotto/bandito, enigmatico fino alle battute finali; c’è Agostina Belli, in un ruolo sacrificato, quello della cameriera di casa De Saxe, c’è Sylvia Kristel, reduce dal successo di Emmanuelle.

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Il tutto è condito da un’infinità di sequenze di nudo, che hanno portato alcuni recensori a catalogalo come film erotico; il che è un errore marchiano, perchè l’erotismo presunto del film non ha nulla di morboso o accattivante.
Sembra infatti figlio di un esperimento scientifico; il sesso è asettico e serve come una cornice serve ad un pittore per arricchire la tela sulla quale ha dipinto.
In ultimo, un consiglio; se vedete Giochi di fuoco, Le jeu avec le feu come recita il titolo originale, fatelo senza aspettarvi il cinema tradizionale.

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Guardatelo come guardereste un quadro di Picasso del periodo cubista o come leggereste l’Ulisse di Joyce: senza questi accorgimenti restereste spiazzati in maniera totale da quello che è un cinema che assomiglia ad una serie di sogni notturni, quei sogni che si rincorrono senza una logica, sfalsati su più piani temporali.

Giochi di fuoco, un film di Alain Robbe-Grillet. Con Jean-Louis Trintignant, Sylvia Kristel, Philippe Noiret, Agostina Belli, Anicée Alvina,Serge Marquand, Vernon Dobtcheff
Titolo originale Le jeu avec le feu. Commedia, durata 109 min. – Francia 1974.

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Jean-Louis Trintignant     …     Franz / Francis Laurent
Philippe Noiret    …     Georges de Saxe / Il suo doppio
Anicée Alvina    …     Carolina de Saxe
Sylvia Kristel    …     Diana Van Den Berg
Agostina Belli    …     Maria, cameriera di de Saxe
Serge Marquand    …     Mathias
Charles Millot    …     Rapitore
Vernon Dobtcheff    Messaggero
Jacques Seiler    …     Conducente del taxi / Domestico di d’Erica / Il prete
Michel Berto    …     Il Vice Commissario
Christine Boisson    …     Christina la ragazza nel bagagliaio / Desdémone
Marc Mazza    …     Un messagero
Nathalie Zeiger    …     Tania, la ragazza con i cani
Joëlle Coeur    …     La sposa
Jacques Poirson    Maître d’hôtel
Gérard Melki    …     Maître d’hôtel
Mario Santini    …     Un rapitore
Elisabeth Strauss    …     La cantante / Léonore
Maurice Vallier    …     Bonaud, il capo della banda
Jean-Louis Tristan    …     Un rapitore

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Regia: Alain Robbe-Grillet
Scritto da : Alain Robbe-Grillet
Prodotto da: Alain Coiffier per  La Société du Film
Editing: Bob Wade
Costumi: Georges Bril, Hilton McConnico
Trucco: Jacky Bouban

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gennaio 8, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , | Lascia un commento

Un taxi color malva

Un taxi color malva locandina

Due uomini in fuga dal passato, Philippe e Jerry, si incontrano in un villaggio irlandese dove entrambi si sono rifugiati. Philippe, giornalista cinquantenne, scappa dal dolore provocatogli dalla morte del figlio, mentre Jerry, erede di una ricchissima famiglia irlandese trapiantata in America, fugge dal ricordo della morte della sua ragazza, avvenuta mentre entrambi erano in preda ai fumi dell’oppio. Nonostante la differenza d’età, stringono un’amicizia tacita, in cui ognuno dei due rispetta i silenzi dell’altro.

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I due, anche se in maniera diversa, legano con il Dottor Seamus Scully , uno stravagante dottore che gira in un taxi color malva, e che sembra essere più che un dottore un filosofo, o come dice lui “ il destino” Le vite dei due amici proseguono in una sorta di limbo sospeso, fino al giorno in cui, nelle loro vite, irrompono due donne. La prima è Sharon, sorella di Jerry, ricca, viziata ma vitalissima moglie di un nobile tedesco; l’altra è Anna Taubelman, forse figlia, forse amante di Mr. Taubleman, uno strano tipo mezzo ebreo e mezzo tedesco, squattrinato ma possessore di un castello con 40 stanze e di una scuderia di cavalli.

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Mentre Philippe inizia una relazione sessualmente appagante con Sharon, Jerry sembra innamorarsi della misteriosa Anna, una ragazza che da tre anni non parla con nessuno, e che i due amici hanno conosciuto quando la ragazza subisce un incidente cadendo da cavallo, e viene soccorsa proprio da Jerry e Philippe.

La ragazza, molto bella, sembra avere simpatia per Philippe, tanto da ricominciare a parlare dopo tre anni; ma l’uomo, che è sempre più confuso tra l’attrazione per Sharon e la misteriosa Anna, resosi conto che Jerry si è ormai innamorato della ragazza, decide di farsi da parte.

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Nel frattempo anche Sharon lascia il villaggio, per passare il Natale con suo marito e con la cerchia dei suoi amici, dei quale non riesce a fare a meno: simile ad una farfalla, la donna ha bisogno fisicamente della sua vita fatua e dorata. Accade però qualcosa che finalmente farà uscire Philippe dal suo torpore emotivo: Anna, che in realtà non ama Jerry, tenta il suicidio. Phlippe la raggiunge in ospedale e apprende così la vera storia della ragazza. Anna è stata zitta tre anni quando ha saputo che il suo vero padre potrebbe non essere Taubelman, con il quale ha avuto una relazione intima.

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Philippe consiglia alla ragazza di abbandonare con Jerry l’Irlanda, cosa che i due fanno. La decisione porta sull’orlo della pazzia Taubelmann, che una sera da fuoco al suo castello. Tra le fiamme di quella che era la sua magnifica dimora però ritrova la sua Anna, legata a lui da un affetto morboso. Durante un colloquio con il dottor Scully, che lo rimprovera per essere venuto nel “cimitero degli elefanti”, il posto dove gli elefanti vanno a morire quando sentono vicina la loro fine, Philipp capisce che ormai è guarito dal suo male esistenziale,e decide di lasciare per sempre l’Irlanda. Viceversa Jerry, che ormai ha le sue radici in quel posto dolce e selvaggio, decide di rimanere, confortato dal simpatico dottor Scully.

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Un taxi color malva, film del 1977 diretto da Yves Boisset e tratto da un romanzo di Michel Déon, è un gradevole film che mette in scena i sentimenti, le storie private di un gruppo di persone mescolandole come fa il destino quando decide di intrecciare i fili delle vite umane. Il risultato è apprezzabile per due motivi fondamentali; il primo riguarda l’eccellente cast, con una galleria di attori bravissimi impegnati in una personale gara di bravura, come Philippe Noiret, l’omonimo giornalista che interpreta, la bellissima Charlotte Rampling,

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abilissima nel tratteggiare la figura della frivola Sharon, la donna che vorrebbe ma che non può, schiava com’è della sua vita dorata, di Agostina Belli, asolutamente credibile nei panni della ambigua Anna, di Peter Ustinov, interprete eccellente di un personaggio antipatico ma allo stesso tempo dotato di fascino, Taubelmann. E infine Edward Albert, discreto nei panni di Jerry e un eccezionale Fred Astaire, simpatico e divertente nei panni dell’eccentrico ma filosofo dottor Scully.

L’altro motivo sono i meravigliosi paesaggi irlandesi, le brughiere e i boschi, i canneti e i laghi, incantevoli come cartoline.

Un film molto interessante, ben diretto, ben interpretato; un tantino scontato nella trama, ma in fin dei conti, non è che si possa chiedere sempre la perfezione.

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Un taxi color malva, un film di Yves Boisset, con Philippe Noiret, Charlotte Rampling, Fred Astaire, Agostina Belli, Peter Ustinov, Edward Albert, Una produzione Francia-Irlanda, 1977

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Charlotte Rampling Sharon Frederick
Philippe Noiret … Philippe Marcal
Peter Ustinov … Taubleman
Fred Astaire … Dr. Seamus Scully
Edward Albert … Jerry
Agostina Belli … Anne Taubelman
Jack Watson … Sean
Mairin D. O’Sullivan Colleen
David Kelly …

Niall Buggy …
May Cluskey
Loan Do Huu … Madame Li

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Regia: Yves Boisset
Sceneggiatura:Yves Boisset,Anne Dutter ,Georges Dutter,Michel Déon
Produzione:Hugo Lodrini ,Roy Parkinson,Peter Rawley,Catherine Winter
Musiche:Philippe Sarde
Fotografia:Tonino Delli Colli
Montaggio:Albert Jurgenson

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ottobre 28, 2009 Pubblicato da: | Drammatico | , , , | Lascia un commento

Il caso Venere privata

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Il giovane rampollo di una famiglia bene, David, incontra una ragazza; lei, Alberta, dopo la fugace avventura, chiede la giovane di portarla con se, perchè sente di essere in pericolo. Ma David, appagato da quella che per lui è una semplice avventura, la scarica.

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Raffaella Carrà è Alberta

Il giorno dopo il cadavere della ragazza viene ritrovato in un campo, e da quel momento il giovane si lascia andare, preda dei rimorsi, convinto anche di essere in qualche modo responsabile della morte di Alberta. Diventa così dipendente dall’alcool, tanto che un medico, Lamberti, decide di aiutarlo ad uscire dal tunnel nel quale David si è infilato.

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Contemporaneamente Lamberti svolge delle indagini per suo conto, scoprendo che la giovane morta aveva accettato di farsi fotografare nuda d un misterioso personaggio. Aiutato da Livia, una delle amiche di Alberta, Lamberti riesce ad identificare il misterioso maniaco, salvando grazie anche a David, la giovane Livia dalla stessa sorte capitata ad Alberta.

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Il maniaco morirà per mano di Davide. Tratto da un romanzo di Giorgio Scerbanenco Venere privata, scritto nel 1966, Il caso Venere privata diretto dal regista francese Yves Boisset è un giallo abbastanza tradizionale, girato con mestiere e indubbia abilità, anche se difetta di profondità e pathos. Prodotto in Francia nel 1970, presenta una deliziosa Raffaella Carrà, non ancora diventata soubrette di fama in un ruolo abbastanza scabroso, una giovanissima Agostina Belli in una particina e la splendida futura conduttrice di Discoring, Vanna Brosio, in una piccola parte ambientata in discoteca.

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Bravo Bruno Cremer, futuro Maigret, circondato però da attori mediocri, per un film che non lascia tracce profonde, perchè si limita ad essere un noir d’ambiente, senza spessore psicologico nei personaggi. Da sottolineare la bella prestazione del solito Adorf, anche se limitata a pochi minuti d’apparizione.

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C’è grossa discrepanza tra il romanzo di Scerbanenco e il film, e non poteva essere altrimenti; tutta la carica feroce, la scabrosità del romanzo risultano nel film ammorbidite , colpa probabilmente della sceneggiatura, mirata ad aveitare possibili problemi con la censura. Curiosa la parte con la Carrà, in evidente imbarazzo nel posare nuda davanti al fotografo maniaco, incatenata.

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Il libro di Scerbanenco

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Il caso Venere privata,un film di Yves Boisset. Con Renaud Verley, Bruno Cremer, Marianne Comtell, Raffaella Carrà, Claudio Gora,Marina Berti, Agostina Belli, Vanna Brosio
Titolo originale Cran d’arrêt. Giallo, durata 90 min. – Francia 1970.

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Bruno Cremer: Duca Lamberti
Renaud Verley: Davide Auseri
Marianne Comtell: Livia Ussaro
Mario Adorf: il fotografo
Raffaella Carrà: Alberta Radelli
Marina Berti: sorella di Alberta
Claudio Gora: questore Luigi Càrrua
Jean Martin: il maggiordomo
Rufus: l’assistente del fotografo
Vanna Brosio: Marilina
Agostina Belli: Mara

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Regia Yves Boisset
Soggetto Giorgio Scerbanenco (romanzo)
Sceneggiatura Antoine Blondin, Francis Cosne, Yves Boisset
Produttore Francis Cosne
Fotografia Jean-Marc Ripert
Montaggio Paul Cayatte
Musiche Michel Magne
Costumi John De Vernant
Trucco Vergottini

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aprile 30, 2009 Pubblicato da: | Thriller | , , , | 2 commenti

All’onorevole piacciono le donne

L’uscita di questo film di Fulci, targato 1972, fu accompagnata da polemiche, sequestri tagli e ire censorie, provocate non tanto dalle scene di nudo, peraltro molto caste, ma dalla carica dissacrante, ironica, anche blasfema che esso conteneva. Un attacco diretto, violento e senza mediazioni al potere politico di allora, alle sue ipocrisie, al malcostume dilagante degli intrecci tra stato e poteri criminali, a quello tra il potere politico e quello ecclesiale. Un attacco forse confuso, perchè nel film c’è troppa carne al fuoco, ma sicuramente corrosivo, tanto da provocare reazioni sdegnate e furibonde proprio dal potere politico, messo impietosamente a nudo, ma non solo; vengono sbeffeggiati i poteri forti, la chiesa, l’esercito e le istituzioni. Non si salva nulla.

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Anita Strindberg, la moglie dell’ambasciatore

Giacinto Puppis è cresciuto, per colpa di  un’educazione repressiva, con la fobia per le donne. Ha fatto carriera politica, ed è in ballottaggio per diventare il nuovo presidente della repubblica, anche se il suo principale antagonista, Torsello, è politicamente appoggiato da un altro schieramento forte. Ma Puppis ha dalla sua l’influenza determinante del cardinale Marabini, ammanigliato con altri politici, e non solo con poteri propriamente istituzionali.

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Eva Czemerys, visione onirica di Puppis

Puppis, morigerato al limite della bacchettoneria, all’improvviso si trasforma; un giorno, durante il ricevimento in onore dell’ambasciatore francese, viene colto da una visione onirica, quella dell’affascinante lady dell’ambasciatore in vesti succinte. da quel momento inizia la tortura per Giacinto; perseguitato da visioni erotiche, si confessa con l’amico prete, che decide di mandarlo, tramite uno psicanalista, in un convento; qua però la sessualità repressa di Puppis esplode letteralmente, e ben presto il timido e represso onorevole si trasforma in un gaudente playboy.

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Preoccupato dalle ripercussioni che potrebbe avere la notizia del comportamento del probabile presidente della repubblica, il cardinale, con l’aiuto di alcuni mafiosi, fa sparire gli scomodi testimoni. Ma lo scandalo sembra sul punto di scoppiare comunque quando una suora si libera dei veli e decide di seguirlo; il cardinale la fa rapire dalla mafia, e convince con le minacce il titubante Puppis a riprendere la sua corsa al Quirinale, che verrà agevolata anche dall’eliminazione del pericoloso rivale, Torsello.

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Laura Antonelli, la suora innamorata

Anche se tecnicamente confuso, sfilacciato, a tratti incomprensibile, anche per i pesanti tagli operati dalla censura,All’Onorevole piacciono le donne (nonostante le apparenze… e purché la Nazione non lo sappia) ,titolo completo del film, è un’opera intrigante, divertente, in cui non mancano però grossi difetti, come la mancanza di ritmo, la confusione che sembra regnare sopratutto nelle arti in cui Puppis si abbandona a sogni erotici, che allentano la trama facendola deragliare pericolosamente.

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Fulci, assistito da un cast di ottimo livello, nel quale giganteggia Lando Buzzanca, assolutamente perfetto nei panni di Puppis e con un Lionel Stander che sembra nato cardinale, dirige una commedia al vetriolo, che vista oggi mostra ancora sinistri accostamenti con la realtà odierna. Il partito di maggioranza di allora, la Dc può essere facilmente identificata nei politici affaristi che manovrano dietro le quinte, mentre il potere della chiesa si è occultato con molta abilità.Nel cast figurano molte bellissime dello schermo, come la bellissima Laura Antonelli, la suorina in abiti succinti sedotta da Puppis; Anita Strindberg, splendida nel ruolo della moglie dell’ambasciatore francese e ancora Agostina Belli, la sfortunata Eva Czemerys oltre al grande Renzo Palmer. Un cast di rilievo, che contribuisce in maniera determinante alla riuscita di una pellicola troppo frettolosamente archiviata, forse per la sua potente e feroce carica trasgressiva. Non gioca a favore del film nemmeno il titolo, che sembra occhieggiare verso la commedia erotica, che nel 1972 iniziava a muovere i primi passi. Il film è disponibile su You tube all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=atd2LB0f4D0 in una versione accettabile dal punto di vista qualitativa

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All’Onorevole piacciono le donne (nonostante le apparenze… e purché la Nazione non lo sappia)

un film di Lucio Fulci. Con Lionel Stander, Lando Buzzanca, Laura Antonelli, Corrado Gaipa, Renzo Palmer,Agostina Belli, José Quaglio, Arturo Dominici, Armando Bandini, Francis Blanche, Aldo Puglisi, Feodor Chaliapin, Quinto Parmeggiani, Christian Alegny, Eva Czemerys, Anita Strindberg, Claudio Nicastro
Grottesco, durata 108 min. – Italia 1972.

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All'onorevole piacciono le donne banner protagonisti

Lando Buzzanca: onorevole Giacinto Puppis
Lionel Stander: Cardinale Maravidi
Laura Antonelli: suor Delicata
Renzo Palmer: padre Lucion
Corrado Gaipa: Don Gesualdo
Agostina Belli: suor Brunhilde
Anita Strindberg: moglie dell’ambasciatore francese
Feodor Chaliapin Jr.: senatore Torsello
Francis Blanche: padre Schirer
José Quaglio: Pietro Fornari
Arturo Dominici: sua eccellenza
Eva Czemerys: donna del sogno
Armando Bandini: Bartolino, segretario di Maravidi
Aldo Puglisi: Carmelino l’autista
Claudio Nicastro: Baddoni, capitano di polizia
Guglielmo Spoletini: Antonio Gazza
Luigi Zerbinati: il generale
Quinto Parmeggiani: capitano Leonardi
Pupo De Luca: poliziotto all’intercettazioni

All'onorevole piacciono le donne banner cast

Corrado Gaipa: Cardinale Maravidi
Melina Martello: suor Delicata
Elio Zamuto: Don Gesualdo
Solvejg D’Assunta: suor Brunhilde
Alberto Lionello: senatore Torsello
Oreste Lionello: padre Schirer e Carmelino l’autista
Manlio Busoni: Pietro Fornari
Renato Turi: Baddoni, capitano di polizia
Luigi Casellato: il generale
Roberto Bertea: poliziotto all’intercettazioni

Regia Lucio Fulci
Soggetto Lucio Fulci, Sandro Continenza
Sceneggiatura Lucio Fulci, Sandro Continenza, Ottavio Jemma (non accreditato)
Produttore Edmondo Amati
Casa di produzione New Film Production, Productions Jacques Roitfeld
Distribuzione (Italia) Fida Distribuzione
Fotografia Sergio D’Offizi
Montaggio Vincenzo Tomassi
Effetti speciali Eugenio Ascani
Musiche Fred Bongusto
Tema musicale Dormi serena di Bruno Martino
Costumi Luciana Marinucci
Trucco Giannetto De Rossi

All'onorevole piacciono le donne banner recensioni

Dal sito http://www.dagospia.com

(…) Bloccare il film diventa un affare di Stato. E pure dei servizi. Anni dopo Fulci ha raccontato in un libro, Miei mostri adorati, che davanti casa sua cominciarono a manifestarsi strane presenze: «Il mio telefono cominciò a non funzionare. Strani ometti, col distintivo SIP, ma senza la I, venivano a “ripararlo”. Sotto casa, tutti i giorni, c’era sempre un signore in una 500 che leggeva tranquillamente il giornale. Persino una delle mie figlie, che allora erano piccolissime, notò che il giornale era sempre di uno stesso giorno».
Non solo. La copia inviata alla censura fu fatta sparire. Fu invece organizzata al Viminale una privatissima proiezione alla quale partecipò gran parte dello Stato maggiore democristiano, con le forze di polizia a custodire la sala. «Mi dissero poi che Andreotti e Fanfani si erano divertiti moltissimo», raccontò Fulci in una intervista. Ma altri democristiani, evidentemente, non si divertirono altrettanto.
A nulla servì la mediazione dello stesso Fanfani. Pare che Colombo si lamentò con lui del fatto che quella pellicola gli avrebbe rovinato la reputazione a livello internazionale. E Fanfani, ineffabile: «Ma chi vuoi che lo veda all’estero un film di Fulci?» (la previsione si rivelò errata: all’estero il film ebbe un notevole successo, fu distribuito persino negli Stati Uniti col titolo The senator likes wowen e ancora oggi per trovarne una versione integrale in Dvd è al mercato straniero che bisogna rivolgersi). (…)
L’opinione di Vincenzo Carboni dal sito http://www.filmtv.it

Qualcuno deve pur dirlo. E’ un capolavoro, con il solo torto di travestirsi da commedia erotica, e di essere firmato da Fulci, che solo a sentirlo nominare qualunque suo film si beccava la solita solitaria stelletta da parte della tanto avvisata critica ufficiale. Si tratta di capolavoro, ed è di tutta evidenza che lo sia, a patto di guardare meglio, osservare meglio in trasparenza tramite il velo di cui è coperto. ‘All’onorevole…’ possiede la comicità certo, ma quella di Kafka, grottesca, scivolosa, non consolatoria, bastarda, perversa, minore, non gridata, animalesca. E’ un film che fa del corpo il protagonista, ma un corpo che obbedisce a pulsioni che eccedono il soggetto, portandolo verso derive di senso in grado di contestare il potere, di ridicolizzarlo. Il sesso diviene una via di fuga da un IO di parata a cui Puppis sente di non dover più soggiacere. Cavalca quindi la propria felice pulsione (è preda di raptus violenti e immemori in cui è portato a strigere qualsivoglia culo si presenti davanti ai propri occhi, di uomo o di donna non fa differenza) per fuggire dalla sorveglianza di stato che lo vuole eletto a ruolo simbolico (Presidente della Repubblica), perdendo in questo il corpo, i cui diritti si fanno sentire tramite il sant’uomo che è il sintomo. Raccomando i curiosi di questo film di accertarsi di vedere la versione meno tagliata. Si sa che Fulci è stato il regista forse più censurato al mondo, facendo emergere da questo la stella di merito più importante attribuitagli, quello di essere un regista scomodo, comunque non gradito a certo establishment. La versione in dvd viaggia con 23 minuti di tagli (VENTITRE!!!!), mentre quella che passa in TV è priva solo -si fa per dire- di 5 scene, e non si tratta di scene di nudo, ma di scene in cui la nudità riguarda il ridicolo che sprizza da certi organismi di stato, che appaiono privi di veli, quindi ridicoli al più alto grado.
L’opinione del sito http://www.storiadeifilm.it

(…) Nonostante il titolo e l’apparenza tutto sommato innocui, l’opera più controversa, maledetta, sequestrata, tagliuzzata, censurata (ancora oggi è raro vederlo in tv prima delle 3 notte), avveniristica, presaga dei suoi e dei nostri tempi, che il regista romano abbia mai realizzato.

La pellicola che fece tremare la già traballante maggioranza di governo alla vigilia delle elezioni del febbraio 1972. Visionato al Viminale dai vertici della DC in persona, contravvenendo apertamente a quanto previsto della costituzione. E quindi bocciato dagli organi preposti con la falsa motivazione di “ostentata oscenità e licenziosità del linguaggio”. L’offesa al comune senso del pudore che è l’ultimo rifugio di un governo di corrotti e mascalzoni. Se c’è un film chiave per comprendere perché, fra le tante e non sempre lusinghiere etichette che gli sono state appiccicate in quasi quarant’anni di onorata carriera, quella di “terrorista dei generi” sia la più aderente alla realtà dei fatti, nonché la più apprezzata e condivisa da Fulci stesso, questo è sicuramente All’Onorevole Piacciono Le Donne. (…)
L’opinione di Homesick dal sito http://www.davinotti.com

Tagliente, impavida satira degli intrallazzi tra DC, clero, gerarchie militari e Cosa Nostra. La sceneggiatura è pervasa di humour nero ed efficaci sequenze onirico-sessuali simili a quelle proposte in Una lucertola. Un Buzzanca al top presiede un foltissimo cast di comprimari (Palmer frate epicureo e comunista, Stander cardinal criminale) e indispensabili ruoli di contorno (Gaipa, Parmeggiani, Nicastro, Chaliapin, Puglisi…). Belle la Antonelli e la Strindberg; palpitante e immaginaria la Czemerys.

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aprile 11, 2009 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , | 6 commenti

Giornata nera per l’ariete

In un tunnel si consuma l’aggressione al professor Lubbock; apparentemente sembra un atto teso alla rapina. Ma poco tempo dopo viene assassinata una donna invalida, Sophie, sposata ad un medico amico di Lubbock. Andrea, un giornalista con problemi di alcolismo, e con una vita privata burrascosa (ha lasciato la compagna con cui viveva da tempo, Helena, e vive con una spregiudicata ragazza Lu), indaga, per conto del suo redattore capo, Traversi.

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Franco Nero (Andrea)

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Rossella Falk

Ma le sue indagini creano problemi al dottor Bini, marito della defunta Sophie e finanziatore del giornale,  così Andrea si trova ben presto a rischiare il licenziamento. Ma improvvisamente Traversi muore, colpito da un infarto in un parco pubblico, inseguito dal misterioso assassino, che lascia vicino al cadavere dell’uomo un guanto privo di un due dita, tante quante sono le vittime che ha finora fatto.

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I sospetti della polizia, sopratutto dopo la violenta lite avvenuta tra Andrea e Traversi si indirizzano sul giornalista, che però non viene arrestato. Una sera Andrea riceve una misteriosa telefonata da Isabelle, donna bellissima e molto ricca, della quale è innamorato Lubbock, ma che viceversa andrà sposa ad un amico di questi, Valmont;

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Pamela Tiffin (Lu)

con la telefonata Isabelle dice di avere importanti informazioni da rivelargli e lo invita a recarsi, per incontrala, nell’hotel in cui vive. Andrea accompagnato da Lu, si reca all’appuntamento e scopre il cadavere di Isabelle nella vasca da bagno. La donna è stata strangolata, e nell’acqua galleggia il solito guanto, questa volta privo di tre dita. Andrea evita l’arresto grazie a Lu, che testimonia per lui; la donna sta per lasciarlo, e da questo momento Andrea è praticamente solo. Dopo aver in qualche modo riannodato il suo rapporto con Helena, Andrea scopre che Bini è impelagato in una storia squallida di voyeurismo, ma non fa in tempo a interrogare la prostituta spiata dal Bini, perchè quest’ultima viene brutalmente uccisa.

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Ira Furstenberg

Manca ormai solo un omicidio al misterioso assassino per compiere la sua terribile missione, e l’ultima vittima designata è Tony, figlio di Helena; ma Andrea riesce a salvarlo e a scoprire l’insospettabile assassino e sopratutto il suo movente.

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Silvia Monti

Diretto con mani abili da Luigi Bazzoni nel 1971, Giornata nera per l’ariete si segnala per il cast bene assortito che recita con sobrietà, per l’ottima fotografia e per il ritmo, una volta tanto non frenetico, d’ambientazione. Sicuramente all’altezza Franco Nero nel ruolo di Andrea, la bellissima Silvia Monti in quello di Helena, la sempre sexy biondissima Pamela Tiffin in quello della disinibita Lu, e le tre vittime al femminile, Rossella Falck (Sophie), Ira Furstenberg ( Isabelle) e una giovanissima e splendida Agostina Belli in quello della prostituta. Un thriller ben diretto, quindi, assolutamente godibile e senza sbavature di rilievo nella sceneggiatura; non ci sono delitti sanguinolenti o i soliti cadaveri massacrati, e questo è sicuramente un elemento fondamentale del film. Il film è tratto dal romanzo The Fifth Cord di David Macdonald Devine, e venne distribuito all’estero con questo titolo.

Giornata nera per l’ariete,un film di Luigi Bazzoni. Con Ira Fürstenberg, Edmund Purdom, Silvia Monti, Rossella Falk,Agostina Belli, Pamela Tiffin, Franco Nero, Wolfgang Preiss, Andrea Scotti, Guido Alberti, Renato Romano, Corrado Gaipa, Maurizio Bonuglia, Luciano Bartoli
Giallo, durata 95 min. – Italia 1971.

Andrea Bild: Franco Nero

Lu Auer: Pamela Tiffin

Isabelle: Ira Furstenberg

Edward Beaumont: Edmund Purdom

Helene: Silvia Monti

Sofia Binni: Rossella Falk

Giulia : Agostina Belli

Il commissario: Wolfang Preiss

Traversi: Guido Alberti

Riccardo Binni: Renato Romano

 

Regia Luigi Bazzoni
Soggetto David McDonald Devine (romanzo “The Fifth Cord”)
Sceneggiatura Luigi Bazzoni, Mario di Nardo, Mario Fanelli
Produttore Manolo Bolognini
Casa di produzione B.R.C. Produzione
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Gastone Carsetti
Costumi Fiorenzo Senese
Trucco Vittorio Biseo, Marisa Marconi

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aprile 4, 2009 Pubblicato da: | Thriller | , , , , , | Lascia un commento

Agostina Belli

Agostina Belli Foto

Anna Maria Magnoni, in arte Agostina Belli, è nata a Milano il 13 aprile del 1949. Donna bellissima, dagli occhi molto espressivi, talento da vendere, Agostina ha avuto una carriera decisamente particolare, in bilico tra un cinema d’elite e uno molto più attento al commerciale.

Inizia a lavorare mentre è impegnata come commessa alla Rinascente, a Milano; è un lavoro che le sta stretto, così un giorno del 1968 si reca ad un provino dal regista Carlo Lizzani, che sta per avviare le riprese di Banditi a Milano, film ispirato alle tragiche gesta della banda Cavallero, che insanguinò Milano negli anni 60.

Agostina Belli Giornata nera per l'ariete

Giornata nera per l’ariete 1972

Agostina Belli Vai avanti tu che mi viene da ridere

Nel film Vai avanti tu che mi viene da ridere

La prendono nel cast, nel quale c’è il grande Volontè; lei ha una piccola parte, ma basta per mostrare di quale bellezza, e di quale temperamento sia dotata. Nel 1969 arriva una parte leggermente più ampia, nel film Il terribile ispettore, di Mario Amendola, nel quale è Giorgina, al fianco della giovane promessa Paolo Villaggio e con consumati attori come Campanini e Mulè; nel 1970 accetta diversi lavori, quasi tutti di mediocre livello, come Faccia da schiaffi,Formula 1 -nell’inferno del Grand Prix e Angeli senza paradiso; nel film, diretto da Fizzarotti, è al fianco di Albano, che intrerpreta Schubert e della futura moglie di quest’ultimo Romina Power.

Agostina Belli Barbablu 1

Agostina Belli Barbablu 2

Agostina Belli Barbablu 3
Tre fotogrammi tratti da Barbablu, girato con Richard Burton

Durante la lavorazione del film è vittima di un grave incidente stradale, che la costringerà a lunghe e dolorose cure. Sempre nel 1970 accade un altro fatto che segnerà in maniera profonda la vita dell’attrice. Viene uccisa,nella pensione che gestisce, sua madre.

Agostina Belli All'onorevole piacciono le donne
All’onorevole piacciono le donne

Agostina Belli Profumo di donna
Con
Gassman in Profumo di donna

La sua carriera decolla e si moltiplicano le offerte di lavoro; è un’attrice espressiva, capace di ricoprire ruoli drammatici o comici, senza grossi problemi. Arrivano così il musicarello Ma che musica maestro, Giornata nera per l’ariete nel ruolo di Giulia, al fianco di Franco Nero, lo spassoso ruolo di Fulvia nel film di Pasquale Festa Campanile La calandria, nel quale recita con la Bouchet e con Lando Buzzanca, l’idolo del momento.

Agostina Belli Conviene far bene l'amore

Con un giovane Christian De Sica in Conviene far bene l’amore

Nel 1972 è sul set di film di grosso livello, e sopratutto film ben visti dalla critica e supportati da ottimi incassi: Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto, in cui recita al fianco di Gassman e di Paolo Villaggio, nel ruolo di Rosalia nel pluri premiato film della Wertmuller Mimi metallurgico ferito nell’onore, maiuscola prova di un giovane ,Giancarlo Giannini, nel graffiante e sottovalutato All’onorevole piacciono le donne, opera straordinaria di Lucio Fulci, nella quale rivaleggia in bellezza con la Antonelli e con la Strindberg, oltre che con la sfortunata Eva Czemerys.

Agostina Belli Telefoni bianchi

Nel film di Risi Telefoni bianchi

A chiudere l’anno, strepitoso, arriva Barbablù, un successo internazionale conosciuto anche come Bluebeard. Lei è Caroline, una delle moglie di Barbablu, un grande Richard Burton. Il cast è stellare, e comprende Virna Lisi, Marilu Tolo,Nathalie Delon,Raquel Welch. Lei, con la sua bellezza delicata, non sfigura affatto.

Agostina Belli Un taxi color malva

Un taxi color malva

E’ una prova maiuscola, che le permette, nell’anno successivo, di avere la parte della protagonista in Sepolta viva di Aldo Lado; lei interpreta Christine, la moglie di un conte che viene fatta sparire in una torre per evitare che possa far cambiare politica al marito, dalla quale riemergerà con il classico happy end.Il successo è grande, e sul set del film conosce l’attore Fred Robsham, con il quale condividerà una lunga parentesi sentimentale. Il 1974 la consacra a star di prima grandezza; dopo aver girato film commerciali, che si chiamano Baciamo le mani, di Schiraldi, Quando l’amore è sensualità, con la bella e algida svedese Ewa Aulin, per la regia di Vittorio De Sisti, Revolver, di Sergio Sollima, al fianco di una star come Oliver Reed e di Fabio Testi, interpreta il ruolo di Veronica nel lacrima movies L’ultima neve di primavera. Il film, sorretto da una bella colonna sonora, di Franco Micalizzi, da una storia intrigante per il grande pubblico, diviene un campione d’incassi, portando la notorietà di Agostina a livelli eccellenti.Accetta molti ruoli, alcuni francamente interpretati solo per denaro; è il caso di Virilità, de Il lumacone e del film La governante. Ma accetta anche il ruolo di Sara nel capolavoro di Risi, Profumo di donna, film candidato all’oscar anche e sopratutto per la gigantesca prova di Vittorio Gassman.

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Accanto al capolavoro di Risi, interpreta anche il pessimo Il figlio della sepolta viva,Il piatto piange di Paolo Nuzzi e Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno di Luciano Salce. Nel frattempo la Belli ha cambiato vita, andando a vivere nella quiete della campagna romana; è una donna che non ama la ribalta, e qualche giornalista è costretto ad inventarsi gli scandali essendo la Belli scevra da manie di protagonismo. Si moltiplicano le apparizioni:recita con Pozzetto in Due cuori e una cappella, diretta da Lucidi, in Conviene far bene l’amore di Festa Campanile, e sopratutto in Telefoni bianchi, da assoluta protagonista; il film di Risi non è un granchè, e si regge proprio sulla superba recitazione della Belli. Il successo internazionale riportato da Profumo di donna le permette di scegliere film che varcano i confini nazionale: lavora in Un taxi color malva, film diretto da Boisset,al fianco di Noiret, della Rampling e del mito Fred Astaire e in Holocaust 2000, al fianco di Kirk Douglas, nel discusso film di De Martino sull’anticristo che sulle orme di Daniel Thorne ripesca la storia di Omen-Il presagio cercando di riportarla in auge.

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Quando l’amore è sensualità

Agostina Belli Il piatto piange
Il piatto piange

Agostina Belli La calandria
La calandria

Agostina Belli Holocaust 2000

Holocaust 2000

I film successivi segnano una netta inversione di tendenza:Doppio delitto, Suggestionata, Disposta a tutto sono film di routine. Non c’è più quella scintilla che aveva caratterizzato le sue ultime interpretazioni, e dopo aver interpretato con bravura il film Enfantasme, di Claudia Lanza, nel 1978, rimane in disparte per 4 anni. Torna nel 1982 al fianco di Lino Banfi in Vai avanti tu che mi viene da ridere, di Giorgio Capitani, nel quale è Andrea, che si finge un travestito per sfuggire ad un killer.Una commedia spassosa, che mostra come Agostina sia in possesso di eccezionali capacitò comiche. Ma, imprevedibilmente, scompare dagli schermi. Nulla trapela sui motivi per cui sceglie di ritirarsi dagli schermi, e lei, che protegge la sua via privata in maniera maniacale, non spiega i motivi del ritiro. Appare solo in qualche fiction tv, poi, nel 1987 nei film Soldati-365 all’alba, diretta da Marco Risi e in Una donna da scoprire, per la regia di Sesani. Da allora, solo qualche particina in serie tv, prima della rentree prevista nel film Amore che vieni amore che vai

Agostina Belli Un amour interdit

Un amour interdit

Una decisione, quella della Belli, apparentemente senza motivi; sopratutto inspiegabile, alla luce della grande popolarità che aveva sul finire degli anni settanta; un vero peccato, perchè Agostina ha calcato le scene con grazia, con bravura. Sopratutto con il suo enorme fascino.

Agostina Belli Doppio delitto
Doppio delitto

Agostina Belli-Banner filmografia

Uno su due (2006)
Favola (1996)
Fratello dello spazio 1988
Una Donna da scoprire, (1987)
Soldati – 365 all’alba (1987)
Torna (1984)
La Guérilléra, 1982
Vai avanti tu che mi vien da ridere (1982)
Enfantasme  1978
Suggestionata 1978
Manaos 1978
Doppio delitto (1977)
Holocaust 2000 (1977)
Disposta a tutto (1977)
Un Taxi color malva 1977
Cara sposa (1977)
Telefoni bianchi (1976)
Giochi di fuoco (1976)
Conviene far bene l’amore (1975)
Due cuori, una cappella (1975)
Profumo di donna (1974))
Il Piatto piange (1974)
Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno (1974)
Il Figlio della sepolta viva (1974)
La Governante (1974)
Virilità (1974))
Il Lumacone (1974)
L’Ultima neve di primavera (1973)
Revolver (1973)
Quando l’amore è sensualità (1973)
Baciamo le mani (1973)
Sepolta viva (1973)
Barbablù 1972
All’onorevole piacciono le donne(1972)
Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972
Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto (1972)
La Notte dei diavoli (1972)
La Calandria (1972)
Giornata nera per l’ariete (1971)
Ma che musica maestro (1971)
Il Castello dalle porte di fuoco (1970)
Angeli senza paradiso (1970)
Il Caso ‘Venere privata’ (1970)
Faccia da schiaffi (1970)
Formula 1 – Nell’Inferno del Grand Prix (1970))
Il Terribile ispettore (1969)
Banditi a Milano  1968

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Agostina Belli Duecuori una cappella
Due cuori e una cappella,
nella foto con  Renato Pozzetto

Agostina Belli Manaos

Manaos

Agostina Belli Revolver

Con Oliver Reed in Revolver

Agostina Belli Mimi metallurgicoCon Giancarlo Giannini in Mimi metallurgico

Agostina Belli l'ultima neve di primavera

L’ultima neve di primavera

Agostina Belli-Il castello dalle porte di fuoco

 Il castello dalle porte di fuoco

Agostina Belli-Il genio

Il genio 

Agostina Belli Formula 1 – Fratello dello spazio

Fratello nello spazio

Agostina Belli Formula 1 – Nell’Inferno del Grand Prix

Formula 1 nell’inferno del Grand Prix

Agostina Belli On ne le dira pas aux enfants

On ne le dirà pas aux enfants

Agostina Belli Virilità

Virilità

Agostina Belli La Guérilléra

La guerillera

Agostina Belli La governante

La governante

Agostina Belli Il terribile ispettore

Il terribile ispettore

Agostina Belli Il lumacone

Il lumacone

Agostina Belli Il genio

Il genio

Agostina Belli Il caso Venere privata

Il caso Venere privata

Agostina Belli Giochi di fuoco

Giochi di fuoco

Agostina Belli Cara sposa

Cara sposa

Agostina Belli Banditi a Milano

Banditi a Milano

Agostina Belli-Favola

Favola

Agostina Belli La notte dei diavoli

La notte dei diavoli

Agostina Belli Angeli senza paradiso

Angeli senza paradiso

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Soldati-365 all’alba

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Vi prego di dedicare pochi secondi per rispondere al sondaggio che segue:le vostre opinioni sono importantissime!

gennaio 27, 2009 Pubblicato da: | Biografie | | 10 commenti