La soldatessa alle grandi manovre
Il colonnello Fiaschetta e il generale Barattoli si apprestano alle grandi manovre; il primo comanda le armate Azzurre, il secondo le armate Verdi.
Mentre tutto è pronto per l’importante avvenimento, nella caserma comandata da Fiaschetta, militare più per tradizione e per volontà materna che per intima convinzione arriva la splendida dottoressa Eva Marini.
Renzo Montagnani
La donna ha ricevuto dal comando un incarico inusuale e delicato; svolgere un’inchiesta segreta sui comportamenti sessuali dei militari.
Coadiuvata da due militari decisamente inadatti al nuovo compito, Alvaro e Salvatore, la dottoressa Marini si appresta a svolgere il suo incarico.
Gianfranco D’Angelo
Ben presto scopre anche alcuni altarini, come quello del militare Gianluca Capretti, dedito più alla vita da bohemienne che a quella del soldato.
La bella dottoressa si ritrova anche a dover aiutare Don Pagnotta, un volenteroso parroco del paese che aiuta nei limiti del possibile i ragazzi orfani del paese.
Nel frattempo iniziano le grandi manovre e il reparto degli azzurri, capitanati da Fiaschetta, hanno subito la peggio; Eva è convinta che qualcuno all’interno del reparto stia favorendo l’armata verde, e che questo qualcuno sia ovviamente il playboy Gianluca.

“Elvira, ma che ti è successo che hai la faccia tutta gonfia?”
Inaspettatamente, proprio tra Eva e Gianluca nasce una love story.
I due, con un colpo di fortuna, riescono a catturare il generale Barattoli decretando la vittoria dell’armata azzurra, con somma costernazione di Fiaschetta che dall’inizio aveva sabotato la sua armata per evitare proprio di vincere.
L’uomo invece verrà promosso…..
La soldatessa alle grandi manovre, film del 1978 diretto da Nando Cicero segna il compimento della trilogia “militare” del regista nato ad Asmara.
Edwige Fenech
Infatti, dopo La Dottoressa Del Distretto Militare (1976) e La soldatessa alla visita militare (1977) il regista torna a dirigere il collaudato cast che includeva la Fenech, Vitali e D’Angelo nel primo film, di nuovo la Fenech e Montagnani nel secondo completando la sua personale trilogia con un prodotto senza infamia e senza lode.
Prodotto sicuramente meno becero e triviale di tanti altri cloni del genere commedia sexy, in cui effettivamente qualche sprazzo di divertimento si riesce anche a goderselo.
Cicero era un regista di buona mano e di discrete doti e ancora una volta dimostra di trovarsi a suo agio con un genere che lo vide sicuramente protagonista, prima della chiusura della sua carriera con il famoso W la foca.
In questo film, sorretto da una sceneggiatura accettabile (nei limiti di un film appartenente al genere commedia sexy, ovviamente), Cicero dirige la solita squadra di ottimi caratteristi riprendendo i due personaggi principali del precedente La soldatessa alla visita militare, ovvero la dottoressa Eva Marini e il colonnello Fiaschetta, con l’aggiunta della presenza del soldato Alvaro Quattromani.
I tre, nell’ordine Edwige Fenech, Renzo Montagnani e Alvaro Vitali sono protagonisti di gag a volte scurrili (marchio di fabbrica di un certo tipo di commedia sexy) a volte esilaranti, mentre è da segnalare la presenza di Lino Banfi in un ruolo non usuale, quello del bravo parroco che tenta in tutti i modi di aiutare i bimbi del paese.
Forse alla fine è proprio il personaggio interpretato da Banfi a riuscire più convincente, in virtù della simpatia che l’attore pugliese riesce a trasmettere a Don Pagnotta, prete di quelli veri, da trincea.
Ovviamente è inutile immergersi in disquisizioni di qualsiasi genere sulla pellicola; questi film, spesso girati in poche settimane, con location spartane e con trame ridotte all’osso, non avevano alcuna ambizione particolare, se non quella di raccattare qualche lira.
Come già detto, La soldatessa alle grandi manovre non è nemmeno uno dei peggiori, come del resto dimostra la buona accoglienza che riservò il pubblico alla pellicola di Cicero;
qualche risata scappa, come nell’occasione in cui Eva e Gianluca, divenuti amanti, fanno prigioniero lo sventurato generale Barattoli preda di imbarazzanti problemi viscerali.
In ultimo segnalo la presenza di due caratteristi davvero bravi, anche se diversissimi fra loro: Antonino Faa Di Bruno, che interpreta il generale Barattoli in maniera talmente prefetta da sembrare davvero un generale e Salvatore Baccaro, che sarebbe scomparso prematuramente sei anni dopo.
La soldatessa alle grandi manovre, un film di Nando Cicero. Con Edwige Fenech, Renzo Montagnani, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali, Nino Terzo,Tiberio Murgia, Enzo Maggio, Lino Banfi, Jacques Stany, Michele Gammino, Lucio Montanaro, Milly Corinaldi, Renato Malavasi, Renzo Ozzano
Erotico, durata 96 min. – Italia 1978.
Edwige Fenech … Dottoressa Eva Marini
Renzo Montagnani … Colonnello Fiaschetta
Alvaro Vitali … Alvaro
Michele Gammino … Gianluca Capretti
Lucio Montanaro … Salvatore
Enzo Monteduro … Calogero
Nino Terzo … Infermiere
Antonino Faa Di Bruno …Generale Barattoli
Renzo Ozzano … Il sergente
Rita Di Lernia … La Leoparda
Salvatore Baccaro … Crispino
Jacques Stany … Capitano
Lino Banfi … Don Pagnotta
Gianfranco D’Angelo … Capitano medico
Grazia Di Marzà … Madre di Fiaschetta
Tiberio Murgia … Carmelo, il capostazione
Jimmy il Fenomeno … Soldato scemo
Regia: Nando Cicero
Sceneggiatura: Annie Albert, Nando Cicero e Fiorenzo Fiorentini
Produzione: Luciano Martino .
Musiche: Piero Umiliani
Editing: Daniele Alabiso
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Il Pasolini della commedia sexy, alias Nando Cicero, porta sullo schermo una comicità che potremmo definire viscerale quando non caricaturale: rappresentata da attori brutti, sporchi e squilibrati, ma risollevati (non solo nell’animo) dalla presenza di una dottoressa (finta tonta) di nome Eva Marini (la Fenech). Naturale proseguimento de La Dottoressa del distretto militare, si distingue per le presenze di Renzo Montagnani, Tiberio Murgia (il Capostazione), Nino Terzo (il balbuziente) e Michele Gammino (in seguito attivissimo doppiatore).
Evidentemente, l’unione fa la forza, almeno in questo caso, visto che, nonostante un copione che oscilla tra la barzelletta e la gag di livello medio basso, il fatto che ci siano molti caratterirti e che ognuno spari le sue cartucce (spesso esigue), permette allo spettatore di sorridere qua e là (e per un film come questo non è poco), grazie soprattutto a D’Angelo (medico militare), cinico e pazzoide, col suo aiutante (Nino Terzo), che sembra un po’ l’Igor, ma quasi afono, di Frankenstein. Anche Montagnani si sbatte, ma è meno divertente, mentre di Vitali, come di Jimmy, basta la faccia.
L’apoteosi ciceriana della sua trilogia militare. Un film rozzo, povero, sia di contenuti che di set (praticamente inesistenti), si respira per tutto il tempo un’aria di degrado a tutti i livelli. Quasi un film marcio, morboso, con personaggi sgradevoli, un’infinita galleria di freaks che trova nella Leoparda il suo climax. Oggetti scatologici assurdi (la pritera) per una comicità scatologica e malsana. Sembra quasi un annuncio di Ciprì e Maresco. “Scneggiatura” a stripes miracolosamente funzionante. Si ride, ma sono risate putrefatte. Cast ottimo. Sociologico.
Terzo e ultimo film del filone Soldatesse inaugurato dallo stesso Cicero. Si avvale come sempre di eccellenti caratteristi di buon nome quali Montagnani, Terzo, Murgia e Ozzano e di una bellezza mozzafiato qual era la Fenech. La storia, i personaggi e le gag sono le stesse, immutabili, ma almeno non ci si annoia e, anzi, alla fine ci si diverte pure (e questo è quello che conta).
Qualità delle gag solita, tra barzellette pessime e scenette di un umorismo imbarazzante; le battute di D’Angelo medico non mi piacciono e che dire degli spari dal sedere di Vitali… C’è però da precisare che al contrario di molte altre commedie del genere ambientate in campi militari, come quella del distretto dello stesso Cicero e di altri film, l’unione di caratteristi minori (alcuni quasi anonimi) come Nino Terzo, Tiberio Murgia ma soprattutto Baccaro e Jimmy (in una comparsa più lunga del solito) regala momenti esilaranti.
Commedia superiore a La soldatessa alla visita militare e una delle migliori della premiata ditta “Fenech, Vitali & co.”. Il tenente Eva Marini torna alla carica con tutta la sua sensualità pronta a farsi strizzare dal contendente di turno e a dimostrarci che una bella coppia di tette non sono un’opinione; lo splendido cast recita bene (si segnalano un Banfi “clericale” e un Dr. D’Angelo – mal sfruttato – ancor più sadico di prima) e anche Montagnani adesso funziona nel ruolo del Colonnello, a differenza di quanto accadde nel film di cui sopra.
La compagna di banco
Nel solito liceo della Puglia, ancora una volta quello di Trani, arriva Simona figlia di un industrialotto settentrionale che produce salumi.
L’arrivo della ragazza mette naturalmente in subbuglio la classe, che si divide al solito tra chi le mette subito gli occhi addosso, ovvero l’immancabile playboy Mario e le compagne di classe che invece vedono in lei una pericolosa rivale nella conquista del cuore di Mario.
Le ragazze mettono subito in guardia, in maniera interessata la giovane Simona, descrivendo Mario come un seduttore incallito.
Inizia così il solito gioco della parti, con i due ragazzi impegnati nelle schermaglie dell’amore, mentre altri personaggi si muovono sullo sfondo, come Ilario Cacioppo, professore ambito dalla gigantesca e manesca prof.Marimonti.
Tra un equivoco e l’altro, alla fine si arriverà al tradizionale happy end.
Scialba commedia sexy diretta da Mariano Laurenti, uno specialista del genere autore di La Liceale Nella Classe Dei Ripetenti (1978), L’Insegnante Va In Collegio (1978),La Liceale Seduce i Professori (1979) ecc. La compagna di banco, girato nel 1977 è forse la cosa peggiore diretta dal regista romano, questa volta alle prese con un copione rabberciato e sopratutto con attrici che non hanno il fascino della Fenech, abituale protagonista dei film di Laurenti.
Ci sono, è vero, i soliti protagonisti della commedia sexy, ovvero Lino Banfi, Alvaro Vitali, Gianfranco D’Angelo e l’immancabile Francesca Romana Coluzzi; ma c’è anche, nel ruolo di protagonista, una svogliata e inespressiva Lilli Carati alle prese con un personaggio debolissimo e poco interessante scenicamente.

Francesca Romana Coluzzi è la Professoressa Marimonti
Così la commediola si trascina svogliatamente tra gag viste mille volte e una storia debolissima che finisce per annoiare mortalmente lo spettatore; gli unici momenti divertenti, se tali vogliamo definirli, sono quelli affidati a Banfi, perso dietro le affascinanti forme di Nikki gentile, che interpreta la moglie di un losco e gelosissimo mafiosetto di provincia.
La stessa Carati, esposta generosamente, non appare nella sua migliore forma fisica e alla fine le uniche cose degne di nota sono essenzialmente logistiche.
Splendida la location, vista altre volte ma sempre piena di fascino, la romanica Trani che appare in tutto il suo fascino anche un pò misterioso.
Il resto è noia di prim’ordine, con attori alle prese con ruoli tagliati con l’accetta e con gag che non convincono, inclusa la solita presenza della manesca professoressa e degli altrettanto soliti alluppati compagni di classe della protagonista.
Un film debolissimo e arruffato, da dimenticare in fretta.
La compagna di banco, un film di Mariano Laurenti. Con Lino Banfi, Lilli Carati, Francesca Romana Coluzzi, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali, Giacomo Furia, Linda Sini, Rosario Borelli, Gigi Ballista, Paola Maiolini, Stefano Amato, Brigitte Petronio
Commedia, durata 85 min. – Italia 1977.
Lilli Carati – Simona Girardi
Gianfranco D’Angelo – Professor Ilario Cacioppo
Alvaro Vitali – Salvatore
Antonio Melidoni – Mario D’Olivo
Lino Banfi -Teo d’Olivo
Francesca Romana Coluzzi -Professoressa Marimonti
Gigi Ballista -Girardi
Stefano Amato – Martocchia
Ermelinda De Felice – Giuditta
Nikki Gentile -Elena Mancuso
Paola Maiolini -Vera
Brigitte Petronio – Mirella
Susanna Schemmari -Vera
Regia Mariano Laurenti
Soggetto Franco Mercuri, Francesco Milizia
Sceneggiatura Franco Mercuri, Francesco Milizia
Fotografia Pasquale Rachini
Montaggio Alberto Moriani
Musiche Gianni Ferrio
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La Carati, prima di cedere alla depravazione (droga & porno) non solo era dotata di una bellezza incantevole, ma riusciva pure a dare un tocco di grazia alle sue interpretazioni, come si può notare dalle (poche) commedie sexy che ha interpretato. In questo film la sceneggiatura non valorizza il suo personaggio, puntando l’attenzione su Vitali e D’Angelo (gravissimo errore). Risollevano le sorti del film le sequenze incentrate sul personaggio Teo d’Olivo (Banfi) nei panni del sarto perduto dietro alle perfette forme di Elena (Nikki Gentile).
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Piacevole. Una commedia scolastica meno scollacciata della media, nonostante la presenza di nomi di punta del genere come D’Angelo, Vitali, Banfi, Amato. Gags goliardiche ma insolitamente pulite, nudi femminili di gran classe (la Carati, ma anche la Maiolini, la Petronio, la Gentile), un tocco di romanticismo e un inciso fuori tema sul cinema (la figura del regista squattrinato). Azzeccatissimi i ruoli minori: dalla coppia altolocata Ballista-Sini alla ciclopica Coluzzi, passando per il mafioso e gelosissimo Borelli e il frastornato commissario Furia.
Commedia scollacciata-scolastica settantiana che si avvale della presenza cult di Lilli Carati e questo vale il prezzo del biglietto. Tuttavia c’è di più: dei bravi caratteristi ed il sempre efficace Lino Banfi con battute divertenti, anche se contate. Bella la colonna sonora.
Un film da mal di testa non fosse che io sono un veneratore del pube di Liliana Caravati; girato in quel delle Puglie, come sempre, è la solita collezione di frizzi&lazzi&scorregge (vittima designata in particolare D’Angelo, sempre insediato dalla Romana Coluzzi). A far da gentile contorno la bellezza da escort girl dell’indimenticata Nikki Gentile, di Cavvallina memoria. I belli del film (Carati e fidanzato) sono, come sempre, antipatici.
Se si eccettua la storiella d’amore, con momenti patetici a dir poco e se si esclude il bamboccione co-protagonista e si apprezza la bellissima Lilli allora si potrà passare una buona serata, altrimenti… Io non l’ho trovato insostenibile, anzi, mi sono anche fatto un paio di risate. C’è del nudo ma non esagerato. Si può vedere senza dubbio!
Mariano Laurenti tenta la commedia cercando di affidare un ruolo da protagonista a una bella ragazza come Lilli Carati, che si rivela però incapace di suscitare l’interesse del pubblico (colpa del suo personaggio inutile). Il resto infatti è tutto sorretto (ma neanche bene) da squallide e ripetive gag tra Gianfranco D’Angelo e Alvaro Vitali, i quali interpretano rispettivamente un professore e un bidello, riciclando scene già viste nelle commedie ambientate a scuola. Lino Banfi, però, ha un ruolo simpatico, seppur marginale.
Opera che ho un po’ rivalutato in negativo. il motore comico poggia su Vitali e D’Angelo (bah!), che non reggono la scena a dovere a causa di gag davvero poco riuscite. Non eccellono Vitali, la Carati, Melidoni e la Coluzzi, bensì Paone, la De Felice, Furia e Banfi (che hanno indegnamente ridotto a un cameo di un sarto, in verità molto ben caratterizzato come del resto tutti). Grazie agli ultimi tre, infatti, la scena al commissariato è un piccolo saggio di bravura. Trionfano le pubblicità (non solo liquori). Ottimi i momenti con la Gentile. **
L’insegnante viene a casa
La bella Luisa De Dominici, insegnate di musica e di piano ha una relazione con Ferdinando Bonci-Marinotti, assessore al comune di Lucca; ottiene così il trasferimento dalla sua città natale, Milano a Lucca, città nella quale risiede il suo amante.
Quello che Luisa non sa è che Ferdinando non è affatto scapolo, ma sposato.
Così, quando Luisa, credendo di fargli una gradita sorpresa si presenta a Lucca, l’uomo reagisce in maniera tutt’altro che entusiasta.
Ferdinando infatti stà per presentarsi candidato sindaco, e di tutto ha bisogno tanne che di uno scandalo.
Luisa prende possesso di un appartamento in uno stabile cittadino, dove suscita, con la sua avvenenza, appetiti poco raccomandabili nei vari inquilini dello stabile.

Edwige Fenech e Renzo Montagnani

Il tradizionale buco nella parete
Molti di loro, convinti che la donna altro non sia che una prostituta, si ingegnano in ogni modo per ottenere le grazie della donna, che è anche molto indaffarata nei tentativi, tutti maldestri, di trovare finalmente l’occasione di poter stare con il suo uomo, del quale ignora ovviamente lo stato civile.
Così tra un equivoco e l’altro, tra un appuntamento mancato e varie vicissitudini, Luisa alla fine stanca delle bugie di ferdinando, allaccia una relazione con Marcello, figlio del suo affittuario che è l’unico ad essere davvero innamorato di lei.
Michele Massimo Tarantini torna a dirigere Edwige Fenech, protagonista di questo L’insegnante viene a casa nel 1978, dopo averla diretta in passato nei film La poliziotta fa carriera(1975) e Taxi Girl (1977).
Alvaro Vitali e Lino Banfi
E’ una delle tante commedie sexy all’italiana, incentrata sulle ormai abituali gag del comico Renzo Montagnani (il Ferdinando del film) e del solito cast di aficionados che popolavano questi film, ovvero Alvaro Vitali,Ria De Simone,Adriana Facchetti e un Lino Banfi insolitamente relegato in un ruolo secondario.
L’insegnante viene a casa non si discosta dal solito clichè tutto ruotante attorno alle generose grazie esposte dalla Fenech, ormai la massimo dello splendore fisico; docce, nudi spiati attraverso il buco della serratura, il slito gruppo di guardoni…insomma il solito parterre di caratteristi uniti ad una comicità elementare ma se vogliamo priva di cattivo gusto.
Non sono ancora arrivati i tempi della terrificante serie dei Pierino, in cui la trama viene sostituita da barzellette recitate e da peti, flatulenze e linguaggio da caserma che saranno il marchio di fabbrica di quel particolare e becero genere cinematografico.
Montagnani e Ria De Simone
Bella l’ambientazione toscana, con gli attori che fanno diligentemente il loro compito; la protagonista assoluta è ovviamente la Fenech, che si espone parecchio il che è sempre un bellissimo vedere.
Ovviamente manca del tutto la componente erotica, che va a tutto vantaggio del film, che alla fine raggiunge l’obiettivo cercato, ovvero far passare due ore disimpegnate allo spettatore.
Tarantini, uno specialista della commedia sexy, non calca mai la mano sull’elemento erotismo; bene gli interpreti.
L’insegnante viene a casa, un film di Michele Massimo Tarantini. Con Gisella Sofio, Lino Banfi, Edwige Fenech, Renzo Montagnani,Alvaro Vitali, Adriana Facchetti, Clara Colosimo, Jacques Stany, Alfredo Adami, Gianfranco Barra, Marco Gelardini, Lucio Montanaro, Milly Corinaldi
Erotico, durata 90 min. – Italia 1978
Edwige Fenech: Luisa De Dominicis
Renzo Montagnani: Ferdinando Bonci Marinotti
Lino Banfi: Amedeo
Alvaro Vitali: Ottavio, figlio di Amedeo
Carlo Sposito: Col. Marullo
Ria De Simone: sig.ra Bonci Marinotti
Clara Colosimo: moglie del Col. Marullo
Gisella Sofio: Teresa Busatti
Marco Gelardini: Marcello
Gianfranco Barra: dottor Busatti
Jimmy il Fenomeno: commendatore
Regia Michele Massimo Tarantini
Soggetto Luciano Martino, Francesco Milizia, Michele Massimo Tarantini
Sceneggiatura Jean Louis, Francesco Milizia, Michele Massimo Tarantini, Marino Onorati
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Alberto Moriani
Musiche Franco Campanino
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Nell’orgia di poppute insegnanti, liceali, supplenti, questa docente di pianoforte, che si trasferisce in quel di Lucca, dà vita ad un film guardabilissimo che, grazie ad interpreti bravi e ben diretti, porta a casa un interessante risultato. Cast gustoso, non solo nei ranghi di prima fila, ma ovunque: Gisella Sofio, Clara Colosimo, Gianfranco Barra, Elsa Vazzoler… Regge bene anche alla seconda visione. Su tutti, quasi ovviamente, trionfa un ottimo Renzo Montagnani, assessore bricconcello.
Sequel di una serie avviata alcuni anni prima e legato, per produzione, sceneggiatura ed interpreti a L’Insegnante va in Collegio (1978). La comicità ruota attorno alle forme (abbondanti) della professoressa musicale Luisa De Dominicis (la Fenech, of course) presa di mira dal malandrino toscano (è girato/ambientato a Lucca) Ferdinando Bonci Marinotti (Montagnani). Nella sua pochezza narrativa e nel caotico sviluppo (la regia è di Tarantini) riesce a strappare qualche sorriso e figura meglio del suo predecessore.
Canonica commediaccia pochadistica degna di nota per l’ambientazione lucchese. Nessuna sorpresa, ma prove come sempre all’altezza della trimurti Montagnani-Banfi-Vitali e dei caratteristi di contorno (qui giganteggia Carlo Sposito come colonnello Marullo). Quanto a Edwige, nullum par elogium. Clamorosi per sfrontatezza nella scena ambientata al Ciocco gli spottoni di Fernet Branca e Principe di Piemonte. La scena con la Fenech che suona nuda il piano ne richiama – dubitiamo volontariamente – una del Fantasma buñueliano…
Facente parte del lotto delle Insegnanti Anni Settanta, questo “L’insegnante viene a casa” (un titolo piuttosto equivoco…) è piuttosto divertente. L’aspetto sexy è garantito dalla bella Fenech, che ci concede qualche tetta qua e là. La comicità viene garantita dai “soliti” Banfi/Vitali/Montagnani, con l’aggiunta di un cast idoneo. Trionfo di pubblicità di Fernet Branca, acqua Pejo, J&B… Gli esterni sono girati a Lucca.
Il collante che unisce le pellicole del genere, fatte salve alcune eccezioni, è la noia. Gli attori fan le stesse cose: gli oddiiio di Montagnani, la risata cavallina di Vitali, i dialettismi di Banfi. Le attrici fanno la doccia. Meritiamo la palma della nazione con il cast femminile più pulito del mondo. Però la Fenech… che argomenti!!! In questo film è anche abbastanza spudorata. Carlo Sposito è la faccia peggiore tra i ragazzi in cerca di nave scuola del genere. Son tutti odiosi, ma lui li supera…
Discreta commedia sexy ben diretta dallo specialista del genere Tarantini e affidata ad un solido cast. La Fenech è nel pieno del suo splendore, Montagnani strepitoso come suo solito, Banfi e Vitali esilaranti. Non male anche Gianfranco Barra. Buon ritmo. Non un capolavoro, certo, ma l’ideale per passare in allegria una serata.
La Fenech affitta un appartamento dove i coinqulini del palazzo entrano ed escono nascondendosi sotto al letto o nell’armadio. Tutto questo puzza di già visto, e pure troppo, soprattutto tra le produzioni di Tarantini. Come se non bastasse le cose che fanno ridere sono poche, tra tutte una storica e comicissima partecipazione di Jimmy il Fenomeno, e Lino Banfi che, se pur bravissimo, ha un ruolo molto marginale. Marco Gelardini ha l’identico ruolo di L’insegnante al mare con tutta la classe. Montagnani ripetitivo e Vitali pessimo.
Scadente compare de L’insegnante va in collegio, che sa di già visto e risulta poco divertente persino per gli standard del genere. Montagnani è troppo ripetitivo, Vitali non ha la solita verve e Sposito fornisce una delle sue peggiori interpretazioni. E tuttavia, la Fenech… eh! Da notare la spudorata pubblicità fatta ad amari, digestivi & co. *1/2
Classico film pecoreccio all’italiana in cui degni di nota sono i nudi della Fenech e qualche gag di Banfi con la sua famiglia (tra cui spicca il solito alvaro Vitali). Per il resto la storia è abbastanza scontata e il finale pure. Ma d’altra parte a questo genere di film non si può chiedere molto di più. Comunque non tra i peggiori del genere.
Commedia assolutamente povera di mordente comico o d’intrattenimento a causa di un malsfruttamento del cast pauroso e di gag-quiproquo davvero noiose e risapute (basta con gli amanti nell’armadio!) che non denotano impegno da parte del regista nel congegnarle. E dire che gli attori c’erano: Banfi (le uniche scene comiche sono merito suo), Vitali, Montanaro. La Fenech è bravissima e ci concede notevoli momenti erotici (supportati splendidamente dalla soundtrack di Campanino), da Oscar alle sue tette, ma con quei capelli pare piuttosto Uschi Glas… Voto: *!
L’infermiera di notte

Nicola Pischella è un noto dentista con uno studio in una cittadina del sud della Puglia; esuberante, l’uomo ha un’amante fissa e spesso cerca l’avventura facile con qualche sua cliente particolarmente disponibile.
L’uomo ha anche moglie e figlio; mentre la prima, Lucia, è sempre sul chi vive conoscendo la vivacità del marito, il figlio Carlo sembra non aver ereditato la passione del padre per le gonnelle.
Carlo infatti dedica quasi tutto il suo tempo allo studio.
La routine famigliare viene devastata dall’improvviso arrivo di Saverio Baghetti, zio della moglie di Nicola, che apparentemente sembra essere in fin di vita.
Nicola e Lucia lo accolgono con calore essendo l’uomo ricchissimo e sperando ovviamente in un lascito a loro favore; per vegliare sull’uomo viene anche assunta una giovane e affascinante infermiera, Angela Della Torre, che viene ben presto insidiata dagli uomini di casa.
Sia Nicola, sempre irresistibilmente attratto dalle donne, sia l’anziano e finto moribondo Saverio infatti attentano alle virtù della spigliata ragazza, ma l’unico a goderne i favori alla fine sarà proprio Carlo che farà breccia nel cuore di Angela grazie anche alla sua riservatezza.
Intanto in casa Pischella lo zio Saverio sembra alla ricerca di qualcosa; quel qualcosa è un diamante dal valore immenso che il vero Saverio ha nascosto in un lampadario che ora è in casa dei Pischella.
L’uomo che ha assunto l’identità dello zio Saverio è in effetti un volgare ladro, di nome Alfredo che ha appreso dal vero Saverio dell’esistenza del favoloso diamante.
Dopo varie peripezie, sarà proprio Carlo a beffare tutti e a impadronirsi del diamante, che andrà a godersi con la bella Angela.
L’infermiera di notte, film del 1979 diretto da Mariano Laurenti, autore di diversi “classici” della commedia sexy come Il vizio di famiglia, Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda, La bella Antonia, prima Monica e poi Dimonia, L’insegnante va in collegio ecc. è un film che non si discosta molto dagli altri prodotti seriali girati nel periodo di massimo fulgore del genere, che ebbe un notevole successo negli anni a cavallo tra il 1975 e il 1980.
E’ anche uno dei pochi prodotti di discreto livello della commedia sexy, ormai in fase di stanca e sopratutto in fase di ripetitività infinita.
Se la trama non è particolarmente originale, il film si segnala quanto meno per una certa eleganza formale e per la mancanza dei soliti elementi pecorecci; ci sono i canonici nudi femminili, affidati alle bellissime interpreti del film, ovvero Gloria Guida, Paola Senatore, Annamaria Clementi, ma non sono mai volgari.
Il cast è costituito da molti dei caratteristi che fecero la fortuna del genere; si va da Lino Banfi, il solito impenitente donnaiolo anche un tantino sfigato alla professionale Francesca Romana Coluzzi, passando per Mario Carotenuto, il furfante che si introduce in casa Pischella per rubare il diamante all’immancabile Alvaro Vitali che interpreta l’allupato Peppino,braccio destro di Nicola.
Nel cast c’è anche l’immancabile Jimmy il Fenomeno; la location è sicuramente da apprezzare, una Puglia da cartolina incluso il ristorante Grotta Palazzese di Polignano, celebre per la sua magnifica veduta sulle scogliere della ridente cittadina in provincia di Bari.
L’infermiera di notte, un film di Mariano Laurenti. Con Gloria Guida, Leo Colonna, Alvaro Vitali, Mario Carotenuto, Paola Senatore,Lino Banfi, Francesca Romana Coluzzi, Lucio Montanaro
Commedia sexy, durata 95 min. – Italia 1979.
Lino Banfi … Nicola Pischella
Gloria Guida … Angela Della Torre
Alvaro Vitali … Peppino
Leo Colonna … Carlo Pischella
Mario Carotenuto … Zio Saverio / Alfredo
Annamaria Clementi … Moglie del pugile
Lucio Montanaro … D.J.
Ermelinda De Felice … Regina, la Cameriera
Vittoria Di Silverio … Zia di Angela
Jimmy il Fenomeno … Postino
Francesca Romana Coluzzi … Lucia moglie di Nicola
Paola Senatore … Zaira amante di Nicola
Regia: Mariano Laurenti
Sceneggiatura: Mariano Laurenti, Franco Milizia
Musiche: Gianni Ferrio
Costumi: Silvio Laurenzi
Editing: Alberto Moriani
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La Guida è splendida, il film molto meno. Per arrivare a 90’ Gloria canta e balla. La storia (di Milizia e di Laurenti) è poca cosa. La “vis” del film sta tutta in un grande Lino Banfi, visto che Carotenuto ha meno spazio e meno battute. La Senatore e la Clementi si spogliano e basta. Trionfo di Pejo, J&B, Fernet Branca, Punt e Mes. Come se non bastasse, sugli scudi una discoteca di Ceglie ed un ristorante di Polignano…
Commedia sexy all’italiana di media qualità (a firmarne la regia non è Sergio Martino, ma nemmeno Michele M. Tarantini). Come sempre a tenere dèsta l’attenzione e smuovere qualche spontanea risata è l’inimitabile Banfi prima maniera (qui nei panni di “dentista” sui generìs), mentre l’occhio trae giovamento dalle perfette curve dell’acerba Gloria Guida (memorabile la scena con il termosifone e Banfi nascosto alla finestra). Resta titolo dignitoso, in grado di divertire per 90 minuti, al quale la Guida ha posto (come sugli altri) il vèto assoluto.
Bella prova di commedia erotica italiana: vivacissima, senza inutili volgarità, ideale per una serata divertente e serena. La Guida, la Senatore e la Clementi sono al top della bellezza, affiancate da un impareggiabile terzetto di caratteristi (Banfi, Carotenuto, Vitali), cui si aggiunge la simpatia della Coluzzi.
Riuscita commedia di Laurenti con la Guida a spogliarsi e la coppia Banfi-Vitali che provvede alla parte comica (ma non dimentichiamo il grande Mario Carotenuto). Il meccanismo funziona bene, sono poche le digressioni inutili (giusto le canzoni della bionda protagonista in discoteca), mentre il dentista perennemente “ingriféto” interpretato da Banfi resterà uno dei suoi ruoli memorabili… Lo strano intreccio da giallo che accompagna la storia principale poteva anche essere evitato, a mio avviso.
Non basta piazzare un pur volenteroso e scoppiettante Banfi come baricentro e sperare/aspettare che attorno alle sue prestazioni il film si faccia da sé. Un film è fatto anche di cura registica, di una sceneggiatura, di idee e di un ritmo capace di scandirle e sostenerle; tutte cose che a Laurenti paiono volare parecchi metri sopra la testa quando prova a dirigerne uno. Per chi è di facilissimi contentini.
Commedia sexy esemplare, per tempi comici e tecnica. Mai volgare e tenuta benissimo nonostante la semplicità dello spunto, ha un parco attori in stato di grazia, soprattutto Banfi e Carotenuto, capaci di veri pezzi di bravura, così come il regista Laurenti, che inanella disinvolto sequenze perfette, arrivando addirittura a far fare un campo-controcampo tra Banfi e Leo Colonna che parlano tra loro agli attori stessi, cambiando la loro posizione durante il dialogo. Gloria Guida non si discute, una dea, e in più canta la cultissima “La musica è”.
Commedia scollacciata infermieristica che appartiene all’ultimo periodo in cui la stessa ebbe popolarità. Banfi divertente, ma tutto sommato riprende il suo solito repertorio alla “Totò della Puglia”; in ogni caso tiene in piedi il film. Carotenuto simpatico, ma il suo personaggio appare stucchevole e fine a se stesso. Bellissima ed in doppia versione infermiera-diva della disco Anni Settanta la Guida, qui nelle ultime apparizioni nella commediaccia di serie B prima dell’imminente incontro con Dorelli e relativo avanzamento alla commedia di serie A.
Sicuramente non uno dei nostri migliori film scollacciati. Tutto il film si sorregge sulle spalle di Banfi che, pur in forma, propina i suoi soliti tic e giochi di parole, pur tuttavia senza annoiare. La Guida è meno genuina e simpatica del solito e questo stona. Carotenuto non brilla come altrove così come Vitali. La Senatore in gran forma! I siparietti musicarelli della Guida, ripeto qui spocchiosa oltre modo, suonano molto come un tentativo di allungare la minestra! Vedibile ma nulla più!
Divertente commedia sexy, forse la migliore del periodo. Diretta dall’esperto Laurenti con mano felice, si avvale di un copione leggero ma abile nell’evitare i cliche del genere, con battute e situazioni azzeccate e un cast particolarmente affiatato. Banfi e Vitali sono in grande spolvero, Carotenuto è immenso come sempre, la Coluzzi esilarante, la Guida splendida come non mai. Grande apparizione del mitico Jimmy Il Fenomeno.
Gente che scappa dagli armadi e da sotto ai letti, quindi ancora una inutile storiella d’amore tra la bellissima Guida all’apice del successo (anche se sensualmente vale di piu la sempre nuda Clementi) e il giovane sfigato di turno come contorno a gag spesso efficaci e comunque con meno volgarità del solito; non molti caratteristi minori (si segnalano graziosi Jimmy Fenomeno e Lucio Montanaro) ma ancora è Lino Banfi il motore umoristico, ciò per cui il film vale la pena d’esser visto; Vitali incassa schiaffi da far concorrenza a Bombolo…
Tre lampi: Carotenuto a letto che tenta di sedurre la bellissima Guida, Banfi che anela alla medesima cosa, Origene Soffrano alias Jimmy il fenomeno che fa il postino alquanto ottusetto. Ecco in estrema sintesi la pellicola, condita di erotismo raffinato, beandosi della grazia ed eleganza di una sensuale Gloria Guida e della vis comica di un “zio” Lino sempre in forma (non fisica!) perfetta. Da vedere assolutamente.
Paninazzo iperfarcito:c’è un intrigo truffaldino, un flirt tra ragazzi, una gara di ballo, un’esibizione canora della Guida, un’amante trascurata che cornifica Banfi con Vitali, la moglie del pugile che vuole cornificare il marito col figlio di Banfi… Ma soprattutto c’è Banfi, e le scene cult sono poi solo tre: Banfi e il portalettere, Banfi e il trucchetto della stufa, Banfi che tenta di sedurre Vitali che si è travestito da Guida. Carotenuto è un po’ sacrificato. Molto divertente, nell’insieme.
Esagererò evidentemente, ma lo trovo uno dei più alti esempi di commedia sexy e sicuramente la miglior commedia di Laurenti (o quasi). Pochi i motivi ma importanti: si ride a crepapelle (al contrario delle altre commedie dove più che altro si SORRIDE), Banfi (che tira in ballo Santi e Madonne in ogni occasione) ci dà una delle sue performances più memorabili, l’uso dell’erotismo è sublime e la Guida ci regala una delle sue prove d’attrice migliori. Il resto del cast segue senza brillare (ma Carotenuto è sempre bravo). Donne bellissime. Da vedere!
La moglie in bianco, l’amante al pepe
Peppino Patanè, dentista e Barone, tipico esempio di galletto ruspante di mezz’età, si barcamena tra la moglie, cicciottella e stranita e la splendida amante Anna Maria.
La sua pacifica vita da gaudente viene stravolta dall’arrivo del figlio Gianluca, che si presenta alla stazione del paese dove Patanè vive, vestito di rosa e con tanto di orecchino (siamo nel 1980).
Ben presto al barone e a suo padre, ormai anziano e in punta di morte, sorgono molti dubbi sulla virilità del giovane, aggravati dalla sua passione per il culturismo. La morte del padre di Peppino sconvolge la famiglia, non per il dolore, ma per il testamento che l’anziano lascia.
Secondo le sue disposizioni, infatti, affinchè la famiglia Patanè possa ereditare il patrimonio Gianluca deve avere un figlio entro 12 mesi dalla morte del nonno.
Peppino cerca di mettere alla prova la virilità del figlio, facendolo incontrare con la sua amante Anna Maria, senza esito.
Occorre quindi trovare una moglie al giovane e il caso arriva in aiuto del barone. Un sacerdote suo amico ha una nipote, Sonia, una ragazza dal passato turbolento; la donna, mimetizzata sotto occhiali spessi e un vestito castigato si rivelerà una splendida fanciulla, fisicamente esplosiva.
Alla fine Sonia e Gianluca arriveranno alle nozze e daranno alla luce il tanto sospirato erede maschio, chiamato Calogero.
Tutto sembra funzionare per il meglio, ma il giorno della presentazione al paese del bimbo, mentre tutta la famiglia è festante sul balcone con il paese radunato sotto ad applaudire, si vede Gianluca mandare un bacio furtivo ad un suo amico culturista.
La moglie in bianco l’amante al pepe, regia di Michele Massimo Tarantini (al soggetto ci si sono messi in 4 a lavorare!) è la più classica delle commedie sexy del periodo a cavallo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta (Il film è datato 1980); il canovaccio è quello ormai tradizionale del fertile filone famigliare, ovvero il padre mandrillo, il figlio imbranato, l’amante bellissima con la moglie ovviamente tutt’altro che appetibile e in mezzo stravaganti e improbabili amorazzi, tradimenti, fughe precipitose da camere da letto.
Questa volta il prorompente Lino Banfi, che replica per l’ennesima volta il ruolo del marito fedifrago è alle prese con un figlio (interpretato malamente dall’inespressivo Javier Viñas) sospettato, con buona ragione, di essere gay. Attorno a questo trito e abusato punto fermo, si sviluppa una commedia con rari sprazzi di comicità, affidata più all’estemporanea capacità dell’attore pugliese di far ridere grazie al suo campionario di gag che ad altro.
Non fosse per la presenza della splendida (anche se vistosamente in là con gli anni) Susan Scott/Nieves Navarro e per le superbe doti fisiche di Pamela Prati, davvero ci sarebbe ben poco da commentare.
La storia è sempre la stessa e mette assieme luoghi comuni (il meridionale che deve assolutamente far sfoggio di virilità) e battute da trivio, natiche e seni in primo piano e le solite scene girate in camere da letto di anonimi alberghi, luoghi di convegno sei soliti immancabili adulteri.
Tutto già visto altre volte, quindi.
Cambia solo la protagonista femminile, che questa volta è la scarsamente (quasi nulla) espressiva Pamela prati, impegnata però a far sfoggio di un fisico davvero superbo.
Nel cast figura,anche se in una particina davvero marginale, Ria De Simone, mentre alla Scott è affidato il ruolo dell’amante di Peppino Patanè, che l’attrice spagnola ricopre con la consueta abilità.
Filmetto di grana grossa, con qualche sprazzo comico (limitatissimo) che suscita ilarità.
La moglie in bianco… l’amante al pepe,un film di Michele Massimo Tarantini. Con Lino Banfi, Pamela Prati, Marina Porcel, Raf Baldassarre,Bruno Minniti,Susan Scott,Ria De Simone
Commedia, durata 85 min. – Italia, Spagna 1980.
Lino Banfi: Giuseppe ‘Peppino’ Patanè / Calogero Patanè
Pamela Prati: Sonia
Marisa Porcel: moglie di Peppino Patanè
Javier Viñas: Gianluca, figlio di Peppino Patanè
Ria De Simone: sorella di Peppino Patanè
Susan Scott: amante di Peppino Patanè
Toni Ucci: Zio Cosimo

Regia: Michele Massimo Tarantini
Soggetto: Luciano Martino, Michele Massimo Tarantini
Sceneggiatura: Giorgio Mariuzzo, Bruno Di Geronimo, José Vicente Puente, Michele Massimo Tarantini
Musiche: Sereno De Sutti
Editing: Alberto Moriani
Costuni: Elio Micheli

Nel suo periodo di massimo fulgore cinematografico Lino Banfì girò moltissimi film dalle alterne fortune commerciali ma dal simile (limitato) spessore cinematografico. Questa pellicola si inserisce ottimamente nel filone erotico-pecoreccio in cui eccelse l’attore pugliese ma è nel complesso una delle meno divertenti: situazioni comiche riciclate da innumerevoli film precedenti, battute poco divertenti e cast (a parte Banfi) decisamente debole.
La carenza di una vera “star” femminile (debutto ufficiale per Pamela Prati, vero nome Paola Pireddu) viene aggirata con l’escamotage di affiancarle un “fisico” dignitoso come quello della Navarro (aka Susan Scott), che non mostra -per fortuna virile- particolari inibizioni al momento di rimuovere vestiti (pur attillati). Banfi ormai è lanciato in soggetti cretini (forse neanche sceneggiati) e tira fuori il meglio dell’improvvisazione da cabaret. La musica, sempre presente, non risolleva il clima di mestìzia che alberga nell’intero film.
Da parte mia è di culto as-so-lu-to. Banfi recita la parte del barone Patané talmente sopra le righe da farlo diventare uno dei suoi ruoli più divertenti. Anzi, il ruolo è doppio visto che nella prima parte lo vediamo anche nei panni del nonno sporcaccione. Certo tecnicamente si è visto di meglio, anche restando nella filmografia di Michele Massimo Tarantini, ma la storia è perfetta per le corde del comico barese ed il film guadagna punti su punti. Imbambolata ma da sturbo l’esordiente Pamela Prati, che non avrà mai grande fortuna col cinema.
Ma basta!!! Al miliardesimo film-pochade all’italiana Banfi ha chiarito essere un attore dal repertorio limitatissimo. Anche Totò faceva brutti film ma nonostante ciò era un genio. Quindi la giustificazione che Banfi era costretto da copioni beceri non regge. Questo, coproduzione spagnola con una starlet così poco memorabile come la Prati (sembra un trans), è tra i meno riusciti di un universo cinematografico che oggi sembra così poco politically correct ma che all’epoca era solo volgare. Nieves Navarro solleva la desolante situazione tette-culo.
Un Banfi scatenato così non lo avevamo mai visto: un susseguirsi di urla, gestacci, versi in pieno stile “banfesco” fanno da cornice a questa classica commedia degli equivoci (se così vogliamo chiamarla). C’è una giovane Pamela Prati (alla faccia a quelli che dicevano che era un travestito) e un nonnino che non è altro che Banfi sulla sedia a rotelle. Forse uno dei migliori film diretti da Tarantini.
Il commissario Lo Gatto
Natale Lo Gatto è un commissario delegato al posto di polizia all’interno della città del Vaticano; dopo un misterioso delitto avvenuto ai danni di un sacerdote, il commissario indaga all’interno dell’ambiente ecclesiale, ma spinge il proprio zelo troppo in là, finendo per chiedere un alibi niente meno che al Santo Padre.
Questa leggerezza gli costa il trasferimento in Sicilia, nell’isola della Favignana.

“Mi scusi la domanda, ma lei dov’era ieri sera?”
Isabel Russinova è Maria Papetti / Wilma Cerulli
Qui non accade assolutamente nulla, e Lo Gatto, affiancato dal fido agente Gridelli deve solo guardarsi dalla più grande di tre sorelle che gestisce la pensione dove il commissario alloggia, mentre l’agente Gridelli ha una relazione con la sorella più giovane.
L’arrivo dell’estate porta naturalmente un grosso flusso turistico e con esso ecco arrivare uno strano caso.
L’agente Gridelli trova in casa di una bella donna, Wilma, delle lenzuola sporche di sangue e un coltellaccio anch’esso con tracce di sangue.
Natale Lo Gatto fiuta finalmente la sua occasione, e si dedica a indagini a tutto campo.

L’agente Gridelli e la bella turista Brigitte
Scopre così che nell’isola, a dispetto della quiete apparente, quasi tutti hanno un segreto da nascondere; c’è il bagnino che presta servizi particolari sia a uomini che a donne, c’è il professionista con annessa bella moglie, che ha una relazione con un altro uomo, c’è la ragazzina di casa che ama farsi vedere nuda la sera e via dicendo.
sul posto arriva anche uno scalcinato giornalista dell'”Eco di Trapani”, che inutilmente cerca di carpire informazioni al poliziotto.

Licinia Lentini è la signora Bellugi
Alla fine Lo Gatto, anche se involontariamente, arriva alla soluzione del caso.
Wilma ricompare, viva; non è stata uccisa, ma si è concessa una scappatella con, nientemeno, il Presidente del consiglio.
La notizia scoppia come una bomba, grazie anche a Vito Ragusa, che carpisce il segreto di Lo Gatto con uno stratagemma.
Lo scandalo però aiuta il commissario, che così viene promosso dal nuovo Presidente del consiglio, succeduto al precedente in virtù dello scandalo.
Lo Gatto viene inviato quindi ad una conferenza internazionale, dove è incaricato di vigilare sulla sicurezza dei sette più grandi uomini della terra.
Qui, vista spuntare da una tenda quella che sembra la canna di u fucile, fa tuffare i sette in una piscina; in realtà la canna del fucile è solo il tubo di un aspiratore, e questa volta Lo Gatto viene inviato in una località sperduta della Sicilia, in mano alla mafia.
Li, infatti, qualche giorno prima il vice questore è stato ucciso da una bomba.
Dino Risi dirige, nel 1986, Il commissario Lo Gatto usando la sua ironia garbata e tranquilla, girando un film gradevole tutto incentrato sulle epripezie di Natale Lo Gatto, commissario maldestro e anche un tantino sfigato alle prese con vicende più grandi di lui.Ad interpretare il funzionario di polizia viene chiamato Lino Banfi, reduce da una serie interminabile di commedie sexy; qui, per una volta, abbandona il caratteristico accento pugliese e assume un ruolo diverso, anche se chiaramente orientato sul comico.
Aiutato da una valida spalla, quel Maurizio Ferrini lanciato da Arbore nel suo fortunato programma Quelli della notte, Banfi sfoggia di un discreto repertorio, mostrando di sapersela cavare anche in ruoli diversi dai soliti.
Il film, ambientato per la massima parte nella splendida Favignana, è anche un occasione per alcune belle caratteriste del cinema italiano; si va dalla bella e sexy Isabella Russinova (Wilma) a Licinia Lentini, che interpreta il ruolo della signora Bellugi, moglie cornificata di uno stimato professionista, passando per Renata Attivissimo e Nicoletta Boris, le sorelle Patanè che gestiscono la pensione in cui alloggia il commissario.
Nel ruolo del giornalista Ragusa, che farà la sua fortuna proprio grazie all’imperizia di Lo Gatto c’è Maurizio Micheli.
Ironia, un sottile sarcasmo caratterizzano il film: Risi capovolge i canoni del classico giallo trasformandolo in una gradevole farsa, puntando bonariamente il dito sui tanti vizietti italici.
Il giallo non è più giallo, quanto una commedia degli equivoci; i vari personaggi sembrano ritratti sfocati dell’italietta provinciale, in bilico tra bigottismo e un’ardita e improbabile immoralità.
Film discreto, quindi, con qualche sprazzo divertente, qualche spunto di riflessione e, cosa che non guasta, una discreta presenza di belle donne.

Maurizio Micheli, il giornalista Ragusa
Il commissario Lo Gatto, un film di Dino Risi. Con Lino Banfi, Maurizio Micheli, Maurizio Ferrini, Galeazzo Benti, Licinia Lentini,Armando Marra, Andrea Montuschi, Isabel Russinova, Valeria Milillo, Nicoletta Boris
Commedia, durata 100 min. – Italia 1986.
Lino Banfi commissario Natale Lo Gatto
Maurizio Ferrini agente Gino Gridelli
Licinia Lentini signora Bellugi
Isabel Russinova Maria Papetti / Wilma Cerulli
Maurizio Micheli il giornalista Vito Ragusa
Galeazzo Benti Barone Fricò
Renata Attivissimo Addolorata Patanè
Nicoletta Boris Annunziata Patanè
Albano Bufalini il farmacista
Armando Marra il barbiere
Andrea Montuschi il prete don Giacomo
Valeria Milillo Manuela Bellugi
Roberto Della Casa architetto Arcuri
Regia Dino Risi
Sceneggiatura Dino Risi, Enrico Vanzina, Carlo Vanzina
Produttore International Dean Film per Medusa (Pepite) – Pentavideo
Fotografia Sandro D’Eva
Montaggio Alberto Gallitti, Claudio Risi
Musiche Manuel De Sica
Costumi Silvio Laurenzi
Gianluigi Pizzetti ingegner Bellugi
Non è certo gran cosa, ma l’incipit è straordinario. Incaricato di indagare su un omicidio avvenuto nel Vaticano, Lo Gatto viene ricevuto da Papa Woityla, cui si presenta come “cattolico praticante”. Il Sommo Pontefice lo esorta ad andare ad indagare, ma Lo Gatto, imperterrito, chiede: “Dove si trovava Sua Santità la notte in cui fu commesso il delitto?”. E l’altro: “Sbaglio, figliolo, o tu vuoi sapere se Sua Santità ha un alibi?”. Fosse rimasto a questo livello, sarebbe stato un capolavoro.
Tentativo ad opera di un regista “nobile” di sdoganare l’umorismo a forte connotazione regionale del comico Lino Banfi che interpreta il personaggio del titolo in modo piuttosto misurato ma che in questo modo snatura la propria comicità e risulta meno efficace del solito. Il film è comunque vedibile anche per la bella ed insolita ambientazione (le isole Egadi).
Non è il film per cui ricorderemo il comico pugliese, e di certo nemmeno quello per cui ricorderemo Dino Risi; insomma è stato un tentativo onesto ma solo parzialmente riuscito di nobilitare la straordinaria maschera comica di Lino Banfi costruendoci sopra un film un po’ più ragionato dei suoi soliti. Il problema è che già dopo 20 minuti della sottotrama gialla non frega più niente a nessuno, e il fatto che il protagonista contenga la sua esuberanza contribuisce ad annacquare il tutto. Formalmente è un’opera discreta, ma non c’è il vero Banfi.
Non così male. A partire da un inizio culto, con Banfi commissario che chiede l’alibi al Papa, riesce a mantenersi in modo più che sufficiente anche nella seconda parte della pellicola, con Banfi che indaga su un omicidio in una località isolana. Bravi Ferrini brigadiere e il cast di contorno (c’è pure l’imitazione di Andreotti). Buona prova registica di Risi.
Commedia banfiana isospettabilmente diretta da un regista di classe quale Dino Risi, solitamente non avvezzo a prodotti di questo genere. Risi riesce però a dare un taglio alla pellicola diverso dai soliti standard della commediaccia all’italiana dei primi ’80, creando un discreto incrocio tra la trama poliziesca (all’acqua di rose) e i momenti di comicità slapstick di un Banfi ispirato. Buono il cast di contorno, con un Ferrini divertente e un rodato Micheli, così come l’interessante location siciliana. Si ride moderatamente, ma è gradevole.
Riuscita commedia sperimentale di Risi. Buona la prova di Lino Banfi, a partire dal clamoroso incipit, in cui il commissario Lo Gatto mette sotto torchio addirittura il santo padre (da qui l’esilio nella strepitosa ma angusta Favignana). Il contrasto comico nasce proprio dalla discrasia Banfi-“ferreo tutore della legge”. Le parti comiche ci sono e funzionano bene (con acide puntate satiriche contro l’arrapata borghesia vacanziera). Il tocco è al contempo sofisticato e demenziale (ha un che di Zucker e Abrahams, vedi i flashback parigini). Da rivalutare!
Ultimi fuochi per Dino Risi, costretto a fare da mestierante al servizio di Banfi (l’anno dopo dovrà addirittura occuparsi di Serena Grandi). Un (finto) giallo-rosa-brillante i cui momenti migliori sono nell’incipit e nel finale. Nel mezzo (ovvero il film) qualcosa di riuscito c’è, ma la sceneggiatura è troppo indecisa su che registro addottare, così come Banfi che alterna momenti misurati ad altri slapstick fuori contesto. Colonna sonora nazional-popolare che sciorina innumerevoli hits estive. Al di là delle sue imperfezioni, è comunque un film gradevole.
Uno dei più brutti di Banfi. La partenza non sarebbe stata male, cosi come il finale, ma è la parte centrale che delude. Una commedia gialla dagli sviluppi prevedibili, dialoghi risibili e personaggi figurine che non riescono a strappare che una debole e ben poco convinta risata. Banfi è bravo ma non salva la baracca. Cosi come Ferrini e sopratutto Micheli.
Sottovalutato, forse perché Banfi nel 1987 non era più onnipresente come ai tempi di Vieni avanti cretino. In realtà il film è tutt’altro che anacronistico, la location siciliana (tra bigottismo manifesto e tragressione serpeggiante) fornisce un bel contrasto con l’avvento di una politica contaminata da triangoli amorosi, tradimenti e quant’altro. In tutto questo, la coppia LoGatto/Gridelli funziona e ricorda palesemente Auricchio/DeSimone di Fracchia la Belva Umana. Da non sottovalutare.
Ottima prova di Banfi, misurato ed elegante in questa commedia che ha il suo punto di forza nella splendida location. La storia parte benissimo e si sviluppa in modo interessante anche quando l’azione si sposta sull’isola. Ottimi Ferrini e Micheli, che regalano due caratterizzazioni credibili e divertenti. Bellissima la Russinova, strepitose le tre sorelle Patané e riuscite le musiche. Da rivalutare. Un Banfi diverso, maturo e memorabile.
Dirige Dino Risi e si vede. Meno volgarità gratuita, meno battute folgoranti a doppio senso, meno parolacce… e questo alla fine nuoce al film perché Banfi sembra avere sempre il freno a mano tirato. Se avesse avuto più spinta e l’antica verve dei vecchi personaggi banfeschi (pensiamo al commissario Auricchio di Fracchia la belva umana) il Commissario Lo Gatto sarebbe stato un capolavoro. È comunque una buona commedia, misurata e ricca di ottime caratterizzazioni (Micheli, Ferrini, Marra e le strepitose sorelle Patanè). Non male.
Commedia comica gradevolissima, con un Banfi che regge benissimo il ruolo da protagonista, aiutato anche da ottimi comprimari. A riguardarlo oggi non possiamo non notare l’attualità di questo film: o Risi è un indovino o le cose non sono affatto cambiate… battute e situazioni sempre molto divertenti; da notare l’uso molto disinibito del nudo femminile (praticamente non ne manca mai).
L’onorevole con l’amante sotto il letto
L’onorevole Armando Battistoni vive tranquillo dividendosi tra sua moglie Virginia (che ha un amante, un collega del marito) e la sua amante, Anna Vinci, professoressa di scienze naturali.
Quest’ultima lavora fuori Roma presso una scuola privata, fino a quando non viene allontanata per aver rimproverato aspramente i fratelli Pacetti, figli dell’intoccabile sindaco locale.
Per Armando i guai cominciano proprio di qui, allor quando Anna arriva a Roma per chiedere aiuto al suo amante onorevole.
Janet Agren e Lino Banfi
Divisi da un cardinale prima, da un vescovo in cerca di favori poi, in ultimo dalla moglie fedifraga, Armando e Anna decidono di concedersi una vacanza in montagna, dove però guarda caso, è destinata ad arrivare anche Virginia con il suo amante.
La boccacesca vicenda prosegue tra equivoci di vario genere, fino al finale da fotoromanzo rosa, quando cioè Anna lascerà il suo maturo amante per un giovane ferroviere, partendo con lui.
Lori Del Santo, la cameriera
Rozza e scollacciata commedia sexy, L’onorevole con l’amante sotto il letto non sfugge al peggior clichè di questi film seriali, nei quali il peso totale del film e della sceneggiatura è affidato da un lato al solito Lino Banfi, che fa del suo meglio, senza riuscirci, per tenere a galla una storia sgangherata e vista mille volte, mentre dall’altro lato c’è la bellona di turno, questa volta la nordica e affascinante Janet Agren.
Alvaro Vitali
A completare il tutto la solita procace cameriera, Lori Del Santo, più nuda che vestita e il solito segretario che alla fine è quello che ci guadagna di più, un Alvaro Vitali presenza imprescindibile di questi film seriali a metà strada tra il demenziale e la commedia pecoreccia.
Mariano Laurenti, il regista, non ci mette nulla di nuovo, affidando il tutto alle solite gag di Banfi e mostrando epidermide delle protagoniste, ammiccando così sguaiatamente al pubblico di palato grosso.
A completare il cast, un antipatico in maniera patologica Teo Teocoli, la sventurata Marisa Merlini, ormai abituata ad accettare parti becere in filmacci di serie B,(questa volta nella parte di Virginia, moglie adultera di Armando) un professionista come Gigi Reder (il vescovo) quasi vergognoso e timoroso.
Film che va annoverato tra quelli appartenenti agli ultimi fuochi della commedia sexy, uscito nelle sale nel 1981, quando proprio la commedia sexy stessa era ormai stata seppellita senza rimpianti sia dai produttori sia dal pubblico, sempre più scarso nelle sale e sempre più selettivo, vista anche la grandissima offerta televisiva di questo genere di pellicole, che passavano a tutte le ore sopratutto nei canali televisivi della provincia, che prolificavano come funghi.
L’onorevole con l’amante sotto il letto, un film di Mariano Laurenti. Con Janet Agren, Lino Banfi, Alvaro Vitali, Marisa Merlini, Giacomo Furia, Gigi Reder, Galliano Sbarra, Leo Gullotta, Teo Teocoli, Clarita Gatto, Renzo Ozzano
Commedia, durata 92 min. – Italia 1981.
Lino Banfi … Armando Battistoni
Janet Agren … Anna Vinci
Alvaro Vitali … Teo Mezzabotta
Marisa Merlini … Virginia Battistoni
Teo Teocoli … Controllore
Giacomo Furia … Zio Efisio
Gigi Reder … Vescovo
Leo Gullotta … Segretaria Sgarbozzi / Onorevole Sgarbozzi
Lory Del Santo … Cameriera
Jimmy il Fenomeno … Suor Consuelo
Galliano Sbarra … Passeggero del treno
Regia Mariano Laurenti
Soggetto Luciano Martino, Francesco Milizia
Sceneggiatura Francesco Milizia, Alberto Silvestri
Produttore Camillo Teti
Fotografia Federico Zanni
Montaggio Alberto Moriani
Musiche Gianni Ferrio

L’affittacamere

Le sorelle Giorgia (Gloria Guida) e Angela Mainardi (Fran Fullenwider) alla dipartita della loro amata zia, si ritrovano ad aver ereditato una villa nei dintorni di Bologna; la costruzione, fatiscente, richiede cure e investimento di denaro.
Giorgia, bella e intraprendente tanto quanto la sorella Angela è goffa e svampita, decidono di trasformare la costruzione in una pensione, confidando anche nell’aiuto del fidanzato di Angela, Lillino (Lino Banfi), un meridionale dotato di un appetito degno di Pantagruel.
E’ Giorgia a darsi da fare per attirare clienti nella pensione; giocando sulla sua bellezza fisica, la ragazza riesce a dirottare nella pensione alcuni professionisti.
Così, alla rinfusa, arrivano prima il maresciallo Pasquale Esposito (Enzo Cannavale), che ben presto si trasforma in un tutto fare, l’avvocato Mandelli (Gianfranco Dettori), accalappiato in maniera involontaria da Giorgia, che va a rifugiarsi in macchina dell’uomo dopo essere rimasta in slip e reggiseno per strada, l’onorevole Vincenzi (Vittorio Caprioli), a cui si aggiungeranno altri personaggi.
Nel frattempo il giudice Damiani, un tipo rigido, moralista e inflessibile, venuto a conoscenza dell’esistenza della pensione, decide di indagare sulla stessa; in contemporanea alla storia si aggiungono altri personaggi, ovvero il Prof. Eduardo Settebeni (Luciano Salce), amico del Mandelli, anch’egli incuriosito da quella struttura sopratutto dopo aver incontrato l’amico reduce da una nottata insonne e Anselmo Bresci (Beppe Pambieri), un tipografo che è l’amante di Rosaria (Marilda Donà), moglie del giudice Damiani.
Ogni personaggio ha le sue manie e i suoi tic; la stessa Angela è affetta da sonnanbulismo, erra infatti di notte per la pensione alla ricerca di cibo, e in stato di incoscienza finisce per andare in camera di Mandelli, mentre l’onorevole Vincenzi si appaga autografando le parti intime della disponibile Giorgia, concupita anche dagli altri protagonisti della storia.

Gloria Guida è Giorgia Mainardi
In un crescendo boccacesco, le vicende si intrecciano quando la moglie del professor Settebeni, insospettita dal comportamento del marito, decide di seguirlo e lo vede entrare nella pensione; contemporaneamente il giudice Damiani decide di vederci chiaro e si reca anche lui sul posto.
Qui in un altalenarsi di situazioni curiose, verranno tutti a trovarsi nella stessa stanza, incluso il giudice e sua moglie, scoperta con le mani nel sacco, ovvero a convegno con il suo amante.

Vittorio Caprioli è l’Onorevole Vincenzi
L’arrivo della signora Settebeni costringe tutti ad un patto di mutuo soccorso per evitare lo scandalo; Settebeni annuncia alla moglie di essere sul posto per acquistare la pensione e trasformarla in una clinica.
Così la furba Giorgia riesce a vendere la struttura al professore e con la sorella e il cognato, finalmente sposi, si trasferisce in Puglia dove l’uomo ha appena ereditato una villa con molte stanze. A Giorgia viene un’idea…
Commedia innocua e senza pretese, questa L’affittacamere, diretta da uno specialista del genere, il regista Mariano Laurenti, che l’anno precedente aveva proposto Il vizio di famiglia , forse la sua commedia sexy più riuscita; anche in questo caso utilizza un cast notevole, in cui compaiono grossi nomi del cinema, come quello di Adolfo Celi, di Luciano Salce, di Lino Banfi e Enzo Cannavale, oltre all’onnipresente Caprioli, a Pambieri e Dettori.

Giancarlo Dettori è L’avvocato Mandelli
Il cast femminile è composto da Gloria Guida, dalla sfortunata Fran Fullenwider, morta nel 1997 e dalla bella Marilda Donà; la Guida e la Donà rivaleggiano più in bellezza e sex appeal, piuttosto che in bravura, ma assolvono discretamente il loro ruolo, visto che a loro era rihiesto solo l’essere belle e fisicamente apprezzabili.
Qualche risata quà e là, qualche situazione buffa, alcuni nudi davvero notevoli, qualche incredibile gaffe nella sceneggiatura, come quella che vede la Guida entrare seminuda nell’auto di Dettori e lo stesso utilizzare la chiave per aprire la porta.
In un film che si propone solo come passatempo per stimolare due risate sono cose ampiamente giustificabili; per fortuna manca la solita componente scurrile, davvero molto limitata o inesistente, il che rende questo prodotto, se non memorabile, almeno degno di essere visto.
La recensione del Morandini, ancora una volta, porta fuori strada: “Ereditata da una zia contessa una villa malridotta vicino a Bologna, due intraprendenti sorelle la trasformano in una pensione molto, molto ospitale che attira i maschi della zona. Nell’orto del cinema erotico-pornografico Laurenti si è fatto un nome. Non manca il sale dell’umorismo”
Se, come detto, “non manca il sale dell’umorismo” allora perchè bollare con il voto minimo il film?
L’affittacamere, un film di Mariano Laurenti. Con Vittorio Caprioli, Gloria Guida, Giancarlo Dettori, Luciano Salce, Lino Banfi, Adolfo Celi, Enzo Cannavale, Vincenzo Crocitti, Fran Fullenwider, Giuseppe Pambieri, Giuliana Calandra, Dino Emanuelli, Marilda Donà
Erotico, durata 100 min. – Italia 1976.
Gloria Guida … Giorgia Mainardi
Lino Banfi … Lillino
Enzo Cannavale … Pasquale Esposito
Vittorio Caprioli … Onorevole Vincenzi
Adolfo Celi … Giudice Damiani
Giancarlo Dettori L’avvocato Mandelli
Fran Fullenwider … Angela Mainardi
Giuseppe Pambieri … Anselmo Bresci
Luciano Salce … Prof. Eduardo Settebeni
Marilda Donà … Rosaria la moglie di Damiani
Giuliana Calandra Adele Bazziconi – moglie di Settebeni
Dino Emanuelli … Notaio
Francesco D’Adda Orazio
Vincenzo Crocitti Paziente di Settebeni
Colpo in canna
Da un aereo che atterra in Italia, sbarca Nora Green; ha la divisa da hostess, e sembra una tranquilla, ingenua e un tantino sprovveduta ragazza americana.
La ragazza in realtà deve consegnare una lettera ad un boss della mala napoletana.
Nella lettera, scritta da un fantomatico personaggio che si firma l’Americano, ci sono minacce per Silvera, il boss.
La ragazza viene quindi pestata, perchè il boss la ritiene complice dell’Americano; la ragazza, abbandonata fuori da un circo, viene raccolta ed ospitata da Manuel, un trapezista che lavorava proprio con Silvera. Tra i due nasce una storia, ma la sua presenza crea scompiglio in città.
Ursula Andress
La banda rivale di Silvera, capitanata dal boss Calò, inizia a seguirla, così come fanno gli uomini del commissario del commissario Calogero.
Tra colpi di scena, inseguimenti, scazzottate si arriva al finale, quando si scopre che Nora in effetti è tutt’altro che una sprovveduta hostess, ma fa parte di una banda bene organizzata che da scacco matto alle bande rivali e alla polizia.
Colpo in canna, film del 1975 di Fernando Di Leo è un fiacco tentativo di coniugare il film giallo con connotazioni poliziesche con quello comico; il primo ad accorgersene fu proprio il regista pugliese, che difatti non lo annoverò mai tra i prodotti da ricordare.
Il film, che mescola molte scene d’azione con la fisicità sexy ed estrema della protagonista, la biondissima Ursula Andress risente proprio dell’equivoco di partenza. Il film non è un giallo, ma semplicemente sfrutta alcune situazioni tipiche del giallo, non è un noir e alla fine si trasforma in uno strano prodotto che non ha nemmeno del comico, perchè di battute divertenti ce ne sono poche, e la parte comica, pur affidata a gente che on la comicità ci viveva, come Banfi e Giuffrè, risulta penalizzata proprio dall’intreccio improbabile tra le avventure della pseudo hostess e la lotta tra bande.
Basti pensare all’inserimento, nel film, del personaggio assolutamente fuori contesto del piccolo gangster interpretato da Jimmy il fenomeno, oppure alla legnosità di Marc Porel, che nelle parti semi serie non è mai andato a nozze.
Intendiamoci, il film non è inguardabile, quanto piuttosto slegato e privo di mordente; la presenza della citata Andress, che si spoglia in alcune scene, vale quanto meno il prezzo del biglietto, così come, parlando di cose più serie, le scene finali dell’inseguimento tra l’auto del commissario Calogero e l’auto di Nora Green sono ben girate e coinvolgenti.
Peccato per Di Leo, che avrebbe voluto dare un taglio ben diverso alla pellicola, ma che alla fine tira fuori un prodotto davvero modesto.
Si salvano, come già detto, la Andress, ma solo ed esclusivamente per la parte “fisica”, visto che anche lei non emerge dal grigiore generale del film, il solito Lino Banfi e la piccola parte di Maurizio Arena, il vero capo della banda.
Colpo in canna, un film di Fernando Di Leo. Con Aldo Giuffré, Ursula Andress, Marc Porel, Maurizio Arena,Woody Strode, Loris Bazzocchi, Nello Pazzafini, Renato Baldini, Rosario Borelli, Isabella Biagini, Lino Banfi, Salvatore Billa, Ettore Geri, Lorenzo Piani, Pietro Ceccarelli, Carla Brait, Carla Mancini, Gino Milli, Omero Capanna, Brunello Chiodetti, Sergio Ammirata, Enzo Spitaleri
Drammatico, durata 100 min. – Italia 1974.
Ursula Andress … Nora Green
Woody Strode … Silvera
Marc Porel … Manuel
Isabella Biagini … Rosy
Lino Banfi … Commissario Calogero
Aldo Giuffrè … Don Calò
Maurizio Arena … Padre Best
Rosario Borelli … Umo di Silvera
Carla Brait … Carmen
Renato Baldini … Ali
Raul Lovecchio … Il cieco
Sergio Ammirata … Commissario Ammirata
Loris Bazzocchi … Nora Henchman
Jimmy il Fenomeno … Tano
Roberto Dell’Acqua … Zanzara
Regia Fernando Di Leo
Soggetto Fernando Di Leo
Sceneggiatura Fernando Di Leo
Casa di produzione Cineproduzioni Daunia 70
Distribuzione (Italia) Alpherat
Fotografia Roberto Gerardi
Montaggio Amedeo Giomini
Musiche Luis Enriquez Bacalov
Scenografia Francesco Cuppini
Costumi Gaia Romanini

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L’infermiera nella corsia dei militari
Grazia, giovane e bella cantante, più che brava, procace, ha una relazione con Johnny, il gestore un tantino losco del night nel quale lavora. L’uomo le chiede di fingersi un’infermiera, per poter recuperare due quadri appartenuti a sua madre, rubati e ora nascosti all’interno della clinica psichiatrica del professor Larussa. Così Grazia entra nella clinica,dove ovviamente abbondano i fuori di testa, inclusi i classici generali e il pittore con qualche dote.

Lino Banfi è il Professor Larussa
La donna è costretta anche a difendersi dalle lunghe mani dei pazienti, oltre che a doversi guardare dal professor Larussa, un uomo che ha problemi con la moglie, che crede frigida. Dopo diverse peripezie, Grazia rintraccia i due famosi quadri, proprio nella stanza di peppino, il pittore fuori di testa. scopre però che non si tratta di due quadri della madre di Johnny, ma di due preziosissimi Caravaggio, rubati, ovviamente.

Alvaro Vitali è il pittore pazzo
Scopre anche che Johnny non ha alcuna intenzione di farla diventare una cantante famoa, ma che intende vendere i quadri e scappare in America con la sua amante. Grazia, così, con l’aiuto dell’assistente di larussa, sventa il piano. Non diventerà una cantante famosa, in compenso troverà l’amore.
Mariano Laurenti, autore di questo L’infermiera nella corsia dei militari, ha diretto, nel corso della sua carriera, una cinquantina di film, quasi tutti appartenenti alla commedia sexy:
Nelle due foto: Nadia Cassini è Grazia
sono suoi alcuni titoli di culto, come Quel gran pezzo dell’Ubalda, La vedova inconsolabile ringrazia quanti la consolarono e Il vizio di famiglia. Lasciata la Fenech, Laurenti punta sulla Cassini, sicuramente molto meno dotata di capacità artistiche, ma fisicamente splosiva, grazie al corpo perfetto. Inserisce nel cast l’onnipresente e bravo Banfi, lo mescola a Alvaro Vitali, Susan Scott, Karin Schubert e Carmen Russo e tira fuori una gradevole commediola, assolutamente insolita nel desolante panorama di fine anni settanta.
Siamo infatti nel 1979, e la crisi del cinema è ormai esplosa a livello quasi mondiale; la stessa commedia sexy ha ormai pochi proseliti, tuttavia Laurenti gira un film in cui qualche risata la si fa, anche se ovviamente siamo al livello tipico di questi film. Tuttavia non è un prodotto da bocciare in toto, non fosse, come già detto, per le discrete battute, una trama una volta tanto non basata solo sulle gag, e per il best cast al femminile che il film propone. Certo, chiedere alla Cassini o a Carmen Russo di recitare è davvero troppo, tuttavia in una pellicola di questo tipo si può sorvolare, accontentandosi di ammirare le perfette forme delle due attrici, di ridacchiare con Banfi e Vitali, il che, con i tempi che correvano nel 1979, non era cosa da poco.
Susan Scott (Nieves Navarro) è Veronica Larussa
L’infermiera nella corsia dei militari , un film di Mariano Laurenti, con Lino Banfi, Nadia Cassini, Paolo Giusti, Enzo Andronico,Elio Zamuto, Karin Schubert,Susan Scott, Gino Pagnani, Alvaro Vitali, Carmen Russo
Commedia, durata 88 min. – Italia 1979.
Nadia Cassini … Grazia Mancini
Lino Banfi … Prof. Amedeo La Russa
Paolo Giusti … Prof. Santarelli
Karin Schubert … Eva
Elio Zamuto … John
Renato Cortesi … Ugolini
Marcello Martana Moretti
Gino Pagnani … Ottavio
Ermelinda De Felice … Suor Fulgenzia
Enzo Andronico … Cav. Galeazzo Gedeone
Carmen Russo … Modella
Alvaro Vitali …. Peppino, Il pittore pazzo
Jimmy il Fenomeno … Il guardiano
Luigi Uzzo … Gustavo – male Nurse
Vittoria Di Silverio L’amante di Johnny
Susan Scott (Nieves Navarro) Veronica Larussa
Regia: Mariano Laurenti
Soggetto: Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Sceneggiatura: Mariano Laurenti, Francesco Milizia
Fotografia: Federico Zanni
Montaggio: Alberto Moriani
Musiche: Gianni Ferrio



































































































































































































































