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Anna quel particolare piacere

Anna quel particolare piacere loandina

Anna è una splendida ragazza che lavora come cassiera in un bar di Bergamo.
Qui viene corteggiata da Guido, un giovane all’apparenza di bei modi ma che in realtà è al soldo di una banda di crudeli spacciatori di droga.
Quando Guido decide di seguire la sua gang a Milano, la donna lo accompagna senza sapere che per lei stanno per iniziare i guai.
E guai molto seri.
Ben presto Anna è costretta a far parte dell’organizzazione, nella quale finisce per diventare una squillo di lusso, usata per intrattenere i clienti più ricchi.
Contemporaneamente la donna trasporta droga per l’organizzazione fino a quando scopre di essere incinta; Guido vorrebbe che la donna abortisse, ma Anna rifiuta e si rifugia da un’amica.
Guido viene arrestato,e per Anna iniziano giorni più sereni.
Nasce suo figlio, che un giorno deve essere sottoposto ad un delicato intervento.
E’ il dottor Lorenzo Viotti  a salvare miracolosamente la vita al bimbo e tra i due nasce anche l’amore.

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Edwige Fenech interpreta Anna

Poi accade che Guido esca dal carcere e che si faccia vivo con Anna, obbligandola a seguirlo e a riprendere la convivenza.
Anna non ci sta e durante un litigio spara a Guido che però fa in tempo a colpirla mortalmente.
Sarà il dottor Lorenzo a occuparsi di suo figlio.
Anna quel particolare piacere, titolo malizioso per un film in bilico tra diversi generi cinematografici (giallo/thriller/noir/) è una pellicola del 1973 diretta da Giuliano Carnimeo, che aveva già diretto un thriller l’anno precedente, quel Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? in cui si era avvalso delle prestazioni di Edwige Fenech che in questo film interpreta Anna.
Il film raggiunge la sufficienza grazie al plot e alla professionalità del cast impiegato, anche se la Fenech, come cassiera di un bar non è poi molto credibile.
Ma a parte questo e una certa lentezza nello svolgimento della sceneggiatura, il film ha qualche momento felice anche se rischia nel finale di scivolare nel patetico; le scene della morte di Anna con la raccomandazione di aiutare suo figlio e la promessa del dottore,

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I due protagonisti del film: Corrado Pani e Edwige Fenech

solenne e impegnativa di farlo, sembrano più adatte ad un “lacrima movie” in stile Il venditore di palloncini o L’ultima neve di primavera che degna conclusione di un film giallo se pur anomalo come questo.
Girato tra Bergamo, Milano e Stresa, Anna quel particolare piacere si avvale di una buona colonna sonora scritta da Luciano Michelini e di una sceneggiatura a livello nella quale figurano oltre a Luciano Martino il bravo Sauro Scavolini, Milizia e Ernesto Gastaldi.

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Professionali gli attori, fra i quali il divo televisivo Corrado Pani, carognone quanto basta, il solido e rude Richard Conte, l’insolitamente tenero John Richardson oltre a due ottimi comprimari come Manni e Gaipa.
Film quindi che ha qualche motivo per essere visto, anche per immergersi in festival di apparecchi d’epoca, vero vintage come auto, telefoni a gettone, insegne pubblicitarie e città non ancora congestionate dal traffico.

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Anna, quel particolare piacere, un film di Giuliano Carnimeo. Con Ettore Manni, John Richardson, Edwige Fenech, Richard Conte, Corrado Pani, Carla Calò, Umberto Raho, Ennio Balbo, Bruno Corazzari, Corrado Gaipa, Bruno Boschetti, Carla Mancini, Shirley Corrigan, Gabriella Giacobbe
Drammatico, durata 100 min. – Italia 1973

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Richard Conte

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Edwige Fenech     …     Anna Lovisi
Corrado Pani         …     Guido Salvi
Richard Conte          …     Riccardo Sogliani
John Richardson         …     Lorenzo Viotto
Laura Bonaparte         …     Loredana
Ettore Manni      …     Zuco
Corrado Gaipa          … Dottore
Antonio Casale          …     Scagnozzo di Sogliani
Umberto Raho      …     Avvocato Sogliani
Bruno Corazzari         …     Albino
Carla Calò          …     Madre di Anna
Aldo Barberito          …     Padre di Anna
Wilma Casagrande          …     Susy
Tom Felleghy          …     Portiere
John Bartha          …     Gerli

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Regia     Giuliano Carnimeo
Soggetto     Sauro Scavolini, Luciano Martino
Sceneggiatura     Sauro Scavolini, Francesco Milizia, Ernesto Gastaldi
Casa di produzione     Dania
Distribuzione (Italia)     Interfilm
Fotografia     Marcello Masciocchi
Montaggio     Eugenio Alabiso
Musiche     Luciano Michelini
Costumi     Oscar Capponi

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Milano, Piazza Giordano com’è oggi


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Bergamo, Piazza vecchia

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Stresa, Hotel Regina Palace

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agosto 8, 2011 Pubblicato da: | Drammatico | , , | 1 commento

Cattivi pensieri

Cattivi pensieri locandina 1

Un banale contrattempo costringe l’avvocato milanese Mario Marani a rientrare a casa; sull’aeroporto nel quale attende il suo volo si è addensata una fittissima nebbia e come conseguenza il volo sul quale Mario doveva imbarcarsi viene cancellato.
Rientrato in casa, trova sua moglie, la bellissima Francesca, che dorme il sonno del giusto.
Mario si dirige verso uno stanzino e al suo interno ha la disgrazia di vedere un paio di piedi nudi.
Convinto che nel piccolo ripostiglio si nasconda l’amante di sua moglie, Mario porta con se Francesca in un lungo giro di lavoro durante il quale spera di scoprire chi sia in realtà la figura da lui vista nello stanzino.

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Edwige Fenech e Ugo Tognazzi

Cattivi pensieri 1

I vari indiziati sono, di volta in volta, le persone della cerchia frequentate dalla coppia, ma la verità è che nello stanzino era rimasto chiuso il figlio del portinaio che si era nascosto nella casa per ammirare i fucili da caccia di Mario.
Quest’ultimo ha un’amante, ma nonostante tutto rimarrà con il dubbio che anche Francesca gli restituisca la pariglia.
Ugo Tognazzi è stato indiscutibilmente un grande attore; molto differente invece il discorso sulla sua capacità di mettersi dietro la macchina da presa.
E Cattivi pensieri, il penultimo film da lui diretto prima della eccellente prova offerta con I viaggiatori della notte, mostra proprio queste sue vistose lacune, ovvero mancanza di ritmo e mancanza del guizzo che distingue il purosangue dal cavallo normale.

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Luc Merenda con la Fenech

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Siamo nel 1976, Ugo Tognazzi è ormai considerato uno dei quattro grandi del cinema italiano ed è contemporaneamente impegnato nella direzione di questo film come regista mentre come attore compare in Al piacere di rivederla, in Telefoni bianchi, in  Signore e signori, buonanotte e infine come attore anche in Cattivi pensieri.
La storia è abbastanza banale, una storia di corna come tante altre ne abbiamo visto sullo schermo; l’unica variazione di rilievo al clichè classico del marito geloso che alla fine sembra ossessionato dal fatto di essere becco (mentre a lui è concesso avere un’amante, come da italico copione) è l’introduzione di sequenze abbastanza osè anche per un’attrice come la Fenech, generalmente ben disposta nel mostrare abbondantemente il suo magnifico corpo.
Ma a Tognazzi non riesce nessuna delle intenzioni iniziali; il film non solo si dimostra lentissimo e banale, ma alla fine riesce nella difficile impresa di trasformarsi in un letale sonnifero e contemporaneamente in una palude melmosa dalla quale si riemerge con l’impressione di aver sprecato davvero male il proprio tempo.

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Cattivi pensieri 4

Imbarazzante anche la recitazione dei protagonisti, quasi fossero consapevoli di partecipare ad un film di bassa lega.
Il che se vogliamo è il naturale sbocco di cento e passa minuti di tedio assoluto, infarcito di inutili volgarità e sopratutto con la spocchiosa pretesa di girare un film con non nascoste velleità di satira di costume.
La realtà è  diversa in maniera desolante.
La storia è un deja vu continuo; lo stereotipo dell’italiano infedele ma intransigente quando si tratta di corna personali e sopratutto dialoghi rozzi e tagliati con l’accetta sono un calcestruzzo impossibile da digerire.
Un peccato per Tognazzi, che qualche cosa di buono (come regista, of course) riuscì a mostrarla nel film successivo, quel già citato I viaggiatori della sera che rimane opera di gran valore ampiamente sottovalutata.

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Il che, alla luce dell’opacissima prestazione fornita con Cattivi pensieri, rimane dilemma amletico da sciogliere, ovvero: Tognazzi avrebbe potuto fare di meglio perchè aveva finalmente imparato a stare dietro la MDP oppure il tutto fu casuale, un po come il concerto perfetto che riesce una volta sola?
Poichè l’Ugo nazionale non girò più nulla, questo è davvero un dilemma insolubile.
Va detto che se il film è davvero poca, pochissima roba, lo si può ricordare per alcune chicche rappresentate dal curioso cast; la presenza per esempio della cosidetta signora della tv Mara Venier, della top model Veruschka, del bravo e sfortunato giornalista sportivo Beppe Viola (che aveva lavorato già con Tognazzi in Romanzo popolare) e dal nudo di Luc Merenda (bissato poi in Action di Tinto Brass) oltre che dalle eleganti presenze di Massimo Serato e Orazio Orlando.

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Cattivi pensieri,un film di Ugo Tognazzi. Con Ugo Tognazzi, Massimo Serato, Luc Merenda, Orazio Orlando,Edwige Fenech, Veruschka, Mario Bernardi, Piero Mazzarella, Paolo Bonacelli, Mara Venier, Mircha Carven, Yanti Somer, Pietro Brambilla, Angelo Pellegrino
Commedia, durata 105 min. – Italia 1976

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Ugo Tognazzi: Mario Marani
Edwige Fenech: Francesca Marani
Paolo Bonacelli: Antonio Marani
Piero Mazzarella: Concierge
Yanti Somer: Paola
Mara Venier: signora Bocconi
Laura Bonaparte: signora Retrosi
Mircha Carven: Lorenzo Macchi
Pietro Brambilla: Duccio
Veruschka: amante di Mario
Orazio Orlando: Avvocato Borderò, socio di Mario
Massimo Serato: Carlo Bocconi
Luc Merenda: Jean-Luc Retrosi
Guido Nicheli: ospite
Beppe Viola: commissario di polizia
Angelo Pellegrino: assistente di Confindustria
Riccardo Tognazzi: Gino

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Regia     Ugo Tognazzi
Soggetto     Ugo Tognazzi, Antonio Leonviola
Sceneggiatura     Ugo Tognazzi, Antonio Leonviola, Enzo Jannacci, Beppe Viola
Produttore     Edmondo Amati
Fotografia     Alfio Contini
Montaggio     Nino Baragli
Musiche     Armando Trovajoli

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luglio 27, 2011 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , | Lascia un commento

Cornetti alla crema

Cornetti alla crema locandina

Domenico Petruzzelli è un sarto particolare; crea infatti abiti talari e la sua clientela è fatta ovviamente da prelati anche di alta gerarchia.
La vita familiare del sarto è però piatta in maniera desolante; l’uomo infatti ha una moglie pedante e fanatica di telenovelas e un figlio ingordo e tonto.
Ma anche a Domenico capita quello che a prima vista sembra un colpo di fortuna.
Conosce infatti una splendida donna, Marianna, che ha ambizioni liriche e che da subito mostra molta simpatia per lui.
Quello che Domenico non sa è che la donna ha un fidanzato robusto e manesco, così quando invita la ragazza a casa sua, cerca di sfruttare l’amicizia che ha con Gabriele che è l’inquilino del piano di sopra.
Gabriele è un vero e proprio playboy e dopo diversi dinieghi, accetta di cedere il proprio appartamento a Domenico, che ha raccontato diverse frottole a Marianna.

Cornetti alla crema 1
Lino Banfi e Edwige Fenech

Il sarto infatti si è presentato come uno scapolo e ha dato le generalità dell’amico.
Per una serie di sfortunate combinazioni, al povero Domenico il tentativo di “consumare” una notte d’amore con Marianna andrà in fumo, mentre invece il vulcanico Gabriele provvederà a consolare l’apatica moglie del sarto.
Accade infatti che un pezzo grosso del Vaticano arrivi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, sorprendendo Domenico con Marianna, che a sua volta scopre così che il sarto gli ha mentito sulla sua identità. E per finire, il povero Domenico sarà malmenato di brutto dall’irascibile Ulrico fidanzato di Marianna,scoprirà di esser stato fatto becco da Gabriele e così nelle ultime scene lo troveremo malinconicamente seduto su una sedia a rotelle, spinto dalla moglie traditrice, dall’ex amico e da suo figlio….

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Michela Miti

Cornetti alla crema è un film dell’ultima fase della commedia sexy, ma sorprendentemente è una delle meglio riuscite e in qualche modo divertente.
Merito di Sergio Martino, che evita la palude delle gag scollacciate puntando più che altro sulle disavventure del povero Domenico, interpretato as usual da Lino Banfi, autentico protagonista della stagione delle commedie sexy. Accanto a Banfi, Martino mette una splendida e solare Edwige Fenech ormai presenza storica della commedia sexy.
Il duo, perfettamente affiatato, si muove con disinvoltura attraverso una serie di gag che possiamo definire divertenti, anche perchè per una volta manca la consueta e triste presenza di funzioni corporali rumorose o di oscenità di ogni genere pronunciate a sproposito.
Martino utilizza quindi la sua musa, la Fenech, conoscendola perfettamente e sapendo cosa chiederle e come farla muovere.

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Non a caso il regista romano aveva diretto l’attrice di Bona in diversi film come i thriller Lo strano vizio della signora Wardh (1971),Tutti i colori del buio (1972),Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972) e le commedie Giovannona Coscialunga disonorata con onore (1973),40 gradi all’ombra del lenzuolo (1976),Sabato, domenica e venerdì, episodio “Sabato” (1979),Zucchero, miele e peperoncino (1980) e infine in quel gioiellino che è Spaghetti a mezzanotte (1981)
Grazie anche alla presenza di due ottimi attori come Milena Vukotic che interpreta la stravagante moglie di Domenico, Elena e a quella di Gianni Cavina che riveste i panni di Gabriele ovvero l’amico infido di Domenico, Martino riesce a non deludere lo spettatore e a regalare qualche sorriso, cosa che negli anni 80 (almeno a livello cinematografico) rimarrà una pia illusione, un autentico paradosso alla luce di quelli che saranno almeno economicamente gli anni delle cicale e dell’edonismo reganiano,gli anni della grande illusione della ricchezza a portata di tutti.

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Un film che vive di situazioni viste molte volte, eppure interpretate con garbo e ironia; le varie scene in cui il manesco Ulrico malmena Domenico sono davvero esilaranti così come lo sketch migliore resta quello in cui avviene l’incontro tra l’Eminenza accompagnato da un pretino e lo sventurato Domenico che nasconde in casa di Gabriele l’avvenente Marianna.
Da segnalare nel film il cameo della bravissima Marisa Merlini, l’odiosa suocera di Domenico e quello della bella Michela Miti nel ruolo di una squillo rimorchiata da Gabriele.

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Gianni Cavina e Milena Vukotic

Un film che si può vedere nell’ottica di passare un’ora e mezza spensierata e perchè no, lasciandosi andare a qualche risata di gusto.

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Cornetti alla crema,un film di Sergio Martino. Con Gianni Cavina, Lino Banfi, Edwige Fenech, Marisa Merlini,Milena Vukotic, Armando Brancia, Mariangela D’Abbraccio, Michela Miti, Luigi Leoni
Commedia, durata 109 min. – Italia 1981.

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Lino Banfi: Domenico Petruzzelli
   Edwige Fenech: Marianna
   Gianni Cavina: Gabriele Arcangeli
   Marisa Merlini: madre di Marianna
   Milena Vukotic: Elena
   Armando Brancia: Eminenza
   Maurizio Tocchi: Ulrico
   Filippo Evangelisti: Aristide
   Luigi Leoni: Don Giacinto
Salvatore Jacono: Il portiere del palazzo
   Michela Miti: Una squillo

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Regia     Sergio Martino
Soggetto     Romolo Guerrieri, Franco Verucci
Sceneggiatura     Romolo Guerrieri, Sergio Martino,Franco Verucci
Fotografia     Giancarlo Ferrando
Montaggio     Eugenio Alabiso
Musiche     Mariano Detto

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Le recensioni qui sotto appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Per gli amanti della comicità divertente anche se talora sgangherata di Lino Banfi un vero e proprio cult. Diretta da Sergio Martino, Cornetti alla crema è una pellicola decisamente imperfetta (soffre ad esempio di un eccesso di volgarità) ma altrettanto indubbiamente spassosa. Le situazini comiche sono ben congegnate e non manca qualche sapido riferimento ad una morale bigotta di certi ambienti. Molto bravo Gianni Cavina.

Domenico Petruzzelli (Banfi) è titolare della ditta che compone abiti “talari”; in quanto tale la sua immagine è consacrata (anche se, scopriremo, con atteggiamenti bigotti) alle “nobili” personalità che ne frequentano la casa. Martino gira un film decisamente spassoso, che affonda spesso lo sguardo (oltreché sulle morbidi forme della compiaciuta Edwige Fenech) su alcuni atteggiamenti sociali, spesso ipocriti e dissimulatori. Grande l’apporto di Gianni Cavina, qui interprete di indole (quasi) spontanea. Il titolo allusivo è più che pertinente.

Il carosello di adulteri, scambio di appartamenti e relativi qui pro quo potrebbe essere ormai arrugginito e cigolante, ma la presenza di uno scatenatissimo Banfi la fa girare a gran velocità – salvo qualche rallentamento nella parte centrale – su una sceneggiatura che trasforma le possibili volgarità in gag originali e spesso esilaranti. Il comico pugliese forma qui un inedito e vincente trio con una Fenech svampita e autoironica (doppiata in veneto) e un Cavina versione tombeur de femmes.

Vetta banfiana assoluta. Uno dei suoi migliori film, dove tutto funziona alla perfezione… dallo “scambio” con un ottimo Cavina alla Fenech (che è anche molto divertente, ma solo grazie al doppiaggio). Bisogna rendere merito a Sergio Martino per questo film, davvero riuscito grazie ad una regìa di livello. Impossibile negare che il sarto di abiti talari Domenico Petruzzelli sia diventato col passare degli anni una specie di icona per moltissimi ammiratori del comico pugliese, ed io non faccio eccezione.

Una delle migliori commedie con Banfi, poco erotica ma decisamente divertente. La trama è semplice ma scorre bene, il cast è ottimo (e funziona anche Cavina come spalla) e le gag funzionano quasi tutte. Notevole anche la colonna sonora di Detto Mariano. Nel suo genere uno dei film migliori.

Pochade banfiana di gran livello. L’insolita accoppiata Banfi-Cavina funziona meravigliosamente, tanto da chiedersi come mai non si sia più ripetuta, ma tant’è. La Fenech è sempre una gioia per gli occhi e qua si mostra nella sua semi nudità di tanto in tanto. Ruoli minori (ma fondamentali) per la brava Vukotich (nella parte della moglie di Banfi) e il figlio “bamba” di Banfi (qui interpretato da uno sconosciuto Filippo Evangelisti) che ormai è storia del cinema. Ottima la OST a cura di Detto Mariano.

Non ai livelli del grandioso Spaghetti A Mezzanotte (sempre diretto dal bravo Martino), ma comunque notevole. Banfi in palla completa fa sempre ridere, spalleggiato dal bravo Cavina in un ruolo tutto sommato insolito, che ricorda vagamente l’umorismo “alla bolognese” del collega Andrea Roncato. C’è pure la Vukotic, in una parte non dissimile dalla signora Pina di fantozziana memoria; indimenticabile anche il figlio scemo Aristide. Le gag vanno a segno quasi sempre, in una girandola di equivoci esilarante. E la Fenech doppiata in veneto è cult!

L’affiatata coppia Edwige Fenech/Lino Banfi, nel 1981, interpretò questa simpatica commedia. Divertente, “banfiano vecchia maniera” e molto anni ’80, il film, incentrato su di un sarto di abiti clericali sposato con Milena Vukotic (la seconda signora Pina dei Fantozzi) ma infatuato della bella cantante lirica Edwige Fenech, è, negli anni, diventata cult. Personalmente la trovo una commedia deliziosa, anche se Gianni Cavina, usato spesso da Pupi Avati, in commedie così risulta un po’ sprecato.

Discreta commediola dal ritmo leggermente ondivago ma impreziosita da un buon cast. Banfi è sempre in palla, la Fenech bellissima come sempre e Cavina è un’ottima spalla. Da non trascurare poi l’apporto dato dalla brava Vukotic e dalla veterana Merlini. Bel ritmo.

Poca originalità. Come tanti altri film del filone affronta le solite corna e le solite amanti. A Domenico gliene capitano di tutti i colori, proprio come a Savino in Spaghetti a mezzanotte (stessa regia). Banfi è mostruosamente comico, fa strage di umorismo grottesco. Nonostante tutto il film ha le sue particolarità (come il tema del bigottismo, anche se resta molto sullo sfondo) e ha una vivace struttura di gag e situazioni non stop. In più oltre a varie trovate veramente comiche, ci sono molte cose divertenti: Aristide il figlio scemo, Ulderico (Mazinga)

Un altro dei must della commedia rètro, qui con Banfi mattatore e Cavina “castigatore”. Le grazie della natìa di Bona (nomen omen) vengono offerte poco e ci si accontenta delle sue lunghe gambe e dei suoi piedi, che il povero pugliese anela senza mai carpire. Il plot è un classico con marito fedifrago in fieri e amico disponibile a “dare una mano”. Si ridacchia, ci si diverte e la prossima volta che verrà trasmesso si sa già che lo si rivedrà…

Commedia degli equivoci, “albergo del libero scambio” trasferito in contesto condominiale. In spazi e tempi ristretti, Lino Banfi, improbabile e perciò irresistibile Casanova, deve destreggiarsi tra moglie, amante, amico compiacente, figlio scemo, portinaio impiccione e in più con l’urgente consegna di un abito talare ad un importante ecclesiastico. Si ride, di fronte a questi “numeri” da giocoliere e non ci sono tempi morti. Che si vuole di più da una commedia anni ’80 di Sergio Martino?

Un Banfi scatenato, al culmine della sua bravura da avanspettacolo e delle sue divertenti gag corporali e linguistico-pugliesi. Da solo regge il film e strappa un discreto numero di risate, di grana molto grossa ma ruspanti e spontanee. Il resto, dalla regia alla confezione generale, ai caratteristi di contorno (comunque valenti), lascia a desiderare. Stupenda la Fenech all’epoca.

One man show del Banfi dell’epoca d’oro, sulle cui spalle poggiano tutte le situazioni comiche. La spalla Cavina fa quel che può, ma con evidenti limiti (comici), la Fenech fa la Fenech e la Vukotic mette in mostra il tuo talento (e qualcosa d’altro). Ma il canovaccio è poca cosa e purtroppo si fa sentire, lasciando addosso una sensazione di mancato appagamento sotto tutti i punti di vista (risate ma anche il versante erotico soft).

Film del periodo d’oro della comicità di Banfi con il Lino Nazionale sarto ecclesiastico per ciò divertentissimo. La Fenech doppiata con simpatica parlata veneta molto provocante anche lei più o meno all’apice. Divertentissima la scena di lui che finisce sotto al letto. Nel cast la fantozziana moglie Milena Vukotic.

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luglio 7, 2011 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , | Lascia un commento

Sabato, domenica e venerdi

Sabato domenica e venerdi locandina

Tre episodi girati in stile tipico della commedia all’italiana con sbirciatine al cinema sexy (molto blande) per la regia di Sergio Martino,Pasquale Festa Campanile e del duo Castellano e Pipolo.
Primo episodio, Sabato, regia di Sergio Martino:
– A Nicola La Brocca, dipendente della filiale italiana di una grande azienda giapponese, la Zaikoto, il capo ufficio affida un compito all’apparenza ingrato; ricevere il rappresentante della grande azienda nipponica e scarrozzarlo in giro per la città. Nonostante le proteste, Nicola è costretto ad accettare in quanto è l’unico in azienda a parlare un po di inglese.

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All’aeroporto la prima sorpresa: Tokymoto non è affatto un grigio funzionario, ma una splendida donna, che reca con se le ceneri del nonno che la donna deve spargere in aria come da tradizione.

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Lino Banfi e Edwige Fenech

Poichè Nicola è fidanzato con una collega molto gelosa, iniziano le peripezie dell’uomo costretto a portare il giro per la città l’ingegnere che combina anche qualche guaio (libera una moltitudine di uccellini dalle gabbie di un negozio di animali costringendo Nicola a pagare il conto).
In più il suo superiore, vista l’avvenenza dell’ingegnere, inizia una corte serrata alla donna.
Ma dopo una serie di avventure, Nicola emigrerà a Tokyo con la bella nipponica con la quale metterà su famiglia e aprirà in città un ristorante italiano chiamato ovviamente The little ear

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Secondo episodio, Domenica, regia di Pasquale Festa Campanile:
– A Mario, giovane camionista che trasporta impianti sanitari, capita un imprevisto; la sua vicina, l’avvenente Enza Paternò chiede di impersonare per un giorno la parte del futuro marito della ragazza. Enza ha una relazione proibita con un uomo sposato, ma a casa sua stanno per arrivare i genitori della stesa che essendo siciliani hanno ancora una mentalità chiusa.
L’uomo accetta, ma da quel momento passerà un nugolo di guai, incluso un incidente nel quale distruggerà tutto un carico di sanitari.
Ma alla fine otterrà l’amore della bella Enza

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Michele Placido e Barbara Bouchet

Terzo episodio, Venerdi, regia di Castellano e Pipolo:
– A Ambrose Costantin capita invece un grosso guaio; l’uomo, ricchissimo e viziato, è l’impresario del balletto Les porte-bonheur (appartenente al Crazy Horse di Parigi) la cui prima ballerina e Jacqueline.
La ragazza decide di abbandonare il balletto per seguire un gangster innamorato di lei e a quel punto Ambrose decide di intervenire per evitare che la donna sposi il gangster.
Per farlo, dovrà confessare alla donna di amarla….

Sabato, domenica e venerdi esce nelle sale italiane nel 1979 nel momento in cui più si sta diffondendo l’abitudine di unire frammenti di film per farne prodotti di largo richiamo, usando l’espediente di utilizzare nomi di grido della commedia italiana affiancandoli con ottimi caratteristi.

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La diva del Crazy Horse Lova Moor

In questo caso i protagonisti sono, nell’ordine, Lino Banfi e Edwige Fenech per il primo episodio, Barbara Bouchet e Michele Placido per il secondo e Adriano Celentano e la diva del Crazy Horse Lova Moor nel terzo.
Film senza particolari guizzi, nel quale l’episodio più divertente è sicuramente il primo, affidato alla sapiente mano di Sergio Martino.
Il collaudato duo Banfi-Fenech diverte davvero e l’episodio è fresco e interessante; particolarmente riuscita la gag in cui lo sventurato Nicola mangia letteralmente le ceneri del nonno dell’ingegner Tokymoto, oppure quello della dimostrazione della casa del futuro.
A a fare da contorno degli ottimi caratteristi, come Daniele Vargas (nei panni del superiore di Nicola) e Milena Vukotic, la fidanzata gelosa di Nicola. Piccola particina per Baccaro nel ruolo di un bagnino.
Leggermente inferiore il secondo episodio, anche se non mancano alcune sequenze gustose, come l’incidente che capita all’assonnatissimo Mario (ben interpretato da Michele Placido) e la scena notturna in cui l’amante di Enza si introduce involontariamente nel letto in cui invece della sua donna c’ è la mamma della ragazza.
Da dimenticare invece l’episodio tre, quello con Celentano, arruffato e senza una vera sceneggiatura, affidato tutto all’indubbio carisma del molleggiato.
Che però risulta supponente, spocchioso e antipatico mentre le gag a lui affidate sono decisamente troppo surreali e scontate.

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Molto male anche Lova Moor, spettacolosa da vedersi mentre balla e da dimenticare quando tenta di recitare.
Un film innocuo e senza pretese che può essere visto giusto come tappabuchi di una serata indolente e noiosa.

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Sabato, domenica e venerdì un film di Castellano e Pipolo, Sergio Martino, Pasquale Festa Campanile. Con Lino Banfi,Milena Vukotic, Barbara Bouchet, Michele Placido, Edwige Fenech, Adriano Celentano
Renzo Ozzano,Lova Moor-Commedia, durata 118 min. – Italia 1979.

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Episodio 1, Sabato:

Lino Banfi: Nicola La Brocca
     Edwige Fenech: Ing.Tokimoto
     Daniele Vargas: Il superiore di Nicola
     Milena Vukotic: Clelia Benelli

Episodio 2, Domenica:

Barbara Bouchet: Enza Paternò
     Michele Placido: Mario Salvetti

Episodio 3, Venerdi:

Adriano Celentano: Ambrose Costantin
     Lova Moor : Jacqueline
     Elio Crovetto: Frank il gangster

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Regia :    Castellano e Pipolo
Pasquale Festa Campanile
Sergio Martino
Soggetto     Castellano e Pipolo
Sceneggiatura     Castellano e Pipolo
Produttore     Luciano Martino
Fotografia     Alejandro Ulloa
Montaggio     Eugenio Alabiso
Mario Siciliano
Musiche     Mariano Detto
Scenografia     Mimmo Scavia
Costumi     Luis Argüello, Adriana Bellone e Natalia Verdelli

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Sabato domenica e venerdi locandina 1

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Ultimi sprazzi della commedia ad episodi all’italiana molto in voga negli anni ’70. In questo caso vengono impiegati attori e registi specializzati nel genere; il risultato è diseguale: buono l’episodio con Lino Banfi (diretto da Martino) nel quale il comico pugliese trova una delle sue partner più affini, la Fenech. Poco incisivi (sia per sceneggiatura che per prova degli attori) gli altri due episodi.

Pellicola a episodi, nella tradizione di certa commedia (sexy o meno) italiana: un terzetto, al solito disomogeneo, tenuto insieme dal giorno della settimana in cui si svolgono le storie. “Sabato”, diretto dal grande Sergio Martino, è ancora una volta il miglior esemplare del terzetto e presenta una Fenech (presa di mira da uno scatenato Banfi) nell’insolita veste di ingegnere orientale, con inevitabile parlata insolita (la R diventa L); “Domenica” è l’episodio più spento e noioso, nonostante la Bouchet; “Venerdì” presenta un molleggiato sottotono.

Fiacchissimo colpo di coda della commedia a episodi, in evidente debito di idee, di freschezza, forse anche di voglia. Quasi terribile quello con Placido, decoroso quello di Banfi con la Divina (e un bel gruppo di caratteristi d’appoggio), impalpabile il segmento del Molleggiato. Del tutto trascurabile, peccato per il coinvolgimento di Festa Campanile al suo minimo storico.

Tre episodi con tre protagonisti sulla carta validissimi (Banfi, Placido, Celentano) più bellezze e caratteristi assortiti. Placido è il meno “brillante” dei tre attori e il suo episodio, commedia degli equivoci di impostazione classica, ne risente; Celentano anticipa con sufficiente brio i suoi episodi di Grand Hotel Excelsior e Sing Sing; Banfi, agevolato dall’avere i comprimari più incisivi (la Vukotic, Vargas e Baccaro) e da una insolita Fenech orientale, dà vita all’episodio più divertente del trio.

Una commediola ad episodi non memorabile, ma efficace e che si lascia sempre vedere volentieri. Il risultato artistico dei singoli episodi è alterno e per una volta abbasso il pollice per quello con Celentano che, a mio avviso, risulta fiacco. Divertente l’episodio con Banfi e poi la Fenech giapponesina è un culto! Pochadistico e godibile l’episodio con Placido, dunque di mio gradimento (arrivo quasi a definirlo il migliore del trio). In dvd (Federal video) è tagliato.

Abbastanza trascurabile questa commedia a episodi, tipica del periodo. Del lotto l’episodio migliore rimane quello con Banfi e la Fenech, affiatati come sempre e circondati da un cast di spessore comico (Vargas e Baccaro su tutti). Il segmento con Placido è gradevole, si lascia vedere ma nulla più, colpa anche di una spenta Bouchet; l’episodio di Castellano & Pipolo, che dirigono il “prediletto” Celentano, è nel tipico stile del trio, con il molleggiato che si ritaglia il solito personaggio burbero e inanella non-sense a tutto spiano. **1/2

Tre episodi divertenti e molto anni ’70. Forse il migliore dei tre è quello con Lino Banfi, per le trovate esotiche (la Fenech in versione giapponese, finalmente doppiata dalla stessa Edwige), la cena al ristorante pugliese, la Vukotic fidanzata furiosa e i vari travestimenti (Banfi versione geisha). Il bello, però, non è (ri)vedere la coppia Fenech/Banfi o constatare che Adriano Celentano, anche nei panni dell’impresario eccentrico Costatine, se la sa cavare bene, ma un giovane Michele Placido alle prese con Barbara Bouchet! Tre.

Dimenticabile commedia a episodi girata quando ormai il genere era tramontato da un pezzo. Martino dirige tutti e tre gli episodi, ma non lascia un segno indelebile e il cast è mal sfruttato. Banfi e la Fenech deludono le aspettative, forse anche per colpa di una storia per nulla interessante. Placido è il peggiore della compagnia. Celentano strappa ogni tanto qualche risata ma anche lui ha fatto di meglio. Evitare.

Di commedie italiane a tre episodi più belle ce ne sono molte. I tre episodi sono nel complesso carini ma nessuno è veramente comico o degno di nota. Nel primo episodio Banfi fa ridere (a mio parere più di Placido e Celentano), ma è proprio la storia ad avere troppi profili ingenui e quindi poco divertenti (tranne quando c’è Salvatore Baccaro in sena, assolutamente imperdibile). La seconda con Placido è troppo sempliciotta e poco innovativa, tendente al noioso, mentre Celentano ha fatto di meglio.

Mi chiedo come Celentano sia finito in un film del genere: il primo episodio con Banfi parte bene, pieno di gag, ma rallenta il ritmo lungo la strada e diventa del tutto indigeribile quando la Fenech sfodera delle improbabili arti marziali. Quello con Placido e la Bouchet è una tipica farsa degli equivoci, abbastanza simpatica, ma diretta da Campanile in modo anonimo e svogliato; allora il migliore è proprio Celentano, che insieme ai registi Castellano e Pipolo conserva la sua comicità fresca e leggera, ma dopo più di un’ora di noia è poco.

Ultimi guizzi e primi rantoli del tradizionale film ad episodi, esiti assai gracilini e debolucci. L’episodio diretto da Martino si basa sulla collaudata accoppiata Banfi-Fenech, ha una certe verve e riesce a “svoltare” in maniera interessante. L’episodio di Festa Campanile è una slavatissima mini-commedia degli equivoci, con una Bouchet incredibile come siciliana vessata dai genitori. Il terzo, quello con Celentano attore, che non mi piace proprio, offre solo discreti inserti coreografici, ed è veramente triste nella sua irredimibile banalità.

Concordo con chi ritiene il primo l’episodio migliore: simpatico Banfi, Vargas “provolone” e una Fenech nipponica con tettone in mostra invero improbabili in una donna giapponese dell’epoca; il secondo è deprimente, a prescindere dalla fulgida bellezza di Barbara Bouchet, sempre piacevole da vedere; davvero patetico Celentano nel terzo, che gioca a scimmiottare – nel caso del molleggiato è l’aggettivo giusto – Alain Bernardin, patron del parigino “Crazy Horse”. C’è anche il povero Ernest Thole, figlio del copertinista Karel…

Tre registi, tre episodi, formula già utilizzata con successo dalla commedia all’italiana. Stavolta il risultato è altalenante: se Martino e Festa Campanile dirigono ottimamente le coppie Banfi/Fenech e Placido/Bouchet con risultati discreti (soprattutto il secondo episodio) Castellano & Pipolo invece dirigono fiaccamente un episodio (il più debole) con un Celentano sottotono e quasi svogliato e neanche le ballerine del Crazy Horse riescono a risollevarne le sorti. Si ride a sprazzi ma nel finale si sbadiglia più del personaggio di Placido.


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Maggio 5, 2011 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , | 4 commenti

La soldatessa alle grandi manovre

La soldatessa alle grandi manovre locandina

Il colonnello Fiaschetta e il generale Barattoli si apprestano alle grandi manovre; il primo comanda le armate Azzurre, il secondo le armate Verdi.
Mentre tutto è pronto per l’importante avvenimento, nella caserma comandata da Fiaschetta, militare più per tradizione e per volontà materna che per intima convinzione arriva la splendida dottoressa Eva Marini.

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Renzo Montagnani

La donna ha ricevuto dal comando un incarico inusuale e delicato; svolgere un’inchiesta segreta sui comportamenti sessuali dei  militari.
Coadiuvata da due militari decisamente inadatti al nuovo compito, Alvaro e Salvatore, la dottoressa Marini si appresta a svolgere il suo incarico.

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Gianfranco D’Angelo

Ben presto scopre anche alcuni altarini, come quello del militare Gianluca Capretti, dedito più alla vita da bohemienne che a quella del soldato.
La bella dottoressa si ritrova anche a dover aiutare Don Pagnotta, un volenteroso parroco del paese che aiuta nei limiti del possibile i ragazzi orfani del paese.
Nel frattempo iniziano le grandi manovre e il reparto degli azzurri, capitanati da Fiaschetta, hanno subito la peggio; Eva è convinta che qualcuno all’interno del reparto stia favorendo l’armata verde, e che questo qualcuno sia ovviamente il playboy Gianluca.

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“Elvira, ma che ti è successo che hai la faccia tutta gonfia?”

Inaspettatamente, proprio tra Eva e Gianluca nasce una love story.
I due, con un colpo di fortuna, riescono a catturare il generale Barattoli decretando la vittoria dell’armata azzurra, con somma costernazione di Fiaschetta che dall’inizio aveva sabotato la sua armata per evitare proprio di vincere.
L’uomo invece verrà promosso…..
La soldatessa alle grandi manovre, film del 1978 diretto da Nando Cicero segna il compimento della trilogia “militare” del regista nato ad Asmara.

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Edwige Fenech

Infatti, dopo La Dottoressa Del Distretto Militare (1976) e La soldatessa alla visita militare (1977) il regista torna a dirigere il collaudato cast che includeva la Fenech, Vitali e D’Angelo nel primo film, di nuovo la Fenech e Montagnani nel secondo completando la sua personale trilogia con un prodotto senza infamia e senza lode.
Prodotto sicuramente meno becero e triviale di tanti altri cloni del genere commedia sexy, in cui effettivamente qualche sprazzo di divertimento si riesce anche a goderselo.

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Cicero era un regista di buona mano e di discrete doti e ancora una volta dimostra di trovarsi a suo agio con un genere che lo vide sicuramente protagonista, prima della chiusura della sua carriera con il famoso W la foca.
In questo film, sorretto da una sceneggiatura accettabile (nei limiti di un film appartenente al genere commedia sexy, ovviamente), Cicero dirige la solita squadra di ottimi caratteristi riprendendo i due personaggi principali del precedente La soldatessa alla visita militare, ovvero la dottoressa Eva Marini e il colonnello Fiaschetta, con l’aggiunta della presenza del soldato Alvaro Quattromani.

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I tre, nell’ordine Edwige Fenech, Renzo Montagnani e Alvaro Vitali sono protagonisti di gag a volte scurrili (marchio di fabbrica di un certo tipo di commedia sexy) a volte esilaranti, mentre è da segnalare la presenza di Lino Banfi in un ruolo non usuale, quello del bravo parroco che tenta in tutti i modi di aiutare i bimbi del paese.

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Forse alla fine è proprio il personaggio interpretato da Banfi a riuscire più convincente, in virtù della simpatia che l’attore pugliese riesce a trasmettere a Don Pagnotta, prete di quelli veri, da trincea.

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Ovviamente è inutile immergersi in disquisizioni di qualsiasi genere sulla pellicola; questi film, spesso girati in poche settimane, con location spartane e con trame ridotte all’osso, non avevano alcuna ambizione particolare, se non quella di raccattare qualche lira.
Come già detto, La soldatessa alle grandi manovre non è nemmeno uno dei peggiori, come del resto dimostra la buona accoglienza che riservò il pubblico alla pellicola di Cicero;

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qualche risata scappa, come nell’occasione in cui Eva e Gianluca, divenuti amanti, fanno prigioniero lo sventurato generale Barattoli preda di imbarazzanti problemi viscerali.
In ultimo segnalo la presenza di due caratteristi davvero bravi, anche se diversissimi fra loro: Antonino Faa Di Bruno, che interpreta il generale Barattoli in maniera talmente prefetta da sembrare davvero un generale e Salvatore Baccaro, che sarebbe scomparso prematuramente sei anni dopo.

La soldatessa alle grandi manovre, un film di Nando Cicero. Con Edwige Fenech, Renzo Montagnani, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali, Nino Terzo,Tiberio Murgia, Enzo Maggio, Lino Banfi, Jacques Stany, Michele Gammino, Lucio Montanaro, Milly Corinaldi, Renato Malavasi, Renzo Ozzano
Erotico, durata 96 min. – Italia 1978.

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Edwige Fenech     …     Dottoressa Eva Marini
Renzo Montagnani …     Colonnello Fiaschetta
Alvaro Vitali …                Alvaro
Michele Gammino …     Gianluca Capretti
Lucio Montanaro   …      Salvatore
Enzo Monteduro …     Calogero
Nino Terzo     …     Infermiere
Antonino Faa Di Bruno     …Generale Barattoli
Renzo Ozzano          … Il sergente
Rita Di Lernia         … La Leoparda
Salvatore Baccaro      … Crispino
Jacques Stany … Capitano
Lino Banfi     …     Don Pagnotta
Gianfranco D’Angelo     … Capitano medico
Grazia Di Marzà  …     Madre di Fiaschetta
Tiberio Murgia    …     Carmelo, il capostazione
Jimmy il Fenomeno    …     Soldato scemo

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Regia: Nando Cicero
Sceneggiatura: Annie Albert, Nando Cicero e Fiorenzo Fiorentini
Produzione: Luciano Martino    .
Musiche: Piero Umiliani
Editing: Daniele Alabiso

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Il Pasolini della commedia sexy, alias Nando Cicero, porta sullo schermo una comicità che potremmo definire viscerale quando non caricaturale: rappresentata da attori brutti, sporchi e squilibrati, ma risollevati (non solo nell’animo) dalla presenza di una dottoressa (finta tonta) di nome Eva Marini (la Fenech). Naturale proseguimento de La Dottoressa del distretto militare, si distingue per le presenze di Renzo Montagnani, Tiberio Murgia (il Capostazione), Nino Terzo (il balbuziente) e Michele Gammino (in seguito attivissimo doppiatore).

Evidentemente, l’unione fa la forza, almeno in questo caso, visto che, nonostante un copione che oscilla tra la barzelletta e la gag di livello medio basso, il fatto che ci siano molti caratterirti e che ognuno spari le sue cartucce (spesso esigue), permette allo spettatore di sorridere qua e là (e per un film come questo non è poco), grazie soprattutto a D’Angelo (medico militare), cinico e pazzoide, col suo aiutante (Nino Terzo), che sembra un po’ l’Igor, ma quasi afono, di Frankenstein. Anche Montagnani si sbatte, ma è meno divertente, mentre di Vitali, come di Jimmy, basta la faccia.

L’apoteosi ciceriana della sua trilogia militare. Un film rozzo, povero, sia di contenuti che di set (praticamente inesistenti), si respira per tutto il tempo un’aria di degrado a tutti i livelli. Quasi un film marcio, morboso, con personaggi sgradevoli, un’infinita galleria di freaks che trova nella Leoparda il suo climax. Oggetti scatologici assurdi (la pritera) per una comicità scatologica e malsana. Sembra quasi un annuncio di Ciprì e Maresco. “Scneggiatura” a stripes miracolosamente funzionante. Si ride, ma sono risate putrefatte. Cast ottimo. Sociologico.

Terzo e ultimo film del filone Soldatesse inaugurato dallo stesso Cicero. Si avvale come sempre di eccellenti caratteristi di buon nome quali Montagnani, Terzo, Murgia e Ozzano e di una bellezza mozzafiato qual era la Fenech. La storia, i personaggi e le gag sono le stesse, immutabili, ma almeno non ci si annoia e, anzi, alla fine ci si diverte pure (e questo è quello che conta).

Qualità delle gag solita, tra barzellette pessime e scenette di un umorismo imbarazzante; le battute di D’Angelo medico non mi piacciono e che dire degli spari dal sedere di Vitali… C’è però da precisare che al contrario di molte altre commedie del genere ambientate in campi militari, come quella del distretto dello stesso Cicero e di altri film, l’unione di caratteristi minori (alcuni quasi anonimi) come Nino Terzo, Tiberio Murgia ma soprattutto Baccaro e Jimmy (in una comparsa più lunga del solito) regala momenti esilaranti.

Commedia superiore a La soldatessa alla visita militare e una delle migliori della premiata ditta “Fenech, Vitali & co.”. Il tenente Eva Marini torna alla carica con tutta la sua sensualità pronta a farsi strizzare dal contendente di turno e a dimostrarci che una bella coppia di tette non sono un’opinione; lo splendido cast recita bene (si segnalano un Banfi “clericale” e un Dr. D’Angelo – mal sfruttato – ancor più sadico di prima) e anche Montagnani adesso funziona nel ruolo del Colonnello, a differenza di quanto accadde nel film di cui sopra.

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febbraio 15, 2011 Pubblicato da: | Commedia | , , , , | 1 commento

Io e Caterina

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Enrico Menotti, uomo d’affari italiano, ha una vita famigliare abbastanza problematica.
Ha una moglie, Marisa, con la quale vive un menage di coppia basato sul completo disinteresse, mentre ha come amante la bella segretaria Claudia.
Se Marisa lo tormenta da un lato con la sua presenza ossessionante, Claudia gli rimprovera le scarse attenzione che le dedica.
Così, durante un viaggio negli Usa, Enrico si confida con l’amico Arturo, rivelandogli tutti i problemi che ha con le donne che frequenta.
Arturo gli fa conoscere Catherine, un robot che svolge tutti i lavori in casa dell’uomo; l’automa non solo governa la casa senza discutere, è obbediente e silenziosa, una specie di donna-schiava sotto forma elettronica.

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Edwige Fenech è Elisabeth

Enrico decide così di acquistare un esemplare di robot domestico, che battezza Caterina; i primi tempi di coabitazione tra l’uomo e l’automa sono addirittura idilliaci, tanto che Enrico si sbarazza in rapida successione prima della moglie, poi della cameriera e infine dopo una lite originata da uno scambio di regali, anche dell’asfissiante amante.
Ma le cose iniziano lentamente a cambiare; il robot Caterina all’inizio si mostra impeccabile, poi inizia ad assumere comportamenti quasi umani.

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Alberto Sordi è Enrico

Si lamenta di essere sola e chiede ad Enrico di poter stare in sua compagnia mentre l’uomo la sera assiste ai programmi televisivi.
Il tanto agognato sogno di indipendenza di Enrico va in frantumi quando l’uomo incontra Elisabeth, una ex dipendente di sua moglie.
Da vero viveur, Enrico corteggia la splendida donna e alla fine riesce a convincerla a seguirlo a casa.
Ma l’ostilità di Caterina diventa immediatamente lampante; il robot assume caratteristiche quasi umane, mostrando gelosia e ostilità.
Così la sera quando il robot si accorge che Elisabeth intende passare la notte nel letto di Enrico, devasta la casa provocando la fuga della donna.

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Enrico si rende conto di aver sostituito le “sue” donne con un essere meccanico che lo tratta da padrone riverendolo e servendolo in ogni cosa, ma anche rendendolo prigioniero di una situazione non dissimile da un matrimonio umano.
Alberto Sordi regista valeva sicuramente molto meno del Sordi attore, e lo dimostra compiutamente con questo film del 1980, che segue la mediocre partecipazione alla regia nel film Dove vai in vacanza?, nel quale aveva diretto il segmento Le vacanze intelligenti.
Io e Caterina, pur avendo una trama di qualche interesse, sicuramente inusuale nel descrivere il rapporto tra uomo e donna sotto forma di robot, ma in questo caso talmente umanizzata da averne praticamente tutti i difetti tipici (o almeno imputati) della donna, finisce per diventare una fiera paesana non solo di luoghi comuni ma anche sonnolenta e sciatta.
Sordi tira fuori un film debolissimo, con una tematica di fondo che definire detestabile è davvero riduttivo; un maschilismo bieco e assolutamente non condivisibile permea ogni singola scena del film.

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Il robot Caterina

Le donne che vi vengono descritte sono gelose e possessive, grette e anche poco intelligenti, a cominciare dalla moglie, descritta come un essere avido e senza sentimenti passando per l’amante e finendo con Elisabeth, donna senza cervello ma dalle forme sinuose, tipico esempio di oca buona per una notte sola.
Ed è questo a irritare principalmente nel film, questo atteggiamento maschilista davvero inqualificabile, portato all’esasperazione nella simbologia robot donna/donna umana, quasi che il fatto di essere femmina implichi necessariamente una predisposizione “genetica” ad alcuni difetti.

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A parte il maschilismo imperante, il film è lento, non ha ritmo ed è assolutamente privo anche di humour, a meno che non si voglia considerare umorismo il rapporto di schiavitù che viene a crearsi tra i due universi, l’uomo e il robot e lo svolgimento dello stesso, con la fase penosa della distruzione della casa da parte di Caterina ormai diventata un totem, un feticcio femminile che  incarna tutti gli pseudo vizi che vengono spesso imputati alle donne.

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La tradizionale doccia di Edwige Fenech

Il tutto diventa così un mortificante esempio di cinema visto con un’ottica assolutamente fuorviante, quella di un Sordi misogino e antifemminista davvero sorprendente in un uomo che amava l’universo femminle e che ne vantava le qualità.
Un film quindi non solo povero di idee e discutibile nella tematica di base ma anche irritante come i suoi personaggi.
Non si salva davvero nessuno, a partire da Arturo, il primo dei maschilisti interpretato da un Rossano Brazzi poco convincente per passare a Catherine Spaak, che riesce però a rendere davvero odioso il personaggio di Claudia amante di Enrico.
Sordi è piatto e monotono, mentre la Fenech quanto meno è in smagliante forma fisica e lo dimostra nelle scene di nudo sotto la doccia, spiata dall’enigmatica Caterina che non ha ancora mostrato la sua ostilità verso la “rivale”.
Un film in cui davvero non si salva nulla, da evitare in tutti i modi.

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Io e Caterina,un film di Alberto Sordi. Con Alberto Sordi, Rossano Brazzi, Catherine Spaak, Edwige Fenech, Valeria Valeri, Elisa Mainardi, Victoria Zinny, Ugo Bologna, Sandra Mantegna, Andy Miller, Fiorella Buffa, Danuta Chwalek, Andrea Gracco, Susan Scheerer, Daniela Caroli
Commedia, durata 105 min. – Italia, Francia 1980.

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Alberto Sordi    …     Enrico Menotti
Edwige Fenech    …     Elisabeth
Catherine Spaak    …     Claudia Parise
Valeria Valeri    …     Marisa Menotti
Rossano Brazzi    …     Arturo
Ugo Bologna    …     Passeggero dell’aeroplano
Elisa Mainardi    …     Teresa
Victoria Zinny    …     Susan
Fiorella Buffa    …     Femminista
Susan Scheerer    …     Pamela

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Regia di Alberto Sordi
Scritto da Rodolfo Sonego e Alberto Sordi
Prodotto da Raimondo Castelli , Gianni Hecht Lucari e Alberto Sordi
Musiche originali di Piero Piccioni
Fotografia di Sergio D’Offizi
Montaggio di Tatiana Casini Morigi
Scenografie di Lorenzo Baraldi
Arredatore Osvaldo Desideri
Costumi di Bruna Parmesan
Effetti speciali di Giovanni Corridori e Germano Natali

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Una delle prove più opache del Sordi attore e regista, del quale inizia a vedersi un accenno di parabola discendente. La storia del robot che sostituisce in un colpo tutte le figure femminili della vita è buona, ma la sceneggiatura non la sfrutta adeguatamente, facendone derivare così una sorta di parabola maschilista, dalla facile quanto scontata morale. Sordi e simpatico, ma ciò non basta a salvare il film dal naufragio.

Il robot io ce l’ho e tu no. Parafrasando un altro film con la Spaak, la storiella è tutta qui. Il solito maschio italiano sordiano, che come noto ce lo meritiamo, alle prese con le donne che lo scocciano. Allora si compra un robot-domestica che si umanizza e diventa gelosa. Ritmo zero, gag invecchiatissime, il Sordi declinante e trombonesco delle peggiori occasioni, che recita dal suo piedistallo. Era scarso allora, rivisto oggi è francamente terribile.

Gli Anni Ottanta di Alberto Sordi si aprono con un film che definisco “conservatore” ed ovviamente maschilista (ma è una costante per Albertone…). L’idea della donna robot che sostituisce quella in carne ossa è geniale, anche se messa in scena in quel periodo sembrava quasi una risposta arrogante al pensiero femminista del decennio precedente; forse Sordi arriva un po’ tardi sull’argomento, visto che eravamo già ampiamente in periodo “riflusso”. Il film lo amo, perché amo Sordi e mi riconosco in molti suoi pensieri e movenze. Ottima, come sempre, la musica di Piero Piccioni.

Nonostante una brillante idea, la donna robot, che verrà più volte ripresa in futuro e nonostante l’Albertone nazionale, la Fenech ed una splendida Spaak, il film ha ben poco da dire. Cosa se ne ricorda? Un po’ di gigioneggiamenti del nostro, due bellissime donne, battute e situazioni mal sfruttate ed una colonna sonora orecchiabile, per quanto scioccherella. Perderselo non sarebbe un peccato!

Un vero peccato che Sordi si sia fatto prendere dalla megalomania, perché anche in questo film (tutt’altro che memorabile) vederlo recitare è sempre piacevole (benché sia sempre lo stesso Sordi, in fondo). Il problema è che alla fine il film si riduce a questo: una macchina da presa che segue Sordi per novanta minuti, scadendo forse nel puro autocompiacimento. La morale sordiana, poi, non è certo un mistero e, considerando che si parla del 1980, la sua posizione sulle donne pare “leggermente” anacronistica.

L’idea era buona, ma la realizzazione è scaduta in maniera farsesca e carente. Una robottina che sostituisce la donna nelle faccende domestiche senza avere pretese di sorta, ma il robot mostra gelosia ed impedisce al suo padrone avventure galanti con scontati risultati. Sordi aveva da tempo perso la vena creativa e lo ribadisce in questa pellicola, in cui vorebbe scavare nella psicologia femminile ma scade nel qualunquismo più assoluto.

Certo: la satira qui è banalotta e il ruolo della donna (siamo nel 1980) in anni immediatamente post-femministi viene dileggiato in modo superficiale. Tuttavia Sordi è abilissimo nel reggere praticamente da solo il peso di tutto il film, con la vicenda che si svolge quasi interamente nella lussuosa casa tra lui e la donna-robot. A sprazzi il protagonista, che si atteggia a maturo dongiovanni e uomo di mondo, lascia trasparire la malinconia del vivere da solo e senza veri affetti. Tardosordiano.

Caterina, una donna robot e dunque oggetto, è il sogno del Dottor Menotti che con una sola manovra si disfa di tutte le donne della sua vita che gli chiedono troppo. La sceneggiatura di Sonego sembra restare buona solo in potenza, Sordi regista non ne eleva il soggetto e il film arriva ad occupare una posizione mediocre nella sua  filmografia, sia per uno stile un po’ anonimo sia per la facile lezioncina sul maschilismo e la donna oggetto.

febbraio 12, 2011 Pubblicato da: | Commedia | , , , | Lascia un commento

L’insegnante viene a casa

L'insegnante viene a casa locandina

La bella Luisa De Dominici, insegnate di musica e di piano ha una relazione con Ferdinando Bonci-Marinotti, assessore al comune di Lucca; ottiene così il trasferimento dalla sua città natale, Milano a Lucca, città nella quale risiede il suo amante.
Quello che Luisa non sa è che Ferdinando non è affatto scapolo, ma sposato.
Così, quando Luisa, credendo di fargli una gradita sorpresa si presenta a Lucca, l’uomo reagisce in maniera tutt’altro che entusiasta.
Ferdinando infatti stà per presentarsi candidato sindaco, e di tutto ha bisogno tanne che di uno scandalo.
Luisa prende possesso di un appartamento in uno stabile cittadino, dove suscita, con la sua avvenenza, appetiti poco raccomandabili nei vari inquilini dello stabile.

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Edwige Fenech e Renzo Montagnani

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Il tradizionale buco nella parete

Molti di loro, convinti che la donna altro non sia che una prostituta, si ingegnano in ogni modo per ottenere le grazie della donna, che è anche molto indaffarata nei tentativi, tutti maldestri, di trovare finalmente l’occasione di poter stare con il suo uomo, del quale ignora ovviamente lo stato civile.
Così tra un equivoco e l’altro, tra un appuntamento mancato e varie vicissitudini, Luisa alla fine stanca delle bugie di ferdinando, allaccia una relazione con Marcello, figlio del suo affittuario che è l’unico ad essere davvero innamorato di lei.
Michele Massimo Tarantini torna a dirigere Edwige Fenech, protagonista di questo L’insegnante viene a casa nel 1978, dopo averla diretta in passato nei film La poliziotta fa carriera(1975) e Taxi Girl (1977).

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Alvaro Vitali e Lino Banfi

E’ una delle tante commedie sexy all’italiana, incentrata sulle ormai abituali gag del comico Renzo Montagnani (il Ferdinando del film) e del solito cast di aficionados che popolavano questi film, ovvero Alvaro Vitali,Ria De Simone,Adriana Facchetti e un Lino Banfi  insolitamente relegato in un ruolo secondario.
L’insegnante viene a casa non si discosta dal solito clichè tutto ruotante attorno alle generose grazie esposte dalla Fenech, ormai la massimo dello splendore fisico; docce, nudi spiati attraverso il buco della serratura, il slito gruppo di guardoni…insomma il solito parterre di caratteristi uniti ad una comicità elementare ma se vogliamo priva di cattivo gusto.
Non sono ancora arrivati i tempi della terrificante serie dei Pierino, in cui la trama viene sostituita da barzellette recitate e da peti, flatulenze e linguaggio da caserma che saranno il marchio di fabbrica di  quel particolare e becero genere cinematografico.

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Montagnani e Ria De Simone

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Bella l’ambientazione toscana, con gli attori che fanno diligentemente il loro compito; la protagonista assoluta è ovviamente la Fenech, che si espone parecchio il che è sempre un bellissimo vedere.
Ovviamente manca del tutto la componente erotica, che va a tutto vantaggio del film, che alla fine raggiunge l’obiettivo cercato, ovvero far passare due ore disimpegnate allo spettatore.
Tarantini, uno specialista della commedia sexy, non calca mai la mano sull’elemento erotismo; bene gli interpreti.

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L’insegnante viene a casa, un film di Michele Massimo Tarantini. Con Gisella Sofio, Lino Banfi, Edwige Fenech, Renzo Montagnani,Alvaro Vitali, Adriana Facchetti, Clara Colosimo, Jacques Stany, Alfredo Adami, Gianfranco Barra, Marco Gelardini, Lucio Montanaro, Milly Corinaldi
Erotico, durata 90 min. – Italia 1978

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Edwige Fenech: Luisa De Dominicis
Renzo Montagnani: Ferdinando Bonci Marinotti
Lino Banfi: Amedeo
Alvaro Vitali: Ottavio, figlio di Amedeo
Carlo Sposito: Col. Marullo
Ria De Simone: sig.ra Bonci Marinotti
Clara Colosimo: moglie del Col. Marullo
Gisella Sofio: Teresa Busatti
Marco Gelardini: Marcello
Gianfranco Barra: dottor Busatti
Jimmy il Fenomeno: commendatore

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Regia     Michele Massimo Tarantini
Soggetto     Luciano Martino, Francesco Milizia, Michele Massimo Tarantini
Sceneggiatura     Jean Louis, Francesco Milizia, Michele Massimo Tarantini, Marino Onorati
Fotografia     Giancarlo Ferrando
Montaggio     Alberto Moriani
Musiche     Franco Campanino

Le recensioni appartengono al sito http://www.davinotti.com

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Nell’orgia di poppute insegnanti, liceali, supplenti, questa docente di pianoforte, che si trasferisce in quel di Lucca, dà vita ad un film guardabilissimo che, grazie ad interpreti bravi e ben diretti, porta a casa un interessante risultato. Cast gustoso, non solo nei ranghi di prima fila, ma ovunque: Gisella Sofio, Clara Colosimo, Gianfranco Barra, Elsa Vazzoler… Regge bene anche alla seconda visione. Su tutti, quasi ovviamente, trionfa un ottimo Renzo Montagnani, assessore bricconcello.

Sequel di una serie avviata alcuni anni prima e legato, per produzione, sceneggiatura ed interpreti a L’Insegnante va in Collegio (1978). La comicità ruota attorno alle forme (abbondanti) della professoressa musicale Luisa De Dominicis (la Fenech, of course) presa di mira dal malandrino toscano (è girato/ambientato a Lucca) Ferdinando Bonci Marinotti (Montagnani). Nella sua pochezza narrativa e nel caotico sviluppo (la regia è di Tarantini) riesce a strappare qualche sorriso e figura meglio del suo predecessore.

Canonica commediaccia pochadistica degna di nota per l’ambientazione lucchese. Nessuna sorpresa, ma prove come sempre all’altezza della trimurti Montagnani-Banfi-Vitali e dei caratteristi di contorno (qui giganteggia Carlo Sposito come colonnello Marullo). Quanto a Edwige, nullum par elogium. Clamorosi per sfrontatezza nella scena ambientata al Ciocco gli spottoni di Fernet Branca e Principe di Piemonte. La scena con la Fenech che suona nuda il piano ne richiama – dubitiamo volontariamente – una del Fantasma buñueliano…

Facente parte del lotto delle Insegnanti Anni Settanta, questo “L’insegnante viene a casa” (un titolo piuttosto equivoco…) è piuttosto divertente. L’aspetto sexy è garantito dalla bella Fenech, che ci concede qualche tetta qua e là. La comicità viene garantita dai “soliti” Banfi/Vitali/Montagnani, con l’aggiunta di un cast idoneo. Trionfo di pubblicità di Fernet Branca, acqua Pejo, J&B… Gli esterni sono girati a Lucca.

Il collante che unisce le pellicole del genere, fatte salve alcune eccezioni, è la noia. Gli attori fan le stesse cose: gli oddiiio di Montagnani, la risata cavallina di Vitali, i dialettismi di Banfi. Le attrici fanno la doccia. Meritiamo la palma della nazione con il cast femminile più pulito del mondo. Però la Fenech… che argomenti!!! In questo film è anche abbastanza spudorata. Carlo Sposito è la faccia peggiore tra i ragazzi in cerca di nave scuola del genere. Son tutti odiosi, ma lui li supera…

Discreta commedia sexy ben diretta dallo specialista del genere Tarantini e affidata ad un solido cast. La Fenech è nel pieno del suo splendore, Montagnani strepitoso come suo solito, Banfi e Vitali esilaranti. Non male anche Gianfranco Barra. Buon ritmo. Non un capolavoro, certo, ma l’ideale per passare in allegria una serata.

La Fenech affitta un appartamento dove i coinqulini del palazzo entrano ed escono nascondendosi sotto al letto o nell’armadio. Tutto questo puzza di già visto, e pure troppo, soprattutto tra le produzioni di Tarantini. Come se non bastasse le cose che fanno ridere sono poche, tra tutte una storica e comicissima partecipazione di Jimmy il Fenomeno, e Lino Banfi che, se pur bravissimo, ha un ruolo molto marginale. Marco Gelardini ha l’identico ruolo di L’insegnante al mare con tutta la classe. Montagnani ripetitivo e Vitali pessimo.

Scadente compare de L’insegnante va in collegio, che sa di già visto e risulta poco divertente persino per gli standard del genere. Montagnani è troppo ripetitivo, Vitali non ha la solita verve e Sposito fornisce una delle sue peggiori interpretazioni. E tuttavia, la Fenech… eh! Da notare la spudorata pubblicità fatta ad amari, digestivi & co. *1/2

Classico film pecoreccio all’italiana in cui degni di nota sono i nudi della Fenech e qualche gag di Banfi con la sua famiglia (tra cui spicca il solito alvaro Vitali). Per il resto la storia è abbastanza scontata e il finale pure. Ma d’altra parte a questo genere di film non si può chiedere molto di più. Comunque non tra i peggiori del genere.

Commedia assolutamente povera di mordente comico o d’intrattenimento a causa di un malsfruttamento del cast pauroso e di gag-quiproquo davvero noiose e risapute (basta con gli amanti nell’armadio!) che non denotano impegno da parte del regista nel congegnarle. E dire che gli attori c’erano: Banfi (le uniche scene comiche sono merito suo), Vitali, Montanaro. La Fenech è bravissima e ci concede notevoli momenti erotici (supportati splendidamente dalla soundtrack di Campanino), da Oscar alle sue tette, ma con quei capelli pare piuttosto Uschi Glas… Voto: *!

 

dicembre 2, 2010 Pubblicato da: | Erotico | , , , , , , , | 2 commenti

Le regine dei sogni anni 70 oggi

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Nei vari forum o siti che si occupano di cinema capita spesso di imbattersi in domande del tipo “ma che fine ha fatto quell’attrice? ” oppure “ma oggi com’è diventata? ” .
Curiosità legittima specie quando l’attrice, la starlette o la semplice meteora è scomparsa nel nulla, ritirandosi a vita privata o cambiando completamente lavoro.
Paradossalmente di alcune di esse che occupavano le prime pagine dei giornali specializzati o di quelli scandalistici, non solo non si hanno più notizie, ma mancano anche documentazioni fotografiche recenti.
Che fine ha fatto Anita Strinberg, la bellezza nordica dagli occhi di ghiaccio, com’è diventata? Cosa fanno Marilu Tolo, Femi Benussi e Leonora Fani, Lara Wendel e Susan Scott?
Nonostante le mie lunghe ricerche in rete, alcune di loro sembrano davvero essere scomparse nel nulla.
Mancano non solo notizie biografiche, ma anche foto recenti.
Sembrerebbe che alcune abbiano volutamente staccato la spina, quasi che il cinema fosse stato, per loro, solo un passaggio, una tappa; incuranti della curiosità dei loro fans, vivono esistenze lontanissime dai riflettori.
C’è chi come Marco Giusti è riuscito a contattare alcune di loro, riproponendo nella trasmissione Stracult il loro passato cinematografico, con preziose testimonianze su un mondo ormai quasi completamente dimenticato, quello che si muoveva dietro le quinte del tanto celebrato cinema italiano degli anni settanta. Opera meritoria e lodevole, perchè ha fatto riemergere dalle nebbie del passato splendide attrici come Susan Scott o starlette come Rita Calderoni, ottime comprimarie come Gabriella Giorgelli….
E ci sono anche riviste come Nocturno che negli ultimi 10 anni hanno contribuito a far conoscere alle nuove generazioni tutta una serie di attori e attrici ormai confinate nel limbo, riroponendo il tesoro composto da centinaia di film completamente dimenticati.
Questa prima parte di questa galleria è dedicata ad alcune splendide protagoniste di quel cinema: alcune di loro mostrano gli inclementi segni del tempo, altre si sono trasformate in mature e affascinanti signore.
Tutte però conservano quel fascino che ha incantato intere generazioni, che ci ha fatto sognare, commuovere divertire.
Se qualche lettore avesse foto recenti, notizie di alcune attrici di cui da tempo non si parla più, può contattarmi o tramite gli appositi commenti in fondo alla pagina o tramite mail.
Sarà mia premura aggiornare immediatamente questa galleria, che prossimamente avrà una seconda parte.

Orchidea De Santis

Questa galleria non può non partire da una delle più belle e affascinanti star degli anni settanta, ancora oggi donna dal gran fascino: Orchidea De Santis

Edwige Fenech

La regina del film sexy anni settanta, ancor oggi donna bellissima: Edwige Fenech

Dagmar Lassander

Era una delle più simpatiche e sexy star, interprete di film come Femina ridens: Dagmar Regine Hader, in arte Dagmar Lassander

Susan Scott

Un personale mito, forse la più affascinante in assoluto: Nieves Navarro, conosciuta in Italia come Susan Scott

Olga Bisera

Non conosciutissima, ma interprete di diversi film di genere: Olga Bisera

Senta Berger

Divenne famosissima da noi con Operazione San Gennaro e in seguito con Quando le donne avevano la coda:    Senta Berger

Ely Galleani

Era l’interprete di 5 bambole per la luna d’agosto e di tanti altri film; è rimasta una gran bella signora Ely Galleani

Carmen Villani

Cantante di buon successo, passata poi alla commedia sexy all’italiana, interprete di film come La supplente, Ecco lingua d’argento: ultima a destra, Carmen Villani

Barbara Bouchet

Un’altra interprete molto famosa nel decennio settanta; la bionda e ancor oggi affascinante Barbara Bouchet

Beba Loncar

Esordì come fotomodella e poi come attrice di fotoromanzi; ha lavorato in film western, in commedie sexy e in thriller. Beba Loncar

Zeudi Araya

Sempre bellissima, affascinante, La ragazza dalla pelle di luna, oggi produttrice di successo: Zeudi Araya

Attrice molto brava e preparata, indimenticabile protagonista nel film Novecento di Bertolucci:                     Stefania Casini

Agostina Belli

Il fascino e la bellezza intramontabile di una delle più brave attrici del cinema italiano, interprete di film come Profumo di donna: Agostina Belli

Janet Agren

Attrice versatile, ha interpretato film di diverso genere, come thriller, western, gialli e alcune commedie sexy: Janet Agren

Martine Brochard

Sempre invidiabilmente giovane, Martine Brochard

Carrol Baker

Una delle attrici americane più attive in Italia: Carroll Baker

Gloria Guida

L’altra reginetta del cinema sexy italiano, Gloria Guida

Gabriella Giorgelli

La reginetta dei decamerotici, Gabriella Giorgelli

Erika Blanc

Un altro personale mito, l’affascinante Erika Blanc

Rosalba Neri

Una delle attrici più versatili in assoluto, Rosalba Neri

Annamaria Rizzoli

La reginetta della commedia sexy balneare, Annamaria Rizzoli

Rita Calderoni

Riemersa dopo un lunghissimo silenzio, Rita Calderoni









novembre 5, 2010 Pubblicato da: | Miscellanea | , , , , , , , , , , | 8 commenti

Il paramedico

Il paramedico locandina

Mario Miglio è un infermiere dalla vita tranquilla; sposato alla splendida Nina, ha un solo handicap, rappresentato dalla teledipendenza della moglie, che passa ore intere davanti alla tv; gli unici rapporti tempestosi che ha sono quelli con il custode dello stabile in cui abita, un maniaco delle pulizie, con il quale, alla fine, litigherà di brutto.
La vita di Mario cambia irreparabilmente per colpa di una bella Fiat Argenta, vinta casualmente.

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Rossano Brazzi e Daniela Poggi

L’auto, l’ammiraglia della Fiat anni 80, viene rubata, e da quel momento per Mario iniziano una serie interminabile di peripezie, che lo porteranno ad essere arrestato, perchè l’auto servirà ad alcuni terroristi.
Ma……….

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Enrico Montesano

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Il paramedico, film del 1982 diretto da Sergio Nasca, è una commedia cucita addosso ad Enrico Montesano, che nei primi anni ottanta godeva di grande popolarità.Il comico romano, con la sua mimica, la sua buffa maniera di parlare, il suo romanesco autentico, bucava lo schermo, tanto che il regista decise di affidargli la parte dell’infermiere furbo, ma sfigato, che vinta una bella auto si da alla pazza gioia non sapendo che di li a poco sarebbero cominciati i suoi guai.
Una commedia però abbastanza singolare, che dopo una buona metà del suo percorso sembra diventare qualcosa d’altro, finendo però per restare un’incompiuta.

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Edwige Fenech

Il personaggio di Mario però non va oltre i confini della macchietta, tant’è vero che Montesano, di solito straripante, in questo film appare impacciato e spaesato.
Accanto al comico romano si muove Edwige Fenech, in una delle sue ultime apparizioni cinematografiche; la bella attrice difatti avrebbe concluso la sua carriera sei anni dopo, con all’attivo solo altre due apparizioni dopo quella nel film di Nasca.

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Altro elemento femminile della storia è la splendida Daniela Poggi, quasi sempre senza veli, che sfoggia un fisico da paura; il resto del film vive sulla mimica facciale di Enzo Robutti, che interpreta il Commissario di Polizia, di Rossano Brazzi, nei panni di Augusto Pinna faccendiere legato all’eversione, di Enzo Cannavale, lo sfigatissimo Avvocato Generoso Gallina, che si vanta di non aver mai fatto liberare un suo cliente.

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Una commedia di basso profilo, quindi, in cui le battute sono legate solo alla verve di Montesano, che appare spento, come già detto, legato sopratutto all’utilizzo del dialetto romanesco, con contorno di Li mortacci…”e altre frasi tipiche del repertorio popolare romano.
Il paramedico, un film di Sergio Nasca, Con Enrico Montesano, Edwige Fenech, Leo Gullotta, Rossano Brazzi, Enzo Liberti, Enzo Cannavale, Ugo Fangareggi, Enzo Robutti, Franco Diogene, Clarita Gatto, Daniela Poggi, Marco Messeri
Commedia, durata 105 min. – Italia 1982.

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Enzo Robutti: Commissario di Polizia
Barbara Herrera: L’ipocondriaca
Daniela Poggi: Vittoria
Enrico Montesano: Mario Miglio
Marco Messeri: Spartaco
Leo Gullotta: Sostituto Procuratore
Edwige Fenech: Nina Miglio
Mauro Di Francesco:
Enzo Cannavale: Avvocato Generoso Gallina
Rossano Brazzi: Augusto Pinna
Pietro Zardini: Guardiano del garage

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Regia     Sergio Nasca
Soggetto     Sergio Nasca, Enrico Montesano
Sceneggiatura     Sergio Nasca, Enrico Montesano, Laura Toscano, Franco Marotta, Gianfranco Manfredi
Produttore     Fulvio Lucisano
Casa di produzione     Italian International Film
Distribuzione (Italia)     Medusa
Fotografia     Giuseppe Aquari
Montaggio     Enzo Siciliano
Musiche     Armando Trovajoli


“Stranissima pellicola d’impianto comico, ma che vira, nel secondo tempo, verso atmosfere cupe e seriose: le implicazioni dei media sulla circolazione di “false notizie”, la P2 – chiamata nel film B2 – e alcune connessioni tra magistratura (un bravo Leo Gullotta) e potere politico. Ottimo il cast, che brilla (nella compagine femminile) per la bellezza (e bravura) di una sublime Daniela Poggi. Enzo Robutti è un nevrotico commissario (e ricorda quello di Zucchero, miele e peperoncino). Montesano a tratti è retorico, ma convincente.

Classico “Montesano-movie” di onesta fattura, uscito nel suo miglior periodo artistico. Il film di Nasca ha la virtù di aver sfruttato l’allora attuale argomento della “loggia P2” per imbastire una sorta di commedia brillante che, nel secondo tempo, strizza l’occhio allo “spy movie all’amatriciana”. La prima parte risulta decisamente riuscita e brillante, la seconda invece ha dei cali piuttosto evidenti. Sponsor, nel film, l’allora novità in casa Fiat: l’ammiraglia “Argenta”.

Ambiziosa commedia che vorrebbe farsi indignata ma nun gne affà. Questo principalmente per la scelta sbagliata del protagonista, che pure nei momenti drammatici continua a fare il comico. Con un attore come Manfredi o Dorelli sarebbe stato un piccolo gioiellino. Del resto nemmeno Nasca pare credere troppo all’operazione, probabilmente interessato alla parte invettiva, imbastisce una mezza truffa inducendo il pubblico a credere di trovarsi davanti a un film comico. Tuttavia la confezione è molto buona. Curioso. L’abito non fa il monaco. L’automobile sì.

Un Montesano in grande spolvero in un one-man-show che non può che piacere ai fan dell’attore romano. La storia, improbabile, scorre via liscia senza punti morti, anche perché Montesano non smette un attimo di snocciolare battute su battute: alcune meno felici di altre, certo, ma tale è la quantità che nell’insieme non ci si fa caso. Il cast di contorno è di ottimo livello, con Cannavale in una parte piccola ma molto divertente, una Poggi mozzafiato ed il solito Robutti ai limiti dell’isteria.

Leggere il cast dei film di quel periodo era una botta di vita: Montesano, Fenech, Robutti, Cannavale, Gullotta, Poggi, Di Francesco, Messeri, Brazzi, Monni e Fangareggi. Potrei anche chiudere qui il mio commento, visto che la grandezza del nostro cinema stava proprio nella formazione che veniva messa in campo in ogni pellicola. Naturalmente Montesano è “leader maximo” e gli altri stanno dietro.

Straordinaria prova di Montesano… Il film è pienamente anni ’80: per il genere di automobili che girano, l’arredamente delle case e tanti altri particolari (come il boom delle televisioni private e i loro assurdi programmi). Geniale l’assurda concatenazione di fatalità che porta all’arresto del Nostro… e poi quando decide di “vuotare il sacco” (si fa per dire, visto che in realtà si inventa tutto) gli vengono promessi regali, auto di lusso, ecc… Un film attuale, veramente attuale…”

luglio 29, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , | Lascia un commento

40 gradi all’ombra del lenzuolo

40 gradi all'ombra del lenzuolo locandina

Film a episodi diretto da Sergio Martino nel 1976, si compone di 5 storie sul costume degli italiani;
-il primo episodio, I soldi in banca, con protagonisti Barbara Bouchet ed Enrico Montesano, racconta la storia di un furbissimo giovane Salvatore, incaricato di contrabbandare i soldi del suo datore di lavoro in Svizzera.
L’uomo, agganciata la bellissima moglie del suo capo, la convince ad accettare 20 milioni per un rapporto sessuale. Dopo tre rapporti, il giovane consegna i soldi alla donna e al rientro del suo capo, lo avvisa di aver consegnato i soldi contrabbandati alla moglie, che è costretta a tacere per non rivelare l’astuto e boccaccesco stratagemma usato da Salvatore

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Barbara Bouchet e Enrico Montesano, episodio I soldi in banca

– il secondo episodio , La cavallona, con protagonista Edwige Fenech, che nel film si chiama Emilia Chiapponi (con riferimento ben specifico alle doti posteriori della Fenech), recita accanto ad un irriconoscibile Thomas Milian, narra la vicenda di una splendida donna che tra tanti corteggiatori finisce per scegliere un timidissimo e racchio ammiratore telefonico e il solito cretino del paese, questa volta in senso lato, ovvero la persona più stupida in assoluto del paese.

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Dayle Haddon

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Edwige Fenech

– il terzo episodio, La guardia del corpo, con protagonista Dayle Haddon accanto a Marty Feldman, racconta le comiche vicende di Alex, chiamato a fare la guardia del corpo di Marina, la bella figlia di un riccastro.
L’uomo prende alla lettera l’incarico, finendo per seguire la ragazza in ogni suo movimento, incluso il bagno e il letto. La ragazza, all’inizio infastidita, rimarrà però conquistata dalla goffaggine e dalla simpatia di Alex, finendo anche per liberarsi da un amante poco affidabile.

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Due fotogrammi con Edwige Fenech, episodio La cavallona

– il quarto episodio,  L’attimo fuggente, vede protagonisti due coniugi alle prese con goffi tentativi di mantenere vivo un rapporto di coppia ormai affievolitosi con il tempo; gli interpreti principali sono Giovanna Ralli (Esmeralda) e Alberto Lionello (Filippo).
– l’ultimo episodio, Un posto tranquillo, racconta le peripezie di Adriano, che incontra in maniera del tutto casuale una ragazza, Marcella, mentre questa sta per suicidarsi lanciandosi dal balcone.
La donna, scoraggiata dal fatto di non aver mai trovato l’uomo ideale, si innamora, ricambiata di Adriana. Ma i due non hanno fatto i conti con le furibonda gelosia del cane di lei. I due protagonisti dell’episodio sono Aldo Maccione e Sidne Rome.

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Giovanna Ralli

Cinque episodi di discreto livello, con punte di maggior divertimento per quello che vede protagonisti la Bouchet e Montesano; simpatico anche l’episodio con protagonisti Maccione, la Rome e il cane molto simile ad un Otello a quattro zampe.
Sui generis l’episodio con la coppia Milian- Fenech, mentre decisamente sotto tono quello con la coppia Ralli-Lionello.

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Sydne Rome

Martino non punta l’acceleratore sul sesso, anzi; le scene sexy sono davvero limitatissime e peraltro molto caste: qualche seno, un nudo posteriore della Haddon e poco altro.
Non di certo una commedia memorabile, ma nemmeno da gettar via.

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40 gradi all’ombra del lenzuolo, un film di Sergio Martino. Con Enrico Montesano, Barbara Bouchet, Edwige Fenech, Tomas Milian, Aldo Maccione, Marty Feldman, Alberto Lionello, Dayle Haddon, Fiammetta Baralla, Enzo Rinaldi, Mimmo Crao
Commedia, durata 105 min. – Italia 1976.

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Barbara Bouchet La signora (episodio “I soldi in banca”)
Enrico Montesano Salvatore(episodio “I soldi in banca”)
Fiammetta Baralla La donna della stanza da bagno (episodio “I soldi in banca”)
Franco Diogene …     Ignazio, il capo di Salvatore (episodio “I soldi in banca”)
Edwige Fenech …     Emilia Chiapponi (episodio “La cavallona”)
Tomas Milian …     Cavaliere Marelli (episodio “La cavallona”)
Christian Aligny    … Dracula (episodio “La cavallona”)
Salvatore Baccaro
Cliente del bar (episodio “La cavallona”)
Dayle Haddon …     Marina (episodio “La guardia del corpo”)
Marty Feldman …     Alex, il Bodyguard  (episodio “La guardia del corpo”)
Mimmo Craig …     François (episodio “La guardia del corpo”)
Alberto Lionello …     Filippo (episodio “L’attimo fuggente”)
Giovanna Ralli …     Esmeralda (episodio “L’attimo fuggente”)
Aldo Maccione …     Adriano Serpetti (episodio “Un posto tranquillo”)
Sydne Rome …     Marcella Fosne (episodio “Un posto tranquillo”)

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Regia Sergio Martino
Soggetto Tonino Guerra, Giorgio Salvioni
Sceneggiatura Sergio Martino, Tonino Guerra, Giorgio Salvioni
Casa di produzione Medusa
Distribuzione (Italia) Medusa
Fotografia Giancarlo Ferrando
Montaggio Eugenio Alabiso
Musiche Maurizio De Angelis, Guido De Angelis

40 gradi all'ombra del lenzuolo foto 1

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febbraio 14, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , | 3 commenti