Mala, amore e morte

Un misterioso killer spara ad una donna mentre la stessa ha appena acquistato dei giornali. La defunta era la proprietaria in una pensione, La mimosa, che ora viene ereditata dalla giovane e bella Marisa. Ma per la ragazza è l’inizio di una serie di guai, perchè la defunta zia era la centro di un complicato caso riguardante un piccolo scrigno pieno di diamanti, ai quali sono interessati anche tre malavitosi e un misterioso ospite della pensione.
Dopo una serie di vicende, Marisa e l’ospite, che in realtà è un ispettore di polizia, recupereranno la refurtiva nella tomba di un garibaldino che partecipò alla presa di Porta Pia, e avranno la meglio sui tre gangster da operetta e sulla svampita donna del capobanda. Finale in rosa con Marisa e l’ispettore che si godono finalmente il loro sbocciato amore.

Nonostante il titolo sia assolutamente fuorviante, Mala amore e morte, film targato 1975 per la regia di Tiziano Longo su soggetto di Paolo Barberio e Piero Regnoli contiene qualche elemento giallo unito ad elementi polizieschi, che però virano decisamente verso il comico/farsesco. Dei tre componenti del titolo, l’unico ad essere rappresentato è proprio l’amore, che alla fine trionfa come in ogni classica commedia tra la bella Marisa e il misterioso ospite della pensione Mimosa, che si rivelerà essere un ispettore di polizia alla ricerca della chiave che conduca ad una fortuna in diamanti, che la defunta proprietaria della pensione stessa aveva contribuito ad occultare.


La mala è rappresentata da tre gangster assolutamente scombinati, che parlano con un buffissimo accento e sopratutto sono lontani anni luce dal prototipo dei banditi feroci e senza pietà, incluso il loro capo, che si da arie da uomo raffinato. A loro si aggiunge una svampitissima ragazza, che è l’amante del capo, e che per tutta la durata del film non indossa quasi mai un vestito. La morte invece è davvero la grande assente, perchè a parte la defunta zia, l’unico morto non muore davvero mai, ricomparendo sempre e contribuendo a creare scompiglio nelle idee già di per se confuse di Marisa. Una commedia ironica, quindi, che mescola allegramente elementi del giallo a quelli tipici della commedia sexy; il risultato finale è un film che a sprazzi ha qualche momento di divertimento, pur essendo abbastanza scombinato. La commedia regge anche per merito di una splendida Femi Benussi, che appare davvero confusa dagli avvenimenti, ma anche (sopratutto) divertente nel ruolo di Marisa, che appare travolta dagli avvenimenti. Se la Benussi mostra con generosità le sue grazie, ancor di più fa Gabriella Lepori, praticamente sempre svestita, che interpreta l’amante del capo gangster, una ragazza svampita in maniera patologica e affetta da idiosincrasia verso qualsiasi forma di vestiario.

Nel film il ruolo dell’ispettore è interpretato da Gianni Macchia; l’attore pugliese non si prende sul serio e appare per tutta la durata del film con un sorriso ironico che sembra quasi farsi beffe dello spettatore, anticipando in qualche modo il tono da pochade che la pellicola andrà assumendo nel corso del suo svolgimento.
Brevi parti per Gigi Ballista, troppo presto fuori scena e per la Prevost, ammazzata dopo 5 minuti di film. Se la storia appare abbastanza scontata, tuttavia qualche elemento di divertimento c’è, anche se è poca roba; tuttavia non siamo di fronte alla solita commediaccia scollacciata e triviale, ma ad un prodotto con una qualche dignità.

Mala amore e morte,un film di Tiziano Longo, con Femi Benussi, Gianni Macchia, Gabriella Lepori, Gigi Ballista, Francoise Prevost, Giallo/commedia,Italia 1975 
Femi Benussi-Marisa Belli
Gianni Macchia-Marco Ranalli/Carlo Martini
Massimo Mollica-Barone Francesco De Carolis
Gabriella Lepori-Sissi
Françoise Prevost-Adalgisa Belli
Renato Pinciroli-Custode cimitero
Gigi Ballista-Avvocato Giorgi
Danika La Loggia-Entreneuse
Giulio Baraghini-Mimì, guardia del corpo
Franca Scagnetti-Donna delle pulizie
Regia;Tiziano Longo
Sceneggiatura:Paolo Barberio,Piero Regnoli
Produzione:Ermanno Curti
Musiche:Filippo Trecca
Fotografia:Franco Delli Colli
Montaggio:Mario Gargiulo
I sette magnifici cornuti
I sette magnifici cornuti del titolo sono i sette protagonisti maschili,tutti alle prese con mogli adultere per vari motivi; il film è diviso in sette episodi, che raccontano le gesta in verità poco nobili dei protagonisti.
Primo episodio: due sposi in viaggio di nozze, Gasparino e Mafalda, arrivano a Roma. Spaesati, vengono addocchiati da alcuni loschi figuri, che offrono all’uomo una somma di denaro esorbitante (un miliardo) per permettere ad un fantomatico riccone di godere delle grazie di Mafalda. I due, alla fine, accettano e Mafalda viene sedotta in un auto. Verranno pagati, ma con denaro falso e la donna finirà malinconicamente a battere il marciapiede.
Secondo episodio: Wolfang Von Kraut, un folle inventore tedesco, sogna gesta erotiche sempre più spinte con sua moglie. Così programma un computer- robot per farsi aiutare, con il risultato che il robot prenderà il suo posto, mentre il cornuto viene spedito sulla luna.
Terzo episodio: Liberati è il proprietario di una fabbrica di oli di semi. E’ sposato, ma non riesce ad avere figli. Consultato un urologo, apprende di essere lui ad essere impotente e impossibilitato a procreare.Spinto da sua moglie, una donna bruttina e scheletrica, cerca in tutti i modi un sostituto, ma ognuno di essi, per un motivo o l’altro fallisce. Così alla fine assolda un disoccupato a digiuno da diversi giorni che durante l’amplesso ci rimane secco.
Il cameriere dell’hotel in cui alloggia la coppia, che ha assistito al tentativo di occultare il cadavere dell’uomo, in cambio del silenzio chiede a Liberati di diventare suo socio. Il finale è indecifrabile, perchè si vede inquadrata la moglie di Liberati armata di pistola sparare probabilmente ai due uomini.
Quarto episodio:un edicolante, che sogna di poter ampliare la sua edicola, ha bisogno di un autorizzazione speciale. Per poterla ottenere, spinto dalla moglie, studia un ricatto ai danni di un onorevole. Ma l’uomo e la moglie sono in combutta e hanno una tresca, così il piano del giornalaio va a farsi benedire.
Quinto episodio: un cinema proietta Ultimo tango a Parigi. Di fronte alla sala c’è una macelleria, e un macellaio che sogna di ripetere le prodezze erotiche di Marlon Brando, senza sapere che la moglie se la intende con un lavorante della macelleria.
Sesto episodio: un vigile urbano, Benito, totalmente dedito al lavoro, multa impietosamente tutti coloro che contravvengono alla morale pubblica. Ma un giorno, in un parco, ha la sgradita sorpresa di trovare sua moglie a bordo di una 500, occupata in atti che possiamo immaginare.
Settimo e ultimo episodio: Antonio ha problemi di sesso (è un erotomane) e si rivolge ad una sessuologa, che naturalmente soddisfa carnalmente. Tornato a casa scopre la moglie con un uomo, rinchiuso in un armadio.
La donna e l’amante sono la soluzione ai suoi problemi di sesso con la donna, così Antonio brinda con i due amanti.
I sette magnifici cornuti, film del 1974 diretto da luigi Russo è uno squallido sotto prodotto della commedia sexy; i sette episodi sono imbarazzanti nel loro squallore e nella loro bruttezza, mancando sia l’ironia che un minimo di satira di costume, oltre ad essere deprimenti dal punto di vista della comicità.
Forse l’unico su uno standard accettabile è il primo, quello che vede protagonisti i due sposini siciliani, interpretati da Femi Benussi e Tiberio Murgia;gli altri si distinguono solo per la volgarità e per l’assoluta mancanza di idee.
Spiace vedere dei professionisti come Carlo delle Piane, Oreste Lionello, la stessa Benussi, Didi Perego o Luciano Pigozzi sprecare il loro talento in un’opera assoltamente indegna.
Per quanto riguarda Russo, autore di altri B movies della commedia sexy come Morbosità, La nuora giovane ecc, mostra una sconsolante mancanza di idee, che si traduce in un film di rara bruttezza e noioso in modo sconfinato.
Ultimo appunto: a parte la Benussi, di un altro pianeta rispetto alle protagoniste del film, c’è da chiedersi perchè mai non siano state scelte delle attrici con un minimo di fascino e sensualità invece delle varie Luciana Scalice ecc. che popolano malamente il film.
Decisamente sconsigliato e da evitare a tutti i costi.
I sette magnifici cornuti un film di Luigi Russo. Con Femi Benussi, Carlo Delle Piane, Tiberio Murgia, Didi Perego,Oreste Lionello, Eolo Capritti, Luciano Pigozzi, Enzo Liberti, Luciana Scalise
Commedia, durata 94 min. – Italia 1974.
Femi Benussi – Mafalda, la sposina e La moglie del giornalaio (epis. 1 e 4)
Vincenzo Crocitti- Liberati (epis.3)
Carlo Delle Piane – Wolfang Von Kraut (epis.2)
Elena Fiore – Prostituta (epis.1)
Oreste Lionello L’erotomane (epis.7)
Tiberio Murgia – Gasparino (epis.1)
Didi Perego- La psicanalista (epis.7)
Luciano Pigozzi- L’amante (epis. 7)
La mala ordina
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Luca Canali è un magnaccia di piccolo cabotaggio, che vive ai margini della malavita organizzata.
Ha una moglie e una figlia, e vive separato dalla moglie che lavora come parrucchiera.
Gli accade di venir individuato, dal potente capo di una cosca mafiosa americana, come l’autore di un audace colpo ai danni della cosca stessa, depredata dei proventi di un traffico di droga per il valore di svariati miliardi di lire.
L’uomo viene quindi braccato dai killer mandatigli contro dalla cosca, ma con abilità riesce a cavarsela, tanto che la cosca americana si affida ad una cosca locale quella comandata da don Vito Tresoldi per tentare di punire l’uomo.
Così inizia un’altra dura battaglia, senza esclusione di colpi; il mafioso fa uccidere la moglie e la figlia di Luca, che da quel momento giura vendetta.
E la compie, sterminando la gang del mafioso e uccidendo i due killer americani mandati dalla cosca statunitense.
Fernando Di Leo, dopo il capolavoro Milano calibro 9, prova a rinverdire i fasti del primo capitolo della trilogia del milieu, a cui appartiene questo La mala ordina ,
diretto dal regista pugliese nel 1972, comprendente anche la parte finale, ovvero Il boss e affidando la parte del protagonista a Mario Adorf, già presente nel film precedente.
Lo fa imbastendo un noir ben dosato, in cui azione e ritmo non mancano; memorabile, ad esempio, la lunga sequenza dell’inseguimento di Luca Canali, appeso ad uno sportello di un furgone al guidatore del furgone stesso, chiuso dalla violenta scena in cui Luca sfonda a testate il parabrezza del mezzo.
Forse, rispetto a Milano calibro 9, in La mala ordina c’è meno tensione, la sceneggiatura non è brillantissima e manca il personaggio di spicco di Ugo Piazza, sostituito questa volta da un malvivente di mezza tacca, Luca Canali, piccolo magnaccia che saprà districarsi dai guai in cui involontariamente finirà per cacciarsi; pur tuttavia il mestiere di Di Leo c’è tutto, e si materializza in scene davvero ben congegnate, come il citato inseguimento e sopratutto la parte finale, in cui Luca ha la sua vendetta in un cimitero di auto demolite, in cui uccide i due sicari americani.
Punto debole del film sono le interpretazioni; se da un lato c’è un ottimo Adorf, abilissimo nel tratteggiare la figura un pò guascona di Luca Canali, all’opposto troviamo un Henry Silva, nella parte di uno dei due gangster americani, impegnato a mostrare un quantomai inopportuno sorriso smagliante, assolutamente non indicato in un film che ha una forte vocazione noir.
Più aderente al personaggio invece è Woody Strode, legnoso e rigido ma quantomeno più credibile.
Le parti femminili sono affidate alle bellssime Luciana Paluzzi, Femi Benussi e Sylva Koscina; la prima se la cava dignitosamente nei panni dell’interprete dei due gangster, che troverà la morte nel convulso finale; Femi Benussi, un’autentica sicurezza, è al solito perfetta nel suo ruolo, che questa volta è quello di una prostituta amica e protetta di Luca.

Adolfo Celi è Don Vito Tressoldi
Infine c’è Sylva Koscina, brava ma troppo elegante e fine per interpretare la moglie di Luca, il piccolo pappone che non ha certo una laurea o una cultura; la Koscina pur professionale, sembra davvero un elemento estraneo al film, con quella sua aria aristocratica inadatta al ruolo di parrucchiera e moglie di Luca.
Qualche errore di troppo, quindi, mascherato comunque dalla solita professionalità di Di Leo, un vero marchio di fabbrica.
Un film comunque tra i migliori, nel suo genere; non a caso Tarantino lo cita spesso, assieme al resto della trilogia, tra i film che lo hanno impressionato e influenzato maggiormente.
Buone le musiche di Armando Trovajoli; tra le curiosità, la presenza di lara wendel nei panni della figlia di Luca Canali e il doppiaggio di Mario Adorf, affidato al compianto Stefano Satta Flores.
La mala ordina, un film di Fernando Di Leo, con Mario Adorf, Henry Silva, Woody Strode, Adolfo Celi, Luciana Paluzzi, Franco Fabrizi, Femi Benussi, Gianni Macchia, Peter Berling, Francesca Romana Coluzzi, Cyril Cusack, Sylva Koscina, Jessica Dublin, Omero Capanna, Giuseppe Castellano, Giulio Baraghini, Andrea Scotti, Imelde Marani, Gilberto Galimberti, Franca Sciutto, Ulli Lommel, Vittorio Fanfoni, Giuliano Petrelli, Pietro Ceccarelli, Pasquale Fasciano, Alberto Fogliani, Giovanni Cianfriglia, Guerrino,Lina Franchi,Lara Wendel
Mario Adorf … Luca Canali
Henry Silva … Dave Catania
Woody Strode … Frank Webster
Adolfo Celi … Don Vito Tressoldi
Luciana Paluzzi … Eva Lalli
Franco Fabrizi … Enrico Moroni
Femi Benussi … Nana
Gianni Macchia … Nicolo
Peter Berling … Damiano
Francesca Romana Coluzzi … Trini
Cyril Cusack … Corso
Sylva Koscina … Lucia Canali
Jessica Dublin … Miss Kenneth
Omero Capanna … Vito’s Goon
Giuseppe Castellano … Garagaz
Giulio Baraghini … Gustovino
Andrea Scotti … Garo
Gilberto Galimberti … Vito’s Goon
Franca Sciutto … Ballerina
Ulli Lommel … Ballerina
Vittorio Fanfoni … Uomo di don Vito
Giuliano Petrelli … Uomo di don Vito
Pietro Ceccarelli … Uomo di don Vito
Pasquale Fasciano … Uomo di don Vito
Regia: Fernando Di Leo
Sceneggiatura: Fernando Di Leo, Augusto Finocchi
Prodotto da: Armando Novelli .
Musiche: Armando Trovajoli
Effetti speciali: Basilio Patrizi
“Adorfiano ed alterno. Adorf supera se stesso di Milano Calibro 9. Il film no, per snodi di trama assai meno logici rispetto a MC9, che si perdonano perché Adorf è fantastico, la fotografia è un gioiello etc. Si trovano temi presenti nell’opera di Di Leo: le cose che altrove funzionano, pure qui lo fanno egregiamente, mentre ciò che altrove non convince, non convince neppure qui (il mondo giovanile poi ripreso in Avere vent’anni). Inoltre la Dublin non strappa manco un sorriso, analogo risultato del tremendo Colpo in canna.
Tra i migliori esempi di film di genere italiano, ed ottimo esempio di noir, è anche una delle opere migliori di Fernando Di Leo. Girato con grande ritmo non appare mai patinato e artefatto, ma sempre efficacemente realista e spietato, con sequenze d’azione che, sebbene a volte siano un po’ “forzate”, appaiono sempre efficacissime. Ottima la prova del cast (specie del bravo Mario Adorf), così come la colonna sonora.
Il modesto macrò Luca Canali (Adorf) viene utilizzato come capro espiatorio dal padrino Don Vito Tressoldi (Adolfo Celi): a lui è attribuita la mancata consegna di un carico di droga pari a 3 miliardi delle vecchie lire. L’americano Corso (Cyril Cusack), che ha subìto il contraccolpo economico, invia due killer con lo scopo di dare una vistosa lezione al protettore, in colpa di defezione. Eccezionale noir, ispirato alla larga da Scerbanenco, ma frutto d’una sceneggiatura puramente ascrivibile al grande Di Leo (Ingo Hermes è imposto dalla co-produzione tedesca). Adorf domina e buca lo schermo.
Molto convincente Mario Adorf, nel ruolo di un pappone milanese un po’ sbruffone, che viene incastrato dal boss locale. Il film si trasforma quasi subito in una caccia all’uomo, soprattutto quando arrivano i due sicari per eliminare Canali (Adorf). Bravo il protagonista a costruire il personaggio, che da omuncolo dalla lingua lunga si trasforma in vendicatore, quando viene attaccato negli affetti più cari. Nessuna morale. Il boss difenderà nome e credibilità a tutti i costi. Da vedere.
Altro potente capitolo del noir italiano, che rispetto a MC9 appare meno cupo e tragico e più essenziale, lineare ed immediato. L’immenso Adorf tratteggia un macrò leale con gli amici, tenero con la sua famiglia, ma spietato con gli avversari, che vengono abbattuti dalla furia delle sue testate vendicatrici. Silva è insolitamente plastico, esuberante e parolaio e cede la sua granitica impassibilità al collega Strode. Scelta ottimale di volti (Cusack. Celi, Paluzzi, Coluzzi, Fabrizi, Berling…) e attori-stuntmen (Capanna, Galimberti).
Storia di un piccolo macrò della mala milanese che si ritrova braccato da due spietati killer americani senza un motivo apparente… Di Leo, autore anche del soggetto, è bravo nel descrivere con cura la disperata deriva di un uomo finito in un ingranaggio più grosso di lui, gira scene d’azione di tutto rispetto e tratteggia con cura anche i personaggi secondari. Se aggiungiamo l’interpretazione di un eccellente Mario Adorf, credo di aver reso l’idea di un grande film, senz’altro tra i migliori del regista pugliese.
Grandissimo film di Di Leo che ci regala uno dei più straordinari noir italiani di sempre. Livido, violento e spietato come pochi altri e per questo degno di autori più quotati come Don Siegl e Melville. Sceneggiatura tesa e vibrante. Musiche di Trovatoli che si fondono efficacemente con le immagini. Maestosa la prova di Adorf che ci regala uno splendido personaggio ed un finale assolutamente memorabile.
Una partita di eroina rubata, un pesce piccolo a cui addossare la colpa, una vendetta cieca e rabbiosa. Tutti elementi noti al genere noir, che Di Leo usa con mestiere confezionando un altro film “scerbanenchiano” dopo Milano Calibro 9 (curiosamente, quello è il titolo del racconto da cui viene l’idea di partenza del film). Meno intenso e più fiammeggiante, mette in prima linea un grande Mario Adorf, pappone con una sua dignità che non accetta compromessi e si fa giustizia da solo. Qualche tributo al gusto pop dell’epoca. Il finale è eccessivo “
Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile
Una serie di assassini, un ispettore chiamato a risolvere l’enigma.
Un plot classico, che più classico non si può; si inizia con la morte di alcune belle donne, sposate ai notabili della città, accanto ai cadaveri delle quali vengono rinvenute delle foto.
Sono immagini ovviamente di amanti delle donne, ma presentano una particolarità: i volti degli uomini sono stati rimossi, ovviamente per nascondere la loro identità.
L’ispettore Capuano è incaricato delle indagini, che si presentano subito difficili per i nomi coinvolti; a lui si affianca l’anatomo patologo Casali , che si rivela una preziosa fonte di informazioni per capire come sono morte le donne e la maniera in cui ha operato l’assassino.
Cercando di non pestare i piedi a nessuno, Capuano indaga, prendendo anche delle cantonate, come quella che lo vede sospettare dell’addetto alla ricucitura dei cadaveri.
Ma poco alla volta il caso si sbroglia, fino ad un finale assolutamente a sorpresa.
Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile, film del 1972 diretto da Roberto Bianchi Montero rivela da subito la scarsa attitudine del regista per il genere thriller;
Sylva Koscina è Barbara Capuana
la trama è abbastanza intricata ma anche maldestramente svolta, tanto che in alcuni punti si fa fatica a seguire i guizzi del regista, che sembra privilegiare più l’aspetto prettamente estetico che quello cinematografico.
Si assiste, difatti, ad una parata di morte assassinate generalmente in desabillè, cosa che la dice lunga sulle intenzioni del regista.
La trama resta abbastanza nell’oscurità, spiazzando lo spettatore, che si riavrà solo sul finale, quando il tutto giungerà alla conclusione, in maniera peraltro ben congegnata.

Susan Scott (Nieves Navarro) è Lilly
Debitore as usual del solito Argento, Bianchi Montero punta tutto su una certa latente tensione, sul cast di starlette che popola il film e su un robusto contributo sonoro del grande Gaslini; se la ricetta non funziona appieno è perchè manca uno degli ingredienti fondamentali, ovvero una suspence tirata, di quelle che inchiodano lo spettatore alla poltrona.
Manca anche nerbo nella recitazione, sopratutto da parte di Farley Granger, imperturbabile e azzimato nei panni dell’ispettore Capuano; Chris Avram se la cava meglio, così come una sicurezza è Luciano rossi, questa volta delegato nella parte decisamente antipatica di un becchino addetto all’estetica dei cadaveri, che ovviamente diventa il sospettato numero uno.
Ma lo spettatore scafato, quello che ama il genere thriller, non si lascia depistare da un si facile indizio, e cerca ovviamente altre soluzioni; la troverà in un finale un tantino tirato per i capelli, ma tutto sommato abbastanza originale.
Se il modus operandi dell’assassino sembra schematicamente compresso, con le morti che avvengono tutte nello stesso modo e che sembrano ricalcare il clichè della punizione delle adultere, la solita immancabile eliminazione del vizio, a salvare la braca pericolosamente inclinata arriva proprio il finale e sopratutto la curiosità di vedere la parata di belle attrici alle prese con il misterioso maniaco.
Il cast, come accennatto, presenta una parata di bellezze di primo piano; Annabella Incontrera, Sylva Koscina, Krista Nell, Femi Benussi, Susan Scott, Angela Covello sono decisamente tutte belle, sexy e affascinanti.
E sono anche abbastanza spogliate, il che induce a qualche malizioso pensierino sulle finalità del film di Montero.
Ma, in definitiva, è un film che può essere visto senza annoiarsi troppo, con qualche bel colpo a patto però di non aspettarsi un thriller mozzafiato
Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile, un film di Roberto Bianchi Montero. Con Annabella Incontrera, Sylva Koscina, Silvano Tranquilli, Farley Granger, Susan Scott, Philippe Hersent, Andrea Scotti, Ivano Staccioli, Sandro Pizzorro, Benito Stefanelli, Krista Nell, Femi Benussi, Bruno Boschetti, Jessica Dublin, Chris Avram, Fabrizio Moresco, Angela Covello, Luciano Rossi
Poliziesco/Thriller, durata 91 min. – Italia 1972.
Farley Granger … Ispettore Capuana
Sylva Koscina … Barbara Capuana
Silvano Tranquilli … Paolo Santangeli
Annabella Incontrera … Franca Santangeli
Chris Avram … Professor Casali
Femi Benussi … Serena
Krista Nell … Renata
Angela Covello … Bettina Santangeli
Fabrizio Moresco … Piero
Irene Pollmer … Giannina
Luciano Rossi … Gastone
Jessica Dublin … Rossella
Philippe Hersent … Questore
Nieves Navarro … Lilly
Bruno Boschetti … Poliziotto
Regia: Roberto Bianchi Montero
Sceneggiatura: Luigi Angelo
Produzione: Angelo Faccenna, Eugenio Florimonte,Mario Pellegrino
Musiche: Giorgio Gaslini
Costumi: Oscar Capponi
Editing: Rolando Salvatori
Effetti: Vitantonio Ricci
Costumi: Lidia Maniero
“Giallino italico con trama quasi inesistente e qualche trovatina (mega-citazione dal baviano Sei donne…, il sangue dalla scala a chiocciola, l’inanità del testimone del delitto finale…). Povero il contorno (risibili l’omicidio della Benussi e la lentezza del commissario nel far partire il registratore) e recitazioni appena sufficienti (il regista amava il “buona la prima”). L’amore per il genere, per il decennio e per il superbo gineceo spingerebbero almeno verso la risicata sufficienza: la razionalità, invece, dice uno e mezzo.
La trama è scritta un tanto al chilo, ma quello che rende interessante il film di Montero è – oltre all’impatto scenico cagionato dalla presenza (inusuale) di un elevato numero di fascinose attrici (in ruolo di apòstate) – la solida mano di un regista abituato a realizzare, con professionalità (ed accortezza scenica, con riguardo per la buona fotografia) pellicole di svariati generi. Se l’influenza di Argento si fa sentire, bisogna però segnalare che Montero anticipa l’utilizzo di un grande compositore musicale (Giorgio Gaslini) indòtto a comporre un tema à la Morricone.
Tipico giallo anni Settanta, unisce l’estetica di Bava e la meccanica di Argento (modalità degli omicidi e particolare rivelatore) a un sottotesto maschilista e moralista. La suspense scarseggia, essendo schiacciata dall’incontenibile pressione erotica delle attrici più in voga del momento nel cinema di genere (Koscina, Benussi, Scott, Nell, Incontrera), tutte artisticamente spogliate; c’è anche la giovanissima Covello, unica donna dal ruolo innocente e pudico. Reminescenze hitchcokiane nel beffardo finale.
Giallo girato in economia ma non disprezzabile. Si accumulano omicidi ed ovviamente si pensa bene di fornire al pubblico qualche facile sospettato su un piatto d’argento (un cinico avvocato, un medico pazzo col ghigno del grande Luciano Rossi…) solo per arrivare alla sorpresa finale. Da gustarsi più con la pancia che non col cervello, in ogni caso. Notevole il cast femminile, con nudi a ripetizione.
Risibile thrillerino all’italiana in cui un feroce assassino si diverte ad uccidere donne fedifraghe. Perché? Pare che neanche gli sceneggiatori avessero le idee chiare in proposito, tanto che hanno dato vita ad un plot piuttosto confuso e farraginoso che non coinvolge quasi mai lo spettatore e che si fa notare solo per il finale beffardo ed intriso di umorismo. Per il resto c’è davvero poco da stare allegri.
Ottimo giallo italiano con un cast femminile strepitoso. In quale film possiamo trovare la Koscina, la Scott, la Neill, la Benussi, la Incontrera… Anche il cast maschile è ottimo: Granger, Avram e soci (una gioia per gli occhi del fan degli Anni Settanta). Buone le musiche, i delitti molto sanguinosi, il finale beffardo (un pochino traballante nella soluzione, ma ottimo). Irresistibile, almeno dal mio punto di vista.
Piacevole thriller argentiano con qualche venatura poliziesca. Discreta la regia e curiosamente insistiti i dettagli gore (mai splatter però) e le scene di nudo (integrale quello di Susan Scott). La storia non è nulla di eccezionale, con qualche lentezza e un po’ troppi riferimenti ad Argento, ma bene o male regge fino alla fine. Ottimo il protagonista Farley Granger, bravo Silvano Tranquilli, notevole il cast femminile. Nulla di eccezionale le musiche di Gaslini. Sorprendente l’omicidio sulla spiaggia.
Tra i vari spin-off italici dell’Argento prima maniera, spicca questo giallo dal titolo assai bizzarro (e logorroico). In realtà, a parte un cast rispettabile che mette insieme molte starlette dell’epoca, il film non presenta grandi motivi d’interesse: la sceneggiatura è appena sufficiente, il ritmo latita, la tensione è pari a zero, le scene cruente sono poche e mal realizzate. Tra i pro invece segnalo le belle musiche di Gaslini e il finale spietato, che mette sullo stesso piano buoni e cattivi. Si denota un fondo misogino e anti-borghese.
Il commissario col baffetto azzimato che risolve il caso senza scomporsi: c’è. Alcune sequenze importanti come l’omicidio sulla spiaggia o il finale con fotogrammi sovraimposti: ci sono. Bellezze discinte: non mancano, anzi abbondano. Il sospettato numero uno, un platinatissimo necrofilo che alla fine è innocente: presente. La colonna sonora evocativa e stucchevole: non poteva mancare. Insomma, gli ingredienti che hanno fatto grande il giallo italiano ci sono tutti, ma da metà pellicola causa inedia diffusa, è la voglia di arrivare alla fine, che mi mancava.”
Le belve
Le belve è un film strutturato in 8 episodi, che ricorda il celebre I mostri diretto da Dino Risi nel 1963.
-Primo episodio, Il salvatore
Mentre sta passando per una stradina, un cronista tv si imbatte in un tentativo di suicidio di un uomo, che minaccia di lanciarsi nel vuoto da un cornicione.
Dopo essere salito nell’appartamento dell’aspirante suicida, il cronista riesce a speculare sul fatto rinviando il più possibile l’attimo del gesto fatale non per aiutare il disgraziato, ma per biechi motivi di audience.

Françoise Prévost è Clara Borsetti
Helga Linè, la moglie del fachiro e Lando Buzzanca
– La voce del sangue
Borsetti,un imprenditore cerca in tutti i modi di ottenere un appalto, promettendo al committente di ricompensarlo facendogli godere ancora una volta delle grazie della moglie Clara. Ma Borsetti ha fatto male i conti, perchè l’uomo che deve dargli l’appalto è stanco di incontrare sempre Clara. Così i due coniugi arrivano a far prostituire la figlia.
– Il fachiro
Un fachiro italianissimo si esibisce in spettacoli al limite dell’umano; è costretto a ciò per mantenere la sterminata famiglia della moglie, che beve e mangia alle sue spalle; pur di ottenere visibilità durante i suoi spettacoli, il povero fachiro si spinge sempre più in la…….

Maria Baxa, una moglie perfetta?
– Una bella famiglia
Una bella famiglia, una bella casa. Lui sembra un marito gentile e premuroso che accompagna la moglie al lavoro; ma ben presto vediamo di che lavoro si tratta.
Infatti l’uomo fa scendere la moglie dall’auto, le accende una sigaretta, mentre lei si avvia verso un lampione con minigonna e tacchi a spillo.
– Il caso Apposito
La miglior difesa è l’attacco; è il motto di un manager, che quando vede avvicinarsi il rischio che un’ispezione metta a nudo le sue magagne, non esita a ricattare tutti, usando anche la corruzione.
L’ultimo degli ispettori finirà addirittura suicida
– Il cincillà
Con un espediente, il rampollo di un industriale che alleva polli, grazie alla complicità di una donna che presenta come la sua fidanzata, riesce a estorcere una grossa somma di denaro al padre.
– Il chirurgo
Vendetta di un chirurgo che aveva subito un’ispezione nel suo ospedale.

Femi Benussi è Concetta Sparapaoli
– Processo a porte chiuse
Babbaluni, un contadino zotico e ignorante, è accusato da tre belle sorelle di aver abusato di loro mettendole incinta.
Attraverso un’abile strategia difensiva, l’uomo riesce a capovolgere le accuse, finendo per diventare la vittima delle tre donne e ottenendo la loro condanna.
Protagonista assoluto degli otto episodi è Lando Buzzanca, che passa agevolmente dai panni del reporter privo di scrupoli a quelli del contadino scarpe grosse e cervello fino, passando per altri sei personaggi caratterizzati dall’assenza totale di scrupoli.
Le belve, girato nel 1971 dal regista Giovanni Grimaldi, sfruttando una sceneggiatura di Bruno Corbucci alla quale collabora lo stesso regista, è una copia poco più che sfuocata del ben più corrosivo iI mostri, citato all’inizio.
A parte l’episodio iniziale, quello del cronista avvoltoio e quello finale, il più lungo che riesce a strappare qualche sorriso, il film resta abbastanza anonimo nello svolgimento, a causa della scarsa incisività degli episodi.

Annabella Incontrera è Carmela Sparapaoli
Nuoce al film stesso, paradossalmente, proprio la presenza di Buzzanca, che pure è bravo, ma che non riesce a staccarsi dall’effetto macchietta che è cucito su di lui come una seconda pelle.
L’episodio assolutamente trascurabile è quello dedicato alla famiglia modello, svolto in maniera frettolosa e che avrebbe potuto avere ben altro svolgimento.

Ira von Fürstenberg è Filomena Sparapaoli
Il cast è di quelli da ricordare, con la presenza contemporanea di Tino Carraro e di Claudio Gora, e delle bellissime Femi Benussi, Helga Linè, Ira Furstemberg, Annabella Incontrera, Maria Baxa, Francoise Prevost,Magali Noel ,Margaret Lee, oltre alla solita grande Paola Borboni.
Ma il resto rimane abbastanza soporifero, e se il tentativo era quello di strappare qualche sorriso amaro o qualche sorriso divertito, tutto annaspa nella banalità e nella mediocrità, lasciando alla fine una vera sensazione di vuoto.
Le belve, un film di Giovanni Grimaldi, con Lando Buzzanca, Tino Carraro, Claudio Gora, Femi Benussi, Helga Linè, Ira Furstemberg, Margaret Lee, Annabella Incontrera, Maria Baxa, Francoise Prevost, Paola Borboni.Magali Noel, Commedia Italia 1971
Lando Buzzanca … Il Salvatore / Morsetti / Il fachiro / Il marito /ecc.
Ira von Fürstenberg … Filomena Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Femi Benussi … Concetta Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Paola Borboni … Madre del fachiro ( “Il fachiro”)
Magali Noël … Lisa ( “Il cincillà”)
Margaret Lee … Judy ( “Il cincillà”)
María Baxa … La moglie ( “Una bella famiglia”)
Françoise Prévost … Clara Borsetti ( “La voce del sangue”)
Tino Carraro … L’imprenditore ( “La voce del sangue”)
Claudio Gora … Giulio Bianchi ( “Il caso Apposito”)
Annabella Incontrera … Carmela Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Mario Maranzana … Avv. Maranzana ( “Processo a porte chiuse”)
Helga Liné … Moglie del fachiro ( “Il fachiro”)
Philippe Hersent … Placido ( “Il cincillà)
Nino Terzo … Orazio ( “Il salvatore”)
Empedocle Buzzanca … Cav. Apposito ( “Il caso Apposito”)
Vittorio Fanfoni … Assistent del fachiro ( “Il fachiro”)
Renato Malavasi … Prete ( “Il salvatore”)
Carla Mancini … ‘Picculina’ Sparapaoli
Giovanni Nuvoletti … Il giudice ( “Processo a porte chiuse”)
Franco Ressel … Attorney ( “Processo a porte chiuse”)
Alfredo Rizzo … Dott. Apposito ( “Il caso Apposito”)
Regia Giovanni Grimaldi
Soggetto Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Sceneggiatura Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Produttore Lello Luzi
Casa di produzione Medusa film
Fotografia Gastone Di Giovanni
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Nino Fidenco
Scenografia Aldo Marini
Costumi Giulia Mafai
Trucco Giulio Natalucci
Carnalità
Delitto e castigo in (abbondante) salsa erotica.
Un conte, ricco di nobiltà e di avito castello è costretto a cedere sotto il peso dei propri debiti; così le sue proprietà passano nelle mani dell’avido e allupato professor Lucini,misteriosamente insignito di pomposo titolo, visto che in realtà nel film è un imprenditore con un metro di pelo sullo stomaco.
Licini ha una moglie ammalata gravemente (che lui spinge ancor più verso la morte avvelenandola quotidianamente) e un’amante, Anna, l’infermiera che dovrebbe curare sua moglie.

Femi Benussi, l’infermiera Anna
Un giorno, mentre è a pesca, conosce una bella e biondissima sconosciuta, con la quale intreccia una relazione.
I due, da quel momento, passano gran parte del loro tempo a copulare in ogni posto e ad ogni occasione utile, con tanto di gelosia della infelice Anna, che si vede tradita anche con la cameriera.
Ma il surmenage erotico sarà fatale all’uomo; dopo la morte della moglie, toccherà a lui lasciarci le penne, in un modo, però, che molti invidieranno.
Finale con sorpresina, annunciata e poco probabile.
Thriller? Macchè.
Carnalità, girato nel 1974, è il classico film erotico mascherato in qualche modo da giallo/thriller; mascherato male, però, perchè dopo un quarto d’ora di film si capisce dove il tutto andrà a parare.
Il tempo che basta per vedere qualche torrida scena erotica tra i due improbabili amanti, ovvero Anna e il professore; che la danno addosso di brutto, ma non come la coppia professore/biondina, che si scatenerà in un tourbillon di imprese erotiche, passando dal comodo e tradizionale letto agli stipiti di una porta, al tavolo della cucina ovviamente ingombro di stoviglie fino allo studio dell’esimio professore.
Banale oltremodo, Carnalità diretto da Alfredo Rizzo presenta come unico elemento di rilievo la bella Femi Benussi, questa volta alle prese con un personaggio davvero scabroso.
La splendida attrice quindi recita spesso in costume adamitico, ed è davvero un bel vedere.
L’altra protagonista è l’efebica Erna Schurer, da molti considerata un cult, che personalmente trovo inespressiva come una triglia e sexy come un ghiacciolo.
Poichè de gustibus non est disputandum, non vi resta che immergervi nell’atmosfera di questo film, godendovi tra l’altro la bella Sonia Viviani in topless en plein air, godendovi una trama prevedibile e annunciata, interpretazioni al limite del dilettantismo e poco altro.
La location è quella del castello Odescalchi di Santa Marinella, almeno nella parte finale del film, un’occasione per godere quanto meno di una delle italiche bellezze.
Le altre italiche bellezze, la Viviani e la Benussi, valgono l’intero film.
Carnalità, un film di Alfredo Rizzo, con Femi Benussi, Pupo De Luca, Mario Pisu, Carlo Rizzo, Erna Schürer, Jacques Stany, Lea Gargano, Sonia Viviani Giallo erotico, Italia 1974
Femi Benussi-Anna
Erna Schurer-Roberta
Regia Alfredo Rizzo
Sceneggiatura Alfredo Rizzo,Carlo Keo
Produzione: Goffredo Matassi
Musiche: Carlo Savina
Montaggio:Piera Bruni
Fotografia:Aldo Greci
L’assassino è costretto a uccidere ancora
Giorgio è un architetto che se la spassa con le donne grazie all’aiuto finanziario della moglie, ricchissima; l’uomo, che ha un disperato bisogno di soldi, principalmente dal suocero, ha debiti rilevanti, ma nonostante tutto non riesce a tenere in piedi il rapporto con Norma, sua moglie.

Tere Velázquez è Norma Mainardi
Ad aiutarlo arriva un fatto casuale e imprevisto; assiste all’affondamento di un’auto da parte di un uomo, che in riva al mare tenta di sbarazzarsi del corpo di una donna.
Lo avvicina e inizia a ricattarlo; non dirà nulla se l’uomo ucciderà sua moglie, mentre lui sarà lontano costruendosi un alibi di ferro.
Così avviene, ma il caso ci mette lo zampino; mentre il killer uccide Norma, due ragazzi, Luca e Laura rubano, per fare una bravata, l’auto del killer stesso, che da quel momento si mette sulle loro tracce.
Nel frattempo l’ispettore incaricato delle indagini, poco convinto dalle incongruenze rilevate sulla scena del delitto, inizia a sospettare che le cose siano andate ben diversamente da come appaiono.
Il killer raggiunge intanto i due ragazzi, che sono andati in un casa vicino al mare; qui l’uomo uccide dapprima una donna che aveva avuto un fugace rapporto con il giovane e subito dopo violenta la compagna di quest’ultimo, Laura, che però riesce a liberarsi e a uccidere il killer.
I due tornano a casa,raccontando l’accaduto; l’ispettore, ormai convinto della colpevolezza di Giorgio, gli tende una trappola….
L’assassino è costretto a uccidere ancora, film del 1975 diretto da Luigi Cozzi, non si segnala per nessuna dote particolare, pur non essendo un pessimo film.
Siamo nel periodo d’oro del thriller all’italiana, e in questo film troviamo in pratica tutti gli elementi caratteristici del genere, incluse morti violente, killer psicopatico, violenza carnale ecc.
Ma Cozzi non riesce a sollevare il film dalla mediocrità, vuoi per la trama molto improbabile, vuoi per la lentezza stessa del film, che non presenta mai colpi di genio; al contrario, molti espedienti narrativi risultano artificiosi, così come i dialoghi appaiono decisamente noiosi.
Il regista prende spunti un po da Lenzi un po da Argento, ma non ci mette niente di suo; l’unico espediente interessante è l’accendino che Giorgio recupera dal killer, che però risulterà fatale nello sviluppo della storia.
Gli attori quanto meno se la cavano discretamente; fra loro vanno segnalati la splendida Benussi, insolitamente bionda e Cristina Galbò, che interpreta la giovane Laura, sprovveduta e un tantino oca, che guarda caso si rivelerà però colei che dipanerà la matassa.
Tra gli uomini, mediocre Hilton, nei panni di Giorgio, mentre sulla sufficienza sia Alessio Orano che Michel Antoine.

Cristina Galbò, Laura e Alessio Orano, Luca
L’assassino è costretto a uccidere ancora, un film di Luigi Cozzi. Con George Hilton, Femi Benussi, Alessio Orano, Eduardo Fajardo, Teresa Velasquez,Carla Mancini, Cristina Galbò
Thriller, durata 98 min. – Italia 1975
George Hilton … Giorgio Mainardi
Antoine Saint-John Il Killer (come Michel Antoine)
Femi Benussi … Dizzy Blonde
Cristina Galbó … Laura
Eduardo Fajardo … Ispettore di polizia
Tere Velázquez … Norma Mainardi
Alessio Orano … Luca
Cara dolce nipote
Il cavalier Corrado è il vedovo inconsolabile della bellissima Laura; vive nel ricordo della donna, conservandone gelosamente anche i vestiti ed evitando di frequentare persone di sesso femminile.
Il suo personale microcosmo entra in crisi con l’arrivo della bella e disinibita Daniela, che con le sue forme, ma sopratutto con la sua malizia, crea forti turbamenti nello zio.
Ursula Heinle
Femi Benussi
La ragazza ben presto viene spiata da Corrado, ma non solo; suscita l’interesse di Franco, un semplice addetto all’aeroporto che si spaccerà, con la ragazza, per un pilota a caccia di gonne, un maturo e raffinato don Giovanni che beve champagne.
L’uomo, che tenta subito di agganciare la ragazza, non è altro che un tipo qualsiasi, che ottiene gli nici successi in campo amoroso con la procace cameriera di Corrado, la bella Marietta; per conquistare Daniela, usa una bambola gonfiabile e voci registrate per dare a intendere la sua abilità di conquistatore.
Nel frattempo Corrado è sempre più turbato dalla nipotina, che dal canto suo, non disdegna di mostrarsi nuda sotto la doccia, e in atteggiamenti ammiccanti.
La ragazza, con il suo comportamento disinibito, crea anche qualche imbarazzo al maturo zio, che è costretto ad intervenire per proteggerla, come quando Daniela finisce in un party a base di droghe.
Alla fine, la ragazza, stufa del comportamento dello zio, sempre ossessionato dal ricordo di Laura, che in effetti non era un modello di serietà matrimoniale, come confesserà l’uomo alla ragazza, finisce per prendere in mano la situazione, portando via dalla casa dello zio tutti i vestiti della defunta, eliminando così alla radice il feticcio che costringeva Corrado a non guardare le altre donne.
Così a Corrado e Franco non resta altro da fare che consolarsi con la disponibile Marietta, mentre Daniela va via con un pilota che la corteggiava.
Cara dolce nipote è un tentativo di creare una commedia che ricalchi i qualche modo la trama di Malizia, coniugandola con quella di Grazie zia e di tanti altri B movie che popolarono il cinema italiano degli anni settanta.
Una commediola senza pretese, anche garbata se vogliamo, perchè l’elemento erotico è limitato solo alla visione delle belle nudità della sconosciutissima Ursula Heinle, rimasta tale anche dopo il film, visto che dopo l’esperienza con questo film scomparve nel nulla. L’altra protagonista è la bella Femi Benussi, che nel 1977, data di uscita del film, aveva 32 anni ed era nel pieno della bellezza e della maturità.
Il regista, Andrea Bianchi, specialista in commedie a sfondo sexy (ricordiamo per esempio La moglie siciliana e La moglie di mio padre) se la cava senza imbarazzi, pur nell’estrema limitatezza di una sceneggiatura molto semplice.
Il film è gradevole, niente di più: mancano le scurrilità tipiche dei prodotti di fine anni settanta, non ci sono le solite scene di sesso simulato, ci sono solo le rotondità della Heinle e quelle ridottissime della Benussi , quattro qttori, o megli cinque, contando la figura marginale del pilota con cui va via la ragazza e nient’altro.
Onestamente fare di più con un cast risicato e senza soldi era davvero sperare troppo
Il film è girato tra Milano e Sesto San Giovanni.
Cara dolce nipote, un film di Andrea Bianchi. Con Femi Benussi, Lucio Flauto, Ursula Heinle, Francesco Parisi Erotico, durata 90 min. – Italia 1976.
Ursula Heinle … Daniela
Femi Benussi … Marietta
Francesco Parisi … Franco
Lucio Flauto … Corrado
Regia Andrea Bianchi
Sceneggiatura Piero Regnoli
Produzione Gabriele Crisanti,Vincenzo Genesi,Giuliano Simonetti
Musiche Elsio Mancuso
Fotografia Franco Villa
Montaggio Mariano Arditi

























































































































































































































































