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Mala, amore e morte

Mala amore e morte locandina
Un misterioso killer spara ad una donna mentre la stessa ha appena acquistato dei giornali. La defunta era la proprietaria in una pensione, La mimosa, che ora viene ereditata dalla giovane e bella Marisa. Ma per la ragazza è l’inizio di una serie di guai, perchè la defunta zia era la centro di un complicato caso riguardante un piccolo scrigno pieno di diamanti, ai quali sono interessati anche tre malavitosi e un misterioso ospite della pensione.

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Femi Benussi e Gianni Macchia

Dopo una serie di vicende, Marisa e l’ospite, che in realtà è un ispettore di polizia, recupereranno la refurtiva nella tomba di un garibaldino che partecipò alla presa di Porta Pia, e avranno la meglio sui tre gangster da operetta e sulla svampita donna del capobanda. Finale in rosa con Marisa e l’ispettore che si godono finalmente il loro sbocciato amore.

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Nonostante il titolo sia assolutamente fuorviante, Mala amore e morte, film targato 1975 per la regia di Tiziano Longo su soggetto di Paolo Barberio e Piero Regnoli contiene qualche elemento giallo unito ad elementi polizieschi, che però virano decisamente verso il comico/farsesco. Dei tre componenti del titolo, l’unico ad essere rappresentato è proprio l’amore, che alla fine trionfa come in ogni classica commedia tra la bella Marisa e il misterioso ospite della pensione Mimosa, che si rivelerà essere un ispettore di polizia alla ricerca della chiave che conduca ad una fortuna in diamanti, che la defunta proprietaria della pensione stessa aveva contribuito ad occultare.
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La mala è rappresentata da tre gangster assolutamente scombinati, che parlano con un buffissimo accento e sopratutto sono lontani anni luce dal prototipo dei banditi feroci e senza pietà, incluso il loro capo, che si da arie da uomo raffinato. A loro si aggiunge una svampitissima ragazza, che è l’amante del capo, e che per tutta la durata del film non indossa quasi mai un vestito. La morte invece è davvero la grande assente, perchè a parte la defunta zia, l’unico morto non muore davvero mai, ricomparendo sempre e contribuendo a creare scompiglio nelle idee già di per se confuse di Marisa. Una commedia ironica, quindi, che mescola allegramente elementi del giallo a quelli tipici della commedia sexy; il risultato finale è un film che a sprazzi ha qualche momento di divertimento, pur essendo abbastanza scombinato. La commedia regge anche per merito di una splendida Femi Benussi, che appare davvero confusa dagli avvenimenti, ma anche (sopratutto) divertente nel ruolo di Marisa, che appare travolta dagli avvenimenti. Se la Benussi mostra con generosità le sue grazie, ancor di più fa Gabriella Lepori, praticamente sempre svestita, che interpreta l’amante del capo gangster, una ragazza svampita in maniera patologica e affetta da idiosincrasia verso qualsiasi forma di vestiario.


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Nel film il ruolo dell’ispettore è interpretato da Gianni Macchia; l’attore pugliese non si prende sul serio e appare per tutta la durata del film con un sorriso ironico che sembra quasi farsi beffe dello spettatore, anticipando in qualche modo il tono da pochade che la pellicola andrà assumendo nel corso del suo svolgimento.

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Francoise Prevost

Brevi parti per Gigi Ballista, troppo presto fuori scena e per la Prevost, ammazzata dopo 5 minuti di film. Se la storia appare abbastanza scontata, tuttavia qualche elemento di divertimento c’è, anche se è poca roba; tuttavia non siamo di fronte alla solita commediaccia scollacciata e triviale, ma ad un prodotto con una qualche dignità.

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Mala amore e morte,un film di Tiziano Longo, con Femi Benussi, Gianni Macchia, Gabriella Lepori, Gigi Ballista, Francoise Prevost, Giallo/commedia,Italia 1975 Mala amore e morte banner gallery

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Mala amore e morte banner protagonisti

Femi Benussi-Marisa Belli
Gianni Macchia-Marco Ranalli/Carlo Martini
Massimo Mollica-Barone Francesco De Carolis
Gabriella Lepori-Sissi
Françoise Prevost-Adalgisa Belli
Renato Pinciroli-Custode cimitero
Gigi Ballista-Avvocato Giorgi
Danika La Loggia-Entreneuse
Giulio Baraghini-Mimì, guardia del corpo
Franca Scagnetti-Donna delle pulizie

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Regia;Tiziano Longo
Sceneggiatura:Paolo Barberio,Piero Regnoli
Produzione:Ermanno Curti
Musiche:Filippo Trecca
Fotografia:Franco Delli Colli
Montaggio:Mario Gargiulo

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ottobre 26, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , | 2 commenti

I sette magnifici cornuti

I sette magnifici cornuti locandina

I sette magnifici cornuti del titolo sono i sette protagonisti maschili,tutti alle prese con mogli adultere per vari motivi; il film è diviso in sette episodi, che raccontano le gesta in verità poco nobili dei protagonisti.
Primo episodio: due sposi in viaggio di nozze, Gasparino e Mafalda, arrivano a Roma. Spaesati, vengono addocchiati da alcuni loschi figuri, che offrono all’uomo una somma di denaro esorbitante (un miliardo) per permettere ad un fantomatico riccone di godere delle grazie di Mafalda. I due, alla fine, accettano e Mafalda viene sedotta in un auto. Verranno pagati, ma con denaro falso e la donna finirà malinconicamente a battere il marciapiede.

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Secondo episodio: Wolfang Von Kraut, un folle inventore tedesco, sogna gesta erotiche sempre più spinte con sua moglie. Così programma un computer- robot per farsi aiutare, con il risultato che il robot prenderà il suo posto, mentre il cornuto viene spedito sulla luna.
Terzo episodio: Liberati è il proprietario di una fabbrica di oli di semi. E’ sposato, ma non riesce ad avere figli. Consultato un urologo, apprende di essere lui ad essere impotente e impossibilitato a procreare.Spinto da sua moglie, una donna bruttina e scheletrica, cerca in tutti i modi un sostituto, ma ognuno di essi, per un motivo o l’altro fallisce. Così alla fine assolda un disoccupato a digiuno da diversi giorni che durante l’amplesso ci rimane secco.

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Il cameriere dell’hotel in cui alloggia la coppia, che ha assistito al tentativo di occultare il cadavere dell’uomo, in cambio del silenzio chiede a Liberati di diventare suo socio. Il finale è indecifrabile, perchè si vede inquadrata la moglie di Liberati armata di pistola sparare probabilmente ai due uomini.
Quarto episodio:un edicolante, che sogna di poter ampliare la sua edicola, ha bisogno di un autorizzazione speciale. Per poterla ottenere, spinto dalla moglie, studia un ricatto ai danni di un onorevole. Ma l’uomo e la moglie sono in combutta e hanno una tresca, così il piano del giornalaio va a farsi benedire.

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Quinto episodio: un cinema proietta Ultimo tango a Parigi. Di fronte alla sala c’è una macelleria, e un macellaio che sogna di ripetere le prodezze erotiche di Marlon Brando, senza sapere che la moglie se la intende con un lavorante della macelleria.
Sesto episodio: un vigile urbano, Benito, totalmente dedito al lavoro, multa impietosamente tutti coloro che contravvengono alla morale pubblica. Ma un giorno, in un parco, ha la sgradita sorpresa di trovare sua moglie a bordo di una 500, occupata in atti che possiamo immaginare.

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Settimo e ultimo episodio: Antonio ha problemi di sesso (è un erotomane) e si rivolge ad una sessuologa, che naturalmente soddisfa carnalmente. Tornato a casa scopre la moglie con un uomo, rinchiuso in un armadio.
La donna e l’amante sono la soluzione ai suoi problemi di sesso con la donna, così Antonio brinda con i due amanti.

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I sette magnifici cornuti, film del 1974 diretto da luigi Russo è uno squallido sotto prodotto della commedia sexy; i sette episodi sono imbarazzanti nel loro squallore e nella loro bruttezza, mancando sia l’ironia che un minimo di satira di costume, oltre ad essere deprimenti dal punto di vista della comicità.
Forse l’unico su uno standard accettabile è il primo, quello che vede protagonisti i due sposini siciliani, interpretati da Femi Benussi e Tiberio Murgia;gli altri si distinguono solo per la volgarità e per l’assoluta mancanza di idee.
Spiace vedere dei professionisti come Carlo delle Piane, Oreste Lionello, la stessa Benussi, Didi Perego o Luciano Pigozzi sprecare il loro talento in un’opera assoltamente indegna.

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Per quanto riguarda Russo, autore di altri B movies della commedia sexy come Morbosità, La nuora giovane ecc, mostra una sconsolante mancanza di idee, che si traduce in un film di rara bruttezza e noioso in modo sconfinato.
Ultimo appunto: a parte la Benussi, di un altro pianeta rispetto alle protagoniste del film, c’è da chiedersi perchè mai non siano state scelte delle attrici con un minimo di fascino e sensualità invece delle varie Luciana Scalice ecc. che popolano malamente il film.
Decisamente sconsigliato e da evitare a tutti i costi.

I sette magnifici cornuti un film di Luigi Russo. Con Femi Benussi, Carlo Delle Piane, Tiberio Murgia, Didi Perego,Oreste Lionello, Eolo Capritti, Luciano Pigozzi, Enzo Liberti, Luciana Scalise
Commedia, durata 94 min. – Italia 1974.

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Femi Benussi  – Mafalda, la sposina e La moglie del giornalaio (epis. 1 e 4)
Vincenzo Crocitti- Liberati (epis.3)
Carlo Delle Piane – Wolfang Von Kraut (epis.2)
Elena Fiore – Prostituta (epis.1)
Oreste Lionello     L’erotomane (epis.7)
Tiberio Murgia – Gasparino (epis.1)
Didi Perego- La psicanalista (epis.7)
Luciano Pigozzi- L’amante (epis. 7)


ottobre 13, 2010 Pubblicato da: | Erotico | , , , , , | Lascia un commento

Paolo il caldo

Paolo il caldo locandina

Siamo in Sicilia;
nella nobile famiglia dei Castorino è presente, quasi fosse un imprinting genetico, una sensualità che sconfina nella lussuria ai limiti del patologico, unitamente anche alla classica arroganza dei nobili.
Il barone Castorini, patriarca della famiglia, offeso dal farmacista del paese (Salvatore), si vendica raccontando tutto a suo figlio Edmondo, che per tutta risposta distrugge la farmacia dell’uomo e lo umilia pubblicamente, vendicando così l’offesa ricevuta.

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Lionel Stander, il Barone Castorino

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Il barone ha anche un altro figlio, un uomo completamente diverso da lui, timido e di idee progressiste che a sua volta ha un figlio, Paolo, che ha ereditato il marchio di famiglia della lussuria.
Quest’ultimo mostra subito di volersi adeguare al nonno, intrecciando sin dall’adolescenza, una prima relazione sessuale con la servetta Giovanna, che non si fa scrupoli di essere contemporaneamente l’amante dell’anziano barone.
In questo clima morboso, il giovane Paolo cresce senza regole morali, trattando le donne con disprezzo, come del resto ha visto fare a suo nonno e suo zio.
Le cose cambiano quando il padre del giovane muore per suicidio; Paolo farà in tempo a raccogliere le ultime parole del genitore, che lo esorta ad abbandonare quel luogo prima che sia troppo tardi e che influisca in maniera definitiva sulla sua psiche.
Il giovane così si trasferisce a Roma, dove però, dopo essersi illuso di poter cambiare vita, si adegua ben presto al clima ozioso (e anche vizioso) dei salotti buoni, intrecciando relazioni principalmente sessuali con Lilia, una donna dalla morale elastica e spregiudicata, che diverrà la sua amante prima di sposare un carabiniere,

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Ornella Muti, Giovanna la servetta

Paolo il caldo 2Marianne Comtell, la madre di Paolo e Riccardo Cucciolla,il padre

poi con una nobildonna, ancora con una sarta e infine con una ragazza appassionata di politica, di idee comuniste, la bella Ester. Alla lunga questo tipo di vita da gaudente trasforma Paolo in un essere sempre più lascivo e schiavo della lussuria, tanto da portarlo ad accompagnarsi con occasionali prostitute raccolte sui marciapiede.
Quella che ormai è divenuta una malattia sembra sul punto di poter essere fermata quando Paolo ritorna al suo paese in occasione della morte della madre. Qui incontra la nipote del farmacista Salvatore, una bella ragazza con sani principi e una vita morigerata.

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Giancarlo Giannini e Barbara Bach

Paolo la sposa, convinto che la donna possa rappresentare un’ancora di salvezza, illudendosi:ben presto il forte contrasto tra quella che è ormai una malattia per Paolo, la sua sensuale e incontrollabile lussuria e la morigerata morale della moglie esplode in un contrasto insanabile.
Caterina, la giovane sposa, lo abbandona; sul treno che la riporta in Sicilia legge una lettera del marito, con la quale quest’ultimo confessa di aver provato a cambiare vita accanto a lei, senza riuscirci.
Subito dopo aver accompagnato la moglie alla stazione, Paolo riprende il suo solitario giro in cerca di prostitute, conscio di essere ormai destinato ad una vita di solitudine, schiavo dei sensi e della lussuria.
Tratto da un romanzo incompiuto di Vitaliano Brancati, Paolo il caldo, diretto da Marco Vicario nel 1973, riprende nella maniera più fedele possibile le gesta del dissoluto nobile siciliano Paolo, ossessionato come la sua famiglia da una sensualità eccessiva e incontrollabile, che era poi uno dei temi di fondo del romanzo di Brancati.
Purtroppo ancora una volta la differenza tra un libro e la trasposizione cinematografica dà luogo ad un ibrido in cui gran parte delle atmosfere del romanzo stesso finiscono per perdersi; colpa della sintesi, quindi della necessità di condensare in due ore quello che un libro racconta in maniera molto più esaustiva.
Il solito problema quindi esistente tra la parola scritta e l’immagine, che riesce ad essere immediata, la dove però sarebbe necessaria maggiore profondità per dare spessore e comprensibilità ai personaggi.

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Intendiamoci, il film di Vicario è un buon prodotto, senza alcun dubbio; merito della grande prova di Giannini assolutamente superbo nel rendere il conflitto interiore che agita il giovane Paolo, quella necessità fisiologica e un po animale costituita da una sensualità incontrollabile e la ragione, spesso annichilita e asservita proprio ai sensi, che riescono ogni volta ad avere la meglio sulle buone intenzioni dell’uomo.
Il film di Vicario avrebbe avuto bisogno di illustrare meglio le vite e le psicologie dei personaggi, inquadrandoli nell’ottica di una Sicilia indolente e lussuriosa, pigra e sensuale proprio nella sua componente di maggior prestigio, quella nobiltà che Tomasi Di Lampedusa descrisse così bene nel Gattopardo.

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Gastone Moschin interpreta Edmondo Castorino, zio di Paolo

Viceversa, nel film, i tempi sono troppo stretti, con la fatale conseguenza che tutto risulta compresso, anche se alla fine qualcosa si riesce ad afferrarla; le atmosfere oziose e viziose di catania e di Roma appaiono in sottofondo, ma non in maniera tale da non poter essere percepite.
Il discorso qui si farebbe troppo complesso; Vicario punta principalmente sul personaggio Paolo, illustrandone il comportamento patologico e schizofrenico, condizionato da quell’istinto animale che porta il protagonista ad un satirismo malato, in cui ogni donna viene vista nell’esclusiva ottica del piacere che può produrre.
Non dimentichiamo che siamo nella prima metà del secolo scorso, con tutte le logiche storiche del periodo; sullo sfondo del racconto e quindi anche del film appaiono filtrate le prime lotte contadine e il declino della nobiltà, le rivendicazioni operaie e la miseria e via discorrendo.

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I personaggi che si avvicendano sullo schermo ben presto diventano un caleidoscopio; si va dal barone Castorni, un vecchio vizioso e prepotente allo zio Edmondo, che sembra quasi un clone del padre, arrogante, sessista e puttaniere, che non si farà scrupolo di sedurre ( o di essere sedotto) la vedova di suo fratello, anche lei donna preda dei sensi (memorabile la scena in cui Paolo vede suo zio e sua madre a letto assieme, quasi una conferma al ruolo fondamentale che assume nella sua famiglia la lussuria).

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C’è il padre di Paolo, unico contraltare “pulito” alla malattia di casa Castorino, un uomo che sceglie la morte ad un’esistenza oziosa e di mollezze a cui si sente condannato, e che cerca disperatamente in punto di morte di trasmettere al figlio un’idea diversa, quella di vivere una vita fuori dai condizionamenti dei sensi.
E ci sono poi tutti i personaggi di contorno che compariranno nella vita di Paolo; c’è Lilia, all’apparenza spregiudicata e moderna, che sceglierà poi un avvenire borghese e rassicurante, c’è Giovanna, serva opportunista che inizierà Paolo ai piaceri della carne, c’è Ester, comunista e femminista, che però alla fine si comporta come tutte le altre cedendo al richiamo dei sensi.

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Pilar Velasquez, Ester la comunista

In mezzo tante prostitute, tanti volti anonimi, compagne di un’ora o di una notte.
E c’è Caterina, la donna pulita, quella dai sani principi: la speranza, per Paolo, di poter sfuggire ad una logica spietata e ad una vita di mollezze.
Una speranza frustrata dall’abbandono della donna proprio nel momento in cui Paolo sta cercando disperatamente una via d’uscita alla vita vuota e desolante che conduce.
Un ritratto, in definitiva, abbastanza ben riuscito sia di un’epoca, sia di una società e maggiormente di un uomo che fa parte di entrambe, anche se vive una vita da fantasma.

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Angela Covello

Il romanzo di Brancati è ben più esaustivo, della cosa, ma bisogna accontentarsi; Vicario sfrutta molto bene il cast che organizza, un cast ricchissimo.
Nel film compaiono, oltre a Giannini, ottimi attori come Lionel Stander (forse il meno convincente) nel ruolo del patriarca Castorino, Gastone Moschin, bravissimo in quello del vizioso Edmondo, Vittorio Caprioli nel ruolo del farmacista, un intenso Riccardo Cucciolla in quello del padre di Paolo, Oreste Lionello (il pittore).

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Assolutamente irripetibile quello femminile, con una sfilza di brave attrici e sopratutto belle donne; si va da Rossanna Podestà (Lilia) a Marianne Comtell (la madre di Paolo), da una splendida Ornella Muti (la servetta Giovanna) a  Adriana Asti (Beatrice), da Pilar Velasquez (Ester) a Barbara Bach (la moglie di Salvatore il farmacista), per finire con Neda Arneric e con le bellissime e brave Orchidea De Santis, Femi Benussi e Angela Covello, alcune delle prostitute incontrate da Paolo nel suo cammino sulla strada della lussuria.

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Un buon film quindi, misteriosamente mai editato in dvd, ragione per la quale troverete i fotogrammi del film stesso di mediocre qualità.
Siamo alle solite, il discorso lo abbiamo già fatto:resta un mistero il perchè si siano editate autentiche porcherie e non film come questo che meriterebbero sicuramente una visione.

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Paolo il caldo, un film di Marco Vicario. Con Giancarlo Giannini, Adriana Asti, Riccardo Cucciolla, Rossana Podestà, Vittorio Caprioli, Ornella Muti, Gastone Moschin, Marianne Comtell, Mario Pisu, Attilio Dottesio, Andrea Aureli, Oreste Lionello, Bruno Scipioni, Umberto D’Orsi, Lionel Stander, Ugo Fangareggi, Femi Benussi, Eugene Walter, Pilar Velasquez, Angela Covello, Anna Melita, Roberta Paladini, Barbara Bach, Orchidea De Santis Commedia, durata 124 min. – Italia 1973.

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Giancarlo Giannini     …     Paolo Castorini
Rossana Podestà    …     Lilia
Riccardo Cucciolla    …     Padre Paolo
Lionel Stander    …                 Barone Castorini
Gastone Moschin    …      Edmondo Castorini
Adriana Asti    …     Beatrice
Marianne Comtell    …     Madre di Paolo
Vittorio Caprioli    …     Salvatore, il farmacista
Ornella Muti    …     Giovanna
Bruno Scipioni    …     Vincenzo Torrisi
Pilar Velázquez    …     Ester
Neda Arneric    …     Caterina moglie di Paolo
Barbara Bach    …     Moglie di Salvatore
Femi Benussi    …     Prostituta vestita di rosso
Enrica Bonaccorti    …     Mariella, l’amante di Vincenzo
Angela Covello    …     La ragazza dell’ultimo incontro
Orchidea de Santis    …     Prostituta
Dori Dorika    …     Sorella di  Paolo
Umberto D’Orsi    …     Il Marchese
Attilio Dottesio    …     Dottor Mondella
Jessica Dublin    …     Prostituta sulla strada
Ugo Fangareggi    …     Luigi Castorini
Oreste Lionello    …         Pittore
Mario Pisu    …     Lorenzo Banchieri
Eugene Walter    …     Jacomini

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Regia: Marco Vicario
Sceneggiatura: Marco Vicario dal romanzo di Vitaliano Brancati
Produzione:Alfonso Vicario
Musiche: Armando Trovajoli
Fotografia: Tonino Delli Colli
Scenografie: Flavio Mogherini
Costumi: Gabriella Pescucci

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“Seduto su questa terrazza, a due, a tre, o a dieci metri dalle donne che vedo,mi par di sentire, per un’allucinazione uditiva, il pulsare leggero della stupidità
in quelle fronti bianche delicatamente poggiate sugli archi dei sopraccigli;se spingo le cose più a fondo con un altro bicchiere di vino, posso assicurare
il mio lettore di aver percepito distintamente il rumore delle dieci sconclusionate parole che la vita fiacca e convenzionale fa dentro quei cervelli intanto che
le bocche sono mirabilmente immobili in un sorriso enigmatico”.

“Maiali! delinquenti!… sotto casa mia?… Andatelo a fare dalla troia di vostra madre… Li sparo, per quanto è vero Dio, li sparo…”

* Ci sono sofferenze che scavano nella persona come i buchi di un flauto, e la voce dello spirito ne esce melodiosa.
* L’anima è eterna, e quello che non fa oggi, può farlo domani.


* L’avvenire non è un probabile dono del ciclo, ma è reale, legato al presente come una sbarra di ferro, immersa nel buio, alla sua punta illuminata.


* La felicità è la ragione.


* Un uomo può avere due volte vent’anni, senz’averne quaranta.

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Vittorio Caprioli

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Ornella Muti

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Marianne Comtell 

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Rossana Podestà

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Pilar Velasquez

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Angela Covello

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Neda Arneric  

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Femi Benussi

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Orchidea De Santis

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ottobre 5, 2010 Pubblicato da: | Drammatico | , , , , , , , , , , , , , , | 1 commento

La mala ordina

La mala ordina locandina

Luca Canali è un magnaccia di piccolo cabotaggio, che vive ai margini della malavita organizzata.
Ha una moglie e una figlia, e vive separato dalla moglie che lavora come parrucchiera.
Gli accade di venir individuato, dal potente capo di una cosca mafiosa americana, come l’autore di un audace colpo ai danni della cosca stessa, depredata dei proventi di un traffico di droga per il valore di svariati miliardi di lire.

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Mario Adorf è Luca Canali

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Woody Strode è Frank Webster

L’uomo viene quindi braccato dai killer mandatigli contro dalla cosca, ma con abilità riesce a cavarsela, tanto che la cosca americana si affida ad una cosca locale quella comandata da don Vito Tresoldi per tentare di punire l’uomo.
Così inizia un’altra dura battaglia, senza esclusione di colpi; il mafioso fa uccidere la moglie e la figlia di Luca, che da quel momento giura vendetta.
E la compie, sterminando la gang del mafioso e uccidendo i due killer americani mandati dalla cosca statunitense.
Fernando Di Leo, dopo il capolavoro Milano calibro 9, prova a rinverdire i fasti del primo capitolo della trilogia del milieu, a cui appartiene questo La mala ordina ,

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Femi Benussi  è Nana

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ylva Koscina è Lucia Canali

diretto dal regista pugliese nel 1972, comprendente anche la parte finale, ovvero Il boss e affidando la parte del protagonista a Mario Adorf, già presente nel film precedente.
Lo fa imbastendo un noir ben dosato, in cui azione e ritmo non mancano; memorabile, ad esempio, la lunga sequenza dell’inseguimento di Luca Canali, appeso ad uno sportello di un furgone al guidatore del furgone stesso, chiuso dalla violenta scena in cui Luca sfonda a testate il parabrezza del mezzo.

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Forse, rispetto a Milano calibro 9, in La mala ordina c’è meno tensione, la sceneggiatura non è brillantissima e manca il personaggio di spicco di Ugo Piazza, sostituito questa volta da un malvivente di mezza tacca, Luca Canali, piccolo magnaccia che saprà districarsi dai guai in cui involontariamente finirà per cacciarsi; pur tuttavia il mestiere di Di Leo c’è tutto, e si materializza in scene davvero ben congegnate, come il citato inseguimento e sopratutto la parte finale, in cui Luca ha la sua vendetta in un cimitero di auto demolite, in cui uccide i due sicari americani.

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Luciana Paluzzi è Eva Lalli

Punto debole del film sono le interpretazioni; se da un lato c’è un ottimo Adorf, abilissimo nel tratteggiare la figura un pò guascona di Luca Canali, all’opposto troviamo un Henry Silva, nella parte di uno dei due gangster americani, impegnato a mostrare un quantomai inopportuno sorriso smagliante, assolutamente non indicato in un film che ha una forte vocazione noir.
Più aderente al personaggio invece è Woody Strode, legnoso e rigido ma quantomeno più credibile.
Le parti femminili sono affidate alle bellssime Luciana Paluzzi, Femi Benussi e Sylva Koscina; la prima se la cava dignitosamente nei panni dell’interprete dei due gangster, che troverà la morte nel convulso finale; Femi Benussi, un’autentica sicurezza, è al solito perfetta nel suo ruolo, che questa volta è quello di una prostituta amica e protetta di Luca.

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Adolfo Celi  è  Don Vito Tressoldi

Infine c’è Sylva Koscina, brava ma troppo elegante e fine per interpretare la moglie di Luca, il piccolo pappone che non ha certo una laurea o una cultura; la Koscina pur professionale, sembra davvero un elemento estraneo al film, con quella sua aria aristocratica inadatta al ruolo di parrucchiera e moglie di Luca.
Qualche errore di troppo, quindi, mascherato comunque dalla solita professionalità di Di Leo, un vero marchio di fabbrica.

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Un film comunque tra i migliori, nel suo genere; non a caso Tarantino lo cita spesso, assieme al resto della trilogia, tra i film che lo hanno impressionato e influenzato maggiormente.
Buone le musiche di Armando Trovajoli; tra le curiosità, la presenza di lara wendel nei panni della figlia di Luca Canali e il doppiaggio di Mario Adorf, affidato al compianto Stefano Satta Flores.

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La mala ordina, un film di Fernando Di Leo, con Mario Adorf, Henry Silva, Woody Strode, Adolfo Celi, Luciana Paluzzi, Franco Fabrizi, Femi Benussi, Gianni Macchia, Peter Berling, Francesca Romana Coluzzi, Cyril Cusack, Sylva Koscina, Jessica Dublin, Omero Capanna, Giuseppe Castellano, Giulio Baraghini, Andrea Scotti, Imelde Marani, Gilberto Galimberti, Franca Sciutto, Ulli Lommel, Vittorio Fanfoni, Giuliano Petrelli,  Pietro Ceccarelli, Pasquale Fasciano, Alberto Fogliani, Giovanni Cianfriglia, Guerrino,Lina Franchi,Lara Wendel

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La mala ordina banner personaggi

Mario Adorf     …     Luca Canali
Henry Silva    …     Dave Catania
Woody Strode    …     Frank Webster
Adolfo Celi    …     Don Vito Tressoldi
Luciana Paluzzi    …     Eva Lalli
Franco Fabrizi    …     Enrico Moroni
Femi Benussi    …     Nana
Gianni Macchia    …     Nicolo
Peter Berling    …     Damiano
Francesca Romana Coluzzi    …     Trini
Cyril Cusack    …     Corso
Sylva Koscina    …     Lucia Canali
Jessica Dublin    …     Miss Kenneth
Omero Capanna    …     Vito’s Goon
Giuseppe Castellano    …     Garagaz
Giulio Baraghini     …     Gustovino
Andrea Scotti    …     Garo
Gilberto Galimberti    …     Vito’s Goon
Franca Sciutto    …     Ballerina
Ulli Lommel    …     Ballerina
Vittorio Fanfoni    …     Uomo di don Vito
Giuliano Petrelli    …     Uomo di don Vito
Pietro Ceccarelli    …     Uomo di don Vito
Pasquale Fasciano    …     Uomo di don Vito

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Regia: Fernando Di Leo
Sceneggiatura: Fernando Di Leo, Augusto Finocchi
Prodotto da: Armando Novelli     .
Musiche: Armando Trovajoli
Effetti speciali: Basilio Patriz
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“Adorfiano ed alterno. Adorf supera se stesso di Milano Calibro 9. Il film no, per snodi di trama assai meno logici rispetto a MC9, che si perdonano perché Adorf è fantastico, la fotografia è un gioiello etc. Si trovano temi presenti nell’opera di Di Leo: le cose che altrove funzionano, pure qui lo fanno egregiamente, mentre ciò che altrove non convince, non convince neppure qui (il mondo giovanile poi ripreso in Avere vent’anni). Inoltre la Dublin non strappa manco un sorriso, analogo risultato del tremendo Colpo in canna.

Tra i migliori esempi di film di genere italiano, ed ottimo esempio di noir, è anche una delle opere migliori di Fernando Di Leo. Girato con grande ritmo non appare mai patinato e artefatto, ma sempre efficacemente realista e spietato, con sequenze d’azione che, sebbene a volte siano un po’ “forzate”, appaiono sempre efficacissime. Ottima la prova del cast (specie del bravo Mario Adorf), così come la colonna sonora.

Il modesto macrò Luca Canali (Adorf) viene utilizzato come capro espiatorio dal padrino Don Vito Tressoldi (Adolfo Celi): a lui è attribuita la mancata consegna di un carico di droga pari a 3 miliardi delle vecchie lire. L’americano Corso (Cyril Cusack), che ha subìto il contraccolpo economico, invia due killer con lo scopo di dare una vistosa lezione al protettore, in colpa di defezione. Eccezionale noir, ispirato alla larga da Scerbanenco, ma frutto d’una sceneggiatura puramente ascrivibile al grande Di Leo (Ingo Hermes è imposto dalla co-produzione tedesca). Adorf domina e buca lo schermo.

Molto convincente Mario Adorf, nel ruolo di un pappone milanese un po’ sbruffone, che viene incastrato dal boss locale. Il film si trasforma quasi subito in una caccia all’uomo, soprattutto quando arrivano i due sicari per eliminare Canali (Adorf). Bravo il protagonista a costruire il personaggio, che da omuncolo dalla lingua lunga si trasforma in vendicatore, quando viene attaccato negli affetti più cari. Nessuna morale. Il boss difenderà nome e credibilità a tutti i costi. Da vedere.

Altro potente capitolo del noir italiano, che rispetto a MC9 appare meno cupo e tragico e più essenziale, lineare ed immediato. L’immenso Adorf tratteggia un macrò leale con gli amici, tenero con la sua famiglia, ma spietato con gli avversari, che vengono abbattuti dalla furia delle sue testate vendicatrici. Silva è insolitamente plastico, esuberante e parolaio e cede la sua granitica impassibilità al collega Strode. Scelta ottimale di volti (Cusack. Celi, Paluzzi, Coluzzi, Fabrizi, Berling…) e attori-stuntmen (Capanna, Galimberti).

Storia di un piccolo macrò della mala milanese che si ritrova braccato da due spietati killer americani senza un motivo apparente… Di Leo, autore anche del soggetto, è bravo nel descrivere con cura la disperata deriva di un uomo finito in un ingranaggio più grosso di lui, gira scene d’azione di tutto rispetto e tratteggia con cura anche i personaggi secondari. Se aggiungiamo l’interpretazione di un eccellente Mario Adorf, credo di aver reso l’idea di un grande film, senz’altro tra i migliori del regista pugliese.

Grandissimo film di Di Leo che ci regala uno dei più straordinari noir italiani di sempre. Livido, violento e spietato come pochi altri e per questo degno di autori più quotati come Don Siegl e Melville. Sceneggiatura tesa e vibrante. Musiche di Trovatoli che si fondono efficacemente con le immagini. Maestosa la prova di Adorf che ci regala uno splendido personaggio ed un finale assolutamente memorabile.

Una partita di eroina rubata, un pesce piccolo a cui addossare la colpa, una vendetta cieca e rabbiosa. Tutti elementi noti al genere noir, che Di Leo usa con mestiere confezionando un altro film “scerbanenchiano” dopo Milano Calibro 9  (curiosamente, quello è il titolo del racconto da cui viene l’idea di partenza del film). Meno intenso e più fiammeggiante, mette in prima linea un grande Mario Adorf, pappone con una sua dignità che non accetta compromessi e si fa giustizia da solo. Qualche tributo al gusto pop dell’epoca. Il finale è eccessivo “


 

 

 

 

 

 

giugno 30, 2010 Pubblicato da: | Drammatico | , , , , , , , , , , , , | 6 commenti

Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile

Rivelazioni di un maniaco locandina

Una serie di assassini, un ispettore chiamato a risolvere l’enigma.
Un plot classico, che più classico non si può; si inizia con la morte di alcune belle donne, sposate ai notabili della città, accanto ai cadaveri delle quali vengono rinvenute delle foto.
Sono immagini ovviamente di amanti delle donne, ma presentano una particolarità: i volti degli uomini sono stati rimossi, ovviamente per nascondere la loro identità.
L’ispettore Capuano è incaricato delle indagini, che si presentano subito difficili per i nomi coinvolti; a lui si affianca l’anatomo patologo Casali , che si rivela una preziosa fonte di informazioni per capire come sono morte le donne e la maniera in cui ha operato l’assassino.

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Cercando di non pestare i piedi a nessuno, Capuano indaga, prendendo anche delle cantonate, come quella che lo vede sospettare dell’addetto alla ricucitura dei cadaveri.
Ma poco alla volta il caso si sbroglia, fino ad un finale assolutamente a sorpresa.
Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile, film del 1972 diretto da Roberto Bianchi Montero rivela da subito la scarsa attitudine del regista per il genere thriller;

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Krista Nell   è Renata

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Sylva Koscina è Barbara Capuana

la trama è abbastanza intricata ma anche maldestramente svolta, tanto che in alcuni punti si fa fatica a seguire i guizzi del regista, che sembra privilegiare più l’aspetto prettamente estetico che quello cinematografico.
Si assiste, difatti, ad una parata di morte assassinate generalmente in desabillè, cosa che la dice lunga sulle intenzioni del regista.
La trama resta abbastanza nell’oscurità, spiazzando lo spettatore, che si riavrà solo sul finale, quando il tutto giungerà alla conclusione, in maniera peraltro ben congegnata.

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Susan Scott (Nieves Navarro) è Lilly

Debitore as usual del solito Argento, Bianchi Montero punta tutto su una certa latente tensione, sul cast di starlette che popola il film e su un robusto contributo sonoro del grande Gaslini; se la ricetta non funziona appieno è perchè manca uno degli ingredienti fondamentali, ovvero una suspence tirata, di quelle che inchiodano lo spettatore alla poltrona.
Manca anche nerbo nella recitazione, sopratutto da parte di Farley Granger, imperturbabile e azzimato nei panni dell’ispettore Capuano; Chris Avram se la cava meglio, così come una sicurezza è Luciano rossi, questa volta delegato nella parte decisamente antipatica di un becchino addetto all’estetica dei cadaveri, che ovviamente diventa il sospettato numero uno.

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Femi Benussi e Luciano Rossi

Ma lo spettatore scafato, quello che ama il genere thriller, non si lascia depistare da un si facile indizio, e cerca ovviamente altre soluzioni; la troverà in un finale un tantino tirato per i capelli, ma tutto sommato abbastanza originale.
Se il modus operandi dell’assassino sembra schematicamente compresso, con le morti che avvengono tutte nello stesso modo e che sembrano ricalcare il clichè della punizione delle adultere, la solita immancabile eliminazione del vizio, a salvare la braca pericolosamente inclinata arriva proprio il finale e sopratutto la curiosità di vedere la parata di belle attrici alle prese con il misterioso maniaco.

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Annabella Incontrera è Franca

Il cast, come accennatto, presenta una parata di bellezze di primo piano; Annabella Incontrera, Sylva Koscina, Krista Nell, Femi Benussi, Susan Scott, Angela Covello sono decisamente tutte belle, sexy e affascinanti.
E sono anche abbastanza spogliate, il che induce a qualche malizioso pensierino sulle finalità del film di Montero.
Ma, in definitiva, è un film che può essere visto senza annoiarsi troppo, con qualche bel colpo a patto però di non aspettarsi un thriller mozzafiato

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Angela Covello è Bettina

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Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile, un film di Roberto Bianchi Montero. Con Annabella Incontrera, Sylva Koscina, Silvano Tranquilli, Farley Granger, Susan Scott, Philippe Hersent, Andrea Scotti, Ivano Staccioli, Sandro Pizzorro, Benito Stefanelli, Krista Nell, Femi Benussi, Bruno Boschetti, Jessica Dublin, Chris Avram, Fabrizio Moresco, Angela Covello, Luciano Rossi
Poliziesco/Thriller, durata 91 min. – Italia 1972.

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Rivelazioni di un maniaco banner protagonisti

Farley Granger     …     Ispettore Capuana
Sylva Koscina    …     Barbara Capuana
Silvano Tranquilli    …     Paolo Santangeli
Annabella Incontrera    …     Franca Santangeli
Chris Avram    …     Professor Casali
Femi Benussi    …     Serena
Krista Nell    …     Renata
Angela Covello    …     Bettina Santangeli
Fabrizio Moresco    …     Piero
Irene Pollmer    …     Giannina
Luciano Rossi    …     Gastone
Jessica Dublin    …     Rossella
Philippe Hersent    …      Questore
Nieves Navarro    …     Lilly
Bruno Boschetti    …     Poliziotto

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Regia: Roberto Bianchi Montero
Sceneggiatura: Luigi Angelo
Produzione: Angelo Faccenna, Eugenio Florimonte,Mario Pellegrino
Musiche: Giorgio Gaslini
Costumi: Oscar Capponi
Editing: Rolando Salvatori
Effetti: Vitantonio Ricci
Costumi: Lidia Maniero


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“Giallino italico con trama quasi inesistente e qualche trovatina (mega-citazione dal baviano Sei donne…, il sangue dalla scala a chiocciola, l’inanità del testimone del delitto finale…). Povero il contorno (risibili l’omicidio della Benussi e la lentezza del commissario nel far partire il registratore) e recitazioni appena sufficienti (il regista amava il “buona la prima”). L’amore per il genere, per il decennio e per il superbo gineceo spingerebbero almeno verso la risicata sufficienza: la razionalità, invece, dice uno e mezzo.

La trama è scritta un tanto al chilo, ma quello che rende interessante il film di Montero è – oltre all’impatto scenico cagionato dalla presenza (inusuale) di un elevato numero di fascinose attrici (in ruolo di apòstate) – la solida mano di un regista abituato a realizzare, con professionalità (ed accortezza scenica, con riguardo per la buona fotografia) pellicole di svariati generi. Se l’influenza di Argento si fa sentire, bisogna però segnalare che Montero anticipa l’utilizzo di un grande compositore musicale (Giorgio Gaslini) indòtto a comporre un tema à la Morricone.

Tipico giallo anni Settanta, unisce l’estetica di Bava e la meccanica di Argento (modalità degli omicidi e particolare rivelatore) a un sottotesto maschilista e moralista. La suspense scarseggia, essendo schiacciata dall’incontenibile pressione erotica delle attrici più in voga del momento nel cinema di genere (Koscina, Benussi, Scott, Nell, Incontrera), tutte artisticamente spogliate; c’è anche la giovanissima Covello, unica donna dal ruolo innocente e pudico. Reminescenze hitchcokiane nel beffardo finale.

Giallo girato in economia ma non disprezzabile. Si accumulano omicidi ed ovviamente si pensa bene di fornire al pubblico qualche facile sospettato su un piatto d’argento (un cinico avvocato, un medico pazzo col ghigno del grande Luciano Rossi…) solo per arrivare alla sorpresa finale. Da gustarsi più con la pancia che non col cervello, in ogni caso. Notevole il cast femminile, con nudi a ripetizione.

Risibile thrillerino all’italiana in cui un feroce assassino si diverte ad uccidere donne fedifraghe. Perché? Pare che neanche gli sceneggiatori avessero le idee chiare in proposito, tanto che hanno dato vita ad un plot piuttosto confuso e farraginoso che non coinvolge quasi mai lo spettatore e che si fa notare solo per il finale beffardo ed intriso di umorismo. Per il resto c’è davvero poco da stare allegri.

Ottimo giallo italiano con un cast femminile strepitoso. In quale film possiamo trovare la Koscina, la Scott, la Neill, la Benussi, la Incontrera… Anche il cast maschile è ottimo: Granger, Avram e soci (una gioia per gli occhi del fan degli Anni Settanta). Buone le musiche, i delitti molto sanguinosi, il finale beffardo (un pochino traballante nella soluzione, ma ottimo). Irresistibile, almeno dal mio punto di vista.

Piacevole thriller argentiano con qualche venatura poliziesca. Discreta la regia e curiosamente insistiti i dettagli gore (mai splatter però) e le scene di nudo (integrale quello di Susan Scott). La storia non è nulla di eccezionale, con qualche lentezza e un po’ troppi riferimenti ad Argento, ma bene o male regge fino alla fine. Ottimo il protagonista Farley Granger, bravo Silvano Tranquilli, notevole il cast femminile. Nulla di eccezionale le musiche di Gaslini. Sorprendente l’omicidio sulla spiaggia.

Tra i vari spin-off italici dell’Argento prima maniera, spicca questo giallo dal titolo assai bizzarro (e logorroico). In realtà, a parte un cast rispettabile che mette insieme molte starlette dell’epoca, il film non presenta grandi motivi d’interesse: la sceneggiatura è appena sufficiente, il ritmo latita, la tensione è pari a zero, le scene cruente sono poche e mal realizzate. Tra i pro invece segnalo le belle musiche di Gaslini e il finale spietato, che mette sullo stesso piano buoni e cattivi. Si denota un fondo misogino e anti-borghese.

Il commissario col baffetto azzimato che risolve il caso senza scomporsi: c’è. Alcune sequenze importanti come l’omicidio sulla spiaggia o il finale con fotogrammi sovraimposti: ci sono. Bellezze discinte: non mancano, anzi abbondano. Il sospettato numero uno, un platinatissimo necrofilo che alla fine è innocente: presente. La colonna sonora evocativa e stucchevole: non poteva mancare. Insomma, gli ingredienti che hanno fatto grande il giallo italiano ci sono tutti, ma da metà pellicola causa inedia diffusa, è la voglia di arrivare alla fine, che mi mancava.”


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giugno 23, 2010 Pubblicato da: | Thriller | , , , , , | 1 commento

Le belve

Le belve locandina

Le belve banner

Le belve è un film strutturato in 8 episodi, che ricorda il celebre I mostri diretto da Dino Risi nel 1963.
-Primo episodio, Il salvatore
Mentre sta passando per una stradina, un cronista tv si imbatte in un tentativo di suicidio di un uomo, che minaccia di lanciarsi nel vuoto da un cornicione.
Dopo essere salito nell’appartamento dell’aspirante suicida, il cronista riesce a speculare sul fatto rinviando il più possibile l’attimo del gesto fatale non per aiutare il disgraziato, ma per biechi motivi di audience.

Le belve 1
Françoise Prévost   è Clara Borsetti

Le belve 2Helga Linè, la moglie del fachiro e Lando Buzzanca

La voce del sangue
Borsetti,un imprenditore cerca in tutti i modi di ottenere un appalto, promettendo al committente di ricompensarlo facendogli godere ancora una volta delle grazie della moglie Clara. Ma Borsetti ha fatto male i conti, perchè l’uomo che deve dargli l’appalto è stanco di incontrare sempre Clara. Così i due coniugi arrivano a far prostituire la figlia.
Il fachiro
Un fachiro italianissimo si esibisce in spettacoli al limite dell’umano; è costretto a ciò per mantenere la sterminata famiglia della moglie, che beve e mangia alle sue spalle; pur di ottenere visibilità durante i suoi spettacoli, il povero fachiro si spinge sempre più in la…….

Le belve 3
Maria Baxa, una moglie perfetta?

Una bella famiglia
Una bella famiglia, una bella casa. Lui sembra un marito gentile e premuroso che accompagna la moglie al lavoro; ma ben presto vediamo di che lavoro si tratta.
Infatti l’uomo fa scendere la moglie dall’auto, le accende una sigaretta, mentre lei si avvia verso un lampione con minigonna e tacchi a spillo.

Le belve 4
Margaret Lee è Judy

Il caso Apposito
La miglior difesa è l’attacco; è il motto di un manager, che quando vede avvicinarsi il rischio che un’ispezione metta a nudo le sue magagne, non esita a ricattare tutti, usando anche la corruzione.
L’ultimo degli ispettori finirà addirittura suicida
Il cincillà
Con un espediente, il rampollo di un industriale che alleva polli, grazie alla complicità di una donna che presenta come la sua fidanzata, riesce a estorcere una grossa somma di denaro al padre.
Il chirurgo
Vendetta di un chirurgo che aveva subito un’ispezione nel suo ospedale.

Le belve 5

Le belve 15
Femi Benussi  è Concetta Sparapaoli

Processo a porte chiuse
Babbaluni, un contadino zotico e ignorante, è accusato da tre belle sorelle di aver abusato di loro mettendole incinta.
Attraverso un’abile strategia difensiva, l’uomo riesce a capovolgere le accuse, finendo per diventare la vittima delle tre donne e ottenendo la loro condanna.
Protagonista assoluto degli otto episodi è Lando Buzzanca, che passa agevolmente dai panni del reporter privo di scrupoli a quelli del contadino scarpe grosse e cervello fino, passando per altri sei personaggi caratterizzati dall’assenza totale di scrupoli.
Le belve, girato nel 1971 dal regista Giovanni Grimaldi, sfruttando una sceneggiatura di Bruno Corbucci alla quale collabora lo stesso regista, è una copia poco più che sfuocata del ben più corrosivo iI mostri, citato all’inizio.
A parte l’episodio iniziale, quello del cronista avvoltoio e quello finale, il più lungo che riesce a strappare qualche sorriso, il film resta abbastanza anonimo nello svolgimento, a causa della scarsa incisività degli episodi.

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Annabella Incontrera è Carmela Sparapaoli

Nuoce al film stesso, paradossalmente, proprio la presenza di Buzzanca, che pure è bravo, ma che non riesce a staccarsi dall’effetto macchietta che è cucito su di lui come una seconda pelle.
L’episodio assolutamente trascurabile è quello dedicato alla famiglia modello, svolto in maniera frettolosa e che avrebbe potuto avere ben altro svolgimento.

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Ira von Fürstenberg  è Filomena Sparapaoli

Il cast è di quelli da ricordare, con la presenza contemporanea di Tino Carraro e di Claudio Gora, e delle bellissime Femi Benussi, Helga Linè, Ira Furstemberg, Annabella Incontrera, Maria Baxa, Francoise Prevost,Magali Noel ,Margaret Lee, oltre alla solita grande Paola Borboni.
Ma il resto rimane abbastanza soporifero, e se il tentativo era quello di strappare qualche sorriso amaro o qualche sorriso divertito, tutto annaspa nella banalità e nella mediocrità, lasciando alla fine una vera sensazione di vuoto.

Le belve, un film di Giovanni Grimaldi, con Lando Buzzanca,  Tino Carraro, Claudio Gora, Femi Benussi, Helga Linè, Ira Furstemberg, Margaret Lee, Annabella Incontrera, Maria Baxa, Francoise Prevost, Paola Borboni.Magali Noel, Commedia Italia 1971

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Le belve banner protagonisti

Lando Buzzanca     …     Il Salvatore / Morsetti / Il fachiro / Il marito /ecc.
Ira von Fürstenberg    …     Filomena Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Femi Benussi    …     Concetta Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Paola Borboni    …     Madre del fachiro ( “Il fachiro”)
Magali Noël    …     Lisa ( “Il cincillà”)
Margaret Lee    …     Judy ( “Il cincillà”)
María Baxa    …     La moglie ( “Una bella famiglia”)
Françoise Prévost    …     Clara Borsetti ( “La voce del sangue”)
Tino Carraro    …     L’imprenditore ( “La voce del sangue”)
Claudio Gora    …     Giulio Bianchi ( “Il caso Apposito”)
Annabella Incontrera    …     Carmela Sparapaoli ( “Processo a porte chiuse”)
Mario Maranzana    …     Avv. Maranzana ( “Processo a porte chiuse”)
Helga Liné    …     Moglie del  fachiro ( “Il fachiro”)
Philippe Hersent    …     Placido ( “Il cincillà)
Nino Terzo    …     Orazio ( “Il salvatore”)
Empedocle Buzzanca     …     Cav. Apposito ( “Il caso Apposito”)
Vittorio Fanfoni    …     Assistent del fachiro ( “Il fachiro”)
Renato Malavasi    …     Prete ( “Il salvatore”)
Carla Mancini    …     ‘Picculina’ Sparapaoli
Giovanni Nuvoletti    … Il giudice ( “Processo a porte chiuse”)
Franco Ressel    …     Attorney ( “Processo a porte chiuse”)
Alfredo Rizzo    …     Dott. Apposito ( “Il caso Apposito”)

Le belve banner cast

Regia Giovanni Grimaldi
Soggetto Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Sceneggiatura Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci
Produttore Lello Luzi
Casa di produzione Medusa film
Fotografia Gastone Di Giovanni
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Nino Fidenco
Scenografia Aldo Marini
Costumi Giulia Mafai
Trucco Giulio Natalucci

giugno 19, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , , , , , , , , , , | 2 commenti

Carnalità

Carnalità locandina

Delitto e castigo in (abbondante) salsa erotica.
Un conte, ricco di nobiltà e di avito castello è costretto a cedere sotto il peso dei propri debiti; così le sue proprietà passano nelle mani dell’avido e allupato professor Lucini,misteriosamente insignito di pomposo titolo, visto che in realtà nel film  è un imprenditore con un metro di pelo sullo stomaco.
Licini ha una moglie ammalata gravemente (che lui spinge ancor più verso la morte avvelenandola quotidianamente) e un’amante, Anna, l’infermiera che dovrebbe curare sua moglie.

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Carnalità 1
Femi Benussi, l’infermiera Anna

Un giorno, mentre è a pesca, conosce una bella e biondissima sconosciuta, con la quale intreccia una relazione.
I due, da quel momento, passano gran parte del loro tempo a copulare in ogni posto e ad ogni occasione utile, con tanto di gelosia della infelice Anna, che si vede tradita anche con la cameriera.
Ma il surmenage erotico sarà fatale all’uomo; dopo la morte della moglie, toccherà a lui lasciarci le penne, in un modo, però, che molti invidieranno.

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Finale con sorpresina, annunciata e poco probabile.
Thriller? Macchè.
Carnalità, girato nel 1974, è il classico film erotico mascherato in qualche modo da giallo/thriller; mascherato male, però, perchè dopo un quarto d’ora di film si capisce dove il tutto andrà a parare.

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Erna Schurer

Il tempo che basta per vedere qualche torrida scena erotica tra i due improbabili amanti, ovvero Anna e il professore; che la danno addosso di brutto, ma non come la coppia professore/biondina, che si scatenerà in un tourbillon di imprese erotiche, passando dal comodo e tradizionale letto agli stipiti di una porta, al tavolo della cucina ovviamente ingombro di stoviglie fino allo studio dell’esimio professore.
Banale oltremodo, Carnalità diretto da Alfredo Rizzo presenta come unico elemento di rilievo la bella Femi Benussi, questa volta alle prese con un personaggio davvero scabroso.

Carnalità 3

Carnalità 4

La splendida attrice quindi recita spesso in costume adamitico, ed è davvero un bel vedere.
L’altra protagonista è l’efebica Erna Schurer, da molti considerata un cult, che personalmente trovo inespressiva come una triglia e sexy come un ghiacciolo.
Poichè de gustibus non est disputandum, non vi resta che immergervi nell’atmosfera di questo film, godendovi tra l’altro la bella Sonia Viviani in topless en plein air, godendovi una trama prevedibile e annunciata, interpretazioni al limite del dilettantismo e poco altro.

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La location è quella del castello Odescalchi di Santa Marinella, almeno nella parte finale del film, un’occasione per godere quanto meno di una delle italiche bellezze.
Le altre italiche bellezze, la Viviani e la Benussi, valgono l’intero film.
Carnalità, un film di Alfredo Rizzo, con Femi Benussi, Pupo De Luca, Mario Pisu, Carlo Rizzo, Erna Schürer, Jacques Stany, Lea Gargano, Sonia Viviani Giallo erotico, Italia 1974

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Carnalità protagonisti

Femi Benussi-Anna

Erna Schurer-Roberta

Carnalità cast

 

Regia Alfredo Rizzo
Sceneggiatura Alfredo Rizzo,Carlo Keo
Produzione: Goffredo Matassi
Musiche: Carlo Savina
Montaggio:Piera Bruni
Fotografia:Aldo Greci

giugno 18, 2010 Pubblicato da: | Erotico | , , , | Lascia un commento

L’assassino è costretto a uccidere ancora

L'assassino è costretto ad uccidere ancora locandina

Giorgio è un architetto che se la spassa con le donne grazie all’aiuto finanziario della moglie, ricchissima;  l’uomo, che ha un disperato bisogno di soldi, principalmente dal suocero, ha debiti rilevanti, ma nonostante tutto non riesce a tenere in piedi il rapporto con Norma, sua moglie.

L'assassino è costretto ad uccidere ancora 1
Tere Velázquez è Norma Mainardi

Ad aiutarlo arriva un fatto casuale e imprevisto; assiste all’affondamento di un’auto da parte di un uomo, che in riva al mare tenta di sbarazzarsi del corpo di una donna.
Lo avvicina e inizia a ricattarlo; non dirà nulla se l’uomo ucciderà sua moglie, mentre lui sarà lontano costruendosi un alibi di ferro.

L'assassino è costretto ad uccidere ancora 2

Così avviene, ma il caso ci mette lo zampino; mentre il killer uccide Norma, due ragazzi, Luca e Laura rubano, per fare una bravata, l’auto del killer stesso, che da quel momento si mette sulle loro tracce.
Nel frattempo l’ispettore incaricato delle indagini, poco convinto dalle incongruenze rilevate sulla scena del delitto, inizia a sospettare che le cose siano andate ben diversamente da come appaiono.

L'assassino è costretto ad uccidere ancora 3
George Hilton è Giorgio

Il killer raggiunge intanto i due ragazzi, che sono andati in un casa vicino al mare; qui l’uomo uccide dapprima una donna che aveva avuto un fugace rapporto con il giovane e subito dopo violenta la compagna di quest’ultimo, Laura, che però riesce a liberarsi e a uccidere il killer.
I due tornano a casa,raccontando l’accaduto; l’ispettore, ormai convinto della colpevolezza di Giorgio, gli tende una trappola….

L'assassino è costretto ad uccidere ancora 5

L’assassino è costretto a uccidere ancora, film del 1975 diretto da Luigi Cozzi, non si segnala per nessuna dote particolare, pur non essendo un pessimo film.
Siamo nel periodo d’oro del thriller all’italiana, e in questo film troviamo in pratica tutti gli elementi caratteristici del genere, incluse morti violente, killer psicopatico, violenza carnale ecc.

L'assassino è costretto ad uccidere ancora 6

Ma Cozzi non riesce a sollevare il film dalla mediocrità, vuoi per la trama molto improbabile, vuoi per la lentezza stessa del film, che non presenta mai colpi di genio; al contrario, molti espedienti narrativi risultano artificiosi, così come i dialoghi appaiono decisamente noiosi.

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L'assassino è costretto ad uccidere ancora 13
Femi Benussi

Il regista prende spunti un po da Lenzi un po da Argento, ma non ci mette niente di suo; l’unico espediente interessante è l’accendino che Giorgio recupera dal killer, che però risulterà fatale nello sviluppo della storia.
Gli attori quanto meno se la cavano discretamente; fra loro vanno segnalati la splendida Benussi, insolitamente bionda e Cristina Galbò, che interpreta la giovane Laura, sprovveduta e un tantino oca, che guarda caso si rivelerà però colei che dipanerà la matassa.
Tra gli uomini, mediocre Hilton, nei panni di Giorgio, mentre sulla sufficienza sia Alessio Orano che Michel Antoine.

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Cristina Galbò, Laura e Alessio Orano, Luca

L’assassino è costretto a uccidere ancora, un film di Luigi Cozzi. Con George Hilton, Femi Benussi, Alessio Orano, Eduardo Fajardo, Teresa Velasquez,Carla Mancini, Cristina Galbò
Thriller, durata 98 min. – Italia 1975

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George Hilton     …     Giorgio Mainardi
Antoine Saint-John    Il Killer (come Michel Antoine)
Femi Benussi    …     Dizzy Blonde
Cristina Galbó    …     Laura
Eduardo Fajardo    …     Ispettore di polizia
Tere Velázquez    …     Norma Mainardi
Alessio Orano    …     Luca

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marzo 23, 2010 Pubblicato da: | Thriller | , , | 2 commenti

Cara dolce nipote

Cara dolce nipote locandina

Il cavalier Corrado è il vedovo inconsolabile della bellissima Laura; vive nel ricordo della donna, conservandone gelosamente anche i vestiti ed evitando di frequentare persone di sesso femminile.
Il suo personale microcosmo entra in crisi con l’arrivo della bella e disinibita Daniela, che con le sue forme, ma sopratutto con la sua malizia, crea forti turbamenti nello zio.

Cara dolce nipote 1

Ursula Heinle

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Femi Benussi

La ragazza ben presto viene spiata da Corrado, ma non solo; suscita l’interesse di Franco, un semplice addetto all’aeroporto che si spaccerà, con la ragazza, per un pilota a caccia di gonne, un maturo e raffinato don Giovanni che beve champagne.
L’uomo, che tenta subito di agganciare la ragazza, non è altro che un tipo qualsiasi, che ottiene gli nici successi in campo amoroso con la procace cameriera di Corrado, la bella Marietta; per conquistare Daniela, usa una bambola gonfiabile e voci registrate per dare a intendere la sua abilità di conquistatore.
Nel frattempo Corrado è sempre più turbato dalla nipotina, che dal canto suo, non disdegna di mostrarsi nuda sotto la doccia, e in atteggiamenti ammiccanti.

Cara dolce nipote 2

Cara dolce nipote 3

La ragazza, con il suo comportamento disinibito, crea anche qualche imbarazzo al maturo zio, che è costretto ad intervenire per proteggerla, come quando Daniela finisce in un party a base di droghe.
Alla fine, la ragazza, stufa del comportamento dello zio, sempre ossessionato dal ricordo di Laura, che in effetti non era un modello di serietà matrimoniale, come confesserà l’uomo alla ragazza, finisce per prendere in mano la situazione, portando via dalla casa dello zio tutti i vestiti della defunta, eliminando così alla radice il feticcio che costringeva Corrado a non guardare le altre donne.

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Femi Benussi

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Ursula Heinle

Così a Corrado e Franco non resta altro da fare che consolarsi con la disponibile Marietta, mentre Daniela va via con un pilota che la corteggiava.
Cara dolce nipote è un tentativo di creare una commedia che ricalchi i qualche modo la trama di Malizia, coniugandola con quella di Grazie zia e di tanti altri B movie che popolarono il cinema italiano degli anni settanta.
Una commediola senza pretese, anche garbata se vogliamo, perchè l’elemento erotico è limitato solo alla visione delle belle nudità della sconosciutissima Ursula Heinle, rimasta tale anche dopo il film, visto che dopo l’esperienza con questo film scomparve nel nulla. L’altra protagonista è la bella Femi Benussi, che nel 1977, data di uscita del film, aveva 32 anni ed era nel pieno della bellezza e della maturità.

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Il regista, Andrea Bianchi, specialista in commedie a sfondo sexy (ricordiamo per esempio La moglie siciliana e La moglie di mio padre) se la cava senza imbarazzi, pur nell’estrema limitatezza di una sceneggiatura molto semplice.
Il film è gradevole, niente di più: mancano le scurrilità tipiche dei prodotti di fine anni settanta, non ci sono le solite scene di sesso simulato, ci sono solo le rotondità della Heinle e quelle ridottissime della Benussi , quattro qttori, o megli cinque, contando la figura marginale del pilota con cui va via la ragazza e nient’altro.
Onestamente fare di più con un cast risicato e senza soldi era davvero sperare troppo
Il film è girato tra Milano e Sesto San Giovanni.

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Cara dolce nipote, un film di Andrea Bianchi. Con Femi Benussi, Lucio Flauto, Ursula Heinle, Francesco Parisi Erotico, durata 90 min. – Italia 1976.

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Cara dolce nipote banner protagonisti

Ursula Heinle … Daniela
Femi Benussi … Marietta
Francesco Parisi … Franco
Lucio Flauto … Corrado

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Regia Andrea Bianchi
Sceneggiatura Piero Regnoli
Produzione Gabriele Crisanti,Vincenzo Genesi,Giuliano Simonetti
Musiche Elsio Mancuso
Fotografia Franco Villa
Montaggio Mariano Arditi

gennaio 19, 2010 Pubblicato da: | Commedia | , , | Lascia un commento

Il prode Anselmo e il suo scudiero

Il prode Anselmo e il suo scudiero locandina

Anselmo di Montebello, definito prode per arcani motivi, disputa una singolar tenzone con il cavaliere teutonico Ottone; grazie ad un volgare trucco, messo in scena da suo zio il Vescovo, batte il povero tedesco e si prepara a viaggiare in direzione di Roma, dove è incaricato di portare la mano sinistra del santo Mancinello.

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Alighiero Noschese è il prode Anselmo

Al termine della missione, potrà quindi partire come crociato per la Terrasanta e impalmare la bellissima Leonzia, nipote del vescovo e sua promessa sposa. Ma Ottone capisce l’inganno in cui è caduto e vuole vendicarsi di Anselmo. Il prode in realtà altro non è che uno sbruffone bigotto, si traveste da contadino e accompagnato dallo zio e dalla bella Leonzia, entrambi travestiti da contadini, fuggono verso Roma.

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Marie Sophie è Leonzia

Si rifugiano, per la notte, presso Gianpuccio Senzaterra, un villico furbissimo quanto squattrinato; qui il giovane seduce la bella Leonzia, ma deve fare i conti con il furibondo Ottone. Con una beffa, lo rende cieco da un occhio, scappa con Anselmo che deve dividersi dalla sua promessa sposa e da suo zio.

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Enrico Montesano è Gianpuccio Senzaterra

Inizia cosi una caccia assolutamente irresistibile condotta da Ottone con i due occasionali compagni di viaggio a fare da lepre. Durante la fuga, Anselmo e il suo scudiero si imbattono in Frà Prosdocimo Zatterin da’ San Donà di Piave, un religioso dedito ad uno strano mestiere, quello del castratore, che ha già sperimentato sul suo compagno di viaggio. Dopo una notte passata in un cimitero, in cui i due compagni si imbattono in uno strano tipo di fantasma, una donna che fa becco il marito facendogli credere di essere sonnambula, i due compagni di avventura si rifugiano in una locanda, sempre inseguiti dal furibondo tedesco.

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Renzo Montagnani

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Lino Banfi e Erminio Macario

Qui i due conoscono Laura e Fiammetta, le due splendide locandiere, che si fanno sedurre senza molte resistenze. Nella locanda alloggia anche fra Prosdocimo e sempre nella locanda arriva il vendicativo Ottone; i due compagni riescono a sfuggire, ma Gianpuccio perde sventuratamente la reliquia. Imbattutisi per l’ennesima volta in Ottone, che ha ucciso per rabbia tutti i suoi compagni d’arme, privano lo sventurato tedesco della mano destra, involontariamente; la mano dovrà sostituire la reliquia finita in fondo al fiume. Anselmo e Gianpuccio arrivano così a Roma, con la falsa reliquia; ma nella fretta di sostituirla,

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Femi Benussi

Gianpuccio ha tagliato allo sfortunato tedesco la mano sbagliata.Scoperto l’inganno, Anselmo viene condannato ad essere castrato dall’ineffabile Frà Prosdocimo Zatterin; riesce a sottrarsi con l’inganno al suo destino, convincendo Gianpuccio con le lusinghe a prendere il suo posto. Conosciuto il suo vero destino , quello che lo attende a Roma, Gianpuccio, incarcerato, riesce a convincere con un trucco a far prendere il suo posto al solito sfortunato Ottone, che oltre all’occhio e alla mano destra, perderà anche la virilità.

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Maria Baxa e Femi Benussi

Gianpuccio, fingendosi eunuco, raggiunge il prode Anselmo al suo villaggio, e lo convince ad entrare come servitore e paggio al servizio della bella Leonzia. Spassosa commedia degli equivoci, diretta con ritmo da Bruno Corbucci, Il prode Anselmo e il suo scudiero è una commedia farsesca che ricalca, naturalmente con meno originalità, lo storico Brancaleone di Comencini; la dove il maestro aveva puntato tutto sul linguaggio, sull’espressione e sulla comicità involontaria delle cialtronesche gesta di Brancaleone da Norcia,

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Corbucci sostituisce l’irresistibile idioma  di Brancaleone con un linguaggio forse troppo triviale, ma ugualmente spassoso. Il film ha ritmo, in alcune parti è assolutamente irresistibile, anche se Noschese non è Gassman, e in Il prode Anselmo predomina, la scurrilità e il doppio senso, elargito con abbondanza. Girato come se fosse un decamerotico, quindi con la consueta aggiunta di mariti cornuti e di beffe varie, tuttavia questo film si distacca nettamente dalla produzione del genere per la sua carica umoristica molto forte. Noschese e Montesano sono assolutamente irresistibili, e disegnano ottimamente i personaggi del pavido Anselmo e del bifolco dal cervello fino, Gianpuccio.

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Il cast è completato dall’ineffabile Erminio Macario, con il suo sorriso ironico e la sua carica magnetica nei panni di Frà Prosdocimo Zatterin, da Mrio carotenuto, autentica istituzione di film a ispirazione decamerotico-medioevale, e dalla presenza di alcune bellezze, come Maria Baxa, Femi Benussi, Tamara Baroni e Marie Sophie. Una lode a parte per il solito grande Renzo Montagnani, che da vita allo spassoso personaggio di Ottone, lo sventurato cavaliere teutonico vittima dei due compagni di avventura, Anselmo e Gianpuccio e per Lino Banfi, irresistibile nei panni del compagno di viaggio di Fra Prosdocimo, da lui reso eunuco. Un film da riscoprire, allegro divertente e senza pretese.

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Il prode Anselmo e il suo scudiero, di Sergio Corbucci, con Lino Banfi, Tamara Baroni, María Baxa, Femi Benussi, Mario Carotenuto, Sandro Dori, Erminio Macario, Renzo Montagnani, Enrico Montesano, Rosalba Neri, Alighiero Noschese, Marie Sophie

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Il prode Anselmo 1

Il prode Anselmo e il suo scudiero banner personaggi

Lino Banfi Il compagno di viaggio di Fra Prosdocimo
María Baxa Fiammetta
Femi Benussi Laura
Mario Carotenuto Il Vescovo zio di Leonzia
Sandro Dori
Erminio Macario Frà Prosdocimo Zatterin da’ San Donà di Piave
Renzo Montagnani Ottone
Enrico Montesano Gianpuccio Senzaterra
Alighiero Noschese Prode Anselmo di Montebello
Mimmo Poli Oste
Marie Sophie Leonzia
Tamara Baroni Fantasma
Ignazio Leone Un Vescovo (non accreditato)
Marcello Martana    Marcozzo il becchino (non accreditato)
Franca Sciutto    (non accreditato)

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Regia Bruno Corbucci
Soggetto Castellano e Pipolo
Sceneggiatura Mario Amendola
Bruno Corbucci
Castellano e Pipolo
Giuseppe Moccia
Scenografia Guido Josia

settembre 30, 2009 Pubblicato da: | Commedia, Erotico | , , , , , , , , , , , | 2 commenti